Analisi dei manoscritti: C 148v (Aym(eric) de belhen), E 89r, (Aimeric de belenuei). – L’attribuzione è unanime; i due testimoni CE hanno derivato la canzone da un modello comune che con certezza conteneva i limitrofi BdT 9.1 Aimeric de Belenoi, Ailas! per que viu longamen ni dura e BdT 406.9 Raimon de Miraval, Ara m’agr’ ops que m’aizis, erroneamente attribuito ad Aimeric in entrambi i canzonieri. In E, Consiros è preceduto e seguito da altri due testi di argomento non amoroso: la canzone di crociata BdT 167.9 Gaucelm Faidit, Ara nos sia guitz e la canzone religiosa BdT 9.19 Quan mi perpens ni m’albire, relata solo da DaE e di attribuzione estremamente controversa (questa la sequenza dei testi nei canzonieri C ed E: E = ... BdT 9.1 – 406.9 – 167.9 – 9.10 – 9.19; C = ... BdT 9.1 – 406.9 – 9.10 ...). – L’attribuzione univoca dei manoscritti di Consiros ad Aimeric de Belenoi è stata revocata in dubbio da Stroński, che ha rivendicato il testo a Folquet de Marseilla. L’argomentazione dello studioso polacco contro Aimeric chiama in causa molteplici aspetti, che è bene ripercorrere. 1. Ragioni di cronologia interna alla produzione di Aimeric: dovendo Consiros essere assegnata agli anni 1187-1189 (cfr. sotto), si è obbligati a postulare un non verosimile iato di quasi trent’anni tra la canzone di crociata e il successivo testo conservato del trovatore, BdT 9.17 (1216), e ad ammettere che l’attività poetica di Aimeric si sia protratta per oltre un cinquantennio, fino almeno al 1242, anno cui risale BdT 9.1, planh per Nuño Sanchiz di Rossiglione. 2. Ragioni metrico-formali: «on retrouve dans toutes les chansons d’Aimeric le même principe de structure strophique: la strophe y est divisée en deux parties, dont la seconde ne reprend pas de rimes de la première, et la suite de rimes est des plus simples – Tout à fait différente est la structure de la chanson de croisade» (Stanislav Stroński, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie 1910, p. 133* n. 1). 3. Ragioni di storia letteraria: Consiros, primo testo trobadorico per la crociata d’Oriente, è citato da Giraut de Borneill, Bertran de Born e Gaucelm Faidit, ed è illogico presumere che un trovatore con ogni probabilità giovanissimo e semisconosciuto, come doveva essere Aimeric nel 1188, abbia avuto un tale impatto. 4. Ragioni inerenti la configurazione delle sezioni d’autore nei canzonieri: «les mss. C et E attribuent [...] à Aimeric de Belenoi plusieurs pièces qui ne sont pas de lui [...]. En plus, et c’est un indice des plus importants, cette pièce est releguée dans C et dans E à la fin du chansonnier d’Aimeric – L’attribution à Aimeric de Belenoi est donc tout à fait discutable» (Stroński, pp. 133*-134*). Stroński propone di attribuire Consiros a Folquet de Marseilla sulla base del fatto che in BdT 155.3 Folquet dichiara di aver composto un testo per commemorare la presa della croce da parte di Riccardo Cuor di Leone, testo di cui non c’è traccia nel corpus del trovatore: Consiros è appunto «la seule pièce conservée dont  la date et le sujet correspondent parfaitement à ces donées». – Sulla scorta di Stroński, Dumitrescu, nella sua edizione delle poesie di Aimeric (Maria Dumitrescu, Poésies du troubadour Aimeric de Belenoi, Paris 1935), relega Consiros fra i testi di dubbia attribuzione; la studiosa non si pronuncia però sull’attribuzione a Folquet avanzata dal filologo polacco. – L’attribuzione di Consiros relata dai manoscritti è stata difesa da Poli (Andrea Poli, Aimeric de Belenoi. Saggio di edizione critica (BdT 9.5, 9.9, 9.10, 9.21 e 16.13), Napoli 1992 e Aimeric de Belenoi, Poesie, ed. Andrea Poli, Firenze 1997), Squillacioti (Paolo Squillacioti, Le poesie di Folchetto di Marsiglia, Pisa 1999) e Melani (Silvio Melani, «Aimeric de Belenoi, Thibaut de Champagne e le crociate», Rivista di studi testuali, 1, 1999, pp. 137-157), che hanno debitamente sconfessato le argomentazioni di Stroński (si veda in particolare Squillacioti, p. 25: «il ragionamento dell’editore [Stroński] è un vero e proprio entimema, non mascherato comunque da sillogismo». Quanto alla datazione, Poli – riprendendo di fatto gli argomenti già impiegati da Kurt Lewent nel suo articolo sulle canzoni di crociata provenzali (Kurt Lewent, «Das altprovenzalische Kreuzlied», Romanische Forschungen, 21, 1908, pp. 321-448) – afferma che uno iato di trent’anni fra BdT 9.10 e BdT 9.17 non è ragione sufficiente per rifiutare Consiros ad Aimeric. Melani, con la sua proposta di datazione al 1230-1239, ha eliminato ogni problema di compatibilità fra Consiros e la cronologia del corpus del trovatore (cfr. sotto). – Per quanto riguarda invece il ragionamento di Stroński circa la struttura delle sezioni di Aimeric de Belenoi di C ed E, l’argomentazione di Poli 1997, p. 116: «la nostra canzone si trova in fondo alle sezioni belenoiane dei due mss. solo a patto di considerare a priori come non autentiche altre poesie, e solo perché tràdite da un codice unico, e senza prenderne seriamente in esame l’usus scribendi» sembra passibile di alcune precisazioni. In particolare, se è vero – in linea con quanto sostenuto da Stroński – che BdT 9.10 in E è preceduto e seguito da testi la cui attribuzione ad Aimeric è dubbia quando non certamente erronea (ma è lecito credere che la costituzione della sequenza BdT 167.9 - BdT 9.10 - BdT 9.19 dipenda dall’argomento religioso che accomuna i tre testi, cfr. sopra), la porzione finale della sezione di Aimeric di C sembra meritare un certo credito quanto alle attribuzioni. Consiros è seguito in C da BdT 9.20, BdT 9.13, BdT 392.26 e BdT 9.16 (i primi due unica del canzoniere narbonese): l’attribuzione del primo testo – il descort S’a midons plazia – è stata revocata in dubbio da Lewent (Kurt Lewent, «Old Provençal Miscellany», The Modern Language Review, 38, 1943, pp. 106-116), ma è confermata ad Aimeric da Poli; non ci sono d’altronde ragioni valide per rifiutare al trovatore BdT 9.13 e BdT 9.16, e l’attribuzione di BdT 392.26 ad Aimeric che C condivide con PS e con il salut catalano Destret d’emors mi clam a vos è nettamente superiore a quella a Raimbaut de Vaqueiras di ABDaDcEIKMN2Ta2f [cfr. Caterina Menichetti, «Aimeric de Belenoi, “Nuils hom en re no faill” (BEdT 392,26 = BEdT 9,13a)», Romania, 129, 2011, pp. 271-302]. – I due manoscritti derivano con certezza da un antigrafo comune, come dimostrato dal guasto che interessa il v. 16 (de ben de ioy e de gratz C [-1], de be ioi dos e gratz E [-2]) e dalla compromissione del v. 30, omesso in C e ipometro di quattro sillabe in E; ciononostante, C ed E si differenziano vistosamente a livello di struttura strofica. C presenta un testo di sei coblas, la terza delle quali mutila di due versi, più una tornada di sei versi; E ha un testo di sei coblas, la terza delle quali è un monstrum di quindici versi così costituito: i sette versi della terza strofa di C + un eptasyllabe femminile (d’anar a sa desliuransa) + un verso di quattro sillabe a terminazione maschile (si a Dieu platz) + la tornada di C (erronea l’affermazione di Poli 1997, p. 113, circa il fatto che E presenterebbe la tornada «in quarta posizione»). Tutti gli editori si sono attenuti alla struttura di C, salvo completare la str. III con i versi trasmessi dal solo E; molteplici elementi inducono però a considerare recenziore e frutto di manipolazione il testo di C. – In primo luogo, va rimarcato che quella che C presenta come tornada non può essere considerata tale: a fronte di uno schema rimico a8 a8 b8 a8 b8 c7’ b8 c7’ b8, è difficile ammettere un invio di sei versi sullo schema a8 b8 c7’ b8 c7’ b8. Dallo studio sulle tornadas di Vallet emerge infatti che, nei rari casi di tornadas “lunghe” (in cui, cioè, viene ripresa una porzione di testo superiore alla sirma), «di norma la ripresa della tornada non interferisce con la fronte per più di un verso» (Edoardo Vallet, «A Narbona». Studio sulle tornadas trobadoriche, Alessandria 2010, p. 89); la struttura strofica di C prevedrebbe invece una tornada di due versi oltre la sirma. In secondo luogo, va detto che la struttura di C non vale in nessun modo a spiegare l’assetto strofico di E, mentre partendo dall’assetto strofico di E si spiega senza difficoltà quello di C. Ipotizzando infatti che i due manoscritti derivino da un antigrafo con un guasto meccanico a cavallo fra le strofe III e IV, si dovrà ammettere che in E il testo di Consiros, danneggiato per almeno quattro versi, sia stato malamente rabberciato mediante la fusione delle due coblas compromesse in un’unica strofa, più lunga di ben sei versi rispetto a quanto previsto dallo schema metrico; il copista di C, la cui sensibilità metrica è nota, avrà invece spostato la strofa IV ‒ che in quanto più corta era interpretabile come tornada ‒ in fondo al testo (fenomeno variamente attestato nella tradizione manoscritta trobadorica, cfr. ancora Vallet e, per quanto riguarda nello specifico il canzoniere C, BdT 293.18, trascritto ai ff. 175rb-va, nel quale viene arretrata in ultima posizione una cobla mutila di due versi – figurante in sesta sede in ADIKRz – ed è lasciato lo spazio bianco necessario al completamento). In ultimo, va rimarcato che l’opportunità di attenersi alla struttura strofica di E, nonostante l’evidente compromissione che la caratterizza, è avvalorata dallo svolgimento argomentativo del testo. Le str. II, III e IV secondo l’ordinamento di E sono tutte incentrate sulle tematiche del desliurar (inteso secondo due accezioni: liberazione della Terra Santa da parte dei crociati e liberazione dei crociati dal peccato ad opera di Dio) e dell’opposizione fra chi prende la croce e i recrezens che rimangono in patria. Il testo si chiude poi sulla cobla VII, in cui Aimeric invoca la protezione divina sul capdelador della crociata e per questo interpretabile in termini di Tornadenstrophe. È evidente che, se si accetta la ricostruzione appena proposta, l’omissione dei vv. 27-28-29 comune ai due testimoni va considerata errore congiuntivo. – Tenuto conto della superiorità della testimonianza di E quanto alla struttura strofica della canzone, e ancora del fatto che i vv. 26 e 30 sono trasmessi solo da questo manoscritto, si è deciso, contro tutti gli editori precedenti, di adottare E e non C come manoscritto base. Andrà comunque rimarcato che il testo di E è variamente compromesso: sono ipermetri i vv. 14, 20 e 22 e forse il v. 9 (cfr. nota); ipometri i vv. 13, 16-17 (il primo dei quali difettoso anche in C: cfr. note) e 56. ‒ Il testo è variamente danneggiato in entrambi i testimoni, nel complesso molto prossimi in termini di scripta; stante la forte manipolazione attuata da C già a livello strofico, ci si è attenuti il più possibile alla lezione del manoscritto di base E, in particolare nei casi in cui entrambi i testimoni recano traccia di un antigrafo seriamente compromesso, con C che, pur presentando un testo accettabile (soprattutto sotto il profilo metrico), si rivela poco efficace e, mancando degli elementi maggiormente intaccati di E, è in sospetto di riscrittura: cfr. vv. 16-17, 22 discussi più sotto.

Apparato critico:

I.  9 sian] sian dieus E (+1?).

II.  11 bail’ aital] baylha tal C    13 qui·n] qui C; e] om. E (-1)    14 e qu’i] e sel quei E (+1)    16 de ben de ioy e de gratz C (-1), de be . ioi dos e gratz E (-2)    17 e de ualor e donransa C, ualor cortz . (et) onransa E (-1).

III-IV fuse in un un’unica strofa di quindici versi in E.

III.  19 nostr’] nostri E    20 conqueiron en] conquisteren C, conquisteron en E (+1)    21 perdem] perdetz E; no·i] nol C    22 e·ill] el C; sanct’on Dieus] on Jhesus C, sancta don dieus E (+1)    24 rest’] resta CE    26 om. C    27 om. CE.

IV.  In ultima posizione in C    28-29 om. CE    30 om. C.

V.  39 qui·n] qui C    41 autres] autre E    42 los] lost E.

VI.  54 et hom om. C (-2).

VII.  56 et a] ca E (-1)    58 secor] seor E    61 vera] vers e E    62 fass’] fassa E    63 desbateiatz] non bateiatz C.

 

Datazione e circostanze storiche:

La datazione della canzone dipende in massima parte dall’identificazione del capdelador della crociata, menzionato al v. 57 come colui qu’es coms et er reis apelatz. Lewent 1908, Stroński, Dumitrescu e Poli (1992 e 1997) sono in accordo su Riccardo Cuor di Leone, conte di Poitiers ed erede al trono d’Inghilterra. Ammettendo tale identificazione, Consiros andrà datato fra la presa della croce da parte di Riccardo, avvenuta a fine novembre 1187, e la morte di Enrico II Plantageneto o l’incoronazione di Riccardo sul trono d’Inghilterra, rispettivamente del 6 luglio e del 3 settembre 1189. Lewent e Poli propendono però per restringere questo arco temporale ai due mesi che vanno dalla fine di novembre 1187 al 21 gennaio 1188, data dell’incontro di Gisors fra Enrico II e Filippo Augusto, in occasione del quale i due sovrani cessarono le ostilità e si unirono alla crociata: «presupponendo una datazione posteriore al 1188 non si spiegherebbe l’enfasi di aiuda premiers e secor; e tantomeno si spiegherebbe il rimprovero rivolto a chi rema [...] per creisser sa ricor a spese dei signori partiti per la crociata, cioè indirizzato in primo luogo a Filippo Augusto» (Poli 1997, p. 117). ‒ La datazione al 1187-1189 pone, come già detto, non pochi problemi rispetto alla cronologia dei testi conservati di Aimeric de Belenoi, il cui componimento più antico (Consiros escluso, evidentemente) è BdT 9.17, Pos Dieus nos a restaurat – databile con certezza al 1216 in virtù del riferimento alla fuga di Raimondo Berengario V di Provenza dal castello di Monzón –, il testo più recente essendo BdT 9.1 Ailas! per que viu longamen ni duraplanh per Nuño Sanchiz di Rossiglione, morto fra la seconda metà del 1241 e l’inizio dell’anno seguente. Consiros diviene però pienamente compatibile con l’attività di Aimeric laddove, con Silvio Melani, si ammetta l’identificazione del capdelador conte e futuro re con Thibaut IV, conte di Champagne e re di Navarra. Terminus post quem e terminus ante quem della canzone verrebbero ad essere il 1230 e il 1239. Nel 1230 Thibaut manifesta per la prima volta pubblicamente l’intento di aderire alla spedizione militare in Oriente progettata in vista della fine della tregua decennale stipulata nel 1229 tra Federico II e il sultano al-Khamil; nel 1239, il conte di Champagne parte per la crociata. ‒ È anzi possibile restringere l’arco temporale al 1230-1234 o al 1234-1239, a seconda che si interpreti il v. 57 qu’es coms et er reis apelatz come “che è conte, e sarà chiamato re” o, secondo quanto proposto da Melani, «in un modo forse più difficile e certo meno consueto, ma forse non del tutto improbabile: “che è conte, e ora re, chiamato”» (p. 153). Se er < erit, non si potrà infatti andare oltre il 1234, anno in cui Thibaut successe allo zio Sancho VII, fratello della madre Bianca, sul trono di Navarra; viceversa, se er = “ora”, il 1234 sarà terminus post quem. La successione di Thibaut a Sancho VII era stata stabilita almeno dal 1225 (anno in cui il ventiquattrenne conte di Champagne si reca nel regno pirenaico per ricevere il giuramento dei baroni, cfr. Les chansons de Thibaut de Champagne, roi de Navarre, ed. Axel Wallensköld, Paris 1925, p. xxii nota 2), salvo essere messa in dubbio nel 1231, quando Sancho VII manifestò l’intento di voler trasmettere la corona a Giacomo I d’Aragona. Al momento della morte di Sancho, avvenuta il 7 aprile 1234, Thibaut raggiunse molto velocemente la Navarra, venendo incoronato il 7 o 8 maggio a Pamplona; Giacomo I, inizialmente ostile, riconobbe la successione nel contesto della tregua quadriennale stipulata a Burgos il 13 ottobre del 1234. Il dubbio inerente le due datazioni non sembra risolvibile con certezza: ragioni di natura strettamente sintattica inducono a interpretare il v. 57 come “che è conte, e sarà chiamato re” e a propendere per la datazione 1230-1234 che ne deriva (è infatti difficile ammettere l’impiego dell’avverbio er in assenza di un verbo); viceversa, l’insistenza del riferimento ai recrezens, e in particolare l’argomentazione svolta ai vv. 37-42 – la responsabilità morale e strettamente religiosa della non-partecipazione alla crociata è tanto più grave quanto più alto è lo status sociale di coloro che se ne rendono colpevoli; chi rimane lo fa per creiser sa ricor (v. 40) – rendono più probabile una datazione a ridosso del 1239. Appunto in seguito alla predicazione della crociata indetta nel 1239 da Gregorio IX divenne chiaro che né i sovrani di Francia e di Inghilterra né l’imperatore Federico II avevano intenzione di unirsi alla spedizione in Terrasanta (cfr. Steven Runciman, Storia delle crociate, Milano 1993, pp. 866 sgg.). ‒ L’identificazione di colui qu’es coms et er reis apelatz con Thibaut de Champagne è pienamente coerente, secondo quanto già segnalato da Melani, con la biografia di Aimeric de Belenoi. Il trovatore, infatti, frequentò numerose corti iberiche, soggiornando in particolare presso Ferdinando III di Castiglia e Nuño Sanchiz di Rossiglione, e forse in Aragona; la vida afferma inoltre che Aimeric morì in Catalogna. Pur in assenza di puntuali riscontri di carattere metrico e rimico, inoltre, avvalora l’ipotesi di un contatto diretto fra Thibaut e Aimeric – da cui la dedica di Consiros al principe-trovatore – il fatto che, quanto a tematica ed argomentazioni, Consiros sia strettamente affine alla canzone di crociata Seignor, sachiez, qui or ne s’an ira dello stesso Thibaut: riscontro che, da un lato, suffraga la datazione al 1239, dall’altro invalida definitivamente l’argomento di Poli circa il fatto che l’accusa che chi non parte per la Terrasanta lo fa per creiser sa ricor sarebbe fuori contesto dopo il 1187-1189. I temi della desliuransa e dei recrezens, infatti, sono centrali anche nel componimento di Thibaut, cfr., fra gli altri, i vv. 5-7 (Qui a en soi pitié ne remenbrance / Au haut Seigneur doit querre sa venjance / Et delivrer sa terre et son païs), 8 (Tuit li mauvès demorront par deça / Qui n’aiment Dieu, bien ne honor ne pris; / Et chascuns dit: “Ma fame, que fera? / Je ne leroie a nul fuer mes amis”.), 15-18 (Or s’en iront cil vaillant bacheler / Qui aiment Dieu et l’enur de cest mon, / Qui sagement vuelent a Dieu aler, / Et li morveus, li cendreus demorront), 29-30 (Chascuns cuide demorer tout hetiez / Et que jamès ne doie mal avoir) (cito dall’edizione Wallensköld 1925). ‒ La collocazione di Consiros al quarto decennio del XIII secolo ha un notevole rilievo storico-letterario: se il capdelador celebrato da Aimeric è Thibaut e non Riccardo d’Inghilterra, infatti, Consiros passa da primo testo per la crociata d’Oriente del corpus trobadorico a unico testo occitanico composto per la “crociata del 1239”.

 

Note testuali:

6-9. Tutti gli editori precedenti stampano, al verso 9, sia·n Dieus secondo il testo di E; i riscontri interni al corpus di Aimeric de Belenoi depongono però con certezza in favore della lezione di C, con sia bisillabo: tutte le occorrenze di sia in posizione interna nei testi del trovatore sono infatti bisillabe (tutte le citazioni a seguire dal testo di Poli 1997; fra parentesi quadre il numero di sillabe richiesto dallo schema metrico): BdT 9.4 v. 38: non es par que sia feingnenz [8]; BdT 9.6 v. 37: gia sia poestatç [6]; BdT 9.21, v. 43: e no·l bat tant entro qu’en sia lassa [10’]; v. 45: ni no sia lonc temps fresca ni grassa [10’]; v. 50: del Carret vuelh que sia seignoressa [10’]). Le subordinate dei vv. 6-9 saranno quindi: due causali coordinate enansa e vol, aventi entrambe per soggetto Dieus, dalla seconda delle quali dipendono i congiuntivi presenti torn e sia, il primo avente per soggetto crestiandatz, il secondo con soggetto sottinteso. Potenzialmente, il soggetto di sia è individuabile tanto in Deus quanto nel coms menzionato al v. 4. Depongono in favore della prima possibilità da un lato la presenza di Deus in E – verosimilmente una glossa esplicativa – dall’altro il fatto che la dittologia grazitz e lauzatz è prioritariamente impiegata in contesti religiosi, e in particolare riferita a Dio e alla Vergine: cfr. BdT 242.24 vv. 4-6: e chascus ponh a plan esfortz / com sia lauzatz e grazitz / tan adrechs guitz; BdT 248.12 vv. 11-12: E Dieus, a cuy dreitz sap bo / sia·n grazitz e lauzatz; At de Mons, Essenhamens, v. 1128-1131: Doncx Dieus a tot saber / e a gaug e a plazer, / e vol esser grazitz / e lauzatz e servitz; Poemetto di argomento geomantico edito da Gianfranco Contini, vv. 1543-1548: don fau gracias e lauzor / a Jesu Crist nostre senhor, / que·m donet lo comensamen / e fah venir al feniment, / e sia·n lauzatz e grazitz; Vida de sant Honorat, vv. 8760-8761: de que sia grazitz e lauzatz / le glorios sant Honorat e v. 9662: Dieus en sia grazitz e lauzatz.

13. Qui·n: per en avverbio di luogo, cfr. SW II, p. 411 e relativi riferimenti, i riscontri desumibili dalla COM2 (BdT 290.1, vv. 19-20: e donc albir se, pois tals es lo rezos, / si s’en rema, toz so q’om en diria; BdT 449.4, vv. 8-10: ... Era·m digatz lo ver, / qal li val mais: q’enaissi s’en remaigna / o qe lai an e·n perda sa conpaigna) e BdT 70.31, v. 59: e ja no·l pes / quar n’ai estat tant longuamen (ma Carl Appel, Bernart de Ventadorn. Seine Liedern mit Einleitung und Glossar, Halle 1915, p. 193, traduce: «daß ich so lange fern von ihr geblieben bin»). Il ritorno del medesimo costrutto, ancora una volta nel solo E, al v. 39 è parsa una ragione aggiuntiva per conservare la lezione del ms.-base.

14. Sel que i di E è inaccettabile in quanto ipermetro; tenendo conto da un lato della lezione qui·n del verso precedente, dall’altro del testo erroneo di E – che è verosimile considerare una glossa esplicativa – è parso opportuno scandire qui di C, adottato a testo, come qu’i, in modo da garantire l’opposizione “chi rimane qui” / “chi va li”.

16-17. In E, de bei joi dos e gratz / valor cortz et onransa, entrambi i versi sono difettosi dal punto di vista metrico e variamente carenti quanto al senso; C ha de ben de joy e de gratz / e de valor e d’onransa, con il primo verso ipometro. Tutti gli editori precedenti si sono attenuti al testo di C, salvo ripristinare la misura correggendo in de ben [e] de joy e de gratz. Dal momento che il danno comune a C ed E al v. 16 attesta che la tradizione di questi versi è compromessa, e che il costrutto anaforico de ... de ... de ... de ... de di C – in cui non trovano riscontro dos e cortz relati da E – appare facilior, è parso lecito il sospetto di un intervento a posteriori di C. Si è di conseguenza deciso di emendare a partire dal testo di E: il v. 16 è stato ricondotto alla corretta misura sillabica mediante l’inserzione di due congiunzioni: de be [e] joi [e] dos e gratz; il v. 17 mediante la preposizione en: valor [en] cortz et onransa.

20. Il testo di E, conquisteron en Terra Major, è ipermetro; quello di C, conquisteren Terra Major, comporta Terra Major apposizione di conquist. Sebbene il testo di C sia accettabile, si è preferito mettere a testo conqueiron en Terra Major, sottintendendo reazione da parte di entrambi i testimoni – o forse del loro comune modello: C potrebbe aver eliminato senza difficoltà en onde ripristinare la corretta misura sillabica – al perfetto conqueiron. Per quanto riguarda la locuzione Terra Major (per cui cfr. cfr. SW VIII, p. 183, e TL V, coll. 931-932), andrà notato che essa in provenzale è molto meno attestata che in francese: cfr. BdT 80.11, vv. 15-16: del pauc rei de Terra Major / me platz, e Chanso de la crozada, xv, vv. 17-21: Pero no·l vigui anc mas una vetz, laor / quant lo coms de Tholoza pres dona Elionor, / la plus bona reina, tota la belazor / que sia en Crestias ni en la paianor, / ni tant can lo mons dura tro en Terra Major. In francese Terra Major indica la terra avita, l’entità politica di appartenenza di una persona o di un popolo, accezione che torna in Bertran de Born, Cortz e gestas e joi d’amor; il significato “Terra Santa”, che è l’unico praticabile per Consiros (da cui LR V, p. 355), è supportato, sebbene in senso lato, dall’occorrenza nella Chanso de la crozada, dove Terra Major vale per luogo lontano, alla fine del mondo, e, sull’asse della prossimità-lontananza individuato dal binomio en Crestias ni en la paianor, si colloca nettamente dal lato di quest’ultima.

21. Perdetz di E non è parso ricevibile: lungo tutto il componimento non vi sono altre quinte persone, mentre è abituale l’uso della quarta (cfr. vv. 11, 19) ad indicare la comunità cristiana chiamata alla crociata di cui il poeta è parte integrante. Quanto all’opposizione fra no·l e no·i, il fatto che secorre + i non abbia riscontri non è parsa ragione sufficiente per rifiutare una lezione che pare pienamente corretta sul piano morfosintattico.

22-23. Il richiamo alla crocifissione come riscatto dell’uomo dal peccato è anche in Seignor, sachiez, qui or ne s’an ira di Thibaut de Champagne, str. IV: Deus se lessa por nos en croiz pener / Et nos dira au jor ou tuit vendront: / ‘Vous qui ma croiz m’aidastes a porter, / Vos en iroiz la ou mi angre sont’...).

22. Il testo di E, e·ill cros sancta don Dieus pres dolor, è ipermetro; quello di C, e·l crotz on Ihesus pres dolor, con crotz maschile e Ihesus in luogo di Dieus, è corretto dal punto di vista metrico ma variamente sospetto. Per quanto riguarda l’opposizione Ihesus / Dieus, sebbene Ihesus di C sia giustificabile in virtù del richiamo alla crocifissione, la lezione di E appare superiore per ragioni inerenti la struttura retorica del testo. Tutte le coblas del componimento, infatti, chiamano in causa almeno una volta Dio (str. I: vv. 5 e 6; str. II: v. 10; str. IV: vv. 30 e 33; str. V: vv. 38, 43 e 44; str. VI: vv. 49 e 54; str. VII: vv. 55, 59 e 60), e solo optando per Dieus di E la str. III si allinea sulle altre. Rimane la difficoltà relativa alla misura sillabica. La possibilità di adottare, con C, crotz maschile, emendando sancta in san così da venire a capo della sillaba sovrannumeraria, è sconsigliata dal fatto che crotz maschile non ha riscontro nella COM2 (il riferimento di Lewent 1908, p. 424, a BdT 323.22, str. 8 v. 2, è improprio: il testo Lo chans tenra deves Suria / e·l crotz on Dieus nos rezemia è frutto di una correzione di Rudolf Zenker, Die Lieder Peires von Auvergne, Halle 1910 al testo ipermetro e la crotz on Dieus nos rezemia trasmesso dal ms. unico, ancora una volta E). Si è deciso di ripristinare la corretta misura sillabica mediante l’elisione sanct’ on, pur nella consapevolezza della sua rarità.

26. L’aggettivo sa può essere riferito sia a qui sai rest’en balansa del v. 24 che – forse con maggiore probabilità – alla cros sanct’on Dieus pres dolor del v. 22 (per il quale cfr. nota precedente); non si ha modo di venire a capo della questione, stante anche la caduta del successivo v. 27.

35. A sa pezansa: Lewent interpreta «die zurückbleiben zu seinem Verdrusse», Poli «che restano nella loro pena»; il possessivo sa andrà però, con Lewent, riferito a Dio, e pezansa interpretato nel senso di “contrarietà”, in linea con SW VI, pp. 302-303. L’argomentazione di Poli, che contesta l’interpretazione di Lewent, appare poco centrata, e sembra soprattutto aver frainteso il significato del v. 36, per mal far e non ges per patz, e del successivo vv. 40-42, per creisser sa ricor ... resta: «gli ultimi due versi non contengono affatto una generica parenesi o una constatazione di ordine morale, ma un preciso riferimento all’interpretazione del momento storico svolta da Gregorio VIII, e perdono completamente il loro significato se considerati in modo isolato. La pezansa è il dolore dei cristiani per il giudizio di condanna pronunciato da Dio contro di loro, reso esplicito dalla disfatta crociata in Terra Santa. Tali condanna e dolore non sono però l’ultima parola: i cristiani possono ancora, tramite la conversione e l’intrapresa della crociata, cambiare il dolore in exultatio. [...] Chi invece continua ad agire male (mal far), cioè nel dolore (restar a sa pezansa), e non può più sperare che la pezansa lo conduca, per mezzo del riconoscimento dell’errore, alla gioia (patz)».

39. Qui·n di E è stato messo a testo, come già al v. 13, per le ragioni illustrate nella nota relativa a quest’ultimo verso.

42. Le due lezioni, l’ost dezenansa di E e los dezenansa di C, determinano interpretazioni completamente diverse. La prima (“e diminuisce l’esercito”) si riferisce alle conseguenze militari della mancata partecipazione dell’aristocrazia alla crociata; la seconda (“nuoce loro”) andrà interpretata in riferimento ai danni che qui·n rema infligge ai possedimenti di quanti sono passatz oltremare. Si è deciso di accordare preferenza a questa seconda lettura, che sembra garantire un miglior svolgimento argomentativo, accordandosi in particolare agli immediatamente precedenti vv. 36 – dove si dice che chi rimane agisce per mal far e non ges per patz – e 40 – dove si afferma esplicitamente che quanti non sono partiti mirano a creiser sa ricor.

45. Per la locuzione el corn del taulier n’er mat, cfr. TL V, coll. 1245-1246, e Silvio Melani, «Metafore scacchistiche nella letteratura medievale di ispirazione religiosa: i “Miracles de Nostre Dame” di Gautier de Coinci», Studi mediolatini e volgari, 25, 1989, pp. 141-172, a p. 159 nota 40 (con riferimento a Murray [1913]): «il matto portato a uno dei due re in uno degli angoli della scacchiera [...] “stands for the most decisive of all events” [...]. [Murray] non cita però un passo da cui risalta chiaramente il carattere vergognoso di un simile matto per chi lo riceve: “Li mas en l’angle est molt honteus; / molt est plus biax li mat en roie” (Gui von Cambrai, Balaham und Josaphas..., hsg. von C. Appel, Halle, 1907, vv. 7094-5: la roie [...] è il nome di una qualsiasi delle traverse della scacchiera): esso è vergognoso perché dimostra il dominio strategico esercitato dall’avversario» (a p. 170, Melani cita anche Consiros, appunto per il riferimento a «Dio che infligge il “matto nell’angolo”».).

48. Entrambi i manoscritti sono in accordo sulla forma sigmatica (sels E, selhs C): tenuto anche conto della datazione avanzata del testo, si è preferito non ripristinare l’atteso sill. Per la declinazione bicasuale in aocc., le oscillazioni che la interessano e soprattutto l’interrelazione fra lingua degli autori e lingua dei manoscritti, cfr. William D. Paden, «Declension in twelfth-century Occitan: on editing early troubadours, with particular reference to Marcabru», Tenso, 18, 2003, pp. 67-115, che a p. 100 osserva: «if the scribes of manuscripts C and E were native speakers of Occitan, as they probably were, their own language lent unsteady support to declension in two cases».

49. Il richiamo alla figura di San Giorgio è perfettamente coerente in un testo di crociata, cfr. il v. 146 della Canso d’Antioca, (Canso d’Antioca, ed. Carol Sweetenham and Linda M. Paterson, Ashgate 2003): S. Giorgi los guida e lo cors S. Daunis. Si ricordi che il culto del santo e la leggenda, ad esso connessa, della lotta contro il drago prese piede nell’Occidente latino proprio a seguito delle spedizioni crociate: cfr. San Giorgio e il Mediterraneo. Atti del 2. Colloquio internazionale per il 17. centenario, Roma, 28-30 novembre 2003 a cura di Guglielmo De’ Giovanni-Centelles, Città del Vaticano, 2004.

54. C è erroneo, omettendo una delle tre figure trinitarie.

56. È stata messa a testo la lezione et a di C; il testo, ipometro, di E (ca), è riportabile a confusione fra e e c.

61. Il costrutto vers e Trenitaz di E, con aggettivo e sostantivo coordinati in funzione di predicato nominale, è parso poco difendibile; ci si è attenuti alla soluzione, più piana, vera Trenitatz di C, per il quale cfr. BdT 206.1, v. 60, Poésies réligieuses de Wolfenbuttel, vv. 440 e 2930, Fierabras, vv. 2867, 3504, Guerre de Navarre, vv. 1, 668, 1285,  2915, e 4537, e Chanso de la crozada, clxviii v. 4, clxxiv v. 9, clxxxi v. 9, ccxi v. 176.

[CM, lb]


BdT    Aimeric de Belenoi