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Aimeric de Pegulhan, Ara parra qual seran envejos (BdT 10.11)


 

Circostanze storiche

 

 

 

Ara parra qual seran envejos (BdT 10.11) è una canzone di crociata scritta da Aimeric de Pegulhan nell’Italia settentrionale. La data di composizione è stata ragionevolmente fissata fra la primavera del 1213 e il 27 luglio 1214, giorno della battaglia di Bouvines, ma non sarà forse azzardato ipotizzare un periodo non troppo successivo all’aprile 1213 (Lewent 1905, p. 350; De Bartholomaeis 1911-12, pp. 98-99; De Bartholomaeis 1931, pp. 189-193; Guida 1992, p. 217). Gli elementi che concorrono alla datazione del testo sono la citazione esplicita del papa Innocenzo III, che proprio nell’aprile del 1213 promulgava le bolle Quia maior e Domini vineam Sabaoth, e l’allusione alle lotte dei grandi signori europei relative alla rivalità per la corona imperiale tra Federico II di Svevia e Ottone IV di Brunswick.

La liberazione dei Luoghi Santi fu elemento centrale del pontificato di Innocenzo III insieme alla riforma della Chiesa (in generale vd. Maccarrone 1972, pp. 86-113). Fin dai primi anni, il papa insistette nella predicazione della Crociata in Italia e puntò molto sul reclutamento dei signori italiani per la spedizione ultramarina. Innocenzo III rivolse diverse lettere-circolari a questi e ai prelati italiani e continuò nella promozione della spedizione in Terrasanta anche dopo il fallimento della Quarta Crociata. Ancora nel 1208 egli volle porre al centro dei suoi moniti i signori italiani. Lo si evince dalla lettera del 10 dicembre 1208 rivolta «Universis christi fidelibus per Lombardiam et Marchiam constitutis» e dall’epistola successiva indirizzata nello stesso periodo a vescovi, arcivescovi ed altri prelati della Chiesa delle stesse regioni (PL CCXV, coll. 1500-1502). Nel primo decennio del XIII secolo, il pontefice si rivolgeva agli stessi signori della Marca Trevigiana cui si indirizzavano i trovatori in cerca di ospitalità. Alla base della canzone di crociata di Aimeric de Pegulhan non può che scorgersi quindi il riflesso degli appelli del papa proprio a quei signori, come i Malaspina o gli Este, a cui Innocenzo III fin dal 1208 aveva richiesto un contributo «de succursu terrae sanctae». Impossibile dunque non far riferimento alla bolla Quia maior (PL CCXVI, coll. 817-823). Con questa comunicazione solenne il pontefice, dopo il successo sui Saraceni in Spagna, indisse una nuova Crociata, rivolgendosi a tutti i fedeli affinché contribuissero con la partecipazione diretta o mediante donazioni (sull’importanza della bolla e sulla predicazione di Innocenzo per la crociata vd. Alphandéry - Dupront 1974, pp. 343-384). Diversamente dal passato, l’intenzione del pontefice era che la predicazione giungesse a tutti gli strati della popolazione e dunque egli si adoperò a lungo affinché l’appello alla Crociata fosse ben diffuso nelle regioni italiane. Lo si arguisce dai molti destinatari italiani della stessa Quia maior e dagli inviti rivolti ai vescovi siciliani e della Lombardia e Toscana affinché questi si occupassero in prima persona del reclutamento per la crociata.

Aimeric de Pegulhan, sulla spinta della forte predicazione di quegli anni, si fece dunque portavoce della volontà pontificia di indire una nuova crociata. Probabile, date queste premesse, che il trovatore si facesse carico di interpretare l’opinione dei signori presso cui dimorava. Non è semplice stabilire il luogo di composizione del testo. Le vicende biografiche del trovatore sono infatti ricostruibili solo a grandi linee a partire dai suoi stessi testi e dall’antica vida trasmessaci. Si sa, per le allusioni contenute nelle sue poesie, che Aimeric fu attivo in diverse corti italiane a partire dal primo decennio del XIII secolo. Al di qua delle Alpi, fu ospite di diversi casati nobiliari, dapprima i Monferrato, poi i Malaspina, gli Este e i Traversari. A rigore però il primo dato certo di un soggiorno italiano ci è fornito dalla composizione dei planhs in morte di Azzo VI d’Este e Bonifacio di san Bonifacio, Ja non cujey que·m pogues oblidar (BdT 10.30) e S’eu anc chantei alegres ni jauzens (BdT 10.48), composti dopo il 15 novembre 1212 proprio alla corte d’Este. La morte di Azzo VI costituì una svolta importante per la famiglia estense che, persa la sua guida carismatica, attraversò un momento di crisi durante il governo di Aldobrandino, morto nel 1215, e di Azzo VII, affiancato al governo dalla madre fino alla maggiore età, conseguita nel 1220 (Bettini Biagini 1981, pp. 23-27). In queste circostanze Aimeric, preoccupato per l’incerto futuro dei suoi mecenati, iniziò a porsi in cerca di nuovi patroni. Il trovatore sembrerebbe aver composto Ara parra, che tace della complessa situazione degli Este, presso la corte di altri signori, il «Marques de Monferrat» (v. 51), in cui si deve riconoscere Guglielmo VI, o i Malaspina. Una traccia della presenza di Aimeric alla corte malaspiniana di Oramala si rinviene nella celebre Treva di Guilhem de la Tor (Bettini Biagini 1980). Questo componimento, il cui incipit è Pos n'Aimerics a fag far mesclans'e batailla (BdT 236.5a), è stato considerato unanimemente dalla critica come una risposta, una continuazione, a un precedente testo, a noi purtroppo non pervenuto, che Aimeric de Pegulhan avrebbe verosimilmente composto alla corte dei Malaspina. La datazione della Treva è stata anticipata con argomenti molto convincenti agli anni dal 1212 al 1216 e, più precisamente, al 1213, anno in cui si registrò la distruzione del castello di Este, evento importante per stabilire la data di composizione del pezzo (Bettini Biagini 1981, pp. 72-78). Guglielmo Malaspina, più dell’omonimo marchese di Monferrato, potrebbe essere dunque il mecenate che ospitava Aimeric al momento della stesura del Kreuzlied. L’ipotesi, in effetti, pare supportata dall’elogio che il trovatore riserva al signore della Marca, incensato per aver vestito la croce, almeno a quanto apprendiamo dalle stesse parole del trovatore. In tornada viene rivolto a Guglielmo VI di Monferrato il richiamo a dedicarsi alla spedizione ultramarina, come i gloriosi ancessors Corrado e Bonifacio di Monferrato, i quali si distinsero nella Terza e nella Quarta Crociata. Quella del trovatore va sicuramente considerata come un’esortazione ma, del resto, l’esitazione del Marchese di Monferrato, specie a confronto con la gloria degli illustri predecessori, doveva apparire come una grave mancanza. Già più volte, infatti, Guglielmo era stato esortato a prendere la croce da un altro trovatore, Elias Cairel (Barbero 1983, pp. 698-703).

Com’è stato rilevato, Aimeric sembra più interessato a diffondere i tradizionali valori cortesi nella Marca che a enunciare forti prospettive religiose o politiche (Peron 1991). Distante dalle convulse lotte di potere di quegli anni e scottato dalla recente perdita del prezioso mecenate Azzo VI d’Este, il trovatore compose probabilmente questa canzone di crociata con l’intento di elogiare il suo nuovo signore. Ben lontano dalle posizioni più engagées che si sarebbero registrate con trovatori a lui successivi, Aimeric incarna perfettamente la figura del trovatore girovago che, stabilizzatosi nelle corti dell’Italia settentrionale, cercò di divulgare verso un nuovo pubblico le norme di comportamento e i valori della società cortese, primo fra tutti il mecenatismo.

 

 

Bibliografia

 

Alphandéry - Dupront 1974

Paul Alphandéry - Alphonse Dupront, La cristianità e l’idea di crociata, Bologna 1974.

 

Barbero 1983

Alessandro Barbero, «La corte dei marchesi di Monferrato allo specchio della poesia trobadorica. Ambizioni signorili e ideologia cavalleresca fra XII e XIII secolo», Bollettino Storico Bibliografico Subalpino, 81, 1983, pp. 641-703.

 

Bettini Biagini 1980

Giuliana Bettini Biagini, «La ʻTrevaʼ di Guillem de la Tor: problemi di datazione e di traduzione», Studi Mediolatini e Volgari, 27, 1980, pp. 113-118.

 

Bettini Biagini 1981

Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981.

 

De Bartholomaeis 1911

Vincenzo De Bartholomaeis, «Osservazioni sulle poesie provenzali relative a Federico II», Memorie della R. Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di Scienze morali: Scienze storico-filologiche, s. I, 6, 1911-1912, pp. 97-124.

           

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Guida 1992

Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992.

 

Lewent 1905

Kurt Lewent, «Das altprovenzalische Kreuzlied», Romanische Forschungen, 21, 1905, pp. 321-448.

 

Maccarrone 1972

Michele Maccarrone, Studi su Innocenzo III, Padova 1972.

 

Peron 1991

Gianfelice Peron, «Trovatori e politica nella Marca Trevigiana», in Il medioevo nella Marca: trovatori, giullari, letterati a Treviso nei secoli XIII e XIV. Atti del Convegno (Treviso, 28-29 settembre 1990), a cura di Maria Luisa Meneghetti e Francesco Zambon, Treviso 1991, pp. 11-44.

 

PL

Patrologiae Cursus Completus. Series Latina (PL), a cura di Jacques Paul Migne, 221 voll., Paris 1844-1864.

 

Francesco Saverio Annunziata

28.x.2015


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