Rialto

262.4

 

Jaufre Rudel

 

 

 

 

Pro ai del chan essenhadors

entorn mi et ensenhairitz:

pratz e vergiers, albres e flors,

4

voutas d’auzelhs e lais e critz

per lo dous termini suau;

qu’en un petit de joi m’estau,

don nulhs deportz no·m pot jauzir

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tan cum solatz d’amor valen.

 

Las pimpas sian als pastors

et als enfans burdens petitz,

e mias sion tals amors

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don ieu sia jauzens jauzitz.

Qu’ieu la sai bona tot’aitau

ves son amic en greu logau:

per so·m sen trop soen marrir

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quar no n’ai so qu’al cor n’aten.

 

Luenh es lo castelhs e la tors

on elha jai e sos maritz,

et si per bos cosselhadors

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cosselhan non sui enantitz

q’autre cosselhs petit m’en vau,

aitant n’ai fin talan corau –

alres no·i a mais del murir,

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s’alcun joi non ai en breumen.

 

Totz los vezis apel senhors

del renh on sos jois fo noiritz,

e crei que·m sia grans honors

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quar ieu dels plus envilanitz

cug que sion cortes lejau.

Ves l’amor qu’ins el cor m’enclau

ai bon talan e bon albir,

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e sai qu’ilh n’a bon escien.

 

Lai es mos cors si totz c’alhors

non a ni sima ni raitz,

et en dormen sotz cobertors

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es lai ab lieis mos esperitz;

e s’amors mi revert a mau

car ieu l’am tant e liei non cau.

Tost veirai ieu si per sufrir

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n’atendrai mon bon jauzimen.

 

Ma voluntat s’en vai lo cors,

la nueit e·l dia esclarzitz,

laintz per talan de socors;

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mas tart mi ve e tart mi ditz:

«Amicx», fa selha, «gilos brau

an comensat tal batestau

que sera greus a departir,

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tro qu’abdui en siam jauzen».

 

Per so m’en creis plus ma dolors

car non ai lieis en luecs aizitz:

qe tan no fauc sospirs e plors

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qu’us sols baizars per escaritz

lo cor no·m tengues san e sau.

Bon’es l’amors e molt per vau,

e d’aquest mal mi pot guerir

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ses gart de metge sapien.

 

 

 

Testo: Chiarini 1985 (II). – Rialto 24.iii.2004.


Mss.: C 215r, Mh2 79, e 190.

Edizioni critiche: Albert Stimming, Der Troubadour Jaufre Rudel, sein Leben und seine Werke, Kiel 1873, p. 47 (III) (testo di C integrato con e, latore unico delle coblas V e VII); Alfred Jeanroy, Les chansons de Jaufré Rudel, Paris 1915, p. 6 (III) (ms.-base C; testo diverso da Stimming); Rupert T. Pickens, The Song of Jaufré Rudel, Toronto 1978, p. 136 (III) (testo di C integrato con e per le coblas V e VII); George Wolf - Roy Rosenstein, The Poetry of Cercamon and Jaufre Rudel, New York - London 1983, p. 126 (I) (testo di C integrato con e); Giorgio Chiarini, Il canzoniere di Jaufre Rudel, L’Aquila 1985, p. 65 (II); Jaufre Rudel, Liriche, a cura di Robert Lafont, Firenze 1992, p. 56 (V) (testo di C; non integrate le strofe V e VII di e).

Altre edizioni: François Just-Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., vol. III, Paris 1818, p. 94; Carl August F. Mahn, Die Werke der Troubadours, vol. I, Berlin 1846, p. 61; Paul Meyer, Recueil d’anciens textes bas-latins provençaux et français accompagnées de deux glossaires, Paris 1874-1877, 2 voll., poi Genève 1977, vol. I, p. 77 (ms. C); Joseph Anglade, Anthologie des Troubadours, Paris 1927, p. 32 (testo Jeanroy; non si accoglie l’emendamento al v. 43); Jaufre Rudel, Liriche, a cura di Mario Casella, Firenze 1946, p. 56 (IV) (testo di Jeanroy con lievi ritocchi alla punteggiatura; non si accoglie l’emendamento al v. 43); Raymond T. Hill - Thomas G. Bergin, Anthology of the Provençal Troubadours, 2 voll., New Haven 1941 (Yale Romanic Studies, XVII), vol. I, p. 25 (testo di Jeanroy); Gerardo Marone, Trovadores y juglares, Buenos Aires 1948, p. 75 (testo di Jeanroy, di cui  non accoglie l’emendamento al v. 43); Jaufre Rudel e Bernardo di Ventadorn, Canzoni, a cura di Salvatore Battaglia, Napoli 1949, p. 121 (testo di Casella); Aurelio Roncaglia, Venticinque poesie dei primi trovatori (Guillem IX - Marcabru - Jaufre Rudel - Bernart de Ventadorn), Modena 1949, p. 50 (testo di Jeanroy; non si accolgono tuttavia gli emendamenti ai vv. 43 e 54); Marco Boni, Antologia trobadorica, con traduzioni e note, 2 voll., Bologna 1962, vol. I, p. 52 (testo di Battaglia); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. I, p. 160 (testo Jeanroy); Victoria Cirlot, Las canços de l’amor de lluny de Jaufré Rudel, Barcelona 1996, p. 48 (testo di Chiarini).

Metrica: a8 b8 a8 b8 c8 c8 d8 e8 (Frank 397: 1); sette coblas unissonans di otto versi.

Note: L’ed. Chiarini condivide in genere le ipotesi ricostruttive di Jeanroy. – Al v. 10, la lezione messa a testo da Jeanroy e accolta da Chiarini (burdens) è del ms. e -confermata da Mh2- (C legge bordeitz, variante considerata facilior da Chiarini [cfr. id., p. 69, n. 10], ma accettata da Stimming, Pickens e Wolf - Rosenstein). – Al v. 15 (per so·m sen trop soen marrir) Stimming e Pickens mantengono la lezione di CMh2e  (per so sui  trop soen marritz; Stimming proponeva solo in nota di correggere in per som vei trop soen marrir oppure per so sui trop soen marrir). – Al v. 43 (socors) Stimming e Pickens  non intervengono (la tradizione manoscritta è compatta nel leggere son cors; da rifiutare perché in rima con cors [v. 41] da cursus [cfr. Chiarini, p. 70, n. 41]). – All’altezza della cobla VII (vv. 49-56), conservata solo in e, gli interventi  molto pesanti di Jeanroy (v. 50 non ai vs ieu au; v. 52 qu’us sols baizars vs que sol baizar; v. 53 lo vs quel) sono accolti in blocco da Chiarini (unica eccezione molt per vau [v. 54]; Jeanroy correggeva in molt pro vau, emendamento morfologicamente non necessario [cfr. Chiarini, p. 72, n. 52]). Gli altri editori della cobla VII si attengono alla lezione del ms. unico e (Stimming si limitava all’aggiunta della -s segnacaso [luecs] e all’integrazione della -z in aizitz [v. 50]; meno conservativa solo l’ed. Wolf - Rosenstein che accoglie l’emendamento di Jeanroy al v. 53; si segnala tuttavia che ai vv. 52 e 53 dell’edizione Pickens e al v. 52 dell’edizione Wolf - Rosenstein, pur conservando la lezione di e, gli editori interpretano come Jeanroy [cfr. i passi tradotti rispettivamente a p. 143 e 129]). Di particolare interesse si rivela, almeno per il v. 50 della cobla VII, il testimone Mh2 ignoto agli editori su citati,  che diverge da e perché legge ab lieis in luogo di au lieis: si veda per questo Maria Careri, «Jaufre Rudel nel Libre di Miquel de la Tor», in Contacts de langues, de civilisations et intertextualité, IIIe Congrès international de l’A.I.E.O., III voll., vol. II, pp. 607-625, alle pp. 610-611 (la studiosa suggerisce il confronto con il verbo ableiser e l’afr. apleier/aploier, ma  il passo non è per questo più comprensibile) e Lucia Lazzerini, «La trasmutazione insensibile. Intertestualità e metamorfismi nella lirica trobadorica dalle origini alla codificazione cortese (I parte)», Medioevo romanzo, 18, 1993, pp. 153-205, a p. 193, n. 121 (l’emendamento proposto da Jeanroy spiega con difficoltà il passaggio non ai [lezione ricostruita] > ieu ab [lezione di b3]; la studiosa ipotizza che il guasto sia localizzabile in ieu e suggerisce di vedere in jaz o jai 3a p. s. un possibile candidato per il verbo mancante; la lezione ricostruita sarebbe dunque jai ab e soggetto del verbo potrebbe essere il gilos evocato al v. 45 se non fosse un soggetto plurale; la studiosa allora immagina che il gilos del v. 45 sia stato abusivamente identificato con il maritz soggetto singolare del v. 18: se così fosse, bisognerebbe concludere che la lezione ricostruita [jai ab]  è quella di una cobla apocrifa). – Nell’opposizione pimpas / tals amors (vv. 9-12) è stata riconosciuta la dialettica pastorella / fin’amor (Michelangelo Picone, Vita nuova e tradizione romanza, Padova 1979, p. 75, n. 7): Jaufre Rudel rifiuterebbe il canto pastorale nel momento in cui ne ipotizza l’utilizzazione, a dimostrazione della complementarità di canso e pastorella; diversamente Lucia Lazzerini: Jaufre Rudel replicherebbe ironicamente al consiglio ovidiano di immergersi nella serenità bucolica per dimenticare gli affanni amorosi, risultando per questo in sintonia con l’anti-Ovidio Guglielmo di Saint-Thierry (cfr. Lucia Lazzerini, «La trasmutazione insensibile (I parte)», p. 161); traduzione Lazzerini: «Le zampogne le lascio ai pastori e ai giochi dei bambini; per me voglio un amore tale che io possa dare e ricevere gioia» (la traduzione della studiosa è fondata sull’ipotesi che al v. 11 [e mias sion tals amors] mias sion C, mieuas sion b3 sia errore d’archetipo; il la del v. 13 [qu’ieu la sai bona tot’aitau] infatti non può che riferirsi - secondo Lazzerini - a tals amors singolare del v. 11. Gli editori tuttavia privilegiano tutti la lezione di C). – Per la cobla III (vv. 17-24) Nicolò Pasero modifica la punteggiatura rispetto alle edizioni correnti, introducendo un punto a marcare una pausa più forte dopo i primi due versi e non legge come inciso unitario i vv. 21-22, ma solo il v. 21 (qu’autre cosselh petit m’en vau) in cui suggerisce di vedere un possibile rinvio polemico a Guglielmo IX, cattivo consigliere perché i suoi consigli in campo amoroso concernerebbero il puro fatto fisico (Nicolò Pasero, «Cattivi consiglieri. Ancora sui rapporti intertestuali fra Guglielmo IX e Jaufré Rudel», in Literatur Geschichte und Verstehen Festschrift für Ulich Mölk zum 60. Geburtstag, Heidelberg 1997, pp. 133-142, alle pp. 138-142). – Si segnala il valore concessivo attribuito ai vv. 33-34 (sitotz ... non a) da Lucia Lazzerini, Letteratura medievale in lingua d’oc, Modena 2001, p. 61, n. 38 (traduzione Lazzerini: «Là sta il mio cuore, benché altrove non abbia cima né radice»; la traduzione di Chiarini è più sfumata: «Laggiù si trova la mia persona, che altrove non ha cima né radice») di contro al valore consecutivo generalmente conferito al passo (si dà per tutte la traduzione di  Jeanroy: «Mon coeur est là tout entier, si bien qu’il n’a ailleurs ni cime ni racine»). – Al v. 48 tro que ... siam con valore finale in Jeanroy, Wolf - Rosenstein, Chiarini; con valore temporale in Casella, Battaglia, Riquer e Pickens. – Al v. 52 (qu’us sols baizars per escaritz) Chiarini intende per escaritz come deverbale dal provenzale escarir «concedere» e traduce: «che il dono di un solo bacio»; così Pickens e Wolf-Rosenstein  rispettivamente «as merely a single kiss» e «that one single little kiss»; Jeanroy invece intende «à l’état isolé, ou en faible quantité» con rinvio alla locuzione avverbiale del francese antico a eschari in Godefroy III, 371e traduce «un pauvre petit baiser, sans plus» (cfr. p. 36 del glossario, cui si può aggiungere, sempre per il francese antico, il rinvio a TL III, 858-860, che registra sotto la locuzione avverbiale a eschari e sotto l’avverbio eschariement il solo significato di  «vereinzelt, allein, ohne Gesellschaft» quindi «isolatamente, da solo, senza compagnia» con moltissimi esempi); Casella, Battaglia e Riquer più liberamente «alla sfuggita» (Casella), «in segreto» (Battaglia), «de escondidas» (Riquer).

Correzione (29.iv.2016): 22 corau < courau (evidente errore di stampa nell’ed. Chiarini). 

[am]


BdT    Jaufre Rudel