Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Anonimi
E si eu aghes penduiz aut al ven
461.
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Anonimi
E si eu aghes penduiz aut al ven
Trad. it.
Apparato
Note

E se io avessi impiccato in alto al vento il conte di Montfort e tutti i suoi soccorritori, sì, vorrei lo stesso di molti altri: re Carlo, e tanto il figlio quanto il nipote. E solo che potessi avanzare in Romagna, veder sconfiggere e malmenare i francesi, senza incertezza distruggere e incendiare, così vorrei vendicare la nostra gente.

2 tot    6 veire] Uiore    barreiar] barteiar

1. L’intervento di Bertoni che trasforma l’incipit in Er[as] aghes ieu pendutz aut al ven è eccessivo.

2. Su Guido di Montfort e i soccorritori, cfr. le Circostanze storiche. Bertoni emendava cons de Monfort in Cel de Monfort ‘quello di Montfort’, ma poiché il motivo dell’intervento è l’ossequio alla grammatica (cons sarebbe caso soggetto, mentre qui serve il caso regime), esso appare privo di una giustificazione cogente. Infatti, anche altrove nel testo sono presenti errori di declinazione, la cui mole non è attribuibile con disinvoltura al solo copista.

3. des è regolarizzato in dels nel testo di Bertoni e Petrossi. La congiunzione e all’inizio del verso è paraipotattica.

4. Si tratta di Carlo I d’Angiò, del figlio Carlo (II lo zoppo) e del nipote Carlo Martello: cfr. Circostanze storiche. L’ipermetria del verso è risolta da Bertoni, seguito da De Bartholomaeis e da Petrossi, riducendo neboz a bot, variante dello stesso lemma. La correzione è certamente economica, pertanto è posta a testo. Resta, tuttavia, qualche dubbio sul fatto che una simile finezza sia potuta cadere sotto la penna di un alloglotto, senza tralasciare che, data la manifesta imperizia dell’autore, non è da escludere che l’ipermetria sia originaria. Del resto, dato che anche reis Carles ha una declinazione irregolare, si può pensare anche a un emendamento quale lo rei Carle, ·l filz e·l nebot amdos.

5-6. Sulla Romagna e sui francesi, cfr. Circostanze storiche.

6. Il ms. ha all’inizio del verso un Uiore privo di senso. Bertoni proponeva di emendare in Sobre·ls. Emendo, invece, in veire ‘vedere’, come già in Ugolini e Petrossi. Di quest’ultimo non accolgo, tuttavia, la traduzione: infatti, pur letterale in altri punti, qui la sua resa del verbo all’infinito è libera e approda a un «vedrei», che riesce impraticabile, nonostante la nota a p. 307 (il condizionale sarebbe veiria o vira). Retto dal precedente pogues, il verbo veire è il reggente degli infiniti successivi, che costituiscono una frase oggettiva, il cui soggetto è sottinteso (probabilmente è la nostra gen del verso conclusivo): ‘potessi veder sconfiggere e malmenare i francesi’ equivale a ‘potessi vedere che (la nostra gente) sconfigge e malmena i francesi’. Questo tipo di frasi non è inusuale, ma l’accumulo di infiniti rende qui difficoltosa la sintassi ed è un ulteriore segnale di imperizia dell’autore.

7. Il verbo barteiar del ms. non esiste. Seguo Bertoni nell’emendare in barreiar ‘devastare, distruggere’ (PD, p. 42). La lezione è confermata a testo anche da Petrossi che, tuttavia, l’interpreta come forma del verbo batalhar (traduce infatti «battagliare»), il che è foneticamente impossibile.

8. L’ipermetria del verso è risolta con la soppressione del non necessario es ‘e’ iniziale.

Testo

Edizione, traduzione e note: Giorgio Barachini. – Rialto 28.ix.2018.

Mss.

P 64r (adespoto).

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Giulio Bertoni, «Una cobla provenzale di un poeta italiano contro Carlo d’Angiò», Romania, 45, 1918-1919, p. 262; Giulio Bertoni, recensione a Romania 44 (1916-1917), Archivum Romanicum, 3, 1919, pp. 132-137, a p. 136; Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 288; Antonio Petrossi, Le “coblas esparsas” occitane anonime. Studio ed edizione dei testi, Tesi di dottorato, Università degli Studi di Napoli Federico II, 2009, p. 305.

Altre edizioni: Francesco Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949, p. 140 (testo Bertoni con modifiche); Ruggero M. Ruggieri, «La poesia provenzale alla corte di Federico III di Sicilia», Bollettino del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, 1, 1953, pp. 204-232, a p. 7 (testo Bertoni).

Nota filologica

Il testo è trasmesso dal solo ms. P. Si rimanda alle note al testo per i singoli interventi effettuati. – Sono conservate a testo le infrazioni alla declinazione imputabili all’autore italiano che indica i romagnoli come nostra gen al v. 8 (v. 2 cons per comte, v. 4 tutto al caso soggetto anziché al caso regime; in quest’ultimo verso Bertoni opta per l’emendamento totale, mentre Petrossi in parte emenda, in parte conserva le imperfezioni).

Metrica e musica

Metrica: a10 b10 a10 b10 c10’ d10 c10’ d10 (Frank 407:8). Cobla di otto versi. Rime: -en, -ós, -endre, -ar. De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, p. 288, ha espresso l’idea che si tratti di uno scampolo di sirventese antifrancese, ma Ruggieri, «La poesia provenzale», p. 7, ha giustamente respinto tale ipotesi. I testi registrati da Frank sotto il numero 407:1-8 presentano tutti la stessa formula metrica e la stessa distribuzione di rime maschili e femminili, ma nessuno ha le stesse rime della nostra cobla. Solo una cobla di Sordello, Be·m meraveill com negus onratz bars (BdT 437.8), con risposta di Montan, S’entre·ls malvaz baros cor galiars (BdT 306.3), mostra delle affinità, avendo rime -ars, -en, -endre, -ai.

Informazioni generali

La cobla è databile al 1283-1284, quando Guido di Montfort, per ordine di Martino IV, attaccò i ghibellini a Forlì e in Romagna: cfr. le Circostanze storiche

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