Rialto     IdT

132.2

 

   

Elias de Barjols

 

 

 

 

   

I.

   

Amor, be·m platz e·m sap bo

   

quar per vostres faitz vilas,

   

menso[n]giers e soteiras

4  

vos mesprendon tug li pro.

   

Tot per la vostra faillida

   

vos fui cascus e·us oblida,

   

e pe·ls fols captenemens

8  

que faitz tan dezavinens.

   

 

   

II.

   

Amor, ieu vi la sazo

   

que vos eratz flors e gras;

   

ar vei qu’els plus sobeiras

12  

en tenon tug mal resso,

   

c’aisi·us es enmalezida

   

vas cels que·us an obezida

   

qu’es mensongier’ e volvens

16  

e sirves los dessirvens.

   

 

   

III.

   

Amor, aisi·us dic de no,

   

qu’ieu no soi en vostras mas;

   

esparvier[s] es de vilas

20  

qui·s met en vostra prezo.

   

E gart me Dieus d’aital vida,

   

que ja no·m si’ escarida

   

qu’ieu vos sia obedïens

24  

ni·m torn els vostres turmens.

   

 

   

IV.

   

Amor, ieu no sai baro,

   

tant sia joves efas,

   

que mezes dos astezas

28  

ni·us servis ses guizardo;

   

per que cil vos aun gequida

   

que·us an longuamen servida:

   

car meins n’a de jauzimens

32  

qui plus vos ser lialmens.

   

 

   

V.

   

Al valen rei de Leo,

   

qu’es senher de Castelas,

   

de cui soi amicx sertas,

36  

tramet, si·ll platz, ma chanso:

   

be ss[i] es per lui grazida,

   

meils n’er cantada et auzida,

   

quar el es sobre·ls valens

40  

larcs e cortes e man[ens].

   

 

   

VI.

   

. . . . . . . . . . . .  don vida

   

car au- . . . . . . . . . . . . . .

   

 

   

VII. (Tornada di a2Sa)

   

Jes sa valors no·m oblida,

44  

de la contessa grazida,

   

Biatris, ni sos bos senz

   

ni sos bels captenemenz.

 

 

Traduzione [GB]

I. Amore, mi piace davvero ed è di mio gusto che per le vostre azioni villane menzognere e basse vi biasimano tutti i valenti uomini. Unicamente per il vostro torto vi rifugge ogni persona e vi dimentica, e per i comportamenti folli che fate in modo tanto sconveniente.
II. Amore, io vidi il tempo in cui eravate fiore e frutto [scil.: prospero e rigoglioso]; ora vedo che tra i più eminenti tutti ottengono da voi una cattiva rinomanza, perché vi siete così incattivito verso coloro che vi hanno obbedito che siete menzognero e volubile e servite coloro che vengono meno ai propri doveri.

III. Amore, così vi dico di no, ché io non sono nelle vostre mani; è uno sparviero in mano a persone vili chi si rende vostro prigioniero. E Dio mi guardi da tale vita, tanto che non sia mai il mio destino il fatto che io vi sia obbediente e mi rigiri nei vostri tormenti.

IV. Amore, io non conosco nessuno, per quanto sia un giovane bambino, che puntasse due monete astigiane su di voi o vi servisse senza ricompensa; per questo vi hanno abbandonato quelli che vi hanno servito lungamente: perché ottiene meno gioie chi più vi serve lealmente.

V. Al nobile re di Leon, che è signore dei Castigliani, del quale io sono amico sicuro, trasmetto, se a lui sta bene, la mia canzone: se è ben apprezzata da lui, sarà cantata e ascoltata meglio perché egli è, ancor più che gli uomini nobili, generoso, cortese e ricco.

VI. ... dà vita perché ...

VII. Non dimentico affatto il valore dell’aggraziata contessa, Beatrice, né la sua eccellente intelligenza né il suo bel comportamento.

 

 

 

Testo: Barachini 2015. – Rialto 26.x.2016.


Mss.: E 127, a2 286. Era nel canzoniere del conte di Sault ai ff. 62-63, da cui Jean de Nostredame cita i vv. 43-46 (seconda tornada; cfr. Camille Chabaneau, Joseph Anglade, «Essai de reconstitution du chansonnier du comte de Sault», Romania, 40, 1911, pp. 243-322, p. 259; Jehan de Nostredame, Les vies des plus célèbres et anciens poètes provençaux, par Camille Chabaneau et Joseph Anglade, Paris 1913, p. 184).

Edizioni critiche: Stanisław Stroński, Le troubadour Elias de Barjols, Toulouse 1906, p. 32; Giorgio Barachini, L’edizione critica di Elias de Barjols, Tesi di dottorato in Filologia e letterature romanze (XXIV ciclo), Roma 2012, p. 93; Francesca Sanguineti, Rialto 12.ix.2013; Giorgio Barachini, Il trovatore Elias de Barjols, Roma 2015, p. 169.

Altre edizioni: Henri Pascal Rochegude, Le Parnasse occitanien, Toulouse 1819, p. 96; Carlos Alvar, Textos trovadorescos sobre España y Portugal, Madrid 1978, p. 77 (testo Stroński, solo strofa V); Francesca Sanguineti e Oriana Scarpati, Canzoni occitane di disamore, Roma 2013, p. 172 (testo Sanguineti).

Metrica: a7 b7 b7 a7 c7’ c7’ d7 d7 (Frank 577:273). Cinque coblas unissonans di otto versi; prima tornada di due versi irregolare o difettosa; seconda tornada di quattro versi regolare. Rime: , -as, -ida, -ens.

Note: La canzone è posteriore al 1230, data dell’unificazione del regno di León e del regno di Castiglia, a cui si fa allusione nella strofa V. Essa espone, modulandolo variamente nelle prime quattro strofe, uno dei temi prediletti d’Elias de Barjols, cioè la liceità dell’abbandono d’Amore (o meglio, della Donna-Amore, ipostasi di midons, in accordo con il genere grammaticale del sostantivo in provenzale) a causa di una completa mancanza di benefici concessi a chi dice io nel testo. Il tema è presente anche in Ben deu hom son bon senhor (BdT 132.4), Morir pogr’ieu, si·m volgues (BdT 132.9) e Puois vei que nuill pro no·m te (BdT 132.11). – Il testo dei due codici non coincide: alcune semistrofe hanno una composizione differente, le strofe stesse hanno ordine diverso e le lezioni in alcuni punti divergono, in particolare ai vv. 19 e 26-27. Delle due tornadas, quella di a2 e del canzoniere di Sault sono regolari e coincidenti, mentre la tornada trasmessa dal ms. E è mutila a causa dell’ablazione di una miniatura; essa era, ad ogni modo, difettosa o irregolare, in quanto trasmetteva solo due versi che non corrispondevano, tuttavia, agli ultimi due versi della strofa (cfr. Barachini, Il trovatore Elias de Barjols, pp. 171-172).

10-11. La dittologia flors e gras (cioè grans ‘grano, chicco’, dunque ‘fiore e seme’ o ‘fiore e frutto’) è derivata da quella ben attestata dei verbi corrispondenti florir e granar, dove granar vale ‘dare frutto’, ‘produrre seme’ (cfr. Leys d’Amors vv. 6006 e 6930-31: Las Leys d’Amors. Manuscrit de l’Académie de Jeux Floraux, par Joseph Anglade, 4 voll., Toulouse 1919-1920). Indica il periodo più rigoglioso (flors) e fertile, produttivo (gras) della vita d’Amore.

19. esparvier[s] es de vilas significa, come indicato in traduzione, ‘è uno sparviero appartenente a villani’: poiché il possesso dello sparviero è nel Medioevo appannaggio del ceto aristocratico (così come la falconeria è attività tipica della nobiltà), tanto che il falco è uno dei simboli associati alla regalità assieme alla corona e alla virga, il verso di Elias de Barjols che paragona la prigionia d’Amore allo sparviero posseduto da villani (cioè rustici, villici, gente di ceto inferiore) esprime una condizione bassa, vile ed innaturale, alla quale chi dice io nel testo non vuole assoggettarsi. Il verso, totalmente differente, di a2 car ben es simples e planz è possibile banalizzazione, causata forse da incomprensione della metafora presente in E, ma non si predica come errata (cfr. Barachini, Il trovatore Elias de Barjols, pp. 183-184).

23. Poiché obedïens è di solito quadrisillabico e la rima ens non può convivere con la rima iens, bisogna ammettere una sinalefe tra sia e obedïens.

26. La lezione di E, a testo, significa che nessuno, per quanto ingenuo e sprovveduto, si metterebbe nelle mani d’Amore e fa riferimento al proverbiale sen d’enfan, vale a dire l’‘intelligenza da bambino, scarsa intelligenza’. Il caso soggetto ossitono efas (= efans) è rifatto per analogia sulle altre forme ed è attestato anche altrove. La lezione di a2 tant sia ioves ni sans ‘tanto sia giovane e sano’ è parzialmente incongrua (‘sano’ qui è informazione accessoria piuttosto fuori contesto), a meno che sans non valga ‘integro moralmente’, senso non registrato dai dizionari. Il significato dato a sans da Sanguineti (Sanguineti - Scarpati, Canzoni, p. 177), che propone di glossare il termine con «sano di mente», anch’esso assente dai dizionari, non è desumibile dal contesto né può essere ipotizzato sulla base di dittologie quali vius ni sans che fanno riferimento, com’è evidente, alla salute fisica, non alla salute mentale (vius ni sans vale ‘vivo e in salute’, cioè ‘sano e salvo’ (cfr. Barachini, Il trovatore Elias de Barjols, pp. 185-186).

27. Il termine astezas indica la moneta d’argento che la città di Asti cominciò a battere nel 1140; ciò che resta sottinteso nel verso di Elias de Barjols è che, mentre in una prima fase essa fu moneta di alto valore (con alto titolo e alto peso), già attorno al 1200 essa fu drasticamente deprezzata (con abbassamento del titolo e riduzione del peso) e acquistò la fama di moneta di poco valore (Domenico Promis, Monete della zecca d’Asti, Torino 1853, pp. 11-44). A questo allude il trovatore, dicendo che nessun uomo intelligente avrebbe voluto scommettere (vb. metre col significato di «faire un enjeu», FEW, VI:88a) su Amore neanche due monete che non valevano nulla, perché sarebbe stata una giocata comunque perduta in partenza. Il termine astezas è interessante per altre due ragioni: in provenzale esso è un hápax legómenon e, inoltre, è la più antica attestazione del termine in una lingua diversa dal latino (dove Astisanus è attestato come nome proprio almeno dal 924 d.C., a fianco dell’aggettivo corrente astensis); l’italiano astigiano è attestato solo dal XIV secolo. La lezione di a2 (qi mezes dos e bezanz ‘che pagasse/spendesse/impiegasse doni e bisanti’ oppure ‘dodici bisanti’ se si legge dose bezanz) fa riferimento al bisante, moneta d’oro bizantina o araba, e indica che in questo ms. il paragone è stato inteso al contrario: i bisanti erano infatti monete d’alto valore, in particolare in un’Europa occidentale dove le monete d’oro non venivano coniate da secoli, pertanto il senso è che esse sarebbero state sprecate, qualora fossero state messe o spese (metre «metre du sien», FEW, VI:187b-188a) al servizio d’Amore, il quale – è sottinteso – è considerato come merce di poco valore (cfr. Barachini, Il trovatore Elias de Barjols, pp. 187-187).

33-34. Ferdinando III (ca. 1199-†1252), re di Castiglia dal 1217 e re di León dal 1230, unificazione delle due corone sotto un unico sovrano a cui Elias de Barjols fa esplicito riferimento.

45. Beatrice di Savoia, moglie del conte Raimondo Berengario V di Provenza e figlia di Tommaso I di Savoia e Margherita Beatrice di Ginevra. È menzionata da Elias de Barjols anche in Ben deu hom son bon senhor (BdT 132.4), Morir pogr’ieu, si·m volgues (BdT 132.9) ed adombrata anche in Bon’aventura don Dieus (BdT 132.6) e Puois vei que nuill pro no·m te (BdT 132.11).

[GB]


BdT    Elias de Barjols    IdT

Circostanze storiche