2 razo] razos 3 sil cui Castel’es] sil qes roi castel es 4 en] om.; bos] bon; onors] onor 6 e·l chuzin] el chuzins; e·ls parens] el parens 7 tals] tal 8 Be·m] ben; con estan] con il estan 13 fo] ro; fron] frons; qe es] qes 19 que il] qil 22 Donc] adonc; Aleman] daleman 23 crois] croi; d’Estorica] de stric; q’aunitz es] aunes Missa] nissa 29 crois barons] croi baron 30 lur] lui 31 als] al; m’aclin’eu] ma clun
Nota al testo Il sirventese si presenta fortemente corrotto, con notevoli infrazioni metriche e significative inesattezze morfologiche, sintattiche e lessicali. Nelle precedenti edizioni di Blasi, De Bartholomaeis e Jeanroy (per cui cf. Edizioni critiche) si era tentato di restituire una maggior correttezza formale, talora al prezzo di includere alcune zeppe di discutibile autenticità (si noti poi che De Bartholomaeis rivoluziona la lingua del testo, riconducendola ad una veste grammaticale quasi sempre ineccepibile). In tal senso è fondamentale però osservare che l’autore di Gia non cugei fu verosimilmente un italiano, così come l’amanuense che copiò il testo nel canzoniere P: se ne deduce che la facies proposta dall’unico testimone del testo è tale da non permettere di discernere con sicurezza gli errori imputabili all’autore da quelli di copia. Viste le peculiarità stratigrafiche particolarmente complesse del sirventese, nella presente edizione si cerca di restituire la corretta misura dei versi rimanendo il più possibile fedeli alla lezione del codice. Sembrano comunque inevitabili alcune minute correzioni (come Missa per nissa al v. 24, per cui si rinvia alle Note e alle Circostanze storiche) e altri più massicci tentativi di emendatio, come gli interventi ai vv. 3 (dove sil qes roi castel es produce ipermetria) e 23 (grave ipometria e mancanza di senso in de stric aunes), di cui si discute più diffusamente nelle Note. Meno invasive sono invece le correzioni di natura flessionale (vv. 2, 4, 6, 7, 13, 23, 29, 31) e quelle che privilegiano le forme con iato (vv. 13, 19). Si segnalano inoltre occasionali espunzioni (come al v. 8, con estan in luogo di con il estan) e inserzioni monosillabiche volte al ripristino del corretto computo metrico (vv. 4 en, 31 m’aclin’eu). Si è scelto infine di rispettare le irregolarità morfologico-lessicali (per cui si mantengono forme incerte quali 12 ostison, 20 ond, 25 fai, 27 stan) e le peculiarità grafiche (come i dittonghi 15 Pier e 20 duol o il nesso -ct- in 28 doctansa) in larga misura derubricabili a italianismi, che potrebbero essere attribuibili in egual misura all’autore e al copista.
Testo: Cesare Mascitelli, Rialto 3.i.2019. Ms.: P 63r (anonimo). Edizioni critiche: Ferruccio Blasi, «Un serventese contro Carlo d’Angiò», Archivum Romanicum, 15, 1931, pp. 35-46, a p. 44; Vincenzo De Bartholomaeis, «Sirventese anonimo per la doppia elezione a Re dei Romani nel 1257», Studi medievali, 4, 1931, pp. 54-66, a p. 55; Alfred Jeanroy, «Un sirventés anonyme en faveur de l’infant Pierre d’Aragon», Studi medievali, 7, 1934, pp. 1-7, a p. 2. Metrica: es. a10 b10 b10’ c10 d10 d10 c10’ (Frank 743:8). Quattro coblas unissonans di 7 versi ciascuna più una tornada di 3 versi con parziale infrazione allo schema metrico regolare (d10 d10’ c10’). Rime: -an, -es, -ansa, -ens (-ens, -ensa, -ansa nella tornada). Nota: Il sirventese, nel quale l’anonimo autore invita Pietro d’Aragona a prendere le armi, costituisce una dura invettiva rivolta ai sovrani di Castiglia e Inghilterra, nonché ai baroni tedeschi e al duca d’Austria. Sulla base dei riferimenti interni, il testo risulta databile tra la fine del 1268 e il 1276: si vedano le Circostanze storiche. [CM] |