Rialto    IdT

205.4a

 

   

Guillem Augier Novella

 

 

 

 

   

I.

   

Per vos, bella dous’amia,

   

trac nueg e jorn greu martire,

   

que d’als no pes ni cossire,

   

ans vai doblan tota via

5  

l’amors e la bevolensa,

   

per qu’ieu ai gran temensa

   

que·l deziriers m’aucia:

   

on mais vos bais, doussa res, e vos toc,

   

ieu m’en vauc plus prion en aisselh foc!

   

 

   

II.

10  

En plus francha senhoria

   

no pogra mon cor assire,

   

qu’ieu non cre qu’el mon se mire

   

don’ ab tan de cortezia

   

ni que de beutat vos vensa

15  

e non ai ges crezensa,

   

per nulha ren que sia,

   

puesca guerir, s’ieu no complisc lo joc

   

e visques tan cum Heli’et Enoc!

   

 

   

III.

   

Ai! Cantas vez plor lo dia

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e cantas vez mi fai rire

   

l’amors que·m venz e·l desire

   

e·m destrein lo cor e·m lia;

   

e·l vostra onrada valenza

   

fez en mon cor semenza

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plus que far non solia:

   

ara sai eu q’eu ai begut del broc

   

don bec Tristans c’anc pois garir non poc!

   

 

   

IV.

   

Vostr’hom sui ses tricharia

   

e, si·us platz, podetz m’aucire,

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qu’hom no·n poiria devire

   

qui·l cor del cors no·m trazia.

   

Quar en vos nais e comensa

   

beutatz e conoissensa

   

miels qu’hom dir no poiria,

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si·m destrenhetz mon fin cor en un loc

   

ben a tres ans, qu’anc d’un voler no·s moc!

   

 

   

V.

   

E ja als jorns de ma via

   

non serai d’autra jauzire;

   

tant vos sui hom e servire

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francs e leials, ses bauzia,

   

que ses la vostra entendensa

   

no volgr’ aver Proensa

   

ab tota Lombardia:

   

quan m’auretz dat so don m’avetz dig d’oc,

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serai plus rics que·l senher de Marroc!

   

 

   

VI.

   

A l’emperaire agensa

   

e ten a cortezia

   

quant hom li quer autrejar e ditz d’oc.

   

Mas ja, als faitz, no·s pren ren qui no·l loc!


 

 

 

Traduzione [MC]

I. Per voi, bella dolce amica, soffro notte e giorno un doloroso martirio, ché ad altro non penso né rifletto ed anzi continuamente aumentano l’amore ed il bene che vi voglio, perciò ho gran timore che il desiderio mi uccida: quanto più vi bacio, dolce creatura, e vi tocco, sempre più sprofondo in quel fuoco!
II. Il mio cuore non potrei porre in più nobile signoria, ché infatti non credo che nel mondo si rimiri dama di tanta cortesia né che superi la vostra bellezza, né credo di poter assolutamente guarire in qualche modo, se non porto a compimento il gioco, anche s’io vivessi quanto Elia ed Enoc!
III. Ahimé! Quante volte piango durante il giorno e quante volte mi fan sorridere l’amore che mi vince ed il desiderio che mi stringe il cuore e mi lega; il vostro onorato valore seminò nel mio cuore più di quanto non soleva fare: ora so d’aver bevuto al boccale da cui bevve Tristano che mai, dopo, non poté più guarire!
IV. Son vostro vassallo senza inganno e, se vi fa piacere, potete tormentarmi, che nessuno potrebbe indovinarlo a meno che non mi strappasse il cuore dal corpo. Poiché in voi nascono e cominciano bellezza e conoscenza più di quanto non si possa dire, così stringete il mio cuore fedele ben da tre anni in un solo luogo, che mai da un unico desiderio non si è distolto!
V. E mai per tutti i giorni della mia vita non trarrò piacere da un’altra e tanto vi sono vassallo e servitore, generoso e leale, senza bugia, che senza il vostro amore non vorrei possedere la Provenza con tutta la Lombardia: quando mi avrete dato quello di cui mi avete già detto di sì, sarò più ricco del signore di Marocco.
VI. All’imperatore piace e lo considera una cortesia concedere quanto gli si chiede e dice di sì. Però nei fatti non si riceve niente senza contraccambio!

 

 

 

Testo: Calzolari 1986. – Rialto 26.i.2018.


Mss.: C 370v, D 75v, E 164, F 42r.

Edizioni critiche: Johannes Müller, «Die Gedichte des Guillem Augier Novella», Zeitschrift für romanische Philologie, 23, 1899, pp. 47-78, p. 71; Monica Calzolari, Il trovatore Guillem Augier Novella, Modena 1986, p. 136.

Altre edizioni: Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. III, p. 178 (parziale); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 58 (testo Müller); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, Barcelona 1975, p. 1181 (testo Müller).

Metrica: a7’ b7’ b7’ a7’ c7’ c6’ a6’ d10 d10 (Frank 554:6). Cinque coblas unissonans di nove versi e una tornada di quattro. Rime: -ia, -ire, -ensa, -oc.

Note: Canzone non databile con precisione ma sicuramente composta in seguito all’incoronazione imperiale di Federico II: si vedano le Circostanze storiche.

1. bella douss’amia. L’appellativo è adoperato da altri trovatori come Pons de Capduelh, in S’ieu fis ni dis nuilla saisso (BdT 375.19), vv. 4-5: «ab franc cor e leial e bo / vos mi ren, bella dous’amia» oppure Peirol, nella canzone En joi que·m demora (BdT 366.15), vv. 37-38: «Francha res cortesa, / bella douss’amia».

7. L’espressione ritorna identica in Aucel no truob chantan (BdT 156.2), v. 44.

8-9. Il riferimento al fuoco d’amore, contenuto in molte canzoni d’amore dei trovatori, si carica in questo componimento di sfumature sensuali con l’allusione ai baci e alle carezze scambiati tra i due amanti; cfr. Calzolari, Il trovatore, pp. 139-140.

10. L’io lirico si dice sincero vassallo di midons anche al v. 28 e al v. 39, in quest’ultimo caso mediante l’impiego della dittologia sinonimica «hom e servire».

18. Heli’et Enoc. I due personaggi biblici sono entrati a far parte dell’immaginario collettivo come simboli di longevità; cfr. Calzolari, Il trovatore, p. 148. La figura di Enoc è ricordata anche in Guilhem Ademar, Ben for’oimais sazos e locs (BdT 202.1), v. 15: «E s’era tant blancs cum Enocs».

26-27. L’io lirico sostiene di aver assunto lo stesso filtro d’amore bevuto Tristano e dunque di non poter in alcun modo guarire dalla malattia d’amore. La figura di Tristano come amante per antonomasia ricorre in molte liriche trobadoriche, cfr. Frank M. Chambers, Proper names in the Lyrics of the Troubadours, Chapel Hill 1971, pp. 258-259.

41-43. Guillem sottolinea la sua fedeltà mediante il ricorso a una priamel: egli preferisce la relazione con la donna amata, l’entendensa, al possesso di beni di grande valore, addirittura le intere regioni della Provenza e della Lombardia; sull’impiego di questa figura retorica nella lirica dei trovatori si vedano Oriana Scarpati, Retorica del “trobar”. Le comparazioni nella lirica occitana, Roma 2008, pp. 59-65 e Oriana Scarpati, «La priamel abbreviata nella lirica medievale», Medioevo Romanzo, 32, 2008, pp. 289-302.

46. emperaire. L’imperatore a cui si riferisce Guillem è Federico II, citato anche in Toz temps serai sirvens per deservir (BdT 205.7). Si noti l’irregolarità morfologica costituita dall’utilizzo della forma del retto invece dell’obliquo.

48. A Federico viene rimproverato il non far seguire azioni concrete alle sue parole: egli si mostra interessato alle virtù cortesi soltanto in apparenza mentre non elargisce nulla se non in cambio di qualcosa. Questa affermazione, probabilmente ricalcata su un proverbio, si scontra con il concetto di liberalità dei trovatori, basato sulla gratuità delle elargizioni.

[fsa]


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Circostanze storiche