Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Cercamon
Puois nostre temps comens’a brunezir
Cercamon
Puois nostre temps comens’a brunezir
Trad. it.

I. Poiché il tempo qui comincia ad oscurarsi e i rami sono privi delle foglie e vedo i raggi del sole abbassarsi tanto, per la qual cosa i giorni sono scuri e tenebrosi e non vi si ode né canto né gorgheggio di uccello, per gioia d’amore dobbiamo rallegrarci.

II. Nessuno può tanto servire questo amore senza che mille volte questi non gli raddoppi le ricompense, poiché Pregio e Gioia e tutto quanto è e di più, ne avranno quelli che ne saranno in possesso; ché mai (Amore) oltrepassò patto né lo infranse; ma, a quanto sembra, sarà difficile da conquistare.

III. Per lui si deve sperare e soffrire: tanto il suo prezzo è alto e superiore che mai ebbe cura dei cattivi amanti, del potente avaro né (del) povero orgoglioso, poiché tra più di mille (amanti) non ve ne sono due tanto leali che il nobile Amore debba assecondarli.

IV. Questi trovatori tra il vero e il falso di quanto dicono, corrompono amanti e donne e sposi, e vanno dicendo che l’Amore va di traverso, e perciò i mariti divengono gelosi, e le donne sono entrate in apprensione, e a questi (trovatori) troppo si vuol dare retta e ascolto.

V. Questi falsi servitori fanno a molti abbandonare e allontanare completamente Virtù e Gioventù, per la qual cosa non credo che Prodezza esista più, poiché Grettezza è padrona dei baroni: più d’uno ne ha rinchiuso nella città di Decadenza, da cui Malvagità non ne lascia uno solo uscire.

VI. Da molte parti vedo il mondo andare in rovina, per la qual cosa me ne sto smarrito e preoccupato che il mercenario non trovi di che nutrirsi  per i maldicenti che hanno perfido becco, che sono peggiori di Giuda che Dio tradì: li si dovrebbe ardere e tutti vivi seppellire.

VII. Noi non possiamo coreggerli né difenderli: stiamo lontani da loro e che Dio ci guardi! Ché una gioia d’amore mi ringiovanisce e mi nutre e posso giurare che mai (donna) tanto bella esistesse: poco la vedo, ma per lei sono gaio e felice e Dio mi conceda di gioirne!

VIII. Ora ognuno può lavarsi e purificarsi da grande colpa, quelli che ne sono macchiati; e se vi è valoroso, si dirigerà verso Edessa, e abbandonerà il pericoloso mondo, e così può liberarsi dal fardello, che abbastanza ne fa cadere e precipitare in rovina.

IX. Cercamon dice: «Chi contro Amore si adira, è strano come possa sopportarne lo sdegno, in quanto sdegno d’amore è paura e sgomento e non se ne può troppo a lungo vivere né morire».

X. Fatta è la canzone e non deve invecchiare, secondo ciò che mostra l’argomento, ché mai leale Amore ingannò né infranse (patto), anzi dà gioia agli arditi innamorati.

Testo

Edizione: Valeria Tortoreto 1981, con modifiche; traduzione e note: Valeria Tortoreto. – Rialto 27.ii.2009.

Mss.

A 142v (Ricas nouas), C 359v (Sercamons), Da 186r (Ricas nouas), I 111r (Ricas nouas), K 96r (Ricas nouas), a1 p. 368 (Sercamonz).

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Jean-Marie-Lucien Dejeanne, «Le troubadour Cercamon», Annales du Midi, 17, 1905, pp. 27-62, a p. 52; Alfred Jeanroy, Les poésies de Cercamon, Paris 1922, pp. 17 e 24; Valeria Tortoreto, Il trovatore Cercamon, Modena 1981, p. 157; Luciano Rossi, Cercamon, Oeuvre poétique, Paris 2009, p. 170 (VIII).

Altre edizioni: Carl A. F. Mahn, «Der Troubadour Cercamon», Jahrbuch für romanische und englische Literatur, 1, 1859, pp. 83-100, a p. 96; Carl A. F. Mahn, Gedichte der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1856- 1873, vol. III, p. 141; Martín de Riquer, La lírica de los trovadores, 1948, p. 86; Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. I, p. 229; George Wolf, Roy Rosenstein, The Poetry of Cercamon and Jaufre Rudel, New York - London 1983, pp. 58 e 75; Frede Jensen, Troubadour Lyrics: A Bilingual Anthology, New York 1998, pp. 106 e 469.

Nota filologica

Le modifiche rispetto all'edizione a stampa sono elencate nella Premessa.

Metrica e musica

Metrica: a10 b10 c10 b10 c10 a10 (Frank 787:1). Otto coblas unissonans di sei versi ciascuna più due tornadas di quattro. Rima equivoca ai vv. 9: 27 (mais). Rime derivative: 11: 55 (esfrays: frays), 33: 39 (apays: pays).

Informazioni generali

L’autenticità di Puois nostre temps comens’a brunezir, nei cui confronti il Römer (cfr. Ludwig Römer, «Excurs. – Untersuchung über die Cercalmon zugeschriebenen Gedichte», in Die Volkstümlichen Dichtungsarten der alprovenzalischen Lyrik, Marburg 1884 (Ausgaben und Abhandlungen aus dem Gebiete der romanischen Philologie: 26), pp. 54-61) si era mostrato piuttosto scettico, risultava fino alla fine del 1800 incerta, in quanto dei mss. che si conoscevano, A, Da, I, K ascrivevano la poesia a Peire Bremon Ricas Novas e solo C la riteneva di Cercamon. Sul finire di quel secolo, invece, il felicissimo rinvenimento nel «Complemento Campori» (ms. a1) ad opera del Bertoni (cfr. Giulio Bertoni, «Il complemento del canzoniere provenzale di Bernart Amoros», Giornale storico della letteratura italiana, 34, 1899, pp.118-139) di una parte considerevole del corpus di Cercamon, non solo ci ha restituito quattro componimenti fino ad allora sconosciuti (BdT 112.1a, Ab lo pascor m’es bel q’eu chant; BdT 112.2a, Lo plaing comenz iradamen; BdT 112.1c, Assatz es or’oimai q’eu chant; BdT 112.1b, Ab lo temps qe fai refreschar) e un’altra versione rispettivamente di BdT 112.4, Quant l’aura doussa s’amarzis e di BdT 112.3a, Puois nostre temps comens’a brunezir, ma è risultato anche determinante ai fini della soluzione del problema attributivo relativo a quest’ultima poesia. Il ms. a1, infatti, oltre a confermare l’attribuzione di C, che appartiene all’altro ramo della tradizione (cfr. stemma codicum in Tortoreto, Il trovatore Cercamon, pp. 160-161), riporta anche l’importantissima tornada, nella quale il trovatore guascone, rinnovando un uso che non gli era sconosciuto, nomina se stesso, firmando il componimento e fugando così ogni dubbio di autenticità. BdT 112.3a contiene inoltre un prezioso indizio dal punto di vista cronologico. Al v. 45 si fa, infatti, menzione di Roays, termine che il SW VII, p. 356, con Hermann Suchier, «Der Troubadour Marcabru», Jahrbuch für romanische und englische Sprache und Literatur, 14, 1874, pp. 119-160 e 273-310, alla p. 153, nota 1, intende nel senso specifico di «Edessa», non in quello generico di «royaume», come invece il LR V, p. 68 e la cui l’origine, non chiarita dal Levy né dal Suchier, ritengo che possa verosimilmente ricollegarsi con il nome arabo «ar-Ruhā» della città e con quello indigeno «Orhai». Grazie, quindi, all’evidente riferimento ad Edessa e alla seconda Crociata indetta per liberarla, la poesia è riconducibile al 1146-47 e l’opera di Cercamon è testimoniata almeno per un decennio oltre il 1137, anno nel quale, il 9 aprile, muore, durante il pellegrinaggio al santuario di S. Jacopo di Compostella, Guglielmo X, Duca d’Aquitania, cui il trovatore guascone dedica il suo planh, BdT 112.2a Lo plaing comenz iradamen, fornendoci un’altra data altrettanto rara quanto certa della propria attività poetica. Con Puois nostre temps, certamente risalente al 1146-47, siamo con ogni probabilità per Cercamon al volgere dell’età matura; nell’incipit in particolare ed anche nei versi esordiali immediatamente seguenti, non possiamo pertanto non scorgere, al di là del «Natureingang», dietro la topica descrizione del paesaggio che da estivo si fa autunnale, la sottile allusione del poeta al proprio incipiente «autunno». Il componimento inoltre, data la sua collocazione temporale, contribuisce notevolmente a far luce sul rapporto cronologico e artistico intercorrente tra Cercamon e Marcabru, riguardo al quale rimando al mio articolo (Valeria Tortoreto, «Cercamon maestro di Marcabru?», Cultura neolatina, 36, 1976, pp. 61-93), in cui mi esprimo a favore della discussa credibilità della notizia relativa al magistero poetico del primo trovatore nei confronti del secondo, riportata dalla vida di quest’ultimo testimoniata dal ms. A («...Apres estet tant ab un trobador, que avia nom Cercamon, qu’el comensset a trobar: Et adoncs el avia nom Panperdut; mas d'aqui enan ac nom Marcabrun...»). Il passo di Puois nostre temps comens’a brunezir tra i più conosciuti di Cercamon, i vv. 43-44 «Ara∙s pot hom lavar et esclarzir / de gran blasme, silh q’en son encombros», costituisce, infatti, il germe, il motivo ispiratore, piuttosto che il presunto calco del «Vers del lavador» di Marcabru, BdT 293.35, Pax in nomine Domini!, databile non al 1137, come voleva il Meyer (cfr. Paul Meyer, «Marcabrun», Romania, 6, 1877, pp. 119-129), ma al 1149, secondo la accurata indagine cronologica del Pirot (cfr. François Pirot, Recherches sur les connaissances littéraires des troubadours occitans et catalans des XIIe et XIIIe siècles, Barcelona 1972, pp.150-157), che conferma il riferimento individuato già dallo Chabaneau non a Guglielmo, VIII conte di Poitiers, X duca Duca d’Aquitania, morto appunto il 9 aprile del 1137, ma a suo fratello Raimondo, principe D’Antiochia, caduto in battaglia il 27 giugno del 1149 (cfr. Camille Chabaneau,«Sur la date du Vers del lavador de Marcabrun», Revue des langues romanes, 27, 1885, pp. 250-251, che però fa erroneamente risalire la scomparsa di Raimondo D’Antiochia al 1148; sulla datazione di BdT 293.35 al 1149 cfr. ora anche Simon Gaunt, Ruth Harvey and Linda Paterson, Marcabru: A Critical Edition, Cambridge, D. S. Brewer, 2000, p. 437 e note 55 e 56, p. 449).

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