Rialto    IdT

101.7

 

   

Bonifaci Calvo

 

 

 

 

   

I.

   

Ges no m’es greu s’eu non sui ren prezatz

   

ni car tengutz entr’esta gen savaia

   

genoeza, ni·m platz ges s’amistatz,

4  

car no·i cab hom a cui proeza plaia;

   

mas ab tot zo mi peza fort qu’il es

   

desacordanz, car s’il esser volgues

   

en bon acort, sos granz poders leumen

8  

sobraria totz cels per cui mal pren.

   

 

   

II.

   

Hai, Genoes, on es l’auz pretz honratz

   

qu’aver soletz sobre·l gen, que par qu’aia

   

totz vostres faitz decazutz e sobratz

12  

tan fort que totz vostr’amics se·n esmaia?

   

Sia·l descortz, qu’entre vos es, ios mes,

   

e donatz vos luec a tornar los fres

   

en las bochas de cels que, per conten

16  

qu’avez mest vos, si van desconoissen.

   

 

   

III.

   

Mas lo contenz es tant mest vos poiatz

   

que, s’el non chai, greu er que no·us dechaia,

   

qu’om vos guerreia, e vos vos guerreiatz.

20  

E qui vos venz ar, no·s cug que·l n’eschaia

   

laus ni bos pretz, car no·us platz vostres bes,

   

que l’us a gaug quant a l’autr’es mal pres:

   

doncs qui venz tan descabdelada gen,

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non fai esfortz don pueg em pretz valen.

   

 

   

IV.

   

E si no fos la follors e·l peccatz

   

que nais del vostre descort, tals s’asaia

   

leumen a far zo que mais vos desplatz,

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que·us for’aclis, car res tant non esglaia

   

vostres guerrers ni tant lor desplai ges

   

con faria·l vostr’acortz, s’el pogues

   

entre vos tant durar enteiramen

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que poguessetz d’els penre veniamen.

   

 

   

V.

   

Car il sabon que leger no·us donatz

   

de vos veniar, mostron que lur desplaia

   

zo, que pro vetz los avetz malmenatz,

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tant que greu es luecs, on hom no·l retraia,

   

que trenta d’els non esperavon tres

   

de vos; per c’ab pauc non es Dieus repres,

   

car de tal guiza vos a tout lo sen

40  

que·us sobron cil que no valon nien.

   

 

   

VI.

   

Venecian, ben sapchatz qu’obs vos es

   

que si’ab vos Dieus contra·ls Genoes,

   

car, ab tot zo qu’El vos hi val granmen,

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vos an il tout tant que·n vivetz dolen.

 

 

Traduzione [FB con modifiche di cm]

I. Non m’importa molto che io non sia stimato né tenuto in considerazione da questa cattiva gente genovese, né mi piace affatto la sua amicizia, poiché non vi si trova alcuno a cui piaccia il valore; ma con tutto ciò m’addolora molto che essa sia divisa, perché, se essa volesse essere in buon accordo, la sua grande forza supererebbe facilmente tutti coloro da cui prende male.

II. Ahi, Genovesi, dov’è l’alto pregio onorato che solevate avere sopra la gente, la quale pare abbia abbattuto e sopraffatto tutte le vostre fortune tanto gravemente che ogni vostro amico se ne allarma? Sia la discordia, che è tra voi, messa giù, e datevi da fare a rimettere i freni nelle bocche di coloro che, per la contesa che avete tra di voi, vanno smarrendosi.
III. Ma la discordia è così radicata tra di voi che, se non finisce, difficilmente accadrà che non vi avvilisca, poiché altri vi combattono e voi stessi vi combattete. E chi vi vince ora, non si pensi che egli ne tragga lode e buon merito, dal momento che a voi non piace il vostro bene, poiché l’uno gode quando l’altro è in angustie: dunque chi vince una gente così priva di guida, non fa sforzo, onde possa innalzarsi in grande pregio.
IV. E se non fosse la follia e il danno che proviene dalla vostra discordia, chi vi sarebbe devoto s’arrischia a fare ciò che più vi dispiace, perché niente spaventa i vostri nemici, né tanto loro dispiace, quanto farebbe il vostro accordo, se esso potesse stabilmente durare tra di voi tanto che poteste prendere vendetta di essi.
V. Poiché essi sanno che facilmente non vi procurate l’occasione di vendicarvi, mostrano che loro incresce ciò, che molte volte li avete malmenati tanto che è difficile trovare il luogo, dove non lo si dica, che trenta di essi non aspettavano tre di voi; per cui per poco non è accusato Dio, ché di tal guisa vi ha tolto il senno che vi sopraffanno coloro che non valgono niente.
VI. Veneziani, sappiate bene che vi è necessario che sia con voi Iddio, contro i genovesi, perché, con tutto ciò che Egli vi aiuta grandemente, essi vi hanno tolto tanto che ne vivete dolenti.

 

 

 

Testo: Branciforti 1955. – Rialto 21.ix.2018.


Mss.: I 98r, K 81v, a2 416, d 271.

Edizioni critiche: François Just Marie Raynouard, Choix de poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-21, vol. IV, p. 226; Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-53, vol. III, p. 7; Mario Pelaez, «Bonifacio Calvo, trovatore genovese del XIII secolo», Giornale storico della letteratura italiana, 29, 1897, pp. 318-367, a p. 344; Karl Bartsch - Eduard Koschwitz, Chrestomathie provençale (Xe - XVe siècle), Marburg 1904, c. 301; Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 424; Francesco Branciforti, Le rime di Bonifacio Calvo, Catania 1955, p. 132; William D. Horan, The Poems of Bonifacio Calvo, The Hague - Paris 1966, p. 74.

Altre edizioni: Vincenzo Crescini, Manuale per l’avviamento agli studi provenzali, Milano 1926, p. 317 (testo Bertoni); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 238 (testo Pelaez); Francesco Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949, p. 125 (testo Bertoni); Gianluigi Toja, Trovatori di Provenza e d’Italia, Parma 1965, p. 285 (testo Branciforti); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. III, p. 1426 (testo Branciforti).

Metrica: a10 b10’ a10 b10’ c10 c10 d10 d10 (Frank 382:31). Cinque coblas unissonans di otto versi ciascuna più una tornada di quattro versi. Rime: -atz, -aia, -es, -en.

Note: Il sirventese contiene una dura reprimenda nei confronti dei genovesi, ai quali il poeta rimprovera l’incapacità di mettere da parte le proprie discordie interne per far fronte alle minacce dei nemici veneziani. Proprio il riferimento a questi ultimi nella tornada e la veemente risposta per le rime di Bertolome Zorzi (Mout fort me sui d’un chan meravillatz, BdT 74.10) consentono di datare Ges no m’es greu tra il 23 giugno 1266 ed il mese di novembre del medesimo anno: si vedano le Circostanze storiche.

5-6. La discordia tra i genovesi, che emerge fin dalla prima cobla, è storicamente riconducibile al periodo successivo alla deposizione di Guglielmo Boccanegra, capitano della città, occorsa nel 1262. Si rinvia alle Circostanze storiche.

12 vostr’amics: secondo Branciforti, Le rime, p. 41 potrebbe trattarsi di un’allusione (in verità da considerarsi assai dubbia) a Michele VIII Paleologo, imperatore di Costantinopoli con il quale i genovesi avevano stipulato il trattato di Ninfeo nel 1261: si vedano le Circostanze storiche.

16 desconoissen: Branciforti, Le rime, p. 134 traduce con «incoscienti», riferendolo ai veneziani (motivando la sua scelta a p. 135: «I Veneziani […] avendo vinto i genovesi cogliendoli in un momento di smarrimento e di discordia interna, si vantano oltremisura del successo e si fanno “immemori” delle passate sconfitte subite ad opera dei genovesi»); De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche, p. 240 intende diversamente il termine, traducendo con «coloro che vanno gloriando della contesa che avete tra di voi». Nessuna delle due proposte è però del tutto convincente, e il passo risulta, nel complesso, alquanto problematico. Nell’economia generale della cobla, però, desconoissen sembra alludere ai genovesi, piuttosto che ai veneziani; la traduzione, che tiene conto di quest’interpretazione («vanno smarrendosi»), riflette dunque l’assenza di una guida sicura nella contesa amministrazione della città. In tal senso, l’azione metaforica di «tornar los fres» (v.14), cioè di rimettere – come ai cavalli – il freno alle bocche dei desconoissen potrebbe essere ulteriormente indicativa della necessità di ricondurre i turbati concittadini di Bonifaci alla serenità della gloria passata.

20-24. Con questi versi Bonifaci mostra di voler ricondurre la disfatta di Genova alle sue irresolubili lotte intestine, sminuendo così il successo riportato dai veneziani nelle acque di Trapani il 23 giugno 1266: si vedano le Circostanze storiche.

23 descabdelada gen: Branciforti, Le Rime, p. 134, traduce con «gente tanto dissennata»; ma più che alla mancanza di senno, l’aggettivo descabdelada va forse inteso nel suo senso più stretto (cfr. DOM, s.v. descapdelar, «priver de direction, de guide»: così sembra anche intendere De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche, p. 240, che traduce con «gente così sbrigliata»), il che permette inoltre di individuare un più stretto legame con quanto detto a proposito dei desconoissen del v. 16.

37. Il senso del verso – nel quale si sottolinea il timore degli avversari che, pur in numero di trenta, fuggirebbero (e quindi ‘non aspettavano’) davanti a tre soli genovesi – è ulteriormente precisato dalla risposta di Bertolome Zorzi, Mout fort me sui d’un chan meravillatz, BdT 74.10, in cui il trovatore veneziano si prende gioco di Bonifaci riprendendone i numeri trei e trenta (vv. 34-35: «Non degra pas dir razon tant savaia / ni que trei flac valgron trenta prezatz»). La traduzione letterale di Branciforti è più efficacemente illustrata da quella proposta, per questo passaggio, da Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-138, a p. 114 («è difficile trovare un luogo dove non si racconti come trenta di loro tagliavano la corda davanti a tre di voi»).

41 Venecian: nominati scopertamente solo nella tornada, gli abitanti di Venezia sono i destinatari di un messaggio che sembra preludere alla celebre cattura dei «centotto prigionieri veneziani, presi all’alba d’un giorno di ottobre del 1266 nella nave carica di mercanzie» (Branciforti, Le rime, p. 38). Dell’episodio si fa menzione nella celebre vida di Bertolome Zorzi, nelle Estoires de Venise di Martino da Canale e negli Annales Ianuenses: si vedano le Circostanze storiche.

[cm]


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Circostanze storiche