Nota testuale

 

Non normalizzo, come fanno parzialmente Riquer 1975 e Sansone 1992 (sulla base delle indicazioni di Appel 1898), i numerosi italianismi morfologici, quali dui 2 per dos, ve 3 e 5 per vos, forse anche veiran 3 per venran, caratteristici della scripta dell’unico latore. Nella forma tal 2 manca la -s flessionale (cfr. Appel 1898, p. 125 n. 2).
     1. In séguito all’edizione critica di Kolsen del modello di contraffattura 461.83, si è considerato (seppure Frank 161:3 annotava giudiziosamente «Vers 1: 10 syll.?») ottonario il primo verso di entrambe le coblas: «Da auch in 461,82 v. 1 allein achtsilbig ist, so ist G mit dem achtsilbigen v. 1 im Rechte gegenüber JQ mit ihrem Zehnsilbler» (Kolsen 1916-19, p. 206). Ma l’editore (che non utilizza per altro il testimone T) non rende conto del fatto che, nel primo verso della parodia 461.82 tràdito da G, il vocativo domna è stato barrato dallo stesso copista (vd. apparato), presumibilmente per renderlo conforme a quello del modello appena trascritto, in cui il sost. è assente (vd. Modello in G). La maggioranza dei testimoni tramanda dunque un decenario: JQT 461.83 + G 461.82; mentre soltanto in G 461.83 il verso è decurtato di due sillabe, probabilmente per errore di copia. Rimane, è vero, la possibilità di vedere nel sost. domna un’interpolazione della tradizione per uniformare il metro del primo verso a quello dei successivi decenari; ma non sussistono elementi ecdotici per provarla.
     4. Come ricorda Riquer (1975, p. 1710 n. 4) la forma sendeman è variante di endeman, registrata da PD s.v. endeman, e attestata pure in catalano antico (sendemà).
     6. La lezione «escirar» del ms. è stata letta, per la vicinanza dei caratteri «ci» che formano una sorta di a del tutto estranea al copista di G, come e sarar da Appel 1898, e tradotta quindi ‘estrechar’ (Riquer) o ‘stringere’ (Sansone). Già la pertinenza semantica di questa lettura non è del tutto ovvia: l’effetto di un peto verso la parte anatomica di cui si tratta è caso mai opposto al significato di sarar, che è variante attestata di serrar ‘serrer’ (PD). Nella lezione tràdita, escirar, andrà piuttosto ricuperato l’esito occitano dell’antico basso francone *skerian ‘teilen’ (FEW), registrato da Levy (PSW) unicamente sotto la forma esguirar (‘déchirer, égratigner, estropier’ con Raynouard, che cita anche un esempio di esquirar [LR, III, p. 162 e IV, p. 13]; cfr. inoltre esquinsar / esquisar ‘zerreissen’ [PSW] e desquisar ‘déchirer’ [PD]). La grafia -sc- < -SK + E/I- è variante, probabilmente anche fonetica, della più comune rappresentazione -sq(u)- (cfr. ad es. PSW s.vv. escirpa / esquirpa < *skirpja; esquirol / esciriol < *SCIURUS con suff. dim.). Circa il passaggio fonetico [sk] > [s:] negli esiti galloromanzi di *skerian (spec. afr. escirer) informa del resto FEW s.v. (vol. XVII, p. 108). Si costituisce in questo modo una tipica dittologia sinonimica fra le due forme verbali in clausola, con plausibile aferesi (già presso Appel) nell’inf. (e)sconscendre ‘déchirer, rompre; égratigner’ (PD s.v. escoisendre). La costruzione faire + inf. (faza ... escirar) è spiegata da Jensen come «périphrase pléonastique pour le verbe simple» (§ 419 [ed. fr.]).