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Anonimo, Quan Proensa ac perduda proeza (BdT 461.204)


 

Circostanze storiche

 

 

 

La canzone Quan Proensa ac perduda proeza (BdT 461.204), tràdita adespota dal solo canzoniere C, ha suscitato l’interesse degli studiosi soprattutto in ragione della sua celebrazione di Guillelma, una dama originaria di Rougiers, nell’attuale dipartimento francese di Var (cfr. Guida - Larghi 2014, p. 226). L’indicazione del suo nome e della sua provenienza, ai vv. 8, 10 e 37, unita al riferimento, nell’intera seconda cobla, al suo trasferimento a Genova, comprova in particolare la sua identificazione con l’interlocutrice, in Na Guillelma, maint cavalier aratge (BdT 282.14 = 200.1), del più importante trovatore nato nello stesso comune ligure, Lanfranc Cigala. Priva di rinvii alla sua origine, infatti, la sola citazione del nome di battesimo della donna nell’incipit del partimen, nelle rubriche dei canzonieri Oa1 e nella razo a esso relativa, trasmessa dal solo P, non era sufficiente a sostenere tale ipotesi: senza il contenuto di Quan Proensa, l’individuazione puntuale di questa trobairitz poteva essere suggerita soltanto dalla rubrica che precede il testo dialogato in IK («Lafranc cigala e na guillema de rosers»).

Nonostante la certezza dell’individuazione dell’oggetto della lode, la contestualizzazione della canzone è ostacolata da tre elementi. Il primo è rappresentato dalla difficoltà di reperire nel testo dati che, nel suggerire una sua datazione convincente, vadano oltre le indicazioni dei vv. 17-18, in cui il poeta dichiara di aver abbandonato Genova prima che qui arrivasse Guillelma, o quantomeno prima di aver avuto modo di conoscerla personalmente nel comune (cfr. Rieger 1991, p. 238). In assenza di qualsiasi documento d’archivio che testimoni la presenza della trobairitz nei territori della Compagna, l’unica proposta che si registra, avanzata da Angelica Rieger, è basata sul rapporto tra il genere del planh e i primi due versi della lirica: la tristezza con cui in essi si delinea il declino della Provenza ha consentito di sostenere che l’esordio possa riferirsi alla morte, nel 1245, di Raimondo Berengario V. Tale evento è stato interpretato come la causa del trasferimento a Genova di Guillelma: la decadenza della sua terra evocata nel passo è stata associata alla celebrazione della ricchezza del comune ligure del v. 9 per sostenere che Guillelma avrebbe lasciato la sua patria a seguito della crisi politica ed economica che colpì i territori sottoposti alla giurisdizione del conte dopo la sua scomparsa (cfr. ibid.). Tale proposta, pur interessante, non pare tuttavia sostenibile al di là di ogni dubbio. In primo luogo, l’influenza del genere del planh sulla canzone non garantisce che in essa si faccia effettivamente riferimento alla scomparsa di un personaggio preciso: il debito contratto dal testo con uno dei motivi più caratteristici del lamento funebre potrebbe essere soltanto un escamotage per elevare ulteriormente la lode di Guillelma e per conferire maggiore drammaticità alla condizione del poeta, amante de lonh (o, meglio, ses vezer, come deducibile dai vv. 17-18 e dalla quarta cobla: cfr. ivi, p. 238). Secondariamente, anche ammettendo l’esistenza di un riferimento nel testo a un lutto reale, nulla permette di sostenere con assoluta certezza che il personaggio scomparso sia proprio il conte di Provenza, nonostante egli fosse solito soggiornare a Brignoles, nei pressi di Rougiers (cfr. Baratier 1969, p. 155). In assenza di altri elementi, tali osservazioni evidenziano che, al pari della proposta di Camille Chabaneau di individuare nel matrimonio della donna con un genovese il motivo del suo trasferimento nel comune (cfr. Chabaneau 1885, p. 105, n. 3), l’idea che questo sia stato dovuto alle conseguenze della morte di Raimondo Berengario V si presenta come una semplice congettura, conclusione che inficia dunque anche la validità della proposta di datazione a essa legata.

Il secondo ostacolo è l’impossibilità di individuare un luogo specifico in cui localizzare la genesi della composizione. La contrapposizione tra il sai dei vv. 18 e 22 e il lai del v. 23, infatti, consente di dimostrare soltanto che l’autore ideò il testo nel meridione francese, in una località non meglio precisata della Provenza (v. 19; si propone così di invertire i riferimenti indicati per i due avverbi deittici di luogo da Gambino 2003, pp. 36 e 37, rispettivamente nelle note ai vv. 18 e 23). Se si accetta che fu soltanto la fama della donna a ispirare il poeta (come deducibile dai vv. 35-36, «qu’anc pueys no·us puesc gitar a non-chaler, / pus auzi dir co·us sabetz captener», che ampliano il motivo dell’innamoramento ses vezer), a questa prima indicazione si può aggiungere soltanto che egli in Provenza dovette frequentare i luoghi in cui Guillelma godeva di un certo prestigio.

Quanto messo in rilievo fin qui si lega al terzo e ultimo ostacolo, il più importante, ovvero l’impossibilità di andare oltre la trasmissione adespota della canzone individuando l’autore che la compose. Gli studi sul tema consentono di individuare due fasi: nella prima, inaugurata da Chabaneau, presumibilmente a seguito dell’interpretazione di empreza, al v. 25, come un participio passato femminile da riferire all’io lirico, Quan Proensa è stata assegnata al genio di una trobairitz (cfr. Chabaneau 1885, p. 105, nota 3); nella seconda, dopo la prima esclusione del testo dal corpus trobadorico femminile da parte di Meg Bogin (cfr. Bogin 1978), i riferimenti della canzone a Genova hanno indirizzato le ricerche soprattutto all’interno del gruppo di trovatori originari di questo stesso comune. Il primo a essere stato chiamato in causa è stato Perseval Doria: secondo Rieger, già podestà di Arles e di Avignone durante gli anni Trenta del secolo, egli avrebbe composto la lirica in Provenza dopo il 1245, durante l’esilio da Genova cui fu condannato, insieme con gli altri membri della sua famiglia, tradizionalmente ghibellina, dopo la vittoria della guerra civile da parte della fazione guelfa, dal 1241 al 1250 (cfr. Rieger 1991, p. 239). Il secondo trovatore genovese che è stato preso in considerazione è Lanfranc Cigala. Gambino in particolare si è concentrata soprattutto sul rapporto che egli ebbe con Guillelma ricordando, oltre al loro confronto poetico, Na Guillelma (BdT 282.14 = 200.1), altri due elementi: da un lato il soggiorno di Lanfranc a Montpellier nel 1241, durante la stesura del trattato di amicizia tra Genova e Raimondo Berengario V, soggiorno al quale, almeno teoricamente, si potrebbe dunque ricondurre tanto la composizione di Quan Proensa quanto quella dello stesso partimen; dall’altro lato l’utilizzo, in altri due testi dialogati del suo corpus lirico (Car es tant conoissenz, vos voil, BdT 436.1 = 282.1, e Segne’en Lafranc, car es sobresabenz, BdT 436.4 = 282.21a), di un senhal, Na Flors-de-lis, simile a quello con cui la trobairitz è indicata al v. 6 di Quan Proensa, Flor de cortezia. La stessa Gambino ha però osservato che la «statura culturale e poetica» che emerge dall’analisi del suo canzoniere si contrappone alla fattura mediocre e non esente da imperfezioni della lirica, fattura palesata ad esempio dal mot tornat en rim plazer (ai vv. 7 e 32) e dall’anomalia rimica della terza cobla, in cui la clausola -er che contraddistingue il distico finale di tutte le altre strofe è sostituita da quella in -es, peraltro già presente in ogni cobla in seconda e in quarta posizione. La studiosa (che ha accolto la proposta di datazione avanzata da Rieger) ha inoltre ricordato che un viaggio in Provenza di Lanfranc dopo la morte di Raimondo Berengario V «è storicamente improbabile», affermando in conclusione che, nonostante «[q]ualsiasi congettura [...] non [sia] per il momento suffragata da altri elementi», «[s]i ha forse qualche chance in più di avvicinarsi alla soluzione con Percivalle Doria» (cfr. Gambino 2003, pp. 29-30 e 32-33, con citazioni a p. 33; la rispettiva nota 14 ricorda che l’identificazione dell’autore della canzone con Cigala è stata sostenuta senza alcuna prova da Gourc 1994, p. 105).

Rispetto alla possibile attribuzione della lirica a Cigala, la sospensione del giudizio sulla datazione del testo che qui si adotta non modifica il quadro: l’opportunità di retrodatare la canzone (e, di conseguenza, di ricondurla alla missione diplomatica che il trovatore svolse per conto del comune nel 1241) non cancella le osservazioni di Gambino sulla differenza tra la qualità di Quan Proensa, non eccelsa, e il talento poetico del genovese. Diverso è invece il caso di Perseval Doria, la cui candidatura ad autore della canzone può essere rilanciata nuovamente, sebbene senza certezze, proprio in ragione dell’impossibilità di collocarla cronologicamente. Essa, infatti, consente di risolvere la criticità più evidente della proposta attributiva di Rieger, ovvero l’assenza di documenti che attestino viaggi del trovatore nel Midi francese dopo la morte di Raimondo Berengario V (cfr. in ultimo Guida - Larghi 2014, pp. 419-422, da confrontare con Bertoni 1915, pp. 91-92, e con lo status quæstionis di Calenda 2005, p. 495, e di Calenda 2008, pp. 751-752): per conferire ulteriore valore all’ipotesi è sufficiente congetturare che il testo sia stato composto nel periodo degli incarichi podestarili ad Arles e ad Avignone, supponendo che furono essi stessi la causa per cui Perseval dovette abbandonare Genova.

Nel loro insieme, queste osservazioni palesano nuovamente le difficoltà che soggiacciono alla contestualizzazione di Quan Proensa. Tra queste, si segnala in conclusione la neutralità degli elogi rivolti a Genova e ai genovesi ai vv. 4, 9 e 16, dovuti soltanto all’ospitalità offerta a Guillelma: la loro natura potrebbe indurre a riconsiderare l’attribuzione della lirica a un cittadino del comune e a limitarsi a proporre un’origine italiana del poeta. Insieme con le imperfezioni metriche cui si è fatto cenno in precedenza, si devono infatti ricordare le «cadenze femminili di cesura (ben 3, ai vv. 1, 27 e 31)», «caratteristiche dei trovatori della Penisola non abbastanza “acculturati” sul piano dell’uso metrico» (Gambino 2003, p. 32). A riguardo, si osserva però che l’ipotesi di assegnare la paternità del testo a un genovese può essere nuovamente avanzata allargando lo sguardo ad altri protagonisti del cenacolo trobadorico che si sviluppò nel comune. Da un lato, pur nell’impossibilità di delinearne la figura a causa del gran numero di omonimi attestati dai documenti d’archivio (cfr. Guida - Larghi 2014, pp. 494-495), si potrebbe considerare l’ipotesi che la lirica sia stata composta da Simon Doria, l’interlocutore di Cigala nei due partimen rimessi al giudizio di Na Flors-de-lis; dall’altro, si rileva che le stesse rime e lo stesso schema metrico della canzone, ripresi da M’entension ai tot’ en un vers meza di Peirol (BdT 366.20), contraddistinguono il testo di un altro trovatore genovese, D’un sirventes m’es gran volontatz preza di Luquet Gatelus (BdT 290.1a): nonostante la sua attività letteraria sia attestata soltanto a partire dal 1264, dunque a circa vent’anni di distanza dal periodo cui Quan Proensa è stata tradizionalmente ascritta (cfr. ivi, p. 340), la circostanza suggerisce di aggiungerlo alla lista dei suoi possibili autori.

 

 

Bibliografia

 

Baratier 1969

Histoire de la Provence, publiée sous la direction d’Éduard Baratier, Paris 1969.

 

Bertoni 1915

Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915.

 

Bogin 1978

Meg Bogin, Les femmes troubadours. Traduit de l’américain par Jeanne Faure-Cousin, avec la collarobation d’Anne Richou, Paris 1978.

 

Calenda 2005

Corrado Calenda, «Percivalle Doria», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it).

 

Calenda 2008

Corrado Calenda, «Percivalle Doria», in I poeti della scuola siciliana, edizione promossa dal Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 3 voll. [vol I: Giacomo da Lentini, edizione critica con commento a cura di Roberto Antonelli; vol. II: Poeti della corte di Federico II, edizione critica con commento diretta da Costanzo Di Girolamo; vol III: Poeti siculo-toscani, direzione: Rosario Coluccia, edizioni critiche con commento a cura di Marco Berisso, Aniello Fratta, Riccardo Gualdo, Pär Larson, Sergio Lubello], Milano 2008, vol. II, pp. 751-768.

 

Chabaneau 1885

Les biographies des troubadours en langue provençale, par Camille Chabaneau, Toulouse 1885.

 

Gambino 2003

Francesca Gambino, Canzoni anonime di trovatori e “trobairitz”: edizione critica con commento e glossario, Alessandria 2003.

 

Gourc 1994

Jacques Gourc, «Trobadors anonimes: estat actual de las recèrcas ensag d’atribucions», in Actes du IV Congrès Intrnational de l’AIEO, Association Internationale d’Études Occitanes (Vitoria-Gasteiz, 22-28 août 1993), communication recueillies et éditées par Ricardo Cierbide avec le concours de Me. Emiliana Ramoss, 2 voll., Vitoria-Gasteiz 1994, vol. I, pp. 101-112.

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2014.

 

Rieger 1991

Angelica Rieger, “Trobairitz”. Der Beitrag der Frau in der altokzitanischen höfischen Lyrik. Edition des Gesamtkorpus, Tübingen 1991.

Alessandro Bampa

8.iii.2017


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