Rialto    IdT

 

Guillem de la Tor, Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla (BdT 236.5a)


 

Circostanze storiche

 

 

 

Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla (BdT 236.5a) di Guillem de la Tor può essere classificato come un tournoiment des dames, modalità poetica il cui primo esemplare in lingua d’oc è il Carros di Raimbaut de Vaqueiras (BdT 392.32). Il componimento, altrimenti noto come Treva, è indirizzato, secondo un giudizio critico largamente condiviso e come suggerito dall’incipit, ad Aimeric de Pegulhan, al quale Guillem si rivolge con tono aspramente polemico. Ad essere raffigurata è, infatti, la “tregua” che interrompe una precedente “battaglia” per il primato di bellezza tra le sorelle Selvaggia e Beatrice d’Oramala e il componimento di Guillem costituirebbe, pertanto, il prosieguo di un pezzo oggi andato perduto di Aimeric de Pegulhan, anch’esso verosimilmente composto alla corte dei Malaspina.

A Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla (BdT 236.5a) sembra, oltretutto, ispirarsi anche En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13) di Albertet e di conseguenza Tant es d’amor honratz sos seignoratges (BdT 9.21) di Aimeric de Belenoi. 

L’interesse del sirventese risiede essenzialmente nell’elencazione encomiastica di giovani dame, che lascia ipotizzare una possibile destinazione scenica e ne fa un importante documento storico. Proprio l’identificazione delle nobildonne e l’analisi dei dati biografici relativi alle dame menzionate costituiscono utili indizi per la datazione del pezzo. D’altra parte, l’identificazione delle dame elencate è stata spesso oggetto di discussione da parte della critica, che ha a lungo datato il componimento tra il 1216 e il 1220 (De Bartholomaeis 1931, vol. I, p. 214; Blasi 1934, p. 74; Ugolini 1949, p. XXIV; Folena 1990, pp. 39-40). Tale datazione è stata attribuita al sirventese dall’interpretazione di un passaggio del testo cruciale per la definizione del terminus a quo: al v. 9, infatti, è fatto accenno al matrimonio di Emilia dei conti Guidi con Pietro Traversara di Ravenna. Tali nozze si sarebbero celebrate, secondo il parere della maggior parte degli studiosi a cominciare da Torraca 1901, pp. 45-47, nel 1216, mentre Bettini Biagini 1981, p. 72, ha dimostrato che il matrimonio risale al 1212 (si veda oltretutto Bettini Biagini 1980, pp. 1-6). In particolare, per retrodatare il terminus a quo della treva al 1212, la studiosa fa riferimento a un atto del 22 aprile 1212, pubblicato nei Monumenti Ravennati del Fantuzzi (Fantuzzi 1802, p. 293), in cui Emilia risulta già sposata con Pietro Traversara. Sempre secondo Bettini Biagini, per giungere a una più corretta datazione del pezzo un altro elemento testuale su cui riflettere è l’interpretazione da attribuire al de che accompagna le varie dame menzionate. La studiosa, infatti, propone di intendere la particella de come ‘da’, denotante, pertanto, la provenienza di ciascuna dama: rileggendo così il testo risulta che al momento della composizione della Treva alcune dame, come Emilia di Ravenna ed Emilia di Ponzone, erano già sposate, mentre Beatrice, Adelaide e Caracosa erano ancora nubili e vivevano perciò ancora nei domini paterni. Il componimento sarebbe, pertanto, databile sicuramente prima del 26 luglio 1216, data in cui Beatrice, citata al v. 10 con l’appellativo de Magon ‘da Mangona’, designante cioè ancora la residenza paterna, andò in sposa a Paolo Traversara (Bettini Biagini 1981, pp. 73-74). Riunendo i vari elementi utili per delineare più esatti termini a quo e ante quem, Bettini Biagini suggerisce una datazione della Treva entro il luglio del 1213, dal momento che Na Biatriz citata al v. 7 sarebbe giunta a Oramala dalla sua residenza di Este (Na Biatritz i ven d’Est). Tale residenza, puntualizza però Negri, fu ceduta al comune di Padova nell’ottobre 1213, ma non si può tuttavia escludere che il castello continuasse ad essere abitato dopo la sconfitta (Negri 2006, p. 89). Si può, in sostanza, concludere stabilendo una datazione della treva tra il 1212 (matrimonio di Emilia con Pietro Traversara) e il 1216 (matrimonio di Beatrice di Mangona con Paolo Traversara).

Benché nel sirventese, come si è visto, figurino molti riferimenti al contesto storico, la scarsezza di dati biografici fa sì che molte della dame chiamate a dirimere la disputa tra le figlie di Corrado Malaspina, Selvaggia e Beatrice d’Oramala, appaiano di difficile identificazione (si vedano in generale Torraca 1901, pp. 21-22 e 42-43, Bergert 1913, Pulega 1970, pp. 126-131, e Negri 2006, pp. 91-93).

La prima dama menzionata è al v. 7, come si è detto, Beatrice d’Este, figlia di Azzo VI, che prese gli ordini monastici nel 1220. Alla figura di Beatrice si lega una delicata questione testuale al v. 8, in cui l’unico codice relatore, il ms. N, legge del marqueset d’est moiller apres on valors revella, lezione irrimediabilmente corrotta, che ha dato adito a svariate interpretazioni congetturali e a interventi sul testo da parte degli editori (per una esposizione dettagliata rimandiamo a Negri 2006, p. 79). Tra questi segnaliamo l’ipotesi di Restori 1901, p. 205, che propose di leggere e Marqueset’apres on valors renovella, con rimando a una giovane Marchesella degli Adelardi, impossibile tuttavia da un punto di vista storico perché tale fanciulla risulta morta in epoca precedente alla datazione della treva (Bettini Biagini 1981, pp. 75-76), e quella di Torraca 1901, p. 50, che suggerì di emendare moiller con sor, con riferimento a Beatrice, sorella di Azzo VII, definito appunto marqueset, e figlia di Azzo VI. L’ultima correzione proposta è, infine, quella di Bettini Biagini 1981, p. 76, che suggerisce o di seguire sostanzialmente la strada di Torraca, leggendo del marques sor e ipotizzando che marqueset possa essere una lectio facilior per marquessor, o, in alternativa, di ricostruire per via congetturale il nome di un’altra donna, leggendo E na Costanza i ven, con possibile riferimento a una più giovane sorella di Beatrice.

La lista di nobili dame chiamate da Guillem de la Tor a fare da arbitre di pace vede nelle prima strofe, accanto a Beatrice d’Este (v. 7), Emilia di Ravenna (v. 9), moglie, come si è detto, di Pietro Traversara di Ravenna nel 1212; Beatrice di Mangona (v. 10), figlia di Alberto di Mangona della val di Sieve e, nel 1216, andata in sposa al figlio di Pietro Traversara, Paolo, pertanto successivamente nuora di Emilia; e la sorella di quest’ultima Beatrice, Adelaide di Mangona (v. 11), poi contessa di Viadana in seguito al matrimonio, contratto dopo il 1221, con Cavalcabò di Viadana. Accanto a questo ventaglio di dame, la cui menzione costituisce un utile indizio storico e consente di precisare la datazione del sirventese, troviamo poi i nomi di donne meno note, per le quali non è sempre possibile giungere a una precisa identificazione, tra cui, ad esempio na Donella del v. 12, da identificare forse con Donella della Bresciana (Negri 2006, p. 91).

Seguono le tre dame di Soragna (vv. 13-15): donna Sandra, donna Berta e donna Mabilia. Le tre nobildonne dovevano fare parte alla famiglia dei marchesi Lupi di Soragna (Restori 1892, p. 14), alla quale apparteneva anche la domna de Sorainha citata da Raimbaut de Vaqueiras al v. 45 di Truan, mala gerra (BdT 392.32) o, in alternativa, come suggerito da Torraca, al casato dei marchesi Pallavicini (Torraca 1901, p. 20). Non bene riconoscibile appare poi donna Agnese d’Arco (v. 16), la quale, secondo le ricostruzioni di De Bartholomaeis 1931, vol. I, p. 216, doveva essere moglie di uno dei due conti d’Arco di Trento, i fratelli Adelpreto e Riprandro. Di difficile identificazione è anche Sofia di Casalodi, menzionata al v. 17, appartenente alla famiglia dei conti Casalodi, che doveva godere all’epoca di un certo rilievo in ambito feudale.

L’elencazione prosegue nella cobla successiva con Emilia di Ponzone (v. 19), identificata da Torraca 1901, p. 44, con la moglie di Ponzio, il quale governava il marchesato di Ponzone già dalla fine del sec. XII e a cui è fatta allusione anche in Truan, mala gerra (BdT 392.32) al v. 53. Ai vv. 20-21 figura donna Caracosa, unica figlia del marchese Alberto Malaspina e andata in sposa ad Alberto di Gavi portando appunto in dote il feudo di Cantacabra (si veda Bettini Biagini 1981, p. 74). Segue la menzione di dame non meglio identificate: donna Aiglina da Sarzana (v. 22), probabilmente da ricondurre a una delle principali famiglie nobiliari del borgo; le dame di Piossasco (vv. 23-24), di cui non vengono fatti nomi, che appartennero verosimilmente alla famiglia di Bonifacio e Guido di Piossasco, a lungo vissuti alla corte di Saluzzo come difensori di Manfredi III (vedi in ultimo Poli 1997, pp. 308-309). Impossibili da identificare appaiono ancora le donne della Lunigiana e quelle di Caselle di Tortona (vv. 25-27). Segue, al v. 29, una dama de Romaigna, dove tale denominazione è forse da interpretare non in senso geografico, con riferimento alla regione Romagna, ma con riferimento al casato dei marchesi di Romagnano, in Piemonte (vedi De Bartholomaeis 1931, vol. I, p. 218), e al v. 30 donna Bruna da Castello, forse appartenente alla potente famiglia genovese dei del Castello.

Tra le ultime signore, citate nella sesta strofe, figura una contessina del Carretto, in cui va forse riconosciuta la figlia di Enrico e Agata del Genovese. Secondo Torraca 1901, p. 42, n. 2, potrebbe trattarsi del medesimo personaggio menzionato anche da Albertet in En amor trob tantz de mals seignoratges (BdT 16.13), ai vv. 49-50. Il corteo di dame si chiude, al v. 33, con na Verz proveniente de Coissan, in cui potrebbe essere riconosciuta o una dama del casato dei marchesi di Busca di Cossano Belbo (Alba) o una dama della famiglia nobiliare di Masino di Cossano Canavese (De Bartholomaeis 1931, vol. I, p. 219).

La treva, il cui intento politico è quello di elogiare Corrado Malaspina attraverso la rappresentazione di una rivalità tra le sue due figlie, nella cui mediazione sono coinvolte alcune delle dame appartenenti ai più rappresentativi casati dell’Italia settentrionale, fu con ogni probabilità composta proprio nell’ambiente del castello di Oramala, presso il quale Guillem de la Tor fu quindi verosimilmente ospitato insieme ad altri trovatori.

 

Bibliografia

 

Bergert 1913

Fritz Bergert, Die von den Trobadors genannten oder gefeierten Damen, Halle 1913.

 

Bettini Biagini 1980

Giuliana Bettini Biagini, «La “Treva” di Guillem de la Tor: problemi di datazione e di traduzione», Studi Mediolatini e Volgari, 27, 1980, pp. 113-118.

 

Bettini Biagini 1981

Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981.

 

Blasi 1934

Ferruccio Blasi, Le poesie di Guilhem de la Tor, Firenze 1934.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Fantuzzi 1902

Marco Fantuzzi, Monumenti ravennati de’ secoli di mezzo, Venezia 1802.

 

Folena 1990

Gianfranco Folena, Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete, in Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137.

 

Negri 2006

Antonella Negri, Le liriche del trovatore Guilhem de la Tor, Soveria Mannelli 2006.

 

Poli 1997

Aimeric de Belenoi, Le poesie, edizione critica a cura di Andrea Poli, Firenze 1997.

 

Pulega 1970

Andrea Pulega, Ludi e spettacoli nel Medioevo: I tornei di dame, Milano 1970.

 

Restori 1892

Antonio Restori, «Per un serventese di Guilhem de la Tor», Rendiconti del R. Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, 25, 1892, pp. 305-319.

 

Torraca 1901

Francesco Torraca, Le donne italiane nella poesia provenzale. Su “la Treva” di Guglielmo de la Tor, Firenze 1901.

 

Ugolini 1949

Francesco A. Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1949.

 

[FS]

31.viii.2016


Rialto

IdT