Rialto

210.6b

 

Guillem de Berguedan

 

 

 

 

Cel so qui capol’e dola:
tant soi cuynde e avinen
si que destral ni exola
4 no·y deman ni ferramen;
qu’esters n’ay bastidas cen,
que maestre de l’escola
so, e am tan finamen
8 que per pauc lo cor no·m vola.
  
Si Deus me don’alegranza
e gaug de mon Per-cabal,
tant hi ferray de ma lança
12 entre Qaresm’e Nadal
qu’En Lenga-moza-de-sal
n’aura enuig e pesança,
e tuit mei amich coral
16 n’auran gaug e alegrança.
  
Si mon caval trot’a lega,
no m’en fal, so·us assegur,
qu’en tal luec no l’acossega,
20 si no trop qui m’en atur.
Que no·y ha auzberch tan dur
que mon bran d’acer cossega
que jos la carn no·l pejur,
24 si a Deu merce no pregha.
  
Un’e doas e tres et quatre,
cinc e seis e set e uit,
m’avenc l’autrer a combatre
28 ab ma osta tota nuit,
e si·m trobes flac ni buit,
per la fe que·us dey, bel fratre,
io agra tost mon pan cuit,
32 e puis fora fins de batre.
  
Ma hosta no fo pas lota,
e parec o al montar:
si no·m tengues a sa cota,
36 viatz m’agra fait tombar,
c’axi·m fazia plombar
com si fos una pilota;
per que fay mal cavalgar
40 en bestia c’axi trota.

 

 

 

Testo: Riquer 1996 (XV). – Rialto 30.vii.2003.


Ms.: Sg 124v.

Edizioni critiche: Francesco Ugolini, «Poesie di Guilhem de Berguedà in un codice catalano», Archivum Romanicum, 23, 1939, pp. 22-51, a p. 47; Martín de Riquer, Guillem de Berguedà, 2 voll., Abadía de Poblet 1971, vol. II, p. 135; Les poesies del trobador Guillem de Berguedà, text, traducció, introducció i notes per Martí de Riquer, Barcelona 1996, p. 223 (riprende senza variazioni il testo dell’edizione del 1971).

Metrica: a7’ b7 a7’ b7 b7 a7’ b7 a7’ (manca in Frank, in cui sarebbe comunque un unicum); sei coblas singulars.

Note: Questo testo, tràdito dal solo Sg, non è contemplato nella BdT né in Frank; il riferimento 210.6b è stato coniato da Riquer ed è oggi integrato nella BEdT di Stefano Asperti. – La paternità del testo tradito da Sg nella sua interezza è dibattuta. Le ultime due strofe infatti (vv. 25-40) compaiono in forma quasi identica in una poesia di Guillem de la Tor (BdT 236.10); se l’ipotesi tradizionale già formulata da Ugolini (Ugolini, «Poesie», pp. 49-51) di un vero e proprio plagio da parte del trovatore perigordino è stata accolta da Riquer nel 1971 (Riquer, Guillem, I, p. 124), essa è stata poi rifiutata, con buoni argomenti, da Sansone (Giuseppe Edoardo Sansone, «Guilhem de Berguedan e Guilhem de la Tor: plagio?», in La filologia romanza e i codici. Atti del convegno [Messina, 19-22 dicembre 1991], 2 voll., Messina 1991, vol. II, pp. 649-661). La conclusione di Sansone, dopo un’accurata analisi dello statuto delle due coblas identiche all’interno dei rispettivi componimenti e delle loro somiglianze e differenze, è che il testo tràdito da Sg sia debitore a quello di Guillem de la Tor e non il contrario: l’aggiunta delle due strofe finali alla poesia di Guillem de Berguedan sarebbe intervenuta nel corso della tradizione, ad opera di un copista; secono Sansone «sembra dunque logico [...] che le due strofe appartenenti alla poesia di Guilhem de la Tor, ai tempi di un codice intermedio rispetto all’epoca Sg, siano state annesse alla poesia, creduta probabilmente mozza, di Guilhem de Berguedan, ricorrendo ad adeguamenti metrici e intervenendo variamente sulla lezione» (Sansone, «Guilhem», p. 659). Nell’edizione del 1996 Riquer non prende posizione in maniera decisa rispetto alle strofe finali della poesia, limitandosi a segnalare le conclusioni dell’intervento di Sansone, ma travisandone il significato. Dal fraintendimento di Sansone da parte di Riquer nasce, almeno a livello ipotetico, una terza soluzione alla questione: tanto le due ultime strofe tràdite da Sg quanto le corrispettive di Guillem de la Tor rimonterebbero (indipendentemente?) ad una tradizione popolare catalana (Riquer, Les poesies, p. 223). – Oroz mette in dubbio per ragioni paleografiche l’emendamento del v. 50, che è ipometro nel manoscritto unico (en bestia que trota); questo verso, che manca al testo di Guillem de la Tor, andrebbe secondo lui emendato aggiungendo un avverbio prima del verbo,  per esempio que trop trota, di modo da poter supporre una semplice aplografia (Francisco Oroz Arizcuren, rec. a Riquer, Guillem, Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 211, 1974, pp. 206-215, a p. 211). 

 [sc]


BdT    Guillem de Berguedan