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Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13)
Aimeric de Belenoi, Tant es d’amor honratz sos seignoratges (BdT 9.21)


 

Circostanze storiche

 

 

   

En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13) si inserisce con singolare vivacità nella tradizione dei tournoiements des dames, dei quali l’esemplare occitanico più antico è il Carros di Raimbaut de Vaqueiras, Truan, mala gerra (BdT 392.32). Aderendo a questo filone, Albertet compie una particolare operazione di reimpiego di questa modalità poetica, non priva di conseguenze, come dimostra la risposta per le rime del trovatore contemporaneo Aimeric de Belenoi, Tant es d’amor honratz sos seignoratges (BdT 9.21), che di fatto attua un puntuale rovesciamento della canzone albertina (si veda infra). In En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13) è presente la caratteristica principale dei tournoiements des dames, vale a dire la rassegna enumerativa di figure femminili, ma le dame citate, tutte appartenenti all’aristocrazia delle corti settentrionali italiane, sono raffigurate in termini negativi e apparentemente disprezzate.

La canzone di Albertet, definita icasticamente da Folena una «requisitoria contro i danni d’amore» (Folena 1990, p. 41), si apre infatti con un categorico rifiuto di cantare d’ora in avanti la bellezza femminile e l’amore, a causa dell’ingannevole modo di agire delle donne e dell’ingiustizia che regola i rapporti amorosi. D’altra parte, le accuse contro le dame finiscono sempre col mescolarsi ad attributi encomiastici e a formule che rimandano al codice cortese, sicché appare manifesto che il pezzo celi in realtà un intento fortemente elogiativo. Destinatario principale dell’elogio è Corrado Malaspina, ricordato da Albertet anche nel congedo della canzone Mout es greus mals de qu’om no s’auza planher (BdT 16.18), in cui il trovatore si rivolgeva in modo diretto al mecenate esprimendo il proprio desiderio di vederlo e accennando alla sua illustre fama.

In En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), Corrado Malaspina figura ben due volte: al v. 38, in cui è menzionato insieme alle sue due figlie, Beatrice e Selvaggia, e soprattutto nella seconda tornada, ai vv. 59-60, in cui è elogiato come dedicatario principale della canzone. Ne deduciamo che, al momento della stesura del testo, Albertet dimorava o era comunque attivo presso la corte di Corrado Malaspina, definito in modo significativo mon seignor al v. 38 (si veda anche De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 16). Oltre a Corrado e alle sue due figlie sono passate in rassegna nella canzone alcune tra le più belle e nobili dame dell’Italia settentrionale: accanto a Selvaggia e Beatrice di Oramala figurano infatti Beatrice di Provenza, Agnesina di Saluzzo, Beatrice del Viennese, Adelaide del Castello e di Massa, la non precisamente identificata contessa del Carretto. Proprio il riferimento alle due Beatrici (Beatrice di Provenza e Beatrice del Viennese) ci consente di fissare i limiti cronologici della canzone, giacché Beatrice di Provenza divenne contessa di Provenza sposando Raimondo Berengario V, mentre l’altra Beatrice è definita de Vianes con allusione alle sue nozze col delfino del Viennois, Andrea. Entrambe le dame celebrarono il loro matrimonio nel 1220, sicché il testo va considerato successivo e appare riconducibile al 1221, data che coincide con la presenza del trovatore presso la corte di Oramala (si vedano anche De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 16; Boutière 1937, p. 18).

La rassegna enumerativa di dame ha inizio dalla cobla quarta, nella quale si passa da una prospettiva di rinuncia generica nei confronti di amore e delle donne ad esempi concreti, giacché sono elencati i nomi di alcune nobili signore che il trovatore sarebbe disposto a rifiutare, anche qualora gli concedessero il loro amore e il loro interesse. La prima ad essere menzionata è la comtessa fina / de Proenssa (vv. 27-28), cioè Beatrice di Savoia (1206-1266), figlia di Tommaso I e andata in sposa, come si è detto, a Raimondo Berengario V nel dicembre del 1220. Sempre nella quarta strofe, al v. 29, figura Agnesina di Saluzzo, figlia di Bonifacio di Saluzzo e di Maria la Sarda, il cui nome è seguito da quello della cugina di terzo grado Biatritz / de Vianes (vv. 31-32), cioè Beatrice di Monferrato, figlia di Guglielmo e moglie del delfino del Viennois Andrea. Nella quinta cobla prosegue l’enumerazione di nobildonne con il riferimento alle due figlie di Corrado Malaspina: Selvaggia (v. 33) e Beatrice, alla quale si fa accenno al v. 36 come seror di Selvaggia. La sesta cobla si apre, invece, con la menzione di Alazais de Castel e de Massa (v. 41), che è stata oggetto di diverse ipotesi di identificazione. Da respingere, in quanto incompatibile dal punto di vista cronologico, è la proposta di Torraca 1901, p. 30, per il quale si tratterebbe di Adelaide Malaspina, moglie di Guglielmo di Massa, giudice di Cagliari. Insoddisfacente è anche l’ipotesi formulata da De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 19, che suggerì di riconoscere in Azalais la figlia di Guglielmo di Massa, Agnese, che sarebbe però qui menzionata con un nome differente, cioè Azalais. A conti fatti, l’Adelaide cantata da Albertet può invece essere individuata, come suggerito da Poli 1997, p. 311, e come accertato dalla cronologia e dal nome, in Adelaide di Castello e di Massa, figlia di Agnese di Massa, con cui la identificava De Bartholomaeis, e nipote di Adelaide Malaspina, con cui la identificava Torraca. Adelaide del Castello e di Massa, su cui si veda Roncaglia 1995, era figlia del giudice di Torres Mariano (1218-1232) e andò in moglie a Ubaldo Visconti intorno al 1219, sicché la sua identificazione con la dama cantata da Albertet non comporta alcuna difficoltà con la datazione del testo. Recente è, infine, il poco convincente tentativo di Soddu 2011 di proporre un’interpretazione alternativa, suggerendo di riconoscere in Azalais Benedetta di Massa, un’altra figlia di Guglielmo di Massa e, perciò, sorella di Agnese e zia di Adalasia.

Nell’ultima strofe, l’elencazione di dame celebrate e al tempo stesso rifiutate si chiude con il riferimento alla misteriosa pros comtessa / del Carret (vv. 49-50), forse riconoscibile, come ha suggerito De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 19, in Agata dei conti del Genovese, moglie del marchese del Carretto Enrico II. Il componimento si conclude, infine, con due tornadas, di cui la seconda, assente nella replica rovesciata di Aimeric de Belenoi, Tant es d’amor honratz sos seignoratges (BdT 9.21), racchiude il riferimento chiave a Corrado Malaspina, che ci consente appunto di chiarire, come accennato sopra, la localizzazione, la datazione, e l’intento effettivo di questo singolare pezzo poetico.

L’importanza della canzone contro amore di Albertet si lega anche al contrafactum prodotto da Aimeric de Belenoi Tant es d’amor honratz sos seignoratges (BdT 9.21), in cui sono ripresi non solo lo schema metrico e le rime, ma anche le parole in rima adottate da Albertet. Il componimento di Aimeric costituisce infatti una puntuale replica a En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), ed è pertanto ad esso di poco posteriore. In Tant es d’amor honratz sos seignoratges (BdT 9.21) il trovatore finge di prendere alla lettera la canzone contro amore di Albertet e assume la difesa delle dame ivi menzionate, scagliando al contrario accuse contro il loro calunniatore (si veda Sanguineti 2008). Come suggerito da Poli, sembra che il vero destinatario del pezzo di Aimeric vada riconosciuto in Beatrice di Savoia, moglie di Raimondo Berengario V di Provenza (Poli 1997, p. 331).

 

 

Bibliografia

 

Boutière 1937

Jean Boutière, «Les poésies du troubadour Albertet», Studi medievali, 10, 1937, pp. 1-129.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Folena 1990

Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137.

 

Poli 1997

Aimeric de Belenoi, Le poesie, edizione critica a cura di Andrea Poli, Firenze 1997.

 

Roncaglia 1995

Aurelio Roncaglia, «“Angelica figura”», Cultura Neolatina, 55, 1995, pp. 41-65.

 

Sanguineti 2008

Francesca Sanguineti, «Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13)», Lecturae tropatorum, 1, 2008, 34 pp.

 

Soddu 2001

Alessandro Soddu, I Vandali, Bisanzio e il Medioevo dei Giudici, in La Sardegna. Tutta la storia in mille domande, a cura di Manlio Brigaglia, 10 voll., Sassari 2011, vol. IV, n. 357, pp. 127-128.

 

Torraca 1901

Francesco Torraca, Le donne italiane nella poesia provenzale. Su “la Treva” di Guglielmo de la Tor, Firenze 1901.

 

Francesca Sanguineti

31.viii.2016


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