I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
VII.
I. Di ciò di cui si è a lungo parlato fra gli intenditori, se in seguito [se ne parla] male e scortesemente è, a dir poco, un disonore: giacché colui che smentisce se stesso del bene che ha detto, a me non pare che, se lo si reputasse falso allorché dice il bene, si debba credergli quando dice il male.
II. Se all’inizio dicesse le cose cattive, prima di fare uscire quelle buone, parlerebbe in modo più velato e sembrerebbe veritiero ai più. Ma ben spesso accade che si difenda ciò che si crede di biasimare: in tal caso, di uomo siffatto non è né l’elogio buono né la maldicenza cattiva.
III. Poiché chi prima ne dice bene, che Amore dal basso porti in alto, e in seguito ne dice male in modo sottile, per far sembrare i suoi mali peggiori e per ingannare meglio la gente, con proverbi indorati di senno e motti veniali, vuol fare credere che il bene sia male.
IV. Non è forse bene agire in modo confacente a ciò che è considerato rispettabile dal mondo, e guardarsi dall’errore più che si può, e in tal modo accrescere la propria reputazione? È proprio così, ma non si può fare niente se non si ha l’insegnamento di Amore, che è maestro leale, e insegna a distinguere il bene dal male.
V. Nel cuore – dove si infiamma Amore – nascono insieme ardimento e paura, poiché ha nella saggezza l’ardimento, e la codardia nella follia; e quindi è nello stesso modo ardito quanto a liberalità e sapienza, e codardo quanto ad avarizia e a qualsiasi altra cosa che sia villana o malvagia.
VI. Per questo mi pare che menta chi dice male del maestro che insegna a essere uomini nobili ed eccellenti e a proteggersi dai mali.
VII. Dal momento che Donna Giovanna d’Este più vale e conosce e sente e intende, voglio che, secondo retto giudizio, si dica bene oppure male di Amore.
I. 1 D’aiso] De so C; hom] hom hom C 2 ben] bel Da; dig] dic O 3 s’en] si en O; ditz] di P 4 es] les Dc; tot] totz IK 5 que] qui Dc qi O; si] se PR; mezeis] meteis Dc, mezeus P 6 del ben] dels bes O 7 des qu’es] desque Da, deis qe Dc; ben] ren C 8 dej’om] deion O deiam P; dizen] diz Da
II. 9 Se] Sel R; disses] dieisses JP (d(i)eisses P) 10 los] lo P; mals] bes DaIK, mal O; que·l] q(ue)ls DaR, que IK (qe K); besdigz] mals ditz DaIK, ben dig EJP, ben diz O, bels ditz R 11 dissera] dieissero J, dieisseron P 12 semblera] sembla EJP (senbla P); ver] uers C; als] a DaEIJKOP 14 blasmar] blasma O 16 besdigz] ben digz EO (diz O); bos] manca IK, ben O; nil] lo O; maldigz] mals dit IKP (dig P)
III. 17 C’us] Us C, Sus I, Duns O, Cun P; qu’en] q(ue) R; dis] dieis P; ben] manca DaIK, liei P; premeiramen] premeiramens P 18 que] don O; pojet] poges I, paget O; amors] hamors Da 19 e·n] ne O; sotilmen] sitilmen IK (sitilime(n) K) 20 semblar sos mals] sos mals semblar O 21 enguanar] de cebre O 22 proverbis] per u(er)bis Da, uerbis E, p(er) uerbis IO, per uerbis K; dauratz] dautratz Da daurag O 23 parauletas] paraulas IKP, parauletus O 24 vol] volc O; del] de E; ben] bes O; qu’es] manca P
IV. 25 bes] be R; qui] que DaIK (q(ue) Da); fa] fai EP sap J 28 sas] sa CR; lauzors] lamors P 29 mas no·n] mal(s) no R 30 l’amayestramen] la ministramen JP 31 d’Amor] damors C; mayestre] mastre P; qu’es] q(ue) R 32 bes] be(n) R; de] da Da, dels R
V. 33 Qu’el] Del O; Amors] amor CDaR, amans P 35 qu’en] ca(n)t R; saviez’a] sameza O 36 e·l] e CEJPR; volpilhag’en] uolpilha gen CJPR (ge(n) R), uolpillage Da, uolpilatge I, uolpillatge K; las] la IKP 37 pueys es] pocis O 38 larguez’e] larguze K, languesza e P 39 volpilhs] olpils DaK, uolpiz O 40 fos] sos O; vilania] uilanie Da, ni lama O
VI. 41 Per] Cer Da; so·m] son IK; que] manca JP; mal, men] malamen IK (malame(n) K), mal uilanamen JP, mal man O 42 qui] que DaKPR (q(ue) DaR, qe K), manca I; dona·l] dona lo O 43 homs] hom C 44 se] si DaIK
VII. 45 e sen] e(n)sen R 46 na Johana] naio an na Da 48 d’amor] damors JR; bes] ben O
1. aiso: Si preferisce la forma tràdita dalla maggioranza dei codici, contro la lectio singularis di C (messa a testo da Shepard - Chambers).
10. besdigz: La grafia univerbata trova riscontro in un’altra canzone di Aimeric, Per razo natural (BdT 10.40), v. 20; vedi anche, di Raimon de Miraval, S’a dreg fos chantars grazitz (BdT 406.37), v. 26.
14. qu’om: La lezione di P riportata in apparato da Shepard - Chambers (nom) non è stata riscontrata nel manoscritto.
18. pojet: Il tema dell’innalzamento provocato da Amore è presente anche in una canzone di Rambertino Buvalelli dedicata a Beatrice d’Este, Ges de chantar no·m voill gequir (BdT 281.5), vv. 5-7: «Per cho dei chantar volunters, / que poiar pois e no dessendre / d’amor, et aug dir e contendre». Il riscontro non sembra casuale e potrebbe inserirsi dunque nella disputa di Aimeric contro i frequentatori della corte estense che, argomentando prima a favore e in seguito contro Amore, arrivano a smentirsi da soli (si veda il v. 5).
36. volpilhag’en: La segmentazione grafica nella tradizione manoscritta permette di supporre che i copisti non avessero inteso correttamente la lezione: fa eccezione il canzoniere O (uolpilage en).
41. Per: La lezione erronea di Da si deve al miniatore, anche se una piccola p (lettera guida) è leggibile in margine.
45-48. In O la seconda tornada è priva della lettera iniziale in corpo maggiore: essa risulta così unita graficamente alla precedente.
Edizione, traduzione e note: Luca Gatti. – Rialto 19.i.2018.
C 92r (Aymerics de pegs.), Da 171v (Naimeric de pigullan), Dc 247r (Naimeris depeguillan), E 73 (leggibili integralmente solo vv. 8-28), I 55v (Naimerics de piguillan), J 6r (Aimeric de peguilha), K 41r (Naimerics de piguillan), P 12r (Naimeric de pepugnan), O 50 (anonimo), R 18r (Aim(er)ic de pegulha(n)), α 28139 (solo vv. 5-8).
Edizione critica: The Poems of Aimeric de Peguilhan, edited and translated with introduction and commentary by William P. Shepard and Frank M. Chambers, Evanston (Illinois) 1950, p. 109.
Altre edizioni: LR, vol. I, p. 432; Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. II, p. 162 (testo Raynouard); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 127 (testo di O, vv. 1-8 e 45-48); Reinhilt Richter, Die Troubadourzitate im “Breviari d’Amor”, Kritische Ausgabe der provenzalischen Überlieferung, Modena 1976, p. 169 (edizione di α); Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981, p. 95 (testo Shepard - Chambers); Aimeric de Peguillan, Poesie, a cura di Antonella Negri, Roma 2012, p. 74 (testo Shepard - Chambers).
La canzone è trasmessa da dieci mss. a cui deve aggiungersi una citazione di quattro versi nel Breviari d’Amor; fra questi Dc conserva solo la prima cobla, in E l’asportazione della miniatura caposezione ha comportato l’escissione della rubrica e di buona parte del testo, mentre O è privo della quarta cobla. L’assenza di errori significativi impedisce di ricostruire uno stemma codicum. Il gruppo DaIK può essere individuato al v. 10 da un errore polare (mals ditz per besgidz), quantunque si tratti di un’inversione assai comune; inoltre, una cattiva interpretazione dell’abbreviazione p(ro) al v. 22 ha portato alla lezione per. DaIK presentano altresì un’ipometria di una sillaba al v. 17 (manca ben). Il consueto raggruppamento IK è individuato da un’ipometria di una sillaba al v. 16 (manca bos), da una lezione erronea al v. 19 (sitilmen per sotilmen), e un’ipermetria, sempre di una sillaba, al v. 41 (malamen per mal, men); meno significativo è lo scambio son per so·m al v. 41. I due manoscritti hanno errori propri: I presenta un errore nella morfologia verbale (poges per pojet al v. 17), ed è ipometro al v. 42 (manca qui); in K si rinviene una grafia aberrante al v. 38 (larguze). Infine, Da è ipometro al v. 8 per un errore nella coniugazione verbale (diz per dizen), al v. 18 ha la grafia aberrante hamors (per analogia con honors), e al v. 22 presenta un errore di banalizzazione (dautratz per dauratz). Analizzando la segmentazione grafica, al v. 46 il copista dimostra di non aver inteso la destinataria della lirica (naio an na). Dall’analisi della tradizione non si evincono altri raggruppamenti significativi, salvo una certa vicinanza di J a P: comuni sono un errore nella morfologia del verbo al v. 9 (dieisses per disses), una lezione frutto di banalizzazione al v. 30 (la ministramen per l’amayestramen), e un’ipermetria di due sillabe al v. 41 (manca que, compensato per eccesso dalla lezione mal uilanamen per mal, men). Comune anche a E è, al v. 12, la forma verbale ipometra sembla per semblera: ad ogni modo, poiché il ms. E è testimone parziale non sarà possibile dunque portare un confronto esaustivo. È con ogni evidenza poligenetica la convergenza fra Da e R nell’erroneo quel·s per que·l al v. 10. Ricchi di errori propri sono O e P. Si è deciso di adottare C come ms. base: esso presenta al v. 1 una lezione singolare (de so, contro d’aiso del resto della tradizione), nonché una diplografia (hom hom).
Metrica: a8 b8 a8 b8 a8 a8 c8 c8 (Frank 221:2). Cinque coblas unissonans di otto versi, seguite da due tornadas di quattro. Rime: -en, -ors, -als; mot-refranh: mals (vv. 8, 16, 24, 32, 40, 44 e 48). Il collegamento interstrofico segue i dettami delle coblas capfinidas, anche se manca il collegamento fra la quarta e la quinta cobla. Contrafactum (con ripresa del mot-refrainh) è il sirventese anonimo Ades vei pejurar la gen (BdT 461.6), tràdito dal solo canzoniere L, e dedicato a Corrado Malaspina.
In questa canzone Aimeric si scaglia in tono polemico contro i conoissedors (v. 2), «poeti o individui di una cerchia ristretta di persone[, dotati di] un’autocoscienza del fare letterario che consente loro di condividere una forma quasi impersonale, collettiva, di poesia» (Negri, Aimeric de Peguillan, p. 131): i riferimenti ad personam non sono sempre riconoscibili, anche se è assai probabile che Aimeric avesse in mente l’orizzonte della corte di Azzo VII e Giovanna a Calaone (si vedano però la nota al v. 18 e, più in generale, le Circostanze storiche).