Rialto    IdT

133.11

 

 

 

Elias Cairel

 

 

 

 

 

 

I.

 

 

Qui saubes dar tant bon conseil denan

 

 

cum fai apres qand a·l dampnatge pres

 

 

ja negus hom no·n fora sobrepres,

4

 

e doncs per que se vai chascus tarzan

 

 

ni esloignan d’aquel Seignor servir

 

 

que volc per nos mort e pena soffrir?

 

 

Per so no·is deu hom tarzar de ben faire,

8

 

c’apres la mort lo cosseills non val gaire.

 

 

 

 

 

II.

 

 

Gaire non val qand hom a pres lo dan,

 

 

e de lor dan faire son ben apres

 

 

li comt’e·il rei e·il baron e·il marqes

12

 

que l’us l’autre s’auci en guerreian

 

 

aissi faran crestiantat perir,

 

 

e degron mieills Turcs e paians aucir

 

 

e recobrar lo dreiturier repaire,

16

 

Jerusalem, e conqistar lo Caire.

 

 

 

 

 

III.

 

 

Qu’al Caire son Arabit e Persan

 

 

Cordin e Turc de paor entrepres,

 

 

et anc pais tant leu non fo conqes

20

 

cum cel fora, qu’ar ill s’en van doptan,

 

 

q’en lor sortz an trobat senes faillir

 

 

qe Crestian devon sobr’els venir

 

 

e la terra conqistar e desfaire,

24

 

e·l termes es vengutz al mieu vejaire.

 

 

 

 

 

IV.

 

 

Vejaire m’es qe negus no sap tan

 

 

de gen parlar qe retraire pogues

 

 

las grans honors las riquessas ni·ls bes

28

 

que auran cill que de lai passaran:

 

 

doncs per que fan semblanssa de gurpir

 

 

li ric malvatz que·s degron esgauzir

 

 

e qui mieills mieills vas lo passatge traire,

32

 

si c’om pogues lor mals en ben retraire?

 

 

 

 

 

V.

 

 

Retraire vuoill als crozatz que lai van

 

 

lo dreich camin del viatge cals es:

 

 

per Ongaria en terra de Grezes,

36

 

que ja negun revel no·i trobaran

 

 

e socorran, lai on Dieus volc complir

 

 

totas bontatz, per qu’om lo deu grazir,

 

 

l’emperairitz Yolen, c’a maltraire

40

 

el loc don fo Manuels emperaire.

 

 

 

 

 

VI.

 

 

Emperaire Frederics, ieu vos man

 

 

que de son dan faire s’es entremes

 

 

vassalhs qand a a son seignor promes

44

 

so don li faill a sa besoigna gran,

 

 

per qu’ieu chantan vos vuelh pregar e dir,

 

 

que passetz lai on Ihezus volc morir

 

 

e no·l siatz a cest besoing bauzaire,

48

 

car ges lo fill no·i deu atendre·l paire.

 

 

 

 

 

VII.

 

 

Marques Guillem, lo sojorn e·l dormir

 

 

de Monferrat no voletz ges gurpir,

 

 

tart venjaretz la mort del vostre paire

52

 

ni·l deseret qu’om fai a vostre fraire.

 

 

 

 

 

VIII.

 

 

Be·n pot hom dir, «Malvatz filhs de bon paire»,

 

 

e peza·m fort, mas no·n puesc alres faire.

 

 

Traduzione [GL]

I. Se si potesse dar prima un consiglio così buono come si fa dopo, quando si è subito il danno, allora nessuno ne sarebbe mai incolpato, e dunque perché ognuno continua ad esitare rinviando il servizio di quel Signore che per noi volle subire tortura e morte? Perciò non si deve tardare a fare il bene, ché dopo la morte il consiglio non serve più a nulla.
II. Non serve proprio più a nulla quando si è subito il danno, e nel fare il loro danno sono ben esperti i conti e i re e i baroni e i marchesi che si uccidono l’un l’altro guerreggiando: così distruggeranno la cristianità, e dovrebbero piuttosto uccidere Turchi e pagani e riguadagnare la vera patria, Gerusalemme, e conquistare il Cairo.
III. Perché al Cairo sono Arabi e Persiani Curdi e Turchi attanagliati dalla paura, e mai paese fu conquistato tanto facilmente come sarebbe quello, ché ora quelli ne hanno paura, poiché nei loro incantesimi han trovato senza dubbio che i Cristiani devono assalirli e conquistare e distruggere i loro possedimenti, e io penso che sia venuto il momento.
IV. Penso che nessuno sappia tanto ben parlare da poter descrivere i grandi possedimenti le ricchezze e i benefici che riceveranno coloro che passeranno di là: e allora perché danno l’impressione di desistere i potenti malvagi, che dovrebbero rallegrarsi e a gara correre al passaggio, così che si potesse considerare un bene le loro male azioni?
V. Voglio descrivere ai crociati che vanno di là qual è il giusto itinerario del viaggio: attraverso l’Ungheria nella terra dei Greci, perché non vi troveranno alcuna opposizione, così soccorreranno, là dove Dio volle dar perfezione ad ogni bontà, per cui gli si deve rendere omaggio, l’imperatrice Jolanda, perché c’è sofferenza nel luogo da cui sorse Emmanuel, l’imperatore.
VI. Imperatore Federico, vi assicuro che ha impreso a fare il proprio danno un vassallo quando ha promesso al suo signore ciò per cui gli vien meno nel momento del suo bisogno estremo, perciò col canto vi voglio fare questa preghiera, di passare là dove Gesù volle morire e di non essergli infedele in questa necessità, poiché il figlio non vi deve attendere il padre.
VII. Marchese Guglielmo, le comodità e il riposo di Monferrato non vi decidete a lasciare, difficilmente vendicherete la morte di vostro padre e il diseredamento che si fa a vostro fratello.
VIII. Si può ben dire, «Cattivo figlio di buon padre», e mi duole molto, ma non posso far altro.

 

 

 

Testo: Lachin 2004. – Rialto 30.vi.2017. 


Mss.: A 51v, C 234v, H 32v, N 264v, R 33v.

Edizioni critiche: Kurt Lewent, «Das altprovenzalische Kreuzlied», Romanische Forschungen, 21, 1908, pp. 321-448, a p. 353; René Lavaud, «Les trois troubadours de Sarlat: Aimeric, Giraut de Salignac, Elias Cairel; texte et traduction des 24 pièces conservées», Lou Bournat, 23, 1910, pp. 405-406, a p. 405; Hilde Jaeschke, Der Trobador Elias Cairel, Berlin 1921, p. 164; Giosuè Lachin, Il trovatore Elias Cairel, Modena 2004, p. 383.

Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 28 (testo Lewent); Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992, p. 238 (testo Jaeschke); Linda Paterson, Rialto 11.iii.2014 (testo Lachin).

Metrica: a10 b10 b10 a10 c10 c10 d10’ d10’ (Frank 504:10). Sei coblas unissonans di otto decasillabi allacciate tramite legame capfinit e due tornadas, una di quattro e l’altra di due versi. Rime: -an, -es, -ir, -aire.

Note: Canzone di crociata composta in Italia tra il 1225 e il 1226: si vedano le Circostanze storiche.

1-3. Il componimento si apre con un’espressione dal tono sentenzioso come si riscontra in altri Kreuzlieder; si confronti con Ara parra qual seran envejos (BdT 10.11) di Aimeric de Peguilhan.

5-6. In questi versi si riscontrano altri elementi topici nelle canzoni di crociata quali il riferimento al servizio da offrire al Signore e la rievocazione della passione di Cristo.

7-8. La prima cobla è conclusa da un epifonema che riprende non solo il tono sentenzioso dell’inizio ma anche il tema. Il trovatore invita il pubblico a fare subito del bene, ossia a intraprendere il viaggio per la Terrasanta, al fine di guadagnarsi la salvezza eterna prima della morte terrena.

9-16. Anche questa strofe presenta un tema tutt’altro che originale, la critica dei potenti che non si spendono per il recupero della Terrasanta e preferiscono piuttosto combattere tra di loro in Occidente.

16. Sono qui citati i due obiettivi principali della crociata: il recupero di Gerusalemme, città santa per eccellenza e l’invasione dell’Egitto, indicato qui con il riferimento al Cairo. La crociata predicata in quegli anni da papa Onorio III prevedeva infatti l’invasione delle terre di Egitto per garantire ai crociati un luogo sicuro da cui avviare le spedizioni di riconquista dei Luoghi Santi.

17-18. L’elenco contenuto in questi versi testimonia la consapevolezza da parte dei cristiani delle differenti etnie che compongono il popolo musulmano; su questo si veda Linda Paterson, «La letteratura occitanica e la Terrasanta», Rivista di Studi Testuali, 5, 2003, pp. 73-98, alle pp. 84-85.

21. sortz. Il riferimento alle pratiche di chiromanzia costituisce un riflesso dell’immagine che i Cristiani avevano dei musulmani come stregoni, negromanti.

25-28. Come ha ben individuato Guida, Canzoni di crociata, pp. 26-27, in questo passo il trovatore descrive in maniera iperbolica le possibilità di arricchimento che la spedizione in Terrasanta poteva procurare. Questo tipo di affermazioni era probabilmente finalizzato a reclutare alla causa crociata anche coloro i quali non disponevano di possedimenti propri ed erano costantemente in cerca di fortuna e di ascesa sociale.

29-32. In questi versi il trovatore riprende il giudizio negativo sui nobili degenerati che sono interessati alla crociata soltanto per le grandi ricchezze che essa poteva procurare. Il comportamento di Elias sembra ambiguo: se da un lato sprona i cristiani a passare in Oriente con le promesse di un guadagno materiale, dall’altro critica gli esponenti dell’aristocrazia proprio per l’ambizione al guadagno.

33-35. Elias suggerisce un itinerario per i Luoghi Santi differente da quello di solito praticato. È risaputo infatti che la via più battuta per i pellegrinaggi armati era quella marittima, per quanto suscitasse numerose paure. Il trovatore invece suggerisce di affrontare il viaggio attraverso l’Ungheria e i territori dei regni cristiani d’Oriente. È vero, come sostiene Guida, Canzoni di crociata, p. 363, che in queste zone erano presenti molti storici crociati, tra i quali re Andrea d’Ungheria, che avrebbero favorito il transito dell’esercito cristiano, ma è probabile che il fine di Elias fosse quello di spronare a un intervento crociato a supporto dei regni cristiani d’Oriente che si trovavano allora in grande difficoltà, cfr. Lachin, Il trovatore, p. 413.

39. Emperairitz Yolen. Si tratta probabilmente di Isabella, figlia di Giovanni di Brienne, anche nota come Iolanda, divenuta imperatrice a seguito delle nozze con Federico II celebrate nel 1225. Prima dell’intervento di Lachin, Il trovatore, p. 398, i critici identificavano il personaggio con Iolanda di Fiandra, sorella di Baldovino ed Enrico, reggente dell’impero latino d’Oriente dal 1217 fino alla morte, avvenuta nel 1219.

40. Lachin, Il trovatore, p. 415, sostiene che il luogo a cui si allude in questo verso con una perifrasi non sia altro che Gerusalemme e che con Manuels emperaire Elias si riferisca a Gesù Cristo. È tuttavia possibile, come comunemente creduto, che il personaggio citato sia l’imperatore d’Oriente Manuele I Comneno, morto nel 1180 e che con la sua menzione ci si riferisca in generale alla Terrasanta, meta del pellegrinaggio armato dei crociati.

41. Emperaire Frederics. Con la proposta di datazione intorno agli anni 1225-1226 non si deve congetturare che il titolo imperiale possa esser stato attribuito a Federico II prima dell’incoronazione del novembre 1220, come fa Guida, Canzoni di crociata, p. 364 il quale, riconoscendo in Yolen Iolanda di Fiandra, ritiene il testo composto prima del 1219.

43. vassalhs. Come in Ben deu hom son bon senhor (BdT 132.4), vv. 33-40, di Elias de Barjols, anche qui Federico viene descritto come un vassallo di Dio, al quale deve essere fedele e prestare il servizio feudale del soccorso armato in Terrasanta. Le promesse a cui si riferisce il trovatore sono ovviamente i ripetuti impegni presi da Federico per la crociata.

48. Elias utilizza un’espressione proverbiale per concludere l’appello rivolto all’imperatore: la figura del padre ritornerà poi nelle due tornadas riferita stavolta al marchese di Monferrato. Guida, Canzoni di crociata, p. 364 ipotizza che il trovatore possa riferirsi al rapporto tra Federico e papa Onorio III.

49-52. In questa tornada Elias attacca direttamente Guglielmo VI per la sua pigrizia e l’inattività in merito alla crociata. Il trovatore critica il marchese ricordandogli l’esempio del padre Bonifacio I, crociato valoroso che guidò la Quarta crociata, e il dezeret del fratello, la cacciata di Demetrio dal regno di Tessalonica.

53-54. La seconda tornada dal tono proverbiale costituisce l’epifonema che conclude il componimento e serve probabilmente a spronare nuovamente all’azione i due personaggi a cui si fa riferimento in precedenza con il termine paire, ossia Federico II e Guglielmo VI.

[fsa]


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Circostanze storiche