Rialto    IdT

225.11

 

   

Guillem de Montanhagol

 

 

 

 

   

I.

   

On mais a hom de valensa,

   

mielhs si deuria chauzir

   

no fezes desconoyssenssa.

   

Quar hom pros leu pot falhir,

5  

e·l malvatz, al mieu albir,

   

no falh, quan fai falhimen,

   

quar per dever yssamen

   

fan li malvat malestan

   

com fan bos fagz li prezan.

   

 

   

II.

10  

Ges dels valens no m’agensa

   

quan n’aug als malvatz mal dir,

   

qu’ilh cujon la lur falhensa

   

ab los lur mals digz cubrir;

   

e da lor Dieus a culhir

15  

quad’an pro vi e fromen

   

e an pro aur e argen;

   

e ja re·n be no metran

   

ans valon meyns on mais an.

   

 

   

III.

   

Dieus, com pot aver sufrensa

20  

ricx hom de gent aculhir

   

ni de far guaya parvensa

   

ni co·s pot de dar tenir

   

quan ben o pot mantenir?

   

Mout hi fetz Dieus son talen,

25  

quar non donet largamen

   

a sels que largamen dan

   

e pauc a sels que pauc fan.

   

 

   

IV.

   

Mas ja melhur’om e gensa

   

en raubas e en guarnir

30  

e en manhta captenensa,

   

e·s vol hom trop gent tenir.

   

Mas en dar ni en servir

   

no vei far melhuramen.

   

E doncx que·us faretz, manen?

35  

Ja morretz vos, can que can;

   

gardatz que·l temps no·us engan.

   

 

   

V.

   

Coms Cumenges, ses temensa,

   

poiri’om a vos venir,

   

que·l sobrenoms es guirensa

40  

de vos, qui·l sap devezir,

   

don paubre·s deu enriquir.

   

Qu’aissi com crezon crezen

   

en cumenjar salvamen,

   

deu Cumenges valer tan

45  

que salv aquels que·l creiran.

   

 

   

VI.

   

Emperaire, pretz valen

   

avetz, e valor e sen,

   

e quar sabetz valer tan

   

en vos vuelh daurar mon chan

   

 

   

VII.

50  

Na Guiza, ges no·m repen

   

de vos lauzar, quar m’es gen;

   

mas dels vostres tan ni quan

   

no·m laus, s’enquer mielhs no·m fan.

 

 

Traduzione [fsa]

I. Quanto più un uomo ha valore, tanto più si dovrebbe guardare dal commettere una sciocchezza. Perché un uomo prode può facilmente peccare, e il malvagio, a mio giudizio, non sbaglia quando commette un peccato, perché per natura i malvagi fanno cose sconvenienti e i valorosi compiono azioni nobili.
II. Non mi interessa affatto quando ascolto i malvagi parlar male degli uomini prodi, perché quelli credono di coprire il loro peccare con le maldicenze; e Dio dà a loro ogni anno molto vino e frumento e hanno molto oro e argento; e non lo spenderanno affatto nel [fare del] bene, anzi quanto più posseggono meno valgono.
III. Dio, come può un uomo potente provare fastidio nell’accogliere e nel mostrarsi gioioso e come può trattenersi dal dare quando ben può permetterselo? Dio ha esaudito molto del suo volere perché non ha dato molto a quelli che danno molto e non ha dato poco a quelli che fanno poco.
IV. Ma ci si fa grande e ci si abbellisce con gli oggetti e i vestiti e con molte cose esteriori e ci si vuole troppo ben agghindare. Ma nel donare e nel prestare servizio non vedo far progresso. E dunque, cosa farete, ricchi? Pur morirete, un giorno o l’altro, badate che non vi inganni il tempo.
V. Conte di Comminges, senza timore si potrebbe venire presso di voi, perché il nome della vostra casata significa protezione, per chi sa intenderlo, e il povero vi si può arricchire. Così come i credenti credono nella salvezza attraverso la comunione, allo stesso modo il conte di Comminges deve raggiungere tale potere da salvare quelli che crederanno in lui.
VI. Imperatore, voi possedete un pregio valente e merito e senno, e poiché sapete esser tanto valoroso, con la vostra persona voglio indorare il mio canto.
VII. Signora Guida, non mi pento affatto di lodarvi, perché mi piace; ma non lodo in alcun modo i vostri se ancora non mi trattano meglio.

 

 

 

Testo: Ricketts 1964. Rialto 25.ix.2018.


Mss.: C 263r, J 10r, P 64v.

Edizioni critiche: Carl Appel, Das Leben und die Lieder des Trobadors Peire Rogier, Berlin 1882, p. 94; Jules Coulet, Le troubadour Guilhem Montanhagol, Toulouse 1898, p. 147; Peter T. Ricketts, Les poésies de Guilhem de Montanhagol, troubadour provençal du XIIIe siècle, Toronto 1964, p. 68.

Altra edizione: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 170 (testo Coulet).

Metrica: a7’ b7 a7’ b7 c7 c7 d7 d7 (Frank 335:8). Cinque coblas unissonans di nove versi e due tornadas di quattro. Rime: -ensa, -ir, -en, -an.

Note: Sirventese morale composto probabilmente in Catalogna tra il 1242 e il 1250; si vedano le Circostanze storiche.

15-18. L’intento che muove il trovatore a comporre il sirventese è espresso in questi versi: Guillem lamenta che chi meno elargisce, più ottiene, e dunque il valore dei signori è inversamente proporzionale alla loro ricchezza.

20. ricx hom. Il bersaglio del trovatore sono i nobili che non mettono in pratica il valore cortese fondamentale della liberalità; per la critica topica ai rics malvatz si veda Erich Köhler, «Ricchezza e liberalità nella poesia trobadorica», in Id., Sociologia della “fin’amor”. Saggi trobadorici, a cura di Mario Mancini, Padova 1976, pp. 39-79.

22. dar tenir. La denuncia del comportamento sbagliato dei ricchi avari è rafforzata dall’accostamento dei due verbi opposti di ‘dare’ e ‘tenere’.

35-36. Come nelle canzoni di crociata, anche nei sirventesi morali la critica ai malvatz rics si accompagna alla denuncia della vacuità dei beni terreni.

38. Coms Cumenges. Non è possibile stabilire con precisione di quale conte di Comminges Guillem tessa gli elogi. Durante l’impero di Federico, si alternarono ben tre conti: Bernart IV, morto nel 1225, Bernart V, in carica dal 1225 al 1241, e Bernart VI, al potere fino al 1265; cfr. Charles Higounet, «Comté et Maison de Comminges entre France et Aragon au Moyen Age», Bulletin Hispanique, 49, 1947, pp. 311-331. Se la datazione proposta è corretta, allora è probabile che Guillem si riferisca a Bernart VI.

42-45. L’accostamento del nome del casato di Comminges al sacramento della comunione sembra assimilare la figura del conte a quella di Cristo. Secondo il trovatore, come il Messia ha salvato i cristiani, così il conte di Comminges dovrà salvare quelli che credono in lui; su questa interpretazione si veda Pierre Anatole Fuksas, Etimologia e geografia nella lirica dei trovatori, Roma 2002, pp. 167-168.

46. Emperaire. Si tratta di Federico II incoronato nel novembre 1220; cfr. Vincenzo De Bartholomaeis, «Osservazioni sulle poesie provenzali relative a Federico II», Memorie della Real Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, classe di scienze morali, sezione Storia-Filosofia, 6, 1911-12, pp. 97-124, a p. 120 e Walter Meliga, «Trovatori provenzali», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it).

49. daurar mon chan. Una simile espressione in contesto elogiativo ricorre in Aimeric de Peguilhan, Mangtas vetz sui enqueritz (BdT 10.34), vv. 61-64: «Na Beatritz d’Est, l’enans / de vos mi platz, que·s fai grans. / En vos lauzar s’en son pres tug li bo, / per que de vos dauri mo vers·chanso».

50. Na Guiza. Si tratta probabilmente della stessa dama elogiata insieme a Esclarmonda in Non an tan dig li primier trobador (BdT 225.7), v. 61; su Esclarmonda si veda No sap per que va son joy pus tarzan (BdT 225.9). Ricketts, Les poésies, p. 73, cita tre dame che potrebbero essere identificate con la Guiza cantata da Guillem: Guida di Rodez, sorella del conte e importante mecenate di trovatori Ugo IV; Guida di Lunel, figlia di Raimon Gaucelm V; e infine Guiza, moglie del conte Roger di Pailhas. Il trovatore si riferisce probabilmente a quest’ultima in quanto il conte di Pailhas era anch’egli discendente del casato di Comminges e figlio del signore e trovatore Arnaut de Cumenge, sul cui conto si veda Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario Biografico dei Trovatori, Modena 2013, pp. 53-55.

[fsa]


BdT    Guillem de Montanhagol    IdT

Circostanze storiche