Traduzione [lb]
I. Vorrei che il papa [lett. il prete
supremo] e l’imperatore facessero pace tra di loro per dare ai Turchi e agli
Arabi un motivo per piangere. Ma ciascuno di loro sta portando avanti la sua
contesa con grande acredine, e stanno sprecando le loro energie, perché tutto
ciò che si vede non è nulla in confronto a quello che verrà.
Testo: Paterson 2013. – Rialto 9.iv.2018. Ms.: M 238r. Edizioni critiche: Emil Levy, Guillem Figueira, ein provenzalischer Troubadour, Berlin 1880, p. 31; Linda Paterson, Rialto 14.vi.2013. Altre edizioni: LR, vol. I, p. 482 (parziale); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. III, p. 116 (parziale). Metrica: a6 a6 a6 b6 b6 c6 c8 c8 d10 d10 (Frank 77:2). Cinque coblas unissonans di dieci versi e due tornadas di cinque versi. Rime: -or, -it, -en, -ir. Il modello metrico è probabilmente costituito dalla canzone di Folquet de Marselha, Ben an mort mi e lor (BdT 155.5) da cui Guillem riprende anche le rime. Note: Canzone di crociata composta probabilmente tra il 1244 e il 1250; si vedano le Circostanze storiche. 1. Preveire maior. Guillem si riferisce qui al papa; si tratta con ogni probabilità di Innocenzo IV. Il personaggio è stato però identificato anche con Gregorio IX che scomunicò Federico nel 1227 e una seconda volta nel 1239, cfr. Stefano Asperti, «Sul canzoniere provenzale M: ordinamento interno e problemi di attribuzione», in Studi provenzali e francesi 86/87, L’Aquila 1989, pp. 137-169, alle pp. 145-146. 2. Il riferimento alla situazione di conflitto tra imperatore e pontefice mentre la Terrasanta era nelle mani degli infedeli si giustifica tanto in seguito alla prima scomunica dell’imperatore, avvenuta nel 1227, quanto nel periodo successivo alla riconquista musulmana di Gerusalemme avvenuta nell’estate del 1244. 3. La concordia tra le due massime autorità universali, il papa e l’imperatore, era alla base dell’idea del mondo creato da Dio propria dell’uomo del Medioevo; cfr. Diego Quaglioni, «Duo luminaria», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it). 6-7. In questi versi si comprende come il conflitto tra papa e imperatore apparisse insanabile. Una situazione simile sembra giustificarsi meglio in seguito al concilio di Lione durante il quale Federico fu definitivamente deposto da Innocenzo IV; cfr. Agostino Paravicini Bagliani, «Innocenzo IV», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it). Inoltre, non si riscontra qui alcuna allusione all’intenzione di partire per l’Oriente manifestata chiaramente da Federico in seguito alla prima scomunica del 1227. 9-10. Un’espressione simile, con riferimento all’inutilità delle controversie tra potenti in occidente, si riscontra nell’epifonema della canzone di crociata Ara parra qual seran envejos (BdT 10.11), vv. 57-58. 11-13. Il riferimento alla passione e al sacrificio di Cristo è quasi obbligato nei componimenti di esortazione alla crociata; si veda tra i molti esempi simili Falquet de Romans, Quan lo dous temps ven e vai la freydor (BdT 156.12), vv. 18-22. 15. Il verso sembra riecheggiare un passo delle Scritture contenuto nel vangelo di Luca, XXIII, 46: «In manus tuas commendo spiritum meum» (Gianfelice Peron, «Temi e motivi politico-religiosi della poesia trobadorica in Italia nella prima metà del Duecento», in Storia e cultura a Padova nell’età di Sant’Antonio, Padova 1985, pp. 255-99, alle pp. 297-298). 15-20. La strofe contiene un’ammissione di colpa da parte dell’io lirico che affida il suo spirito a Dio e ribadisce l’opportunità che la crociata costituiva di remissione dei peccati. In questi versi trova conferma l’ipotesi di Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992, p. 16, secondo cui le canzoni di crociata si configurano come «carmi di penitenza e di conversione, volti soprattutto a svegliare il vermis consciantiae». 21-30. I termini peccador, falhit, deservit, tortz rimandano tutti alla condizione di peccato degli uomini e al debito da loro contratto nei confronti di Dio: ancora, la crociata è vista come una possibilità privilegiata di redenzione. 31-32. Il passagium, come ci informa il trovatore, era una spedizione costosa che non tutti potevano intraprendere. Per risolvere questo problema, fin dal pontificato di Innocenzo III fu concesso ai grandi signori di commutare il voto in cambio di denaro in modo da finanziare il viaggio oltremare di altri uomini; su questo si veda Francesco Saverio Annunziata, «Le canzoni di crociata dei trovatori composte tra il 1213 e il 1214», in Forme letterarie del Medioevo romanzo: testo interpretazione e storia. Atti dell’XI Congresso Società Italiana di Filologia Romanza (Catania, 22-26 settembre 2015) a cura di Antonio Pioletti e Stefano Rapisarda, Soveria Mannelli 2016, pp. 39-57, alle pp. 41-42. 35-37. In questi versi si allude alle ricompense spirituali ma probabilmente anche materiali che potevano ottenere i crociati che si recavano in Oriente. 40. gaug qe no pot failhir. Si noti l’utilizzo del termine chiave per il linguaggio cortese gaug in riferimento alla salvezza eterna a cui poteva condurre il servizio di Dio in crociata. 56-60. Il conte di Tolosa è senz’altro Raimondo VII. L’invito affinché egli parta per la Terrasanta si può giustificare dopo il voto di crociata formulato contestualmente a quello di Luigi IX di Francia nel 1247, cfr. Michel Roquebert, L’Épopéee cathare. V. La fin des Amis de Dieu 1244-1321, Paris 2007, pp. 269-278. [fsa] |