Rialto    IdT

461.219

 

   

Anonimo

 

 

 

 

   
   

I.

   
   

Seigner N’Enfantz, s’il vos platz

 

Signor Infante, se vi piace essere temuto ed amato ed essere celebrato in tutto il mondo, abbiate per sodali degli uomini valorosi: giacché da un uomo vile, per quanto sia dotato di buonsenso, difficilmente può venire un consiglio onorevole; e la vostra parola sia forte, e togliete e tenete e date.

   

eser temutz ez amatz

 
   

e per lo mon renomenatz,

 
4  

ajatz valentz homes privatz:

 
   

qe d’hom vil, sitot s’es senatz,

 
   

greu pod ensir conseils honratz;

 
   

e·ll vostre ditz sia fermatz

 
8  

e toletz e tenetz e datz.

 
   

 

   
   

II.

   
   

Qi qe s’en rontz fron ni sceil

 

Chiunque aggrotti la fronte o il sopracciglio davanti a ciò che vi consiglio, non mi varrebbe un capello sottile, purché voi facciate in modo che al di là di Montijo ne parlino giovani e vecchi, cosicché al mondo non abbiate pari; perché un giovane Infante è tenuto a vegliare affinché il suo usbergo non arrugginisca.

   

d’aizo qe je vos conseil,

 
   

no·il daria un prim cabeil,

 
12  

sol vos façatz qe part Monteil

 
   

en parlen li joven e·l veil,

 
   

si q’el mon non ajatz pareil:

 
   

qe joves Enfantz taign qe·s veil

 
16  

tan qe son obergs non roveil.

 
   

 

   
   

III.

   
   

Qar qi trop sojorna e col,

 

Perché chi troppo si rilassa e ozia, difficilmente suole dar lustro a se stesso, mentre danni e vantaggi e gioie e dolori, sopportandoli, portano a compimento grandi azioni; e un figlio di re, se ambisce a volare alto, è opportuno che tagli, lisci e pialli, donando e spendendo; poiché non ottiene ciò che vuole chi non dona altro che sofferenza.

   

sos cors greu pretz aver sol,

 
   

qe dan e pro e gautz e dol,

 
20  

sufren, menon bons faitz a sol;

 
   

e fil de rei, s’inten q’aut vol,

 
   

cove qe tail e blanda e dol,

 
   

donan e meten: qar qe vol

 
24  

non pren, qi non dona qe dol.

 
   

 

   
   

IV.

   
   

Qar etz de tan autz aficx,

 

E poiché siete di così grande ambizione, bisogna ormai che siate feroce verso i nemici e affabile con gli amici, pilastro dei buoni e piccone dei malvagi; giacché il nome è segno ed esortazione che i giovani, signore, e gli anziani dovete superare, perché Federico vuol dire “freno-dei-ricchi”.

   

taign oimais q’als enemicx

 
   

siatz braus, e francs als amicx,

 
28  

pilars dels bos e dels crois picx;

 
   

qe·l noms es segnals e prezicx

 
   

qe jovens, segner, ez anticx

 
   

devetz sobrar, qe Fredericx

 
32  

vol aitan dir com “fres-de-ricx”.

 
   

 

   
   

V.

   
   

Entre·ls meils qe·us ha mester

  Tra le cose migliori che vi occorrono v’è che siano onorati da voi cavalieri e mercenari; chi ha bisogno di fuoco, lo chieda col dito, e voi acconsentite volentieri. Così si rende familiare un estraneo, e colui che vedrete colpire per primo, non fatelo ricompensare per ultimo.
   

es qe sian cavaler

 
   

per vos honrat e soldader;

 
36  

q’a qi ha ops foc, ab det lo qer,

 
   

e qe acoilatz volonter.

 
   

Q’aisi fai homs d’estraign maner,

 
   

e cel q’als colps veretz primer,

 
40  

ne·l faizatz al prendre derer.

 
   

 

   
   

VI.

   
   

Seigner N’Enfantz, lo meils qe·us qer

 

Signor Infante, il meglio che vi chiedo è che acquistiate pregio perfetto.

   

es qe percazatz pretz enter.

 

 

 

 

Testo: Cesare Mascitelli, Rialto 26.ix.2018. 


1. Seinher N’Enfantz: il testo si apre con un’allocuzione che, in virtù della menzione di Fredericx al v. 31, non può che essere rivolta a Federico d’Aragona (1273/1274-1337). Il fatto che Federico sia designato come Enfantz indica che il testo è anteriore all’incoronazione a re di Sicilia del principe aragonese, ufficializzata nel 1296. Si vedano le Circostanze storiche.

9. La forma rontz è ricondotta al verbo ronsar (cf. DOM, s.v., «rider, froncer») da Tobler, «Der provenzalische Sirventes», p. 243, che ne rintraccia un’analoga attestazione in Peire Duran, Midons, cui fui, deman del sieu cors gen, BdT 339.3 («ni·ls huelhs ronsar», v. 19).

11. prim cabeil: prim vale ‘sottile’ (cf. DOM, s.v., «fin, subtil»). È l’espressione di disprezzo impiegata dal poeta nei confronti di chi non gradisce il suo consiglio a Federico (per cui si veda il v. 9).

12. Monteil: l’ipotesi di Tobler, «Der provenzalische Sirventes», p. 241, che si tratti di Montijo, in Castiglia, è accolta da De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche, p. 296, che precisa: «Inutile dire che la menzione di quella località non ha qui che un valore puramente retorico, volendo significare tutta la Spagna».

16. roveil: la correzione, già di Tobler, si rende necessaria perché il verso abbia un senso coerente con l’appello alle armi dell’anonimo trovatore (cf. DOM, s.v. rovilhar, «rouiller, couvrir de rouille»).

18. Si noti l’anacoluto con il verso precedente.

22. Il verso, che trae ispirazione dal campo lessicale della falegnameria, restituisce un’immagine particolarmente realistica che si ricollega ai doveri di un buon re: Federico deve dunque talhar (cf. DOM s.v., «tailler, couper») per esibire la propria inflessibilità, blandir (cf. DOM s.v., «traiter avec faveur») per ottenere l’altrui riconoscenza e dolar (cf. DOM s.v., «doler, raboter») per appianare le divergenze.

29-32. Si noti l’espediente retorico dell’interpretatio nominis, artificio ben attestato nella poesia trobadorica (quali, ad esempio, Esclarmunda in Montanhagol, No sap per que va son joi plus tarzan, BdT 225.9; Raimon in Peire Cardenal, Ben volgra, si Dieus o volgues, BdT 335.12; N’Audoart in Cerverí de Girona, Pus li rey laxon la ley, BdT 434a.52). De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche, p. 296 nella nota al v. 32, rinvia in particolare ad Aimeric de Peguilhan, En aquel temps que·l reis mori n’Anfos (BdT 10.26) e Guilhem Figueira, Un nou sirventes ai en cor que trameta (BdT 217.8) per analoghi giochi etimologici sul nome Frederic, oggetto del contributo di Gianfelice Peron, «Il nome di Federico. Retorica e politica nella poesia trobadorica del Duecento», in Studi di Filologia romanza offerti a Valeria Bertolucci Pizzorusso, 2 voll., Pisa 2006, vol. II, pp. 1235-1252. In questa sede, si è scelto di tradurre fres-de-ricx in “freno dei ricchi” per garantire maggior fedeltà alla lettera del testo provenzale; ma il senso potrebbe essere piuttosto quello di “guida dei nobili”, giacché il freno o “morso” è tradizionalmente lo strumento utilizzato per la conduzione del cavallo.

34-35. L’appello del trovatore affinché Federico onori egualmente cavaler e soldader, cioè cavalieri della nobiltà e mercenari della guerra, è qui indicativa della necessità di ricorrere a tutti i mezzi per sostenere il proprio pregio.

36. Quella di ‘chiedere il fuoco’ sembra un’espressione proverbiale. Tobler, «Der provenzalische Sirventes», p. 245, ne rintraccia la presenza anche nel Jaufre, facendo riferimento alla forma attestata nei mss. Bc («cui focs a ops, ades lo quer», v. 7782), giudicata però da Charmaine Lee, Jaufre, Roma 2006, p. 427 come «lectio facilior» rispetto alla lezione «conservata da A» (cioè qui foc a ops a dit lo quer, più aderente a quella del nostro sirventese e messa peraltro a testo da Clovis Brunel, Jaufré. Roman arthurien du XIIIe siècle en vers provençaux, 2 voll., Paris 1943, vol. II, p. 56).

40. Letteralmente ‘non lo facciate [essere] dietro nel prendere’: si tratta dunque di un’esortazione a non tardare nel ricompensare chi esibisce per primo il proprio valore in battaglia (cioè a colui che als colps sarà primer, come si dice al v. 39).

[CM]


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