Rialto

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Guiraut Riquier  ·  Bofilh

 

 

 

 

Auzit ay dir, Bofil, que saps trobar

e fas coblas; mays saber vuelh breumen

per can chan[ta]s: as de re espaven,

4

o as dona per que o deyas far?

O si cantas per plag de joglaria,

ni per aver de lunh home que sia,

o si chantas que ton pretz s’en enans?

8

Car ton can val, s’as razon per que chans.

 

Guiraut, yeu chan per mon cors alegrar,

e per amor de ley que·m ten jauzen,

e car me platz pretz e joy e joven;

12

mas ges non chan per aver acaptar,

ni jes non quier, enans t’en donaria,

c’a mans ne do per amor de m’amia,

qu’es cuend’e pros e gay’e benestans;

16

e chan per lieys, car mi fa bels semblans.

 

Bofilh, enquer te vuelh mays demandar:

pus per amor cantas ni·t tens jauzens

ni per domna, e di m’o sertamens

20

de cal leys [. . .] es; degra m’en cessar,

car no·s tanh jes c’om que trachors sia

cui escontra tenga·s nostra via,

car totz tos ditz e tos fatz son pezans

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a Jesu Crist, car lo·n avetz esglans.

 

Pus plag d’amor layssatz per sermonar,

laysa·l parlar e vist blanc vestimen,

Guiraut, e pueis er grans l’esputamen,

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que jes midons no vol crotz adhorar,

e si en tu fos amor ni cortezia,

ja·l tuegar no·m tengras a folia,

c’Amors vol que·s tueio·ls aymans,

32

per que degus non deu esser clamans.

 

Bofilh, anc hom no poc pus ferm amar

ni en sermo non ac mens son enten

que yeu, per tal que en lays do‹mn›ey plazen.

36

May repenre·t deguy del tueiar,

e tu com fol despendes ta folia,

que vestimen, v‹i›las, dir no·t tanhia,

ni·l jutjamens pero tan per prezans

40

sel d’Opian [. . .]

 

La tenso lais, c’ueymay no·t respondria,

car razo·t falh e dizes vilania;

e passi m’en per mosenh’en Bertran[s],

44

sel d’Opian, qu’es d’amor benenans.

 

Ta resposta no vuelh ni ta paria

d’est’or’enan, car ma valor s’en bria

e mos sabers n’es mermatz qu’era grans,

48

car ab ton pus m’en es cazutz us pans.

 

 

 

Testo: Betti 1998 (IV). – Rialto 10.iv.2002.


Ms.: R 35r.

Edizioni critiche: Camille Chabaneau, «Cinq tensons de Guiraut Riquier», Revue des langues romanes, 32, 1888,  pp. 109-127, a p. 112 (n. 2); Maria Pia Betti, «Le tenzoni del trovatore Guiraut Riquier», Studi mediolatini e volgari, 44, 1998, pp. 7-193, a p. 83.

Altre edizioni: Jean Régné, «Étude sur la condition des juifs de Narbonne du Ve au XIVe siècle», in Revue des études juives, 63, 1912, p. 75; Arié Serper, «Guiraut Riquier, Bonfils et les juifs de Narbonne», in Romanistische Zeitschrift für Literaturgeschichte, II, 1978, p. 421; René Nelli, Écrivains anticonformistes du moyen-âge occitan, 2 voll., Paris 1977, vol. I, p. 292 (trad. it. Scrittori anticonformisti del Medioevo provenzale, a cura di Marco Infurna e Francesco Zambon, 2 voll., Milano 1993-96, vol. I, p. 270); Marie-Claire Viguier, «Un troubadour juif à Narbonne au XIIIe siècle», in Juifs et source juive en Occitanie, Valdariás 1988, p. 81.

Metrica: a10 b10 b10 a10 c10’ c10’ d10 d10 (Frank 577:105). Tenzone composta da cinque coblas unissonans di otto versi e da due tornadas di quattro. Lo schema metrico di Frank, qui accolto, è parzialmente accettato da Serper, che, per la cobla V, anticipando la prima tornada (per cui cfr. nota ai vv. 33-44), propone ia, ans, ar, en, con inversione rimica fronte-sirma rispetto alle coblas precedenti. Ipotesi di schemi metrici diversi erano già state avanzate da Chabaneau, che, in nota (p. 119) presume la perdita di due coblas (quattro versi e mezzo finali dell’attuale III, una IV, e tre versi e mezzo iniziali di quella che consideriamo III), più, forse, ancora una cobla finale prima delle tornadas (p. 120, nota ai vv. 33-40), portando così il numero complessivo ad otto; Nelli, accogliendo la prima ipotesi Chabaneau (che sembra plausibile anche a Viguier, p. 84), segnala addirittura nel corpo testuale la lacuna di sedici versi a partire dal v. 20, e propone dunque una tenso di sette coblas più due tornadas.

Note: Guiraut chiede a Bofilh quali siano i motivi che lo stimolano a poetare, e si sente rispondere che egli canta per allegria e per amore. A questo punto, per provocare il partner, certamente ebreo, Riquier sposta la tenzone su un piano di controversia religiosa accusando Bofilh di essere trachors e ricevendo a sua volta l’invito ad indossare l’abito dei Domenicani. Secondo Anglade (p. 86), è questa la tenzone più antica di Guiraut Riquier, scritta in uno dei due soggiorni che egli compie nel 1257 e 1259 presso Bertran d’Opian, il cavaliere del Minervois che sembra qui proposto (ed è un fatto inusuale, non trattandosi di un partimen) come giudice. Di lui non sappiamo molto: è uno dei primi protettori di Guiraut, che lo cita anche in altri testi dello stesso periodo. L’affermazione di Chabaneau, per il quale l’interlocutore di Riquier è senza dubbio un eretico cataro (p. 119, n. 28), è stata confutata da tutti gli studiosi successivi. Un tentativo di identificazione riguardo a Bofilh è stato compiuto da Viguier (p. 83), la quale individua in Abraham ben Isaac Bedersi le caratteristiche idonee al profilo di poeta ebreo ricercato. Contemporaneo di Guiraut, partito dalla natia Béziers per giungere fino a Perpignan e porsi sotto la protezione della corona aragonese, Bedersi è conosciuto come personaggio «de haute-relief, passionné, emphatique, se vivant comme prince des poètes», e che «pratique tous les genres, sacré, profane, parodique du sacré. Erudit, il compose un dictionnaire de synonymes bibliques». Un uomo combattivo e «amèrement lucide» che, secondo Viguier, poteva ben assumere lo pseudonimo di Bofilh (vicino al nome occitano di Bedersi. ‘en Bonet’, p. 87) per contrastare con Guiraut. – La cobla costituita dai vv. 33-40 si trova, nel manoscritto, dopo la prima tornada. Chabaneau, oltre a ristabilirne la giusta posizione, suggerisce che sia caduta una successiva, ipotetica sesta strofa di Bofilh (dal momento che Guiraut, avendo iniziato la tenzone, non dovrebbe avere l’ultima parola), e che le tornadas siano da invertirsi, benché le editi anch’egli nell’ordine del manoscritto. Diversa la conclusione cui giunge Serper, il quale, accettando la disposizione dei versi come compare nel manoscritto, ritiene che dopo la cobla IV di Bofilh segua la replica del contendente, costituita (nel testo qui proposto) dai vv. 41-44 e 33-36 (senza, però, che nel suo saggio si trovi accenno all’inversione nell’ordine delle rime che si viene, così, a provocare); per lo studioso, inoltre, entrambe le tornadas che concludono il componimento (formate, rispettivamente, dai vv. 37-40 e 45-48 della presente edizione) sono di Guiraut. A sostegno della sua interpretazione, Serper afferma che ci troviamo di fronte ad una tenzone particolare, «éloignés des règles et des usages de la tenson», un «procédeé tout à fait spécial» che forse trova giustificazione nella dichiarazione finale di rottura da parte di Guiraut Riquier, e quindi nel «changement d’attitude à l’égard des juifs à Narbonne» (p. 429). Maria Luisa Meneghetti (Il pubblico dei trovatori, Torino 1992, p. 120 e nota), pur condividendo il giudizio circa «la foga di Guiraut nel lanciare nuove accuse, foga che lo porta addirittura a infrangere le leggi formali del genere dialogico, ‘annettendosi’ entrambe le tornadas», ritiene che non sia «affatto da escludere che ‘fronte’ e ‘sirma’ della V cobla vi siano state copiate, per un banale errore, in ordine invertito», tanto più che le due parti della cobla (nel testo qui edito composta dai vv. 33-36 e 41-44, rispettivamente fronte della cobla V e prima tornada) costituiscono «due organismi perfettamente autosufficienti dal punto di vista del contenuto». Malgrado l’autorevolezza di queste affermazioni circa la costituzione della quinta cobla, mi sembra più economico pensare, con Chabaneau, ad una inversione cobla-tornada. Nella versione fornita da Serper, alla questione dell’ordine rimico (e Guiraut, è bene sottolinearlo, si mostra molto attento agli aspetti metrici in tutta la sua produzione lirica), si aggiunge il doppio errore del copista nell’indicazione del capostrofa, il cui simbolo sarebbe indicato prima di Bofilh e tolto prima di e tu com fol. Resta la spinosa questione della paternità della prima tornada, strettamente legata alla distribuzione del testo tra essa e la cobla precedente: secondo l’interpretazione di Serper, infatti, accettata da Meneghetti, tale tornada deve essere necessariamente ascritta a Guiraut Riquier, dato il riferimento al vestimen, mentre nell’ipotesi testuale da me proposta il v. 45 della seconda tornada («Ta resposta no vuelh») ha senso, in relazione al v. 41 («c’uemay no·t respondria»), se le due tornadas hanno diversa attribuzione, cioè soltanto se la prima di esse è di Bofilh. Riguardo, poi alla possibilità precedentemente accennata che esse siano state invertite, non sembra del tutto improbabile che, dato il tono vivace ed il sarcasmo crescente della discussione, Bofilh, particolarmente sensibile agli argomenti trattati per motivi storicamente contingenti, abbia preferito troncare la tenzone proferendo subito una tornada alquanto aggressiva. Inoltre, se si accetta la validità del mutilo v. 40, lo stesso Guiraut Riquier compirebbe una doppia anomalia: la proposta di un giudice (normalmente riservata al partimen), per giunta anticipata alla fine della V cobla, e ciò contro la norma usuale (mai trasgredita nella produzione dialogata di Guiraut) che il nome dell’arbiter compaia solo nella prima tornada. Forse proprio nel comportamento del trovatore cristiano è da ricercare il motivo dell’irregolarità nel numero delle coblas, già segnalato nella nota metrica.

[MPB]


BdT    Guiraut Riquier    Bofilh