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Joan d’Albuzo · Nicolet de Turin, En Niccolet, d’un sognie qu’ieu sognava (BdT 265.2= 310.1)


 

Circostanze storiche

 

 

 

En Niccolet, d’un sognie qu’ieu sognava (BdT 265.2 = 310.1) è un’originale tenzone tra i due trovatori Joan d’Albuzo e Nicolet de Turin in cui il primo racconta un sogno e l’altro lo interpreta. In base al contenuto, la tenzone è stata classificata come un sompni (Grimaldi 2008), forma poetica riportata tra i dictatz no principals nella versione in prosa delle Leys d’Amors (Anglade 1919-1920, vol. II, p. 185) e menzionata anche nella Doctrina de compondre dictats (Marshall 1972, p. 97). Nel somni si riscontra spesso l’esplicazione del sogno, frequente nella poesia romanza, e una circostanza dialogica in cui si alternano la narrazione del sogno e la sua interpretazione.

Se Joan d’Albuzo può essere inquadrato tra i poeti del sud della Francia che girovagarono per le corti dell’Italia settentrionale tra il secondo e il terzo decennio del Duecento (Paterson 2008; Guida - Larghi 2014, pp. 325-326), Nicolet de Turin, come suggerisce il nome, fu uno dei pochi trovatori d’origine piemontese di cui ci sia giunta notizia. Egli fu attivo presso la corte dei conti di Biandrate e quella estense (ivi, pp. 369-371) ed è possibile che si sia dedicato alla carriera militare, garantendosi anche uno status sociale più elevato, come sembra suggerire la particella onorifica En che Joan utilizza nei suoi confronti nella tenzone (Paterson 2008).

Il racconto del sogno da parte di Joan si caratterizza per il ricorso a una serie di immagini fortemente simboliche ed è incentrato sulla figura maestosa di un’aquila terrificante che, accompagnata da una nave infuocata che naviga per terra, portando con sé ovunque le fiamme e un bagliore di luce sconvolgente. L’interpretazione del sogno offerta da Nicolet svela dietro il volo dell’aquila l’azione dell’imperatore Federico II, accompagnato dal suo esercito di tedeschi, impegnato a vendicarsi dei suoi nemici in Italia settentrionale e a riportare l’ordine e la pace nel suo impero. Sembra quindi che i due trovatori cerchino di illustrare gli eventi che stanno per verificarsi ed è possibile ipotizzare che questo tentativo di interpretazione sia funzionale al perseguimento di fini propagandistici presumibilmente legati al sostegno di un centro di potere in cerca del consenso imperiale.

Non è semplice ipotizzare una datazione precisa del componimento in quanto le allusioni contenute in esso potrebbero riferirsi a diversi momenti della lotta tra Federico e i lombardi, motivo per cui le ipotesi avanzate dalla critica sono molteplici. Una prima proposta di Schultz-Gora 1884, p. 216 colloca senza discussione il componimento al 1238, nel periodo successivo alla battaglia di Cortenuova. L’assenza di spiegazioni da parte di Schultz-Gora ha condotto De Lollis 1895, p. 421, a proporre, «congettura per congettura», un periodo anteriore di dieci o dodici anni. Secondo Torraca 1902, p. 282, invece, il componimento risalirebbe al 1236, quando Federico era pronto a valicare le Alpi alla testa di un esercito tedesco per avviare la campagna che avrebbe condotto alla vittoria di Cortenuova, battaglia alla quale i due trovatori non fanno riferimento.

Secondo De Bartholomaeis, il componimento andrebbe collocato tra il dicembre 1231 e gli inizi dell’anno successivo, prima della dieta di Ravenna, indetta dall’imperatore per discutere con i vassalli italiani, con il figlio Enrico e i principi tedeschi i provvedimenti da approntare contro le città ribelli dell’Italia settentrionale (De Bartholomaeis 1911-1912, pp. 111-112; De Bartholomaeis 1931, vol. II, pp. 114-115). Secondo De Bartholomaeis questa datazione spiegherebbe: il movimento dell’aquila-Federico dal regno di Sicilia, indicato con il toponimo Salern (v. 5), l’esistenza di un esercito tedesco pronto a intervenire in Italia settentrionale (vv. 27-30), lo schieramento in campo guelfo del marchese di Monferrato Bonifacio II (v. 44). Negli ultimi mesi del 1231, infatti, Federico partì dal regno di Sicilia e attraversò l’Italia settentrionale per raggiungere Ravenna (Stürner 2009, pp. 651-661; Vasina 2005) mentre i principi tedeschi e il figlio Enrico, sovrano del regno germanico, guidavano contingenti militari verso i valichi alpini. Federico fu però costretto a rimandare la dieta di Ravenna al gennaio del 1232 a causa del rinnovo della Lega lombarda che, supportata dal marchese di Monferrato, bloccò i passi alpini costringendo Enrico e diversi principi tedeschi a disertare l’incontro con l’imperatore (De Bartholomaeis 1931, p. 115; Stürner 2009, pp. 669-670).

La datazione di De Bartholomaeis, condivisa da Meliga 2005 e da Barbero 1983, è stata messa in discussione recentemente da Paterson 2008. In primo luogo, la studiosa dubita che sia possibile ricostruire gli spostamenti di Federico sulla base del riferimento a Salerno, sostenendo che il termine devers (v. 5) è ambiguo, avendo il significato tanto di ‘da’ quanto di ‘verso’. In aggiunta a questa precisazione, va detto che l’espressione potrebbe indicare il legame di Federico con il regno di Sicilia, indicato con il toponimo Salerno come accade anche nella Meggia, il componimento En aquel temps q’el rei mori N’Anfos (BdT 10.26) di Aimeric de Pegulhan. Anche la menzione dell’esercito temibile che accompagna Federico non sembra adeguato al contesto della dieta di Ravenna, in quanto l’imperatore programmava esclusivamente un incontro per pianificare la strategia da mettere in atto per la restaurazione dei diritti imperiali in Italia settentrionale. Infine, sostiene Paterson, il riferimento alla vendetta di Federico si spiegherebbe più facilmente in seguito all’intervento dell’imperatore contro il figlio Enrico che nel 1235 fu destituito dal titolo regale in Germania e imprigionato a causa della sua ribellione e del suo accordo con le città della Lega lombarda (cfr. Stürner 2009, pp. 691-699). Per queste ragioni Paterson ipotizza una datazione più tarda, successiva anche alla vittoria di Federico a Cortenuova. Dopo Cortenuova e in seguito alle grandi difficoltà della Lega, Federico ricevette numerose sottomissioni, come quelle dei comuni di Vigevano, Novara e Vercelli (Stürner 2009, pp. 732-733; Goria 1971). L’imperatore affermò il suo dominio nella regione piemontese fissando nel mese di febbraio una dieta a Torino, alla quale accorsero molti vassalli italiani tra i quali figurava anche Bonifacio di Monferrato. Questi, schierato con la Lega a partire dal 1230, si sottomise all’imperatore dopo la vittoria di Cortenuova ed è probabile che proprio a Torino ottenne il perdono di Federico (Goria 1971). Secondo Paterson è possibile che la tenzone fu realizzata proprio in occasione dell’incontro di Torino e che fu concepita come uno strumento propagandistico promosso direttamente dal marchese di Monferrato: al momento della sua sottomissione a Federico, Bonifacio si servì forse dei versi dei trovatori per favorire il perdono dell’imperatore.

Quest’ultima ricostruzione non risulta tuttavia essere dirimente ai fini della datazione del componimento che resta incerta, in quanto sia la proposta di De Bartholomaeis sia quella di Paterson, entrambe ben motivate e convincenti, sembrano giustificare i riferimenti contenuti nel testo. Si devono, a mio avviso, mantenere due ipotesi di datazione ugualmente valide: la tenzone potrebbe essere stata composta a cavallo tra il 1231 e il 1232 oppure nei primi mesi del 1238.

 

 

Bibliografia

 

Anglade 1919-1920

Joseph Anglade, Las Leys d’Amors, manuscrit de l’Académie des Jeux Floraux, 4 voll., Toulouse-Paris 1919-20.

 

Barbero 1983

Alessandro Barbero, «La corte dei marchesi di Monferrato allo specchio della poesia trobadorica. Ambizioni signorili e ideologia cavalleresca fra XII e XIII secolo», Bollettino Storico Bibliografico Subalpino, 81, 1983, pp. 641-703.

 

De Bartholomaeis 1911-1912

Vincenzo De Bartholomaeis, «Osservazioni sulle poesie provenzali relative a Federico II», Memorie della R. Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di Scienze morali: Scienze storico-filologiche, s. I, 6, 1911-1912, pp. 97-124.

           

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

De Lollis 1895

Cesare De Lollis, «Sordello di Goito», Nuova antologia, 139, 1895, pp. 409-462.

 

Goria 1971

Axel Goria, «Bonifacio II, marchese di Monferrato», Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1971, versione in rete (www.treccani.it).

 

Grimaldi 2008

Marco Grimaldi, «Cerveri de Girona, Entr’Arago e Navarra jazia (BdT 434.7a)», Lecturae tropatorum, 1, 2008, 33 pp.

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2014.

 

Marshall 1972

The Razos de trobar of Raimon Vidal and associated texts, edited by John H. Marshall, London 1972.

 

Meliga 2005

Walter Meliga, «Trovatori provenzali», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005 versione in rete (www.treccani.it).

 

Paterson 2008

Linda Paterson, «Joan d’Albuzon ~ Nicolet de Turin, En Nicolet, d’un sognie qu’ieu sognava (BdT 265.2 = 310.1)», Lecturae tropatorum, 1, 2008, pp. 18.

 

Schultz-Gora 1884

Oskar Schultz-Gora, «Das Verhältnis der provenzalischen Pastourelle zur altfranzösischen», Zeitschrift für romanische Philologie, 8, 1884, pp. 177-235.

 

Stürner 2009

Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009.

 

Torraca 1902

Francesco Torraca, Studi su la lirica italiana del Duecento, Bologna 1902.

 

Vasina 2005

Augusto Vasina, «Ravenna», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it).

 

Francesco Saverio Annunziata

9.iv.2018


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