Rialto    IdT

10.40

 

 

 

Aimeric de Pegulhan

 

 

 

 

 

 

I.

 

 

Per razo natural,

 

 

segon ma conoissensa,

 

 

deu dir de malvolensa

 

 

be, qui ditz mal d’Amor;

5

 

per que par folhs qui cre

 

 

sel que de mal ditz be,

 

 

e quan ditz issamen

 

 

de be mal, fai non-sen

 

 

qui son blasme tem ni sa lauzor blan,

10

 

quar no·l ten pro sos laus ni·l blasmes dan.

 

 

 

 

 

II.

 

 

Pauc notz d’ome ni val

 

 

sos digz, a ma parvensa,

 

 

pus non a de falhensa

 

 

vergonha ni paor.

15

 

No val ni notz ab me,

 

 

ni entre·ls savis re,

 

 

qu’en lui meteys enten

 

 

lo dan d’aiselh qui men;

 

 

e maldigz fals es laus, al mieu semblan,

20

 

e bendigz fals blasmes, quar mou d’enjan.

 

 

 

 

 

III.

 

 

E selh que ditz aital

 

 

qu’elh avia crezensa

 

 

que selh que mal comensa

 

 

fenis be, digz error

25

 

e parlet contra se.

 

 

Doncx enaissi·s cove

 

 

de bon comensamen

 

 

aver mal fenimen?

 

 

En lui par ver, qu’al comensar cantan

30

 

dis ben d’Amor, et al fenir mal gran.

 

 

 

 

 

IV.

 

 

Quar apres ben dis mal,

 

 

fetz gran desconoissensa;

 

 

mas falsa maldizensa

 

 

mou de fals dizedor.

35

 

Donx no falh, ans ave,

 

 

quar ditz so que·lh perte,

 

 

que·l fals falh ver dizen

 

 

e·l leyals falh menten,

 

 

qu’atressi falh fals leyaltat menan

40

 

quom lo leyals quan se vai desvian.

 

 

 

 

 

V.

 

 

Una domna leyal

 

 

sai ieu qu’es de Plazensa,

 

 

mas estai en Valensa

 

 

per mielhs gardar Sanhflor

45

 

e Mirabel que te,

 

 

e Cortezo, per que

 

 

gazanha Benaven

 

 

e Belhjoc franchamen,

 

 

e ten Guarda e Verona mandan,

50

 

e·s bateget lo jorn de sant Johan.

 

 

 

 

 

VI.

 

 

Qui que·s crotle ni estia entrenan,

 

 

Malespina esta ferms en l’estan.

 

 

Traduzione [gb]

I. Per buon senso di natura, a mia conoscenza, deve parlare bene della malevolenza chi parla male d’amore; perché sembra folle chi crede a quello che parla bene del male, e quando questi allo stesso modo parla male del bene, se uno teme il suo biasimo e desidera la sua lode fa qualcosa senza senso, perché la lode non gli arreca vantaggio né il biasimo danno.

II. Aiuta e nuoce poco alle parole di un uomo, a mio avviso, il fatto che non abbia vergogna né paura di sbagliare. Non lo aiuta né nuoce per niente con me e neppure tra le persone sagge, perché colloco in lui stesso il danno di colui che mente; e una maldicenza falsa è lodevole – così mi pare – e un elogio falso è biasimevole, perché procede dall’inganno.

III. E colui che dice che credeva che colui che comincia male finisce bene, dice qualcosa di errato e parla contro se stesso. Dunque, è necessario che un buon inizio abbia una cattiva fine? In lui sembra proprio vero, perché nel cantare parlò bene d’amore all’inizio e molto male alla fine.

IV. Poiché dopo [averne parlato] bene ne parlò male, fece una grande follia; ma una maldicenza falsa procede da un falso dicitore. Dunque non sbaglia, anzi è appropriato perché dice ciò che lo riguarda, in quanto l’uomo falso sbaglia dicendo la verità e l’uomo sincero sbaglia mentendo, e in quanto l’uomo falso sbaglia mostrando lealtà allo stesso modo che l’uomo sincero sbaglia quando va fuori strada.

V. Io so che una donna sincera viene da Piacenza [= è piacevole], ma si trova a Valenza [= ha in sé il valore] per custodire meglio San-Fiore [= il fiore, le migliori qualità] e Mirabello, che possiede [= la bella vista, la bellezza che possiede], e Cortezo [= la cortesia], grazie al quale guadagna senza riserve Benevento [= buona accoglienza o benevolenza, amore] e Bel-gioco [= il bel divertimento, il sollazzo] e tiene il governo di Garda [= compostezza, prudenza] e Verona [= verità oppure virtù] ed è stata battezzata il giorno di San Giovanni [= “si chiama Giovanna”, oppure “è posta sotto il segno di gioia o giovamento”].

VI. Per quanto gli altri si agitino e stiano tramando, Malaspina sta saldo come un palo.

 

 

 

Testo: Shepard-Chambers 1950. – Rialto 25.i.2020.


Mss.: A 138v, B 84v, C 89v, D 70r, Dc 246v, E 80, Fa 59, G 39r, I 55v, K 41v, M 89r, N 159v, Q 13v, R 50v, U 39r, T 94r, c 56r, alfa 28393-28402, 28034-28039; era nel ms. di Bernart Amoros al f. 111.

Edizioni critiche: Carl Appel, Provenzalische Inedita aus Pariser Handschriften, Leipzig 1890, p. 325 (vv. 35-40, cobla del ms. T); Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899, p. 35 (cobla V); William P. Shepard - Frank M. Chambers, The Poems of Aimeric de Peguilhan, Evanston (Illinois) 1950, p. 193; Reinhilt Richter, Die Troubadourzitate im “Breviari d’Amor”, Modena 1976, p. 176; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005, p. 234.

Altre edizioni: Carl August Friedrich Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856-1873, I, p. 49 (B), IV, p. 69 (E), p. 69 (C); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, I, p. 233 (coblas I, V, VI; testo C di Mahn); René Lavaud, Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal (1180-1278), Toulouse 1957, p. 558 (vv. 35-40, testo Appel).

Metrica: a6 b6’ b6’ c6 d6 d6 e6 e6 f10 f10 (Frank 751:2). Rime: -al, -ensa, -or, -e, -en, -an. Canzone di cinque coblas unissonans di dieci versi e una tornada di due versi. La forma metrica è un unicum.

Note: La canzone si colloca tra gli anni Dieci e gli anni Venti del Duecento, ma mancando elementi di datazione stringenti, nonostante numerose e divergenti ricostruzioni, non è possibile precisarne la data di composizione (si vedano le Circostanze storiche). – Il testo stigmatizza nelle prime quattro strofe un vizio di logica e di razionalità (razon natural), cioè il parlare insieme bene e male di un argomento, in particolare dell’amore. Tale atteggiamento è considerato contraddittorio e quindi illogico e irrazionale. Il bersaglio polemico (probabilmente non l’unico) è Folquet de Marselha, come rilevava già Stanisław Stroński, Le troubadour Folquet de Marseille, Cracovie 1910, pp. 60*-61*, in particolare il testo Greu feira nuills hom faillenssa (BdT 155.10), databile agli anni 1188-1192: Aimeric vuole «polemizzare a distanza di tempo con i contenuti anti-amorosi di FqMars» (Paolo Squillacioti, Le poesie di Folchetto di Marsiglia. Nuova edizione riveduta e aggiornata, «Corpus des Troubadours» 2009, § 1.3.2). La polemica, che si collegava al testo di Folquet forse grazie a qualche ripresa di tipo performativo, si indirizza soprattutto contro la cobla IV contestata apertamente nella nostra cobla III (cfr. Squillacioti, Le poesie di Folchetto, § 3.2.2.1.1 e ivi citato Mario Mancini, «Aimeric de Peguilhan, “réthoriqueur” e giullare», in Il Medioevo nella Marca: trovatori, giullari, letterati a Treviso nei secoli XIII e XIV. Atti del Convegno (Treviso, 28-29 settembre 1990), a cura di Maria Luisa Meneghetti e Francesco Zambon, Treviso 1991, pp. 45-89).

21-30. Il bersaglio polemico è la cobla III di Greu feira nuills hom faillenssa (BdT 155.10) vv. 28-36: «Mas eu avia plivenssa, / tant quant amei follamen, / en aisso c’om vai dizen: / ben fenis qui mal comenssa; / don eu avia entendenssa / que, per proar mon talen, / m’acsetz mal comenssamen; / mas er conosc a presenssa / que totz temps m’agra tenenssa». Cfr. Stroński, Le troubadour, pp. 60*-61*; Shepard-Chambers, The Poems, p. 196; Mancini, «Aimeric de Peguilhan»; Squillacioti, Le poesie di Folchetto, § 3.2.2.1.1; Caïti-Russo, Les troubadours, pp. 234-235.

41-50. Tutti i toponimi della cobla V devono essere intesi in senso metaforico, secondo una moda iniziata da Peire Vidal in Tant an ben dig del Marques (BdT 364.47) come mostrato da Nicola Zingarelli, Intorno a due trovatori in Italia, Firenze 1899, e chiarito definitivamente da Frank M. Chambers, «The Lady from Plazenza», in French and Provençal Lexicography. Essays Presented to Alexander Herman Schutz, Columbus 1964, pp. 196-209 e Anatole Pierre Fuksas, Etimologia e geografia nella lirica dei trovatori, Bagatto, Roma, 2002, pp. 122-126. Si tratta di un gioco di parole in cui i toponimi non possono essere presi alla lettera (nessuna dama potrebbe possedere tutte queste località), ma valgono per il loro significato etimologico. Nella traduzione il senso metaforico è indicato tra parentesi quadre come già in De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. I, p. 234. Quanto alla localizzazione dei toponimi, per alcuni vi sono varie possibilità a seconda che si pensi a luoghi italiani o transalpini, e forse anche questa ambivalenza è volontaria: Plazensa è Piacenza o Plaisence (Tolosa o Aquitania); Valensa può essere Valenza sul Po o Valence sul Rodano; Sanhflor Saint-Flour in Alvernia o San Fiore nel Trevigiano o altri ancora; Mirabel Mirabello presso Pavia o Ferrara o in Monferrato o Mirabeau presso Aix-en-Provence; Cortezo Cortazzone nell’Astigiano o Courthézon in Provenza; Benaven Benevento in Campania o uno dei vari Bénévent/Benaven francesi; per Belhjoc si ha Beaujeu in Francia e nessun riscontro in Italia; Guarda è toponimo diffuso ovunque; Verona  è la città italiana. Sulla domna leyal che ·s bateget lo jorn de sant Johan si vedano le Circostanze storiche.

52. Malespina: cfr. Circostanze storiche.

[gb]


BdT    Aimeric de Pegulhan    IdT

Circostanze storiche