Rialto     IdT

236.12 = 437.38

 

   

Guillem de la Tor  ·  Sordel

 

 

 

 

   

I.

   

Uns amics et un’amia,

   

Sordels, an si un voler

   

q’a lor semblan non poiria

   

l’uns ses l’autre joi aver:

5  

e si l’amiga moris

   

aissi qe l’amics o vis,

   

qe no la pot oblidar,

   

qe·ill seria meillz a far:

   

apres lei viure o morir?

10  

Digatz de so vostre albir.

   

 

   

II.

   

Guillems, tant am ses bausia

   

lei qe·m ten en son poder,

   

que senes lei non volria

   

viure per negun aver;

15  

per qe de l’amic m’es vis

   

qe, si morz de lui partis

   

lei, on a tot son pensar,

   

qe meillz li seria anar

   

lai ab lei, qe sai languir

20  

totz-temps e dolor soffrir.

   

 

   

III.

   

Sordels, ja pro no·i auria

   

l’amiga, so sai en ver,

   

si l’amics per lei moria,

   

e faria·s fol tener,

25  

per qe·l viures li es plus fis;

   

e n’Andreus, si tot s’aucis,

   

no·i gazaingnet ren, so·m par,

   

e vos sabez mal triar

   

c’om non deu aso seguir

30  

don pot ses ben mals venir.

   

 

   

IV.

   

Guillems de la Tor, follia

   

mantenez al mieu parer:

   

com podez dir qe deuria

   

vida meillz qe morz valer

35  

a cellui qe no·s jauzis

   

de joi e toz-temps languis?

   

Q’anz q’el o degues durar,

   

el mezeis, ses tot doptar,

   

se deuria enanz ausir,

40  

s’esters non pogues fenir.

   

     

   

V.   

   

En Sordels, eu trobaria

   

a ma razon mantener

   

plus qe vos de compaingnia;

   

so devez vos ben saber,

45  

q’en mort non a joc ni ris,

   

e vida atrai et aisis

   

mainz bens, qi·ls sab percazar;

   

per qe deu laissar estar

   

so don plus no·is pot jauzir

50  

l’amics e·s deu esbaudir.

   

 

   

VI.    

   

Ja tant no s’esbaudiria,

   

Guillems, qe, qant del plazer

   

c’aver sol li menbraria,

   

q’el se pogues ja tener

55  

qe dols e plors no·l marris,

   

e, s’il ab sidonz fenis,

   

poirian l’a dreit lauzar

   

li amador de ben amar

   

e serian li cossir

60  

fenit e·il plor e·il sospir.

   

 

   

VII.     

   

Sordels, car verais prez fis

   

es a n’Azalais aclis

   

de Vizalaina, me par

   

qe deia aquest plait juiar;

65  

e so q’ella en volra dir

   

 deu ben a totz abellir.

   

 

   

VIII.     

   

Car toz hom pros s’abellis

   

de na Cuniza e grazis,

   

Guillems, son valen prez car,

70  

c’ab n’Azalais deia far

   

lo jujamen e complir

   

e tuit lo devem grazir.

 

 

Traduzione [AN]

I. Un amico e un’amica, Sordello, hanno una tale intesa che a lor parere non potrebbe l’uno aver gioia senza l’altro: e se l’amica morisse e l’amico si accorgesse di non poterla dimenticare, cosa sarebbe meglio per lui fare: continuare a vivere dopo di lei o morire? Ditemi a questo riguardo la vostra opinione.
II. Guglielmo, tanto amo senza inganno colei che mi ha in suo potere, che non vorrei senza di lei vivere a nessun prezzo; per cui mi pare riguardo all’amico che se la morte separasse da lui colei in cui ripone ogni suo pensiero, sarebbe meglio per lui andare là con lei, piuttosto che stare qui, a languire perennemente e a patir pene.
III. Sordello, non avrebbe alcun vantaggio l’amica, lo so per certo, se l’amico morisse per lei, e lui verrebbe preso per folle, dato che il vivere gli è più giovevole; e messer Andrea, sebbene si sia lasciato morire, non ne ha ricavato nulla, a quanto mi pare, e voi fate la scelta sbagliata, giacché non si deve seguire una cosa dalla quale può venirne danno, senza alcun vantaggio.
IV. Guglielmo de la Tor, una tesi folle sostenete secondo il mio parere: come potete dire che dovrebbe la vita valere più della morte per chi non prova gioia e non fa che languire? Anzi, prima di dover sopportare tutto ciò lui stesso, senza alcun dubbio, dovrebbe piuttosto uccidersi, se in altro modo non riuscisse a farla finita.
V. Messer Sordello, troverei a sostenere la mia tesi più compagni di voi; dovete ben convincervi del fatto che nella morte non c'è gioco né riso, mentre la vita procura e concede molti beni, a chi li sa procacciare; perciò deve lasciar perdere ciò di cui non può più godere l’amico, e deve star lieto.
VI. Mai qualcuno potrebbe esser tanto lieto, Guglielmo, da evitare, se il piacere che soleva avere gli tornasse in mente, di essere sopraffatto dal dolore e dal pianto e, se insieme alla sua donna morisse, con giusta ragione potrebbero lodarlo gli amanti per aver bene amato, e sarebbero per lui gli affanni finiti, e i pianti e i sospiri.
VII. Sordello, poiché vero e raffinato pregio è al servizio di donna Adelaide di Viadana, pare a me che sia lei a dover giudicare in questa contesa; e ciò che vorrà dirne deve ben piacere a tutti.
VIII. Poiché ogni uomo valente è preso da donna Cunizza e apprezza, o Guglielmo, il suo raro e nobile pregio, che sia lei insieme a donna Adelaide a pronunciare e a definire il giudizio, che tutti dobbiamo accettare.

 

 

 

Testo: Negri 2006. – Rialto 24.i.2018.


Mss.: A 183r, D 148r, Dc 259r (vv. 29-30), E 224r, G 95r, I 157v, K 143v, N 291v, Q 47r, κ 118 (la prima strofa).

Edizioni critiche: Cesare De Lollis, Vita e poesie di Sordello da Goito, Halle 1896, p. 169; Ferruccio Blasi, Le poesie di Guilhem de la Tor, Genève-Firenze 1934, p. 50; Marco Boni, Sordello, le poesie, Bologna 1954, p. 86; James J. Wilhelm, The Poetry of Sordello, edited and translated, New York - London 1987, p. 60; Antonella Negri, Le liriche del trovatore Guilhem de la Tor, Soveria Mannelli 2006, p. 61; Ruth Harvey - Linda Paterson, The Troubadour “Tensos” and “Partimens”. A Critical Edition, 3 voll., Cambridge 2010, vol. II, p. 646.

Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 63 (testo De Lollis); Francesco Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949, p. 68 (testo De Lollis e Blasi); Antonella Negri, Rialto 27.i.2007 (testo Negri).

Metrica: a7’ b7 a7’ b7 c7 c7 d7 d7 e7 e7 (Frank 390:17). Sei coblas unissonans di dieci settenari, più due tornadas di sei versi ciascuna. Rime: -ia, -er, -is, -ar, -ir. Il modello metrico è la canzone di Uc de Saint Circ, Nuilla ren que mestier m’aia (BdT 457.25).

Note: Partimen di argomento cortese, in cui la questione dibattuta è se sia preferibile sopravvivere alla morte dell’amata (tesi sostenuta da Guillem de la Tor) o se, al contrario, sia preferibile morire immediatamente dopo (tesi di cui è portavoce Sordello). Lo scambio risale al periodo in cui Sordello era ancora in Italia, prima quindi del 1228: cfr. le Circostanze storiche e la nota al v. 68.

26. n’Andreus: Andrea di Francia, molto spesso ricordato dai trovatori come prototipo dell’amante disperato (cfr. Frank M. Chambers, Proper Names in the Lyrics of the Troubadours, Chapel Hill 1971, pp. 45-46).

62-63. n’Azalais / de Vizalaina: Adelaide di Vidaliana o di Viadana. La dama in questione, invocata da Guillem, è Adelaide, figlia del conte Alberto di Mangona e moglie del marchese Cavalcabò di Viadana. È menzionata anche da Uc de Saint Circ in Si ma dompna N’Alais de Vidallana (BdT 457.36), cobla con tornada indirizzata a Nicoletto di Torino, ed è ricordata, insieme alla sorella Beatrice di Mangona, sempre da Guillem de la Tor nella Treva, Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla (BdT 236.5a), al v. 11. Su Adelaide, che qui a differenza della Treva, è indicata col nome del marito, si vedano Francesco Torraca, Le donne italiane nella poesia provenzale, Firenze 1901, p. 18 e 43, e Fritz Bergert, Die von den Trobadors genannten oder gefeierten Damen, Halle 1913, p. 80.

68. na Cuniza: Negri sceglie di lasciare a testo la lezione na Cuniza, condivisa dalla maggior parte dei codici (na Cuniza G] n’agneseta A, n’aineseta D, na conia E, na cusina IK, na coniza N) fatta eccezione per AD, che riportano la variante n’Agneseta/N’Aineseta. L’editrice, pur sottolineando che la tradizione manoscritta si rivela in questo caso problematica, compie una scelta già fatta da precedenti editori (Boni, Sordello, p. 86; De Bartholomaeis, Poesie provenzali, II, p. 63; Ugolini, La poesia provenzale, p. 68; Blasi, Le poesie di Guilhem, p. 50), i quali considerano equipollenti le due lezioni e finiscono con l’accogliere quella della maggioranza, valutata oltretutto l’impossibilità di identificare con certezza l’eventuale dama dal nome Agneseta/Aineseta. Diversamente, De Lollis, Vita e poesie di Sordello, pp. 171 e 275, preferiva la lezione n’Agneseta/Aineseta, considerata come difficilior in rapporto a na Cuniza. Del medesimo parere è anche Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, a p. 65, che, partendo dalla valutazione di Aineseta come lezione più autorevole, suggerisce una identificazione di Agnesetta con n’Agnes d’Arc, citata nella Treva (BdT 236.5a) al v. 16, con la conseguente proposta di datazione del partimen intorno al 1220. Sempre partendo dalla scelta di accogliere la lezione n’Aineseta, Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981, pp. 91-93, localizza il partimen alla corte Malaspina, ritenendolo ideato nel medesimo ambiente a cui appartiene la Treva, che la studiosa data al 1213, e in anni di poco successivi. La lezione n’Aineseta è infine stampata nella recente edizione del corpus delle tenzoni occitane, curata da Harvey - Paterson, The Troubadour “Tensos, vol. II, p. 652, che propongono come data approssimativa, benché incerta, il 1213. – Su Cunizza da Romano si rimanda alle Circostanze storiche.

[fs]


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Circostanze storiche