Testo: Luca Gatti, Rialto 18.i.2018. 1-2. Come giustamente ricorda Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, a p. 45, l’esordio della canzone riprende la sentenza evangelica di Matteo xii, 34: «Ex abundantia enim cordis os loquitur». 3 parli. Si tratta di una forma analogica, come dobli al v. 25 (vedi Shepard - Chambers, The Poems, p. 52). 5. Sulla sinalefe fra vocali atone, qui presente fra dompna e al, si veda Enrico Zimei, «Sinalefe e dialefe. Appunti per una tipologia degli incontri vocalici interverbali nella versificazione occitana», Critica del testo, 7, 2004, pp. 919-971, alle pp. 964-965. Altri casi di sinalefe si incontrano, stando alla grafia del ms. A, ai vv. 13 e 38. 8. Ci sembra più confacente al senso del passo la forma no·m; l’edizione Shepard - Chambers stampa invece no·n. Vedi ad esempio Ges de chantar no·m pren talans (BdT 70.21), v. 39: «car ela plus no·m fazia», nonché Dels huoills e del cor e de me (BdT 457.9), v. 6: «car s’ill autre ben no·m fazia». 10-11. La proposizione consecutiva, di solito annunciata da avverbi come si, tal, tan o aissi, è qui introdotta da mieils, e si accorda, come di norma, a que: da uno spoglio della COM2 non si segnalano altre occorrenze del costrutto (ma cfr. Frede Jensen, Syntaxe de l’ancien occitan, Tübingen 1994, § 760). 14 Sul “furto” del cuore o dei “sensi” vedi Eduard Wechssler, Das Kulturproblem des Minnesangs. Studien zur vorgeschichte der Renaissance, 2 voll., Halle a.S. 1909, vol. I, pp. 383-384. La lezione del ms. C (camjat per emblat) è isolata, ma trova qualche riscontro nel corpus di Aimeric, fra cui si segnala Nulhs hom non es tan fizels vas senhor (BdT 10.38), v. 30: «Guardatz s’ai be camjat sen per folhor». 25-32. In alcuni componimenti di Folquet de Marselha si rinviene altresì il tema del raddoppio di ferite e desideri (come segnalato da Shepard - Chambers, The Poems, p. 52), per cui si vedano Tan mou de corteza razo (BdT 155.23), v. 47, nonché Us volers outracujatz (BdT 155.27), v. 38; i rapporti intertestuali fra i due trovatori, protagonisti fra l’altro di una vivace polemica letteraria, sono stati messi in luce in Le poesie di Folchetto di Marsiglia, edizione critica a cura di Paolo Squillacioti, Pisa 1999, alle pp. 96-97. 30 Aimeric allude a Tristano anche nel planh dedicato a Guglielmo Malaspina, Era par ben que Valors se desfai (BdT 10.10), v. 16: «ni·s mes Tristans d’amor en tan d’assay». La letteratura d’oltralpe era, con ogni evidenza, ben nota alla corte dei Malaspina, dal momento che Aimeric paragona Guglielmo «ad Alessandro per liberalità, a Galvano per il valore nelle armi, a Ivano per la cortesia e a Tristano per l’amore» (Folena, «Tradizione e cultura trobadorica», p. 42). Allo stesso modo, non è azzardato ipotizzare che anche la dedicataria della canzone fosse a conoscenza della leggenda di Tristano, che, come noto, godeva di fama – almeno nel Midi –, dal 1150 circa (su questo punto si vedano Rita Lejeune, «Mentions de Tristan chez les troubadours», Bulletin bibliographique de la Société Internationale Arthurienne, 6, 1954, pp. 96-97, e Irénée-Marcel Cluzel, «Les plus anciens Troubadours et la légende amoureuse de Tristan et Iseut», in Mélanges de linguistique et de littérature romanes à la mémoire d’István Frank offerts par ses anciens maîtres, ses amis et ses collègues de France et de l’étranger, Saarbrücken 1957, pp. 155-170). Il riferimento al filtro d’amore (il pimen del v. 30), si rinviene anche in Bernart de Pradas, Sitot m’ai pres un pauc de dan (BdT 65.3), vv. 21-22 («Beure·m fai ab l’enap Tristan / amors, e eisses los pimens»), Guillem Augier Novella, Per vos, bella dous’amia (BdT 205.4a), vv. 26-27 («ara sai eu q’eu ai begut del broc / don bec Tristans c’anc pois garir non poc!»), nonché Bartolomeo Zorzi, Atressi cum lo camel (BdT 74.2), vv. 49-52 («Mais s’ieu ja trob mon apel, / l’amoroseta bevanda / non feric ab son cairel / Tristan n’Iseut plus fortmen»). Vale la pena sottolineare come, in ogni caso, i riferimenti alla leggenda di Tristano citati non distinguano l’amore fatale da quello cortese (razionale, di libera scelta); tale distinzione è, invece, evidente in D’Amors qui m’a tolu a moi (RS 1664), vv. 28-36: sulla questione si vedano almeno Aurelio Roncaglia, «Carestia», Cultura neolatina, 18, 1958, pp. 121-135, e Costanzo Di Girolamo, «Tristano, Carestia e Chretien de Troyes», Medioevo romanzo, 9, 1984, pp. 17- 26. Per un elenco delle menzioni della leggenda di Tristano ancora utile è Léopold Sudre, «Les allusions à la légende de Tristan dans la littérature du moyen âge», Romania, 15, 1886, pp. 534-557. 32. per so per. Si corregge la lezione del ms. A, in quanto sospetta di italianismo. Per un caso simile vedi Francesca Sanguineti, Il trovatore Albertet, Modena 2012, p. 116; sulla congiunzione casuale si veda Jensen, Syntaxe, § 757. 35. La lezione corretta ad honrar è presa da C e D; a durar del ms. base deriva, con ogni evidenza, da una cattiva lettura, ben spiegabile paleograficamente. [LG] |