Rialto    IdT

236.3a

 

   

Guillem de la Tor

 

 

 

 

   

I.

   

En vos ai mesa,    pros domna cortesa,

   

m’amor ses defes

   

car senz e proesa,

   

<.  .  .  .   . -esa>

5  

entr<e> totz los bes

   

qe son, aves conqes,

   

qe non es meinz res.

   

Mas pauc, ai!, adesa    en vos, de qe·m pesa,

   

contra mi merces;

10  

mas per la franqesa

   

e per la proesa,

   

domna, q’en vos es,

   

<eu vos> prec qe·m valgues

   

vostre cors cortes,

   

 

   

II.

15  

amoros    e joios    e plazens

   

bels e bos,    gais <e> pros    <e> valens.

   

 

   

III.

   

Car per vostr’amanza

   

sui en gran balanza

   

si no m’aiudatz,

20  

qa<r> ab una lanza

   

d’amor, ses doptanza,

   

sui tan fort nafratz

   

q’eu non trob’eganza

   

de ma malananza

25  

mas lo mal<s> mi platz,

   

 

   

IV.

   

s’ieu aten    joi valen,

   

ab temenza    ses faillenza,

   

de vos ien    e plazen,

   

(car vos genza    conoissenza):

30  

et enten    veramen

   

qe vos venza    ab suffrenza,

   

 

   

V.

   

Car suffren    venz hom la gen;

   

per qu’eu ses cor    galiador,

   

leialmen,    ses faillimen,

35  

vos am ses cor    trichador.

   

 

   

VI.

   

Car mais dezire    de vos martire

   

qe no faz d’autra iauzimen,

   

car de pretz maire    es <et> es<c>laire

   

de las bellas genz, ses conten.

40  

E qar no·m vire,    domna, ni dire

   

<.   .   .> no·us aus mon entendimen,

   

be·m degratz faire    menor maltraire

   

e q’eu del vostre bel cors gen

   

ses escondire    enqier iauzire

45  

fos, car vos am tan finamen.

   

Car, fiz amaire    e merceiaire,

   

vos am de bon cor, humilmen,

   

 

   

VII.

   

et am mais l’esper

   

de vos, e·l voler,

50  

bella douz’amia,

   

qe d’autr’aver,

   

baizar ni jazer:

   

doncs gran cortezia

   

faretz, donn’, em ver,

55  

si·m degnatz valer

   

anz qe·l mals m’aucia.

   

 

   

VIII.

   

Ma domna Salvatia

   

ies del cor volatia

   

non es, anz faz dir

60  

gran ben, sens mentir,

   

de vos e·us agenza

   

trastota valenza.

   

 

   

IX.

   

E na Biatris

   

cui iois e pretz es guitz

65  

voil, si·l platz, q’entenda

   

mon novel descort,

   

car senes esmenda

   

son valen pretz port.

 

 

Traduzione [gb]

I. Ho posto in voi, eccellente signora cortese, il mio amore senza resistenza, perché avete conquistato l’intelligenza e l’eccellenza [...] tra tutti i beni che ci sono, al punto che non c’è niente di incompleto. Ma poco – ahi – vi tocca la pietà nei miei confronti, e questo mi opprime; ma per la nobiltà e l’eccellenza, signora, che sono in voi, vi prego che mi aiutiate, voi cortese,

II. piena d’amore, gioiosa, piacevole, bella, buona, gaia, eccellente e valente.

III. Infatti, per amore vostro sono in una grande inquietudine, se non mi aiutate, in quanto con una lancia d’amore, senza dubbio, sono ferito così profondamente che non trovo equivalenza al mio malanno, ma il male mi piace,

IV. se io attendo da voi, nobile e piacevole, valida gioia, con timore e senza manchevolezze (perché la conoscenza vi abbellisce); e intendo veramente conquistarvi grazie alla sopportazione,

V. perché sopportando si conquista la gente; per questo io vi amo, senza animo falso, lealmente senza mancanza e senza cuore ingannatore.

VI. Infatti, desidero di più soffrire per voi che godere d’un’altra, perché siete madre del pregio e luce delle persone nobili, senza contesa. E poiché non mi distolgo, signora, né vi oso dire la mia convinzione, mi dovreste davvero maltrattare meno e far sì che io fossi colui che può ancora godere, senza nascondersi, di voi bella e nobile, perché vi amo in modo tanto puro. Poiché vi amo da amante puro e come uno che domanda pietà, con cuore onesto, con umiltà,

VII. e preferisco attendere e desiderare voi, bella e dolce amica, piuttosto che avere un’altra, baciarla e giacere con lei: dunque farete invero un’azione molto cortese, signora, se vi degnaste di soccorrermi, prima che il male mi uccida.

VIII. Mia signora Selvaggia, non siete affatto volubile riguardo al cuore, anzi fate dire grande bene di voi, senza menzogna, e vi aggrada qualunque valore.

IX. E voglio che madonna Beatrice, di cui sono guida il pregio e la gioia, ascolti, se le piace, il mio nuovo descort, perché porti avanti il suo eccellente pregio senza correzioni.

 

 

 

Testo: Canettieri 2014. – Rialto 18.ii.2020.


Ms.: a2 462.

Edizioni critiche: Giulio Bertoni, «Rime provenzali inedite dal manoscritto Campori», Studj di filologia romanza, 8, 1901, pp. 421-484, a p. 454; Adolf Kolsen, Dichtungen der Trobadors, 3 voll., Halle 1916-1919, vol. II, p. 128; Ferruccio Blasi, Le poesie di Guilhem de la Tor, Genève-Firenze 1934, p. 35; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005, p. 270; Antonella Negri, Le liriche del trovatore Guilhem de la Tor, Soveria Mannelli 2006, p. 106; Paolo Canettieri, «Guillem de la Tor, En vos ai mesa (BdT 236.3a); An., Finamen<s> (BdT 461.122)», Lecturae tropatorum, 7, 2014, pp. 43, a p. 13.

Altra edizione: Antonella Negri, Rialto 27.i.2007 (testo Negri).

Metrica: Descort di nove periodi. Gli ultimi due svolgono funzione di tornadas. La formula metrica, secondo il testo di Canettieri, è la seguente (Frank descort: 17; Canettieri descort: 22): I (a)4’ a5’ b5 a5’ [a5’] b5 | b6 b5 | (a)5’ a4’ b5 a5’>a4’ b5 | b6(4) b5; II (b3 b3?) a3? | (b3 b3?(2)) a3(2); III a5’ a5’ b5 | a5’ a5’ b5 | a5’ a5’ b5; IV (a)3 a3 (b)3’ b3’ (a)3 a3 (b)3’ b3’ (a)3 a3 (b)3’ b3’; V (a)3 a4 (c)4 b3?(4) | (a)3 a4 (c)4 b3; VI (a)4’ a4’ b8 (c)4’ c4’ b8 | (a)4’ a4’(7) b8 (c)4’ c4’ b8 | (a)4’ a4’ b8 (c)4’ c4’ b8; VII a5 a5 b5’ | a5 a5 b5’ | a5 a5 b5’; VIII (T?) a5’ a5’ b5 b5 c5’ c5’; IX (T’?) a5(6) a5 b5’ c5 b5’ c5. Rime: I: -eza, -es; II: -os, -en; III: -ansa, -atz; IV: -en, -ensa; V: -en, -or, -òr; VI: -ire, -an, -aire; VII: -er, -ia; VIII: -atja, -ir, -ensa; IX: -itz, -enda, -ort.

Note: Il descort è dedicato a Selvaggia e Beatrice Malaspina, figlie di Corrado l’Antico. Di esse non sono note né le date di nascita né quelle di morte e nessun elemento di datazione è presente nel testo. In base alla datazione della treva (Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla, BdT 236.5a) di Guillem de la Tor (prima del 1216) si può pensare a una datazione che cada nello stesso decennio, ma senza certezze: si vedano le Circostanze storiche. — Il manoscritto presenta numerose imperfezioni metriche e Canettieri non esclude che esse possano risalire all’autore. Vi sono, inoltre, corrispondenze metriche con un lai in lingua mescidata provenzale-francese, detto Lai non par (Finament et jauent, BdT 461.122). «La corrispondenza metrica fra il descort e il lai comincia dal pr. II del lai, coincidente con il I del descort, ed arriva fino al pr. VIII del lai, coincidente con il VII del descort. Il primo periodo del lai, quindi, non risulta implicato» (Canettieri, «Guillem de la Tor», p. 2).

1. Canettieri considera le prime due unità metriche come un decasillabo con rima interna, che si ripete al v. 8 dove è presente una sinalefe interstichica. Tale lettura è confermata dal lai. Kolsen e Blasi ritenevano pentasillabico l’intero periodo e integravano una sillaba al primo verso (eu tra ai e mesa), su cui si vedano le riserve di Negri (Le liriche, p. 109).

4. Il confronto con il lai e «ragioni strutturali» (Canettieri, «Guillem de la Tor», p. 17) inducono a pensare che sia caduto un verso con rima -esa. La lacuna era già evidente per Kolsen, che emendava ope ingenii, in ciò seguito da Blasi. Nessuna integrazione in Negri.

6. Il verso è nel codice un esasillabo; esso viene conservato da Canettieri in ragione del parallelismo con il lai. Gli altri editori riconducono il verso a un pentasillabo: Blasi dà la lezione «aves vos conqes», mentre Kolsen e Negri leggono «qe aves conqes».

14. L’integrazione di due sillabe in Canettieri è richiesta dal parallelismo con la prima frase metrica del periodo (cfr. v. 6). Il verso è comunque ipometro nel ms.: in Kolsen e Blasi troviamo l’integrazione vos a inizio verso, mentre Negri suggerisce in nota di inserire eu.

32-35. La metrica dell’intero periodo è eptasillabica secondo Canettieri, che in questo modo conserva la lezione del ms. senza emendarla. La rima interna cade in modo alternato dopo la terza o dopo la quarta sillaba. Gli altri editori assumono che l’intero periodo abbia una metrica ottosillabica e integrano una sillaba nei luoghi opportuni («Car en suffren», «e leialmen», «vos am e ses cor trichador»).

41. Il verso è ipometro e non emendato da Canettieri. Kolsen e Blasi recuperano la sillaba da mon che diviene lo mieu. Negri propone di integrare ges o ja, rafforzativi della negazione semanticamente quasi neutri.

64. Il verso (indicato per computo errato come il v. 63) è ipermetro e non viene emendato in Canettieri. Kolsen correggeva: «cui bos pretz es guitz». Blasi, invece, pur emendando, produceva una nuova ipermetria: «cui ioi[o]s pretz es guitz». Infine, Negri si avvicina a Kolsen leggendo: «cui gais pretz es guitz» (dove «gais» proverrebbe da jais da cui il jois del codice).

 

[gb]


BdT    Guillem de la Tor    IdT

Circostanze storiche