Rialto    IdT

282.22

 

   

Lanfranc Cigala

 

 

 

 

   

I.

   

Seigne’n Thomas, tan mi plai

   

lo pretz c’om de vos retrai,

   

e·il honrat fag qe vos faitz lai

   

vos mi fan tan plazer de zai,

5  

que toz zo q’ieu posc ni qu’eu sai

   

vos profer et ancara mai,

   

qe pauc mi senbla zo qu’eu ai

   

ad honrar vos si com s’eschai,

   

per qu’eu d’aillors m’en propcerai.

   

 

   

II.

10  

E temeria faillir,

   

s’ieu m’enardis de querir

   

qe·m voillatz per amic tenir;

   

mas car de tot mon cor dezir

   

vostres precs per comanz auzir

15  

e vos honrar et hobezir,

   

aisso me·n fai tot enardir:

   

q’om pot ben demandar e dir

   

lai on hom a·l cor de servir.

   

 

   

III.

   

E certanament vos dic

20  

que ia no·m trobarez tric

   

ni fals ni fellon ni enic,

   

anz mi trobarez de cor ric,

   

qui que l’aia croi ni mendic,

   

et auria·m per enemic

25  

qui·us fezes enoi ni destric,

   

ni·m creiria d’aisso chastic,

   

qu’aissi deu hom amar amic.

   

 

   

IV.

   

E pos sui asseguratz

   

a demandar zo que·m platz,

30  

prec que cobleian respondatz

   

ad aquestas coblas qu’eu fatz

   

per fermar nostras amistatz;

   

mas eu non quier ges qe·m digatz

   

si·us es gais ni enamoratz

35  

qu’aisso sai eu ben qu’es vertaz;

   

qu’estiers non foratz tan prezatz.

   

 

   

V.

   

Pero, si·us ven a plazer,

   

del vostre noble saber

   

voill per vos auzir e saber

40  

quar molt en poirai mais valer,

   

mas trop plus voluntiers vezer

   

vos volgr’ieu, zo sapchatz en ver,

   

mas quecs deu laissar remaner

   

zo que vol, cant no·l pot aver,

45  

tro qe n’ai’autra vez lezer.

   

 

   

VI.

   

En Thomas, cel qui·us fai valer

   

vos don complir vostre plazer,

   

e a mi don sen e poder

   

d’onrar vos que·i ai lo voler.

 

Traduzione [gb]

I. Sire Tommaso, mi piace molto il pregio che di voi viene riferito e le onorevoli azioni che voi compite là vi rendono a me quaggiù così tanto gradito che vi offro tutto ciò che posso e so e ancora di più, perché per onorarvi come si conviene mi sembra poco quello che ho, per cui da altra via mi avvicinerò al vostro elogio.

II. E avrei paura di sbagliare, se avessi l’ardimento di chiedere che mi vogliate considerare un amico; ma poiché di tutto cuore desidero ascoltare le vostre preghiere come ordini e onorarvi e obbedirvi, questo mi fa avere completo ardimento: cioè che uno può davvero chiedere e dire tali parole a colui che ha l’intenzione di servire.

III. E con certezza vi dico che non mi troverete mai ingannevole né bugiardo né fellone né malvagio, al contrario mi troverete di intenzione salda (che qualcun altro l’abbia spregevole e abietta), e mi avrebbe per nemico chi vi desse fastidio o danno, e per questo non accetterei alcun biasimo, perché così si deve amare un amico.

IV. E poiché sono sicuro nel domandare ciò che mi piace, prego che, componendone di vostre, rispondiate a queste strofe che compongo per rendere salda la nostra amicizia; ma io non chiedo affatto che mi diciate se siete gioioso e pieno d’amore, perché so bene che questa è verità; ché altrimenti non sareste tanto pieno di pregio.

V. Tuttavia, se vi viene a piacere, voglio conoscere e udire un po’ della vostra nobile conoscenza, perché ne potrò acquistare molto maggior valore, ma anche più volentieri vi vorrei vedere – sappiatelo per vero –; ciascuno però deve lasciar stare ciò che vuole, quando non lo può ottenere, finché non ne abbia l’occasione in altra circostanza.

VI. Messer Tommaso, quello che vi fa aver valore vi permetta di realizzare i vostri desideri, e a me dia intelligenza e capacità di onorarvi perché in questo pongo la mia volontà.

 

 

 

Testo: Branciforti 1954, con modifiche di gb, anche relative alla punteggiatura. – Rialto 22.ii.2020.


Mss.: I 95r, K 78v, a2 401, d 298.

Edizioni critiche: Ernesto Monaci, Testi antichi provenzali, Roma 1889, c. 93; Giulio Bertoni, I Trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 369; Francesco Branciforti, Il canzoniere di Lanfranco Cigala, Firenze 1954, p. 192.

Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, II, p. 196 (testo di Monaci e Bertoni); Francesco Branciforti, Rialto 30.iv.2003 (testo Branciforti).

Metrica: a7 a7 a8 a8 a8 a8 a8 a8 a8  (Frank 6:5). Rime: -ai, -ir, -ic, -atz, -ér. Sirventese di cinque coblas singulars monorimiche di nove versi e una tornada di quattro versi (ultimi quattro dell’ultima strofa). Altri quattro sirventesi di argomento osceno, cronologicamente anteriori e apparentemente non collegabili al nostro testo utilizzano lo stesso metro, lo stesso numero di coblas e una tornada di quattro versi: Arnaut Daniel, Pos en Raimons e·n Turcs Malecs (BdT 29.15), Raimon de Durfort, Turc Malec, a vos mi teing (BdT 397.1) e Ben es malastrucs dolens (BdT 397.1a), Turc Malec, En Raimon, be·us tenc a grat (BdT 447.1). O il metro è sorto in modo indipendente o il modello metrico è perduto.

Ed. Branciforti: 9 prometrai.

Note: Il sirventese è inviato a Tommaso II di Savoia (ca. 1199-1259) in data incerta, ma forse vicina al suo matrimonio con Beatrice Fieschi (1251), nipote di Innocenzo IV. Riguardo a ciò e ad altre possibili datazioni si vedano le Circostanze storiche.

3. A quale luogo si riferisca l’avverbio lai non è chiaro ed è stato oggetto di dibattito tra gli studiosi: si vedano le Circostanze storiche. Si aggiunga che Bertoni interpretava l’avverbio come riferito a una persona, anche se non è chiaro chi dovrebbe essere.

9. I mss. hanno le seguenti lezioni: IK propterai, a2 prompterai. Branciforti emendava in «prometrai», ma, come ha mostrato Kurt Lewent, «On the Text of Lanfranc Cigala’s Poems», in Saggi e ricerche in memoria di Ettore Li Gotti, 3 voll., Palermo 1962, vol. II, pp. 171-192, a p. 183, il verbo prometre non ha senso in questo contesto tanto che nella traduzione Branciforti non lo usava e traduceva: «ond’io lo farò in altra occasione». Emil Levy, «Zu Giulio Bertoni, ‘I Trovatori d’Italia’, Modena 1915», Archiv für das Studium der neueren Sprachen und Literaturen, 140, 1920, pp. 109-125, a p. 120, emendava a partire da a2 in emprompterai per emprumpterai ‘prendere in prestito’ («Deshalb werde ich mir von einem andern leihen»), ma Lewent segnala che non è chiaro né che cosa il trovatore vuole prendere in prestito né da chi. Più ragionevolmente Bertoni, ripreso da Lewent, proponeva di emendare la lezione di IK in propcerai, futuro del verbo propchar ‘avvicinare’; la terminazione -erai per -arai non è infrequente. Il senso, però, non è quello dato da Bertoni («ond’io mi accontenterò di avvicinarmi alla misura di lodi che meritate», dove si introducono dei concetti non presenti nel testo provenzale) né quello proposto da Lewent («therefore I shall approach you in another way», dove non è possibile che il pronome en sostituisca un ipotetico pronome di seconda persona vos «you»): il trovatore sta semplicemente dicendo che tutto quello che sa e che ha non basta a lodare il signore, per cui dovrà trovare un’altra strada, quella del mettersi al suo servizio e dichiararsi suo amic ‘amico, alleato’ (cfr. note al v. 12 e alla strofa IV).

12. Il testo si configura come una richiesta di amicizia o alleanza al conte di Savoia (cfr. anche note al v. 9 e alla strofa IV). A partire da questo verso, preannunciato dal v. 9, i termini connessi semanticamente o etimologicamente ad amic danno coesione al componimento.

16. Introduco due punti a fine verso, perché aisso anticipa chiaramente la dichiarativa dei versi successivi.

28-36. Trapela in questa strofa un discorso politico che passa sottotraccia in tutto il testo ed è già riscontrabile nel significato ambiguo del termine amic che è sia l’amante sia l’amico in senso proprio sia ancora l’alleato (contrario di enemic). Lanfranco chiede a Tommaso una risposta in versi, ma richiede anche che essa non concerna gli aspetti amorosi che il trovatore dà per scontati. Questo tende a escludere che il senso di amic (o qui amistat) sia uno dei primi due indicati (cfr. anche note ai vv. 9, 12). Pertanto, anche l’espressione «fermar nostras amistatz» potrebbe aver il senso di ‘confermare la nostra alleanza’.

34. Il verso «si·us es gais ni enamoratz» dovrebbe essere emendato con l’eliminazione del pronome clitico. Infatti, es deve essere interpretato come etz (2a sg. ind. pres. di eser) e il pronome soggetto (vos) non può essere espresso in forma atona. Il passo parallelo citato in forma dubitativa da Bertoni e tratto da Uc de Saint Circ, Longament ai atenduda (BdT 457.18), v. 51: «Dompna, si·us etz irascuda», non è congruo, perché in Uc si tratta verosimilmente di un riflessivo.

38. Secondo Bertoni, saber è qui termine tecnico per il ‘poetare’ di cui si parla nella strofa precedente.

[gb]


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