Premessa all’edizione in linea della tenzone

fra Enric de Rodez e Guillem de Mur (140.1b = 226.5)

 

 

 

 

Il dibattito in versi appresso pubblicato, giuntoci in unica testimonianza manoscritta (f), ha per protagonisti Guillem de Mur ed un seinher che sembra giusto identificare con il conte Enrico II di Rodez in ragione del fatto che questi risulta nella produzione lirica del trovatore barresino la sola persona interpellata o designata col semplice appellativo «signore» (senza, cioè, l’aggiunta del nome proprio, presente in tutti gli altri casi di citazione o sollecitazione indirizzata a personaggi diversi) e si configura tanto nel testo che segue quanto negli altri dialoghi cui prese parte come il senher per antonomasia, il protettore e l’interlocutore che non aveva bisogno di ulteriori addizioni o specificazioni denominative per essere riconosciuto.

 

Il dilemma proposto (non nuovo per i frequentanti le aule aristocratiche) è se sia meglio essere gelosi, perdendo joi e buonumore, o far ingelosire la propria donna portandola alla disperazione. Guillem de Mur opta per la prima soluzione, convinto che la gelosia femminile provochi clamore e scandalo e che l’uomo debba vigilare sui comportamenti della sua compagna accordando, in caso di traviamento, comprensione e perdono. Il conte di Rodez sostiene invece che non bisogna preoccuparsi troppo delle apprensioni e dei timori altrui e che si deve pensare anzitutto alla serenità e all’equilibrio propri.

 

Il testo, viziato in più punti, è da considerare probabilmente mutilo dell’ultima parte, sia perché ha uno sviluppo ridotto rispetto a quello normale per simili componimenti, sia, e soprattutto, perché la discussione s’interrompe senza che in fondo abbia trovato una conclusione o per lo meno l’affermazione di una tesi sull’altra.

 

Lo schema metrico adottato è tra i più diffusi nella lirica trobadorica (il Frank, Répertoire, I, pp. 111-124 ne registra 306 esempi), ma la combinazione rimica è relativamente rara e risulta attestata solo dal partimen proposto da Maria de Ventadorn a Gui d’Ussel e dalla cobbola anonima che porta il numero 116. Riesce tuttavia arduo stabilire se proprio i testi ora citati abbiano costituito l’immediato ed esclusivo canovaccio per una contraffazione.

 

Saverio Guida         

10.ix.2002         


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