Rialto    IdT

461.114

 

   

Anonimo

 

 

 

 

   
   

I.

   
   

E si eu aghes penduiz aut al ven

  E se io avessi impiccato in alto al vento il conte di Montfort e tutti i suoi soccorritori, sì, vorrei lo stesso di molti altri: re Carlo, e tanto il figlio quanto il nipote. E solo che potessi avanzare in Romagna, veder sconfiggere e malmenare i francesi, senza incertezza distruggere e incendiare, così vorrei vendicare la nostra gente.
   

cons de Monfort e tot[z] sos validors,

 
   

e des autres tanz volria eissamen:

 
4  

lo reis Carles, lo filz e·l ‹ne› boz amdos.

 
   

E qe·m pogues per Romagna estendre,

 
   

veire·l[s] frances ronpre e malmenar,

 
   

seguramen barreiar es encendre,

 
8  

‹es› enaisi volgra nostra gen venjar.

 

 

 

 

Testo: Giorgio Barachini, Rialto 28.ix.2018.


1. L’intervento di Bertoni che trasforma l’incipit in Er[as] aghes ieu pendutz aut al ven è eccessivo.

2. Su Guido di Montfort e i soccorritori, cfr. le Circostanze storiche. Bertoni emendava cons de Monfort in Cel de Monfort ‘quello di Montfort’, ma poiché il motivo dell’intervento è l’ossequio alla grammatica (cons sarebbe caso soggetto, mentre qui serve il caso regime), esso appare privo di una giustificazione cogente. Infatti, anche altrove nel testo sono presenti errori di declinazione, la cui mole non è attribuibile con disinvoltura al solo copista.

3. des è regolarizzato in dels nel testo di Bertoni e Petrossi. La congiunzione e all’inizio del verso è paraipotattica.

4. Si tratta di Carlo I d’Angiò, del figlio Carlo (II lo zoppo) e del nipote Carlo Martello: cfr. Circostanze storiche. L’ipermetria del verso è risolta da Bertoni, seguito da De Bartholomaeis e da Petrossi, riducendo neboz a bot, variante dello stesso lemma. La correzione è certamente economica, pertanto è posta a testo. Resta, tuttavia, qualche dubbio sul fatto che una simile finezza sia potuta cadere sotto la penna di un alloglotto, senza tralasciare che, data la manifesta imperizia dell’autore, non è da escludere che l’ipermetria sia originaria. Del resto, dato che anche reis Carles ha una declinazione irregolare, si può pensare anche a un emendamento quale lo rei Carle, ·l filz e·l nebot amdos.

5-6. Sulla Romagna e sui francesi, cfr. Circostanze storiche.

6. Il ms. ha all’inizio del verso un Uiore privo di senso. Bertoni proponeva di emendare in Sobre·ls. Emendo, invece, in veire ‘vedere’, come già in Ugolini e Petrossi. Di quest’ultimo non accolgo, tuttavia, la traduzione: infatti, pur letterale in altri punti, qui la sua resa del verbo all’infinito è libera e approda a un «vedrei», che riesce impraticabile, nonostante la nota a p. 307 (il condizionale sarebbe veiria o vira). Retto dal precedente pogues, il verbo veire è il reggente degli infiniti successivi, che costituiscono una frase oggettiva, il cui soggetto è sottinteso (probabilmente è la nostra gen del verso conclusivo): ‘potessi veder sconfiggere e malmenare i francesi’ equivale a ‘potessi vedere che (la nostra gente) sconfigge e malmena i francesi’. Questo tipo di frasi non è inusuale, ma l’accumulo di infiniti rende qui difficoltosa la sintassi ed è un ulteriore segnale di imperizia dell’autore.

7. Il verbo barteiar del ms. non esiste. Seguo Bertoni nell’emendare in barreiar ‘devastare, distruggere’ (PD, p. 42). La lezione è confermata a testo anche da Petrossi che, tuttavia, l’interpreta come forma del verbo batalhar (traduce infatti «battagliare»), il che è foneticamente impossibile.

8. L’ipermetria del verso è risolta con la soppressione del non necessario es ‘e’ iniziale.

[GB]


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Testo    Circostanze storiche