Rialto    IdT

80.44

 

   

Bertran de Born

 

 

 

 

   

I.

   

Un sirventes que motz no·ill faill

   

ai fag, c’anc no·m costet un aill:

   

et ai apres un’aital art

   

que s’ai fraire, german ni qart,

5  

part li l’ou e la meailla,

   

e s’el puois vol la mia part,

   

ieu l’en giet de comunailla.

   

 

   

II.

   

Tot lo sen ai dinz lo seraill,

   

si tot m’an donat gran trebaill

10  

entre N’Azemar e·N Richart.

   

Lonc temps m’an tengut en regart,

   

mas aras an tal barailla

   

que lor enfan, si·l reis no·ls part,

   

n’auran pro en la corailla.

   

 

   

III.

15  

Guillems de Gordon, fol bataill

   

aves mes a vostre sonaill,

   

et ieu am vos, si Dieus mi gart !

   

Mas per savi e per moissart

   

vos tenon de la fermailla

20  

li vescomte et es lor tart

   

car non est en lor frairailla.

   

 

   

IV.

   

Tot jorn contendi e·m baraill,

   

m’escrim e·m defen e·m tartaill,

   

e·m fon om ma terra e la m’art

25  

e·m fa de mos arbres issart

   

e mescla·l gran en la pailla,

   

e non ai ardit ni coart

   

enemic qu’er no m’asailla.

   

 

   

V.

   

Tot jorn resoli e retaill

30  

los barons, e·ls refont e·ls caill,

   

qui cujava metr’a issart.

   

E soi ben fols qan m’en regart,

   

qu’ill son de peior obrailla

   

que non es lo fers san Launart,

35  

per qu’es fols qui s’en trebailla.

   

 

   

VI.

   

Talairans non trota ni saill

   

ni no·s mou de son Arenaill

   

ni non gieta lansa ni dart,

   

anz viu a guisa de lombart.

40  

Tant es frasitz de nuailla

   

que, quant l’autra gens se conpart,

   

el s’estendill’e badailla.

   

 

   

VII.

   

A Peiraguors, pres del muraill,

   

tan qe·i puesc’om gitar ab maill,

45  

venrai armatz sobre Baiart,

   

e se·i trop Peitavin pifart,

   

veiran de mon bran com tailla,

   

que sus pel cap li farai bart

   

del servel mesclat ab mailla.

   

 

   

VIII.

50  

Baron, Dieus vos sal e vos gart

   

e vos aiut e vos vailla

   

e·us don q’en digatz a·N Richart

   

so que·l paus dis a la grailla!

 

 

Traduzione [fs]

I. Ho composto un sirventese in cui non viene meno una parola e non mi costò uno spicchio d’aglio: ho appreso una tale arte che, se ho un fratello, un cugino di primo o di secondo grado, divido con lui persino l’uovo e la maglia, ma, se poi lui vuole la mia parte, lo mando dritto fuori dalla comunità.
II. Ho chiuso a chiave tutta la mia intelligenza, benché Aimaro e Riccardo mi abbiano dato un bel po’ di tormento. Mi hanno tenuto in soggezione a lungo, ma ora sono impegnati in tale disputa che, a meno che il re non li separi, i loro figli ne trarranno vantaggio nelle viscere.
III. Guillem de Gordon, un folle batacchio avete messo alla vostra campana e io vi amo, che Dio mi protegga! Ma i visconti vi stimano avveduto e infido a causa del trattato e sono impazienti perché non siete nella loro confraternita.
IV. Tutti i giorni lotto e litigo, mi difendo, paro i colpi e mi dibatto e mi rovinano e mi bruciano i domini, mi estirpano gli alberi e si mischia il grano alla paglia e non ho ardito o vigliacco nemico che ora non mi attacchi.
V. Tutti i giorni io risuolo e rimaneggio i baroni, li fondo e li tempro, io che pensavo di disboscarli. E sono ben folle quando me ne preoccupo, perché essi sono di una qualità peggiore di quanto non lo sia il ferro per San Leonardo, sicché è ben folle chi si affanna per loro.
VI. Talairan non trotta né salta, non si muove dalla sua fortezza, non getta lancia né dardo, anzi vive a mo’ di un lombardo. Tanto è infarcito di pigrizia che, quando tutti gli altri si mettono in moto, egli si stiracchia e sbadiglia.
VII. A Périgueux, vicino alla muraglia, tanto che ci si possa gettare con un martello, verrò armato sopra Baiart, e se ci trovo un pittavino panciuto allora vedranno come taglia la mia spada, perché sul capo gli farò una poltiglia di cervello mischiato con la cotta di maglia.
VIII. Baroni, Dio vi salvi e vi protegga e vi aiuti e vi soccorra e faccia sì che diciate a Riccardo ciò che il pavone disse alla cornacchia.

 

 

 

Testo: Gouiran 1985. – Rialto 3.iv.2017.


Mss.: A 190v, C 141v, D 123v, F 77r, I 181r, K 166v, M 227r, N 248v, m2 4r (frammento). Era nel canzoniere di Bernart Amoros (si vedano Giulio Bertoni, Il Canzoniere provenzale di Bernart Amoros (Sezione Riccardiana), Fribourg 1911, p. 19, e Santorre Debenedetti, Gli studi provenzali in Italia nel Cinquecento, Torino 1911, p. 325).

Edizioni critiche: Albert Stimming, Bertran de Born, sein Leben und seine Werke, mit Anmerkung und Glossar, Halle 1879, p. 215; Antoine Thomas, Poésies complètes de Bertran de Born, publiées dans le texte original, avec une introduction, des notes, un glossaire et des extraits du cartulaire de Dalon, Toulouse 1888, p. 7; Albert Stimming, Bertran von Born, Halle 1892, p. 56; Albert Stimming, Bertran von Born, zweite, verbesserte Auflage, Halle 1913, p. 60; Carl Appel, Die Lieder Bertrans von Born, Halle 1932, p. 31; Gérard Gouiran, L’amour et la guerre. L’oeuvre de Bertran de Born, 2 voll., Aix-en-Provence 1985, vol. I, p. 295; William D. Paden - Tilde Sankovitch - Patricia H. Stäblein, The poems of the Troubadour Bertran de Born, Berkley - Los Angeles 1986, p. 120.

Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p. 12 (estratti dal testo Thomas 1888 e Stimming 1892); William E. Burgwinkle, Razos and Troubadour Songs, New York - London 1990, p. 63 (testo, traduzione e note da Paden - Sankowitch - Stäblein 1986).

Metrica: a8 a8 b8 b8 c7’ b8 c7’ (Frank 160:2). Sirventese di sette coblas unissonans più una tornada di quattro versi. Rime: -ail, -art, -ailla. Il modello metrico è il vers di Raimbaut d’Aurenga, Als durs, crus, cozens, lauzengiers (BdT 389.5), ripreso anche in Fuilhetas, ges autres vergiers (BdT 80.16).

Note: Il sirventese, indirizzato ai baroni aquitani per incitarli alla rivolta contro Riccardo Cuor di Leone, rientra, insieme a Corz e gestas e joi d’amor (BdT 80.11) e Ges de far sirventes no·m tartz (BdT 80.20), tra i componimenti di Bertran de Born contenenti allusioni alla contesa con il fratello e coerede Constantin. Per la datazione, che può essere fatta risalire al 1182, si vedano le Circostanze storiche. Il sirventese è preceduto da una razo tràdita da F 76r, I 181r e K 166v (ed. in Gouiran, L’amour et la guerre, vol. I, p. 297).

10. N’Azemar e·N Richart: Aimaro V, visconte di Limoges, e Riccardo Cuor di Leone. Come sottolinea Gouiran, L’amour et la guerre, vol. I, p. 309, nota al v. 10, «ce vers montre bien que, pendant la période qui précède notre sirventés, Bertran avait affaire à ses deux suzerains, Aimar de Limoges et Richard, sans doute pour avoir expulsé d’Hautefort son frère Constantin. On peut se demander s’il aurait été opportun en 1183 de rappeler à Aimar les dissensions qui l’avaient opposé à Bertran, alors qu’ils étaient, à ce moment, tous deux dans le camp du Jeune Roi».

13. Il re è Enrico II Plantageneto, re di Inghilterra (25 ottobre 1154 - 6 luglio 1189).

15. Guillems de Gordon: avrebbe guadagnato l’apprezzamento di Bertran de Born (cfr. v. 17 «et ieu am vos») per aver ignorato un trattato con i due visconti, Aimaro V e il figlio. Se prestassimo invece fede all’autore della razo che precede il componimento nei ms. FIK, Bertran starebbe qui rimproverando Guillem de Gourdon, al quale Riccardo avrebbe sottratto Gourdon e che avrebbe promesso di congiungersi ai baroni ribelli contro Riccardo. In effetti, come sottolinea Gouiran, L’amour et la guerre, vol. I, p. 311, nota al v. 15, dalle fonti storiche non riusciamo a ricavare quale fosse precisamente l’attitudine di Guillem de Gordon e il significato della strofe resta abbastanza problematico. In particolare, risulta complessa l’interpretazione di fol bataill, per il quale Rajna ha proposto l’accezione di «battaglio che quasi non dà suono» (Pio Rajna, «Varietà provenzali. IV. Bertran de Born nelle bricciche di un canzoniere provenzale», Romania, 50, 1924, pp. 233-265, a p. 247, nota 1). Tale interpretazione sarebbe stata poi ripresa da Leo E. Kastner, «Notes on the poems of Bertran de Born. III», The Modern Language Review, 29, 1934, pp. 142-149, a p. 148, secondo il quale Bertran starebbe dicendo che Guillem de Gordon è rimasto muto dinanzi alle avances dei visconti, che attendevano che egli si ricongiungesse a loro, come promesso nel trattato menzionato al v. 19. Bertran, ad ogni modo, lungi dal rimproverare Guillem (come lascia trasparire l’autore della razo), sarebbe qui compiaciuto del suo atteggiamento, dal momento che non avrebbe apportato aiuto ai suoi nemici. Gouiran, pur considerando seducente questa ipotesi interpretativa, mette in luce la problematicità di intendere fol riferito a bataill come ‘muto’. L’editore, pertanto, suggerisce di interpretare fol come ‘folle’, commentando: «un battant de cloche fou serait celui qui s’agite sans loi précise, qui frappe n’importe quand ou sans arrêt. Malheureusement cette précision ne saurait suffire pour permettre de comprendre l’attitude de Guilhem» (Gouiran, L’amour et la guerre, vol. I, p. 312).

31. metr’a issart: locuzione qui impiegata in senso metaforico. Una locuzione simile, far issart, è attestata in Peire Bremon Ricas Novas, En la mar major sui e d’estiu e d’invern (BdT 330.6), vv. 28-29: «Mas si d’entre·ls Lombartz fos el issitz plus tart, / ja mais a Cananillas non vengra far issart»; per entrambe le espressioni si rimanda alle osservazioni di Paolo Di Luca, Il trovatore Peire Bremon Ricas Novas, Modena 2008, p. 305.

34. san Launart: da intendere come dativo (Gouiran, L’amour et la guerre, vol. I, p. 315, nota al v. 34), con riferimento a San Leonardo, il santo patrono dei prigionieri e dei carcerati.

36. Talairans: soprannome di Elia V, conte di Périgord dal 1166 al 1205, fece parte della confederazione formata dai baroni di Aquitania contro Riccardo, cfr. anche De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. I, p. 12. Riccardo assediò Elia V a Périgueux nel luglio 1182 nell’ambito della campagna per il dominio del Périgord e del Limosino.

37. Arenaill: nome di una fortezza vicino Périgueux.

39. a guisa de lombart: come specifica Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, a p. 22, il termine lombart aveva in occitano così come nel francese antico una connotazione negativa, di usuraio e avaro, e si riferiva senza particolari distinzioni a tutta l’Italia padana. In questa occorrenza ‘lombardo’ sarebbe dunque «sinonimo di ‘borghese’, neghittoso, posapiano» (Folena, «Tradizione e cultura», p. 23) ed è termine di confronto scelto da Bertran nella sua caricatura di Elia V, a cui è rimproverato un eccesso di pigrizia. Sempre secondo Folena, «Tradizione e cultura», p. 23, «può sembrare strano un simile giudizio dopo Legnano, ma qui si tratta di folclore, non di storia». De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. I, pp. 12-13, invita ad un confronto con Riccardo Cuor di Leone, Daufin, je·us voill deresnier (BdT 420.1), vv. 31-32: «mes no·s cal avoir regart, / qe François son Longovart». Per questo sirventese si rimanda a Charmaine Lee, «Riccardo I d’Inghilterra, Daufin, je·us voill deresnier (BdT 420.1)», Lecturae tropatorum, 8, 2015, 26 pp.; in particolare si veda la nota al v. 31 alle pp. 23-24, in cui Lee commenta i possibili significati di ‘lombardo’, termine che sembra alludere genericamente alla loro codardia, ma forse, più nello specifico, anche al fatto che i Lombardi godevano della fama di usurai. Ad ogni modo, tale termine sembra impiegato da Riccardo I con una accezione spregiativa molto simile a quella con cui lo utilizza Bertran de Born. In particolare, per il francese antico in Godefroy V:24 troviamo registrato lombart col significato di «prêteur à interêts, usurier», mentre nei trovatori il termine sembra utilizzato in contesti satirici e caricaturali come sinonimo di ‘codardo’ (coart è variante del ms. A, che legge appunto a guisa de coart), cfr. anche Peire d’Alvernhe, Chantarai d’aquestz trobadors (BdT 323.11), vv. 73-74: «E·l dozes us veilletz lombartz, / que clama sos vezins coartz». Sempre con una simile accezione lombart è attestato nella chanson de geste Gaufrey, vv. 6164-6165: «Mès nous ne sommez mie Lombart ne païsant, / ains sommes chevaliers hardi et combatant» (Gaufrey, chanson de geste publiée pour la première fois d’après le manuscrit unique de Montpellier par MM. François Guessard et Polycarpe Chabaille, Paris 1859).

45. Baiart: potrebbe indicare semplicemente un cavallo baio, cioè dal mantello rossastro, o essere nome proprio del cavallo.

46. Peitavin: ‘pittavino’, cioè un seguace di Riccardo d’Inghilterra, conte di Poitirers.

53. La tornada contiene un’allusione alla favola della cornacchia e del pavone. Come spiega Thomas, Poésies complètes de Bertran de Born, p. 10, nota 5, l’allusione rinvia: «à la fable bien connue: le Geai paré des plumes du Paon, qui, sous le titre De graculo et pavone, occupe le nº 35 dans le recueil dit Ysopus très répandu au moyen-âge». Come ha precisato Rajna, «Varietà provenzali», pp. 246-253, Bertran si riferisce qui a una versione particolare della favola, quella di Gualtiero Anglico. Lo studioso, che ricorda anche il riferimento alla medesima favola in Giraut de Bornelh, S’es chantars ben entendutz (BdT 242.67), vv. 33-35, suggerisce «l’idea che tanto Bertran quanto Guiraut abbian la mente a un medesimo esemplare provenzale, che non vorrà già immaginarsi favola isolata, ma bensì elemento di una raccolta, e precisamente – per ragione di Bertran – di un volgarizzamento dell’Esopo di Gualtiero» (p. 253).

[fs]


BdT    Bertran de Born    IdT

Circostanze storiche