Rialto    IdT

80.11

 

   

Bertran de Born

 

 

 

 

   

I.

   

Corz e gestas e joi d’amor

   

me solion far esbaudir

   

e tener gai e chantador,

   

tro per lei cui dei obedir

5  

mi fo mos chantars devedatz

   

et en la lei

   

era mos chans excomojatz.

   

 

   

II.

   

Ara sui asoutz en amor

   

e veiretz anar e venir

10  

chansos, pos a la bellasor

   

platz qe mon chant dei’acuillir

   

en m’onranza, s’es acordaz

   

son cors a drei;

   

e no·i ac negun dels comtatz.

   

 

   

III.

15  

Del pauc rei de Terra Maior

   

me platz, c’aisi·s vol enantir,

   

c’oi mais lo tenran per seignor

   

seill que·ill devon son feu servir.

   

Puois vencut los a vas Aratz,

20  

ar es estei

   

e cobre ses dretz daus totz latz.

   

 

   

IV.

   

No·m tengatz per acusador

   

si·us voill c’uns rics l’autre azir,

   

car meill s’en poiran valvasor

25  

et castellan de lor jausir,

   

que plus es francs, larcs e privatz,

   

fe qu’eu vos dei,

   

rics hom ab guerra que ab patz.

   

 

   

V.

   

Ben sai que li malparlador,

30  

quar voill de lor gillas ver dir,

   

m’en appellaren soffridor,

   

car mi lais forsar ni baillir;

   

qe·ls dons que mes frair m’a juratz

   

e fag autrei

35  

vol retener l’autra meitatz.

   

 

   

VI.

   

Puois non volen dreit ni amor

   

faire ni negun plait suffrir,

   

ges per lezeros d’obrador,

   

s’eu m’en podia revestir,

40  

non dei esser malrasonatz;

   

que·ill fan plaidei

   

mantas vez c’om no·ls n’a preiatz.

   

 

   

VII.

   

Mas eu ai tant ensegnador,

   

non sai, per Crist, lo meill chausir:

45  

cant eu pren e tol la ricor

   

d’aquels que no·m laissan garir,

   

dison que trop me sui cochatz;

   

car non guerrei,

   

ara dison qe sui malvatz.

   

 

   

VIII. (mss. Aa)

50  

E·l volpill de l’emperador

   

volian Lombart envazir;

   

e ja non laisson per paor

   

sobre de Cremona bastir.

   

Que·l coms Raimons es sai honratz,

55  

car ab lo rei

   

s’es novellamen afiatz.

   

 

   

IX.

   

Papiol, e tu vai viatz,

   

al Joune Rei

   

diras que trop dormir no·m platz.

   

 

   

X.

60  

En Oc·e·No ama mais patz,

   

ab fe lo crei,

   

que·l frair Joans deseretatz.

 

 

Traduzione [fs]

I. Corti, imprese e gioia d’amore erano soliti farmi rallegrare e mi rendevano gaio e cantore, finché da colei alla quale devo obbedire mi fu proibito di cantare e sotto la sua giurisdizione era vietato il mio canto.

II. Ora sono assolto in amore e vedrete andare e venire canzoni, giacché alla più bella piace accogliere il mio canto in mio onore, se è a buon diritto in armonia con la sua persona; e non c’è stato nulla di ciò che si è detto.

III. Del piccolo re del più grande paese mi piace che così voglia farsi avanti, perché ormai lo considereranno come loro signore coloro che gli devono rendere omaggio feudale. Poiché li ha vinti verso Arras ora persista e riacquisti i suoi diritti da ogni parte.

IV. Non consideratemi fautore di disordini se voglio che i potenti si odino l’un l’altro, perché i valvassori e i castellani potranno trarne maggiore gioia, infatti, parola mia, una persona di alto rango è più schietta, generosa e familiare in tempo di guerra piuttosto che in tempo di pace.

V. So bene che i maldicenti, poiché voglio dire la verità sui loro inganni, mi chiameranno vigliacco, perché mi lascio costringere e governare; difatti, l’altra parte vuole trattenere i doni che mio fratello mi ha giurato e fatto concedere.

VI. Poiché non vogliono comportarsi rettamente né amichevolmente né stipulare alcun compromesso, non devo essere affatto biasimato da sfaccendati di bottega nel caso in cui io riuscissi a impossessarmene; giacché molto spesso essi fanno accordi senza che nessuno li abbia pregati di ciò.

VII. Ma io ho così tanti padroni che non so, perdio, scegliere il meglio: quando io prendo e sottraggo i beni di coloro che non mi lasciano vivere in pace, dicono che sono troppo tempestivo, dal momento che non combatto, ora dicono che sono un codardo.

VIII. I Lombardi volevano attaccare quel vile dell’imperatore; e certo per paura non rinunciano a costruire al di sopra di Cremona. Il conte Raimondo è qui onorato, giacché ha recentemente concluso un accordo con il re.

IX. Papiol, va’ in fretta, al Re Giovane dirai che non mi piace il troppo dormire.

X. Il signore Sì e No preferisce la pace, a cuore aperto lo credo, piuttosto che il fratello Giovanni diseredato.

 

 

 

Testo: Gouiran 1985. – Rialto 8.iii.2017.


Mss.: A 191r, I 177r, K 162v, a2 444, d 282.

Edizioni critiche: Albert Stimming, Bertran de Born, sein Leben und seine Werke, mit Anmerkung und Glossar, Halle 1879, p. 145; Antoine Thomas, Poésies complètes de Bertran de Born, publiées dans le texte original, avec une introduction, des notes, un glossaire et des extraits du cartulaire de Dalon, Toulouse 1888, p. 53; Albert Stimming, Bertran von Born, Halle 1892, p. 62; Albert Stimming, Bertran von Born, zweite, verbesserte Auflage, Halle 1913, p. 66; Carl Appel, Die Lieder Bertrans von Born, Halle 1932, p. 24; Gérard Gouiran, L’amour et la guerre. L’oeuvre de Bertran de Born, 2 voll., Aix-en-Provence 1985, vol. I, p. 272; William D. Paden - Tilde Sankovitch - Patricia H. Stäblein, The poems of the Troubadour Bertran de Born, Berkley - Los Angeles 1986, p. 112.

Altra edizione: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie Provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 13 (estratti dal testo Thomas e Stimming 1892).

Metrica: a8 b8 a8 b8 c8 d4 c8 (Frank 405:7, unicum). Sirventese di otto coblas unissonans di sette versi ciascuna, più due tornadas. L’ottava cobla è tràdita esclusivamente dai mss. Aa2 e, secondo l’ordine delle strofi trasmesso da questi ultimi, figura come quinta cobla. Rim estramp al sesto verso di ogni strofe (d).

Note: Il solo indizio certo di cui disponiamo per la datazione del sirventese è dato dall’invio a Enrico Plantageto, detto il Giovane (vv. 57-59), che rende il componimento necessariamente antecedente all’11 giugno 1183 (data accertata della morte del Re Giovane avvenuta per dissenteria). Secondo Gouiran, L’amour et la guerre, p. 273, il parallelo contenuto nelle tornadas tra Enrico e Riccardo Cuor di Leone potrebbe suggerire una datazione prima del gennaio 1183, cioè prima che la disputa tra i due fratelli si trasformasse in uno scontro aperto destinato a coinvolgere il territorio aquitano per circa un anno. Per ulteriori approfondimenti si rimanda alle Circostanze storiche. – Il sirventese viene incluso da Gouiran tra i componimenti del «cycle d’Hautefort», in cui rientrano anche Un sirventes que motz no·ill faill (BdT 80.44), Ges no mi desconort (BdT 80.21), Ges de far sirventes no·m tartz (BdT 80.20). Si tratterebbe, infatti, di pezzi del trovatore che «contiennent d’assez claires allusions à la dispute qui l’opposa à son frère Constantin» (Gouiran, L’amour et la guerre, p. 271). Tale contesa, che vide Bertran de Born impegnato a difendere il possesso di Autafort, minacciato sia dalle mire del fratello Constantin sia da rivolgimenti politici di più ampio respiro (la disputa tra Riccardo Cuor di Leone ed Enrico il re Giovane), costituisce un evento cruciale nella vita del trovatore, che infatti ne parla spesso nei suoi componimenti. L’allusione al contrasto col fratello e coerede Constantin sarebbe qui percepibile soprattutto nella quinta strofe (vv. 29-35).

1-3. L’esordio esibisce una fusione di elementi guerreschi e amorosi: tale commistione non di rado si riscontra nei sirventesi di Bertran de Born, cfr. ad esempio Qan la novella flors par el vergan (BdT 80.34).

15-21. I versi rimandano alle lotte che, a partire soprattutto dal 1181, contrapposero il giovane re di Francia Filippo Augusto ai grandi feudatari del Nord, spronati dal conte Filippo I di Fiandra, noto anche come Filippo d’Alsazia, per cui cfr. le Circostanze storiche. Segnaliamo che, purtroppo, non appare possibile precisare quale sia la battaglia alla quale allude il v. 19.

15. Con Terra Maior si fa qui riferimento alla Francia, così designata soprattutto in testi epici, cfr. almeno Chanson de Roland, vv. 599-600. La medesima espressione è impiegata, sempre in ambito trobadorico, da Aimeric de Belenoi in Consiros, com partis d’amor (BdT 9.10), al v. 20: «Que·l conquist que nostr’ ansesor / conqueiron en Terra Major». L’epiteto pauc rei è invece rivolto al re di Francia Filippo Augusto (1165-1223), il quale, come sottolinea Gouiran, L’amour et la guerre, p. 286, nota al v. 15, avrà avuto solo diciassette anni, se questo sirventese può essere effettivamente datato al 1182. Il ms. A legge Terra menor, senza riuscire a cogliere in questo caso la voluta contrapposizione tra il ‘grande paese’ e il suo ‘piccolo re’.

33-35. Seguiamo per questi versi la chiave interpretativa fornita da Gouiran, L’amour et la guerre, p. 289, «“car l’autre partie, i. e. mes adversaires, veulent retenir les dons que mon frère m’a accordés par serment et consentis”. L’autra meitatz serait alors le groupe formé par Constantin et ses alliés, ce que confirmerait l’emploi au pluriel du verbe volen au vers suivant».

50-56. I versi che compongono questa strofe sono tràditi esclusivamente da Aa2. Gouiran, che segue K come ms. base, riporta questa cobla al margine dell’edizione critica del sirventese, numerandola come ottava e seguendo la lezione di A. Secondo Maurizio Perugi, «Les textes de Marcabru dans le chansonnier provençal A: prospections linguistiques», Romania, 117, 1999, pp. 289-315, a p. 303: «les deux mss Aa s’accordent sur une version qui, selon toute vraisemblance, devrait être considérée comme alternative par rapport au texte de IKd».

50-53. Questi primi quattro versi della cobla trasmessa da Aa2 appaiono di particolare rilievo, dal momento che fanno riferimento alla lotta dei comuni lombardi contro Federico Barbarossa, per cui cfr. Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, a p. 23, e le Circostanze storiche. Come sottolinea De Bartholomaeis, Poesie provenzali, p. 14, nota ai vv. 15-8, tale allusione «giova a dare un’idea dell’opinione e delle voci correnti fuori d’Italia circa i rapporti fra le città italiane e l’imperatore». La traduzione offerta da Gouiran per i vv. 52-53, «et, par peur, ils ne permettent plus désormais de costruire au-dessus de Crémone», non è apparsa in questo caso pienamente convincente.

54. Il coms Raimons è Raimondo V di Tolosa (1148-1194), con cui il giovane sovrano aragonese, Alfonso II il Casto, intraprese una lunga contesa per il dominio della Provenza; cfr. anche le Circostanze storiche.

58. Il Joune Rei è chiaramente Enrico Plantageneto, detto il Giovane, figlio di Enrico II di Inghilterra e di Eleonora di Aquitania. L’invio a Enrico rappresenta il termine ante quem per la datazione del sirventese (cfr. anche Circostanze storiche).

60. En Oc·e·No: è con questo appellativo che Bertran de Born si riferisce al fratello del re Giovane, Riccardo I di Inghilterra, noto come Riccardo Cuor di Leone (1157-1199).

62. Joans deseretatz è Giovanni Senzaterra (1166-1216), quinto e ultimo dei figli maschi di Enrico II di Inghilterra e fratello minore di Enrico il Giovane e Riccardo Cuor di Leone.

[fs]


BdT    Bertran de Born    IdT

Circostanze storiche