Rialto    IdT

217.8

 

   

Guillem Figueira

 

 

 

 

   

I.

   

Un nou sirventes ai en cor que trameta

   

al enperador a la gentil persona,

   

qu’eras m’a mestier qu’en son servizi·m meta,

4  

que nulhs homs pus jen de luy non guazardona;

   

qu’el geta lo paubre de paubreira

   

e·l valen melhura e reve;

   

per qu’es dretz qu’el gazanh e conqueira,

8  

pos tan fay d’onor e de be;

   

per que cascus homs deu benezir la via

   

de tan bo senhor per on el va e ve,

   

et ieu benedic leis per ma dona Dia

12  

e per En Taurel, car tan gen se capte.

   

 

   

II.

   

Non tenc per senat home que s’entremeta

   

de far a luy tort, c’om pus greu non perdona

   

tro que·s pot venjar; et gardas de Gayeta,

16  

com el la destrus: fols es qui ab luy tensona

   

car trop es sa forsa sobreira.

   

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

   

.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

20  

..  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .

   

mot be s’es venjatz de la falsa clersia

   

e del papa, miels que son avi no fe.

   

Segur pot estar dedins s’albergaria,

24  

que tug li siey guerrier li van clamar merce.

   

 

   

III.

   

En bon ponh fon natz et en bona planeta

   

nostr’emperador, c’om a tort ochaizona,

   

qu’eras son Lombartz vengutz tro a Barleta

28  

per li rendre totz los dretz de la corona;

   

e Genoa li ren la ribeira

   

e totas las terras qu’ilh te,

   

e tant es issida sa baneyra

32  

c’om no·s pot defendre a se.

   

Ad aital senhor tanh ben la senhoria,

   

car el sap be far so que·s tanh ni·s cove,

   

et es tan sabens d’artz e d’estronomia

36  

qu’el ve e conois enans so que ave.

   

 

   

IV.

   

Mot fes otramar onrad’obra e neta

   

que Jheruzalem conques et Escalona,

   

que anc no·y pres colp de dart ni de saieta

40  

can li fe·l soudan onrada patz e bona;

   

pueys tenc en Chipre sa carreyra

   

e la mostret tan bona fe

   

e .  .  .  . lialtatz tan enteira

44  

c’al don de Barut en sove,

   

cuy sols s’eretatz per gentil cortezia,

   

franc emperador que n’a tot lo cors ple,

   

e voyt e lavat de tota vilania,

48  

ples de largetat; e qui·s vol, crea·n me.

   

 

   

V.

   

E qui no m’en cre, demand en a Berreta,

   

o al cavaier de Palma o de Cremona,

   

a qu’el det d’arnes cargat una carreta

52  

e mil unsas d’aur. Ben aya c’aisi dona!

   

Tostems n’amaray may Figuieira,

   

que de luy lauzar no·s recre,

   

ni non ditz paraula mesongieyra

56  

de l’emperador: que jasse

   

lo sans Dieu li gart tota sa manentia

   

si co ilh ama verai pretz e mante,

   

et a mi don Dieus gaug d’amic e d’amia

60  

e don joy al comte Ramon c’onor soste.

   

 

   

VI.

   

Bel amic Taurel, vostra mercadaria

   

nos la vent hom mal e nos vendem la be.

   

 

   

VII.

   

Bels amics Taurel, vos e ma dona Dia

64  

deves ben amar silh c’a nom de ric fre.

 

 

Traduzione [lb]

I. Sto pensando di mandare un nuovo sirventese al nobile e illustre imperatore perché ora ho bisogno di mettermi al suo servizio, dal momento che nessuno elargisce ricompense più benevolmente di lui. Egli fa uscire il povero dalla povertà e aiuta e rianima il valoroso, quindi è giusto che debba trarre profitto e fare conquiste, visto che fa così tante cose buone e onorevoli. Ognuno dovrebbe benedire la strada lungo la quale un così buon signore va e viene, e io la benedico, a causa di Madonna Dia e di Messer Taurel, che si comporta così gentilmente.
II. Chiunque intenda fargli torto è stolto, a mio parere, dal momento che nessuno è più lento a perdonare prima di essersi vendicato: guardate come ha distrutto Gaeta. È folle chi se la prende con lui, perché il suo potere / esercito è estremamente forte  [. . .] si vendicò mirabilmente contro il clero ipocrita e contro il papa, meglio di quanto ha fatto il suo avo. Egli può starsene al sicuro in casa sua, dal momento che tutti i suoi nemici vanno a implorare la sua misericordia.
III. Il nostro imperatore è nato in un momento favorevole e sotto una buona stella. Egli è accusato ingiustamente, e infatti i lombardi ora sono venuti a Barletta per restituirgli tutti i diritti della Corona; e Genova gli restituisce la Riviera e tutte le terre che tiene; e il suo stendardo è avanzato così tanto che nessuno può difendersi contro di lui. La signoria conviene ottimamente a un tale signore, perché sa come fare tutto ciò che è adeguato e conveniente, ed è così istruito nelle arti [liberali] e in astronomia che egli vede e conosce ciò che deve avvenire prima che accada.
IV. Ha conseguito un successo netto e onorevole in Terra Santa quando ha conquistato Gerusalemme e Ascalona, infatti prima che una saetta o una freccia fossero scagliati contro di lui, il sultano gli ha concesso una buona e onorevole pace; poi ha proseguito verso Cipro e vi ha mostrato una tale buona fede e [ . . .] un così impeccabile rispetto della legge che il signore di Beirut ancora se ne ricorda, a cui il nobile imperatore restituì le sue terre con magnanima cortesia, perché il suo cuore ne è pieno, ed è privo e mondato di ogni viltà, pieno di generosità: e chiunque può credermi in questo.
V. Ma se c’è qualcuno che non mi crede, chieda a Berreta, oppure ai cavalieri di Palma o di Cremona, ai quali ha dato un carro carico di armature e mille once d’oro. Sia benedetto chi è così magnanimo! D’ora in avanti Figueira amerà sempre chiunque canterà incessantemente le sue lodi e non dirà parole menzognere sull’imperatore: Dio Santissimo gli conservi tutta la sua ricchezza finché egli ama e tiene alto il vero valore, e che Dio mi conceda l’amore dell’amico e della dama, e dia gioia al conte Raimondo che sostiene l’onore.
VI. Buon amico Taurel, la gente ci vende la vostra mercanzia a poco e noi la rivendiamo a caro prezzo.
VII. Buon amicoTaurel, voi e la mia signora Dia dovreste amare con tutto il cuore colui che ha nome fre-de-ric [briglie del ricco].

 

 

 

Testo: Paterson 2013. – Rialto 30.xi.2017.


Mss.: C 250v, R 22v.

Edizioni critiche: Emil Levy, Guilhem Figueira, ein provenzalischer Troubadour, Berlin 1880, p. 52; Linda Paterson, Rialto 14.vi.2013.

Altra edizione: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 147 (testo Levy).

Metrica: a11’ b11’ a11’ b11’ c8’ d8 c9’ d8 e11’ d11 e11’ d11 (Frank 412:2). Cinque coblas unissonans di dodici versi ciascuna e due tornadas di due versi. Rime: -eta, -ona, -eira, -e, -ia. Il modello metrico di questo componimento è probabilmente la canzone di Guillem Peire de Cazals D’una leu chanso ai cor que·m entremeta (BdT 227.8).

Note: Sirventese composto probabilmente nel regno di Sicilia nella primavera del 1240: si vedano le Circostanze storiche.

2-4. Fin dai primi versi si intuisce la buona predisposizione di Guillem nei confronti di Federico II. Il trovatore dichiara di volersi porre al servizio dell’imperatore in quanto non esiste al mondo un signore tanto generoso nel ricompensare.

5. lo paubre de paubreria. La lode iperbolica si arricchisce grazie al ricorso a questa figura etimologica.

11-12. Guillem sembra citare qui i due probabili committenti del componimento ricco di elogi per l’imperatore: dona Dia ed En Taurel. Non è possibile individuare con sicurezza i due personaggi, ma se l’identità di dona Dia è sconosciuta, in Taurel si può forse riconoscere Torello di Strada, podestà ghibellino in molte città tra cui Parma e Avignone (cfr. Francesco Torraca, Studi su la lirica italiana del Duecento, Bologna 1902, p. 298) oppure un esponente della famiglia dei Torelli; cfr. le Circostanze storiche.

15. Il riferimento alla città di Gaeta potrebbe essere ricondotto, come suggerito da De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, p. 147, alla ripresa della città da parte di Federico nel 1233 dopo che i gaetani aveva deciso di schierarsi dalla parte del papa; su Gaeta si veda Andrea Romano, «Città demaniali, regno di Sicilia», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it). Sul tema della vendetta di Federico si veda la nota ai vv. 11-12 di Ia de far un sirventes (BdT 217.4).

21-22. La vendetta di Federico sul clero e sul papa va ricondotta ai successi militari ottenuti dall’imperatore su papa Gregorio IX e sui Comuni a lui alleati tra 1239 e 1240: cfr. le Circostanze storiche.

23. albergaria. È possibile che con questo termine il trovatore si riferisca al regno di Sicilia, dove Federico, sicuro dei successi ottenuti in Italia settentrionale, si recò a partire dal marzo del 1240.

27. Come provano diversi documenti redatti in località vicine, Federico fu nei dintorni di Barletta tra la fine del marzo e l’inizio di aprile 1240: cfr. Il registro della cancelleria di Federico II del 1239-1240, a cura di Cristina Carbonetti Vendittelli, 2 voll., Roma 2002, vol. I, pp. 130-190.

29-32. Genova fu il Comune che aderì in maniera più decisa all’offensiva militare promossa da Gregorio IX contro l’imperatore a partire dal marzo 1239; la perdita dei territori della riviera ligure a cui allude Guillem si spiegano con la consegna a Manfredi II Lancia delle città di Albenga, Porto Maurizio e Ventimiglia (cfr. Aldo Settia, «Manfredi Lancia», in Dizionario Biografico degli Italiani, versione in rete (www.treccani.it).

35-36. Descrivendo i successi ottenuti dall’imperatore e la sua capacità di reggere l’impero, il trovatore torna a elogiare il suo sapere, stavolta tramite il particolare accenno alle sue conoscenze astrologiche che gli consentirebbero addirittura di avere capacità divinatorie. Sull’elogio del saber di Federico si veda la nota al v. 42 di Ia de far un sirventes (BdT 217.4).

37-38. La rivalutazione in termini positivi della crociata federiciana in Terrasanta appare in netto contrasto con il giudizio espresso in Ja de far un sirventes (BdT 217.4a), vv. 31-40.

39-40. Va sottolineato l’apprezzamento da parte del trovatore della pace stretta con un sovrano musulmano. Nelle canzoni di crociata, infatti, gli infedeli sono sempre dipinti in termini offensivi come i nemici da abbattere con la forza; cfr. Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992, pp. 20-24.

49. Berreta. Non è possibile identificare il personaggio citato in questo verso.

50. Parma e Cremona, per tutti gli anni Trenta e Quaranta del Duecento costituirono le città principali del blocco filoimperiale che si opponeva alla Lega lombarda: cfr. Giancarlo Ardenna, «Cremona» e Francesca Roversi Monaco, «Parma», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it).

53. Figuieira. Notevole il caso di autonominatio del trovatore che ricorda quelle di alcuni componimenti di Marcabru: cfr. Valeria Bertolucci Pizzorusso, «La firma del poeta. Sondaggio sull’autonominatio nella lirica dei trovatori», in Actas del IX Congreso Internacional de la la Asociación Hispánica de Literatura Medieval (A Coruña, 2001), A Coruña 2005, pp. 83-97.

60. comte Raimon. Pur essendo in Italia, Guillem augura una felice sorte a Raimondo VII, conte di Tolosa, a cui il trovatore si riferisce in diverse altre composizioni come D’un sirventes far (BdT 217.2), vv. 77-79 e Del preveire maior (BdT 217.1), vv. 56-57.

61-64. Il sirventese si conclude con le due tornadas rivolte ancora a En Taurel e la seconda presenta l’artificio retorico dell’interpretatio nominis per ethimologiam, già impiegato per lodare Federico da altri trovatori come Aimeric de Peguilhan in En aquel temps que·l reis mori n’Anfos (BdT 10.26) e da Gausbert de Poicibot nella canzone S’ieu anc jorn dis clamans (BdT 173.11).

[fsa]


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Circostanze storiche