Rialto    IdT

282.6

 

   

Lanfranc Cigala

 

 

 

 

   

I.

   

Estier mon grat mi fan dir vilanatge

   

li faillimen vironat de follia

   

d’un flac marques, e sai qu’eu faz follatge

4  

q’ab escien faill per autrui follia;

   

mas una res m’escuza, so enten,

   

que se fossen cellat li faillimen

   

ja de faillir non agr’om espaven,

8  

e qui mal fa ben dei soffrir c’om dia.

   

 

   

II.

   

Per qu’eu dirai d’un fol nega-barnatge

   

sotera-pretz e destrui-cortesia

   

qu’om ditz que trais de Monferrat linatge,

12  

mas non pareis a l’obra q’aisi sia;

   

anz crei qu’el fon fils o fraire de ven,

   

tan cambia leu son cor e son talen.

   

En Bonifais es clamatz falsamen,

16  

car anc bon faig non fes far a sa via.

   

 

   

III.

   

Son sagramen sai eu qu’el mis en gatge

   

als Milanes et a lur compaingnia,

   

e·n pres deniers per aunir son paratge

20  

e vendet lur la fe qu’el non avia;

   

pero de fe d’eretges no·l repren,

   

qu’el iura leu e faill son sagramen;

   

e s’el enanz volgues render l’argen

24  

del sagramen crei q’om lo quitaria.

   

 

   

IV.

   

Tant es avols e de menut coratge

   

q’anc iorn no·l plac prez de cavalaria,

   

per q’a perdut pro de son heritatge,

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q’anc non reqeis per ardiment un dia;

   

mas qar a faig dos traimenz tan gen,

   

a son seingnor antan primieramen,

   

pois a Milan, a cui frais convinen,

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el cui’a obs cobrar sa manentia.

   

 

   

V.

   

Se·il fos seingner, ia no·m feir’homenatge

   

adrechamen, car sai que·l no·m tenria,

   

ni·m baisera mais de boch’el visatge,

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car autra vetz lo·m baiset a Pavia,

   

pois en baiset lo papa eissamen;

   

donc pois aisi tota sa fe desmen

   

s’ab lui ia mais fezes paz ni coven

40  

si no·m baises en cul, ren no·l creiria.

   

 

   

VI.

   

Ai Monferrat! Plagnes lo flac dolen,

   

q’aunit vos a e tota vostra gen,

   

c’aissi pren fin l’onratz pretz veramen,

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que Monferratz per tot lo mon avia.

   

 

   

VII.

   

Aunitz marqes, al diabol vos ren,

   

q’a tal vasal taing aitals segnoria.

 

 

Traduzione [fsa]

I. Contro la mia volontà mi fanno dire cose volgari gli errori circondati di follia di un vile marchese, e so che commetto una sciocchezza, perché consapevolmente sbaglio per altrui follia; ma una cosa mi giustifica, a mio parere: se rimanessero nascoste le colpe, non si avrebbe affatto paura di sbagliare e chi fa del male deve ben sopportare che lo si dica.
II. Pertanto io parlerò di uno sciocco nega-nobiltà, sotterra-pregio, distruggi-cortesia di cui si dice che discenda dal casato di Monferrato, ma dall’operato non sembra che sia così; piuttosto credo che sia figlio o fratello del vento, tanto facilmente cambia la sua volontà e la sua intenzione. Signor Bonifacio è chiamato falsamente, perché non ha mai fatto fare una buona azione in tutta la sua vita.
III. Io so che ha prestato il suo giuramento ai milanesi e alla loro cerchia e ne ha ottenuto denaro, in modo da disonorare il suo lignaggio, e ha venduto loro la fedeltà che non aveva; ma non lo critico per la fede degli eretici, poiché egli giura facilmente e tradisce il suo giuramento; e se prima volesse restituire il denaro, credo che lo si scioglierebbe dal giuramento.
IV. Egli è tanto vile e di poco coraggio che non ha mai apprezzato l’onore della cavalleria, per questo ha perso molto dei suoi possedimenti ereditari, perché non ha mai portato attacchi con audacia; ma poiché ha perpetrato tanto bene due tradimenti, prima, tempo fa, al suo signore, poi a Milano, con cui infrange il patto, egli crede al momento buono di recuperare la sua ricchezza.
V. Se io fossi il suo signore, non mi farei affatto prestare omaggio correttamente, perché so che non lo rispetterebbe; e non mi bacerebbe più in viso con la bocca perché un’altra volta me lo baciò a Pavia, poi baciò allo stesso modo il papa. Dunque, poiché in questo modo smentisce la sua fedeltà, se mai stringessi con lui pace o patto non gli crederei affatto se non mi baciasse sul culo.
VI. Ahi Monferrato! Piangete questo povero vile, che ha disonorato voi e tutta la vostra gente: in tal modo trova fine davvero l’onorato pregio che Monferrato aveva in tutto il mondo.
VII. Svergognato marchese, vi mando al diavolo, perché a un tale vassallo sta bene una tale signoria.

 

 

 

Testo: Branciforti 1954. – Rialto 8.iv.2018. 


Mss.: I 94v, K 78r, T 88r, U 134v, a1 398, d 297; Dc 258r e F 51r riportano solo la prima strofa.

Edizioni critiche: Vincenzo Crescini, Manualetto provenzale per uso degli alunni delle facoltà di lettere, Verona - Padova 1892, p. 140; Giulio Bertoni, I Trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 359; Francesco Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1939, p. 99; Francesco Branciforti, Il canzoniere di Lanfranco Cigala, Firenze 1954, p. 204.

Altre edizioni: François Just Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. IV, p. 210 (parziale); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1853, vol. III, p. 122 (parziale); Ernesto Monaci, Testi antichi provenzali raccolti per un corso accademico nella reale università di Roma, Roma 1889, col. 92 (testo Mahn); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 163 (testo Crescini); Raymond T. Hill - Thomas G. Bergin, Anthology of the Provençal Troubadours, 2 voll., New Haven - London 1973, vol. I, p. 229 (testo Bertoni); Sara Centili, Rialto 15.iv.2003 (testo Branciforti); Mariantonia Liborio - Andrea Giannetti, Letteratura provenzale medievale. Antologia di testi, Roma 2004, p. 183 (testo Branciforti).

Metrica: a10’ b10’ a10’ b10’ c10 c10 c10 b10’ (Frank 368:3). Cinque coblas unissonans di otto versi seguite da una tornada di quattro versi ed una di due. Rime: -atge, -ia, -en.

Note: Sirventese composto nell’estate del 1245 contro la disinvoltura politica di Bonifacio II di Monferrato: si vedano le Circostanze storiche.

2. flac marques. Il bersaglio del trovatore è inizialmente nascosto dietro il suo titolo, il nome di Bonifacio II viene esplicitato solo in seguito.

5-8. Nei trovatori la maldicenza è solitamente riprovata ma si rende necessaria in due occasioni: se serve a svelare la verità oppure se si vuole correggere; cfr. Sergio Vatteroni, «Verbum exhortationis e propaganda nella poesia provenzale del XIII secolo», in Comunicazione e propaganda nei secoli XII e XIII. Atti del Convegno Internazionale (Messina, 24-26 maggio 2007) a cura di Rossana Castano, Fortunata Latella e Tania Sorrenti, Roma 2007, pp. 653-679, a p. 665: «se non si intende diffamare ma si vuole correggere o prevenire, allora rivelare il male di qualcuno diventa non solo lecito ma doveroso». In questo componimento appare chiaro il fine politico dell’attacco al marchese di Monferrato.

9-10. L’utilizzo di nomi composti, in particolare quelli formati da un verbo associato a un sostantivo, allo scopo di attaccare un bersaglio polemico è stato introdotto nella satira trobadorica probabilmente da Marcabru: cfr. Suzanne Thiolier-Mejéan, «Les mots composés chez Marcabru et Raimbaut d’Orange: étude de quelque cas», in Mélanges de linguistique et de philologie romanes dediées à la mémoire de P. Fouché, Paris 1970; Ead., La poétique des troubadours: trois études sur le “Sirventès”, Paris 1994, pp. 45-66. Per la produttività nelle lingue romanze di nomi composti si veda Kathryn Klingebiel, Noun + Verb Compounding in Western Romance, University of California Press 1989; un elenco di composti nella lirica dei trovatori è in Ead., «Lady Body-Dear and the Armed Pig of Cremona: Old Provençal Compounds in the COM», in Études de langue et de littérature médiévales offertes à Peter T. Ricketts à l’occasion de son 70ème anniversaire, Turnhout 2005, pp. 615-629.

11. Viene qui messa in dubbio l’appartenenza di Bonifacio al nobile lignaggio dei Monferrato, noto per le proverbiali doti cortesi, prima fra tutte la munifica accoglienza concessa ai trovatori.

13-14. Il trovatore denuncia la volubilità del marchese che, come una banderuola, cambia la sua posizione in base al mutare del vento.

15-16. Lanfranc gioca con il nome del marchese ricorrendo a un’interpretatio nominis: egli dichiara inappropriato il nome di Bonifacio per il marchese, in quanto questi non ha mai compiuto «bon faig», buone azioni; sull’interpretatio nominis si vedano Anatole Pierre Fuksas, Etimologia e geografia nella lirica dei trovatori, Roma 2002 e Gianfelice Peron, «Il nome di Federico. Retorica e politica nella poesia trobadorica del Duecento», in Studi di Filologia Romanza offerti a Valeria Bertolucci Pizzorusso, a cura di Pietro G. Beltrami, Maria Grazia Capusso, Fabrizio Cigni, Sergio Vatteroni, Pisa 2007, pp. 1235-1252.

17-20. Si allude qui al patto intercorso tra il marchese di Monferrato e la Lega lombarda guidata dai milanesi nel gennaio del 1243. In cambio di un’ingente somma di denaro offerta da Milano e Piacenza, Bonifacio si schierò nel campo dei nemici di Federico II, cfr. Axel Goria, «Bonifacio II di Monferrato», in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1971, versione in rete (www.treccani.it); Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009, p. 925.

27. La situazione di grave crisi che il marchese di Monferrato affrontò per tutta la seconda metà del Duecento lo portò alla perdita di gran parte dei suoi possedimenti. Soggetto alle scorrerie del comune di Alessandria e della Lega lombarda, Bonifacio fu costretto a cercare l’appoggio ora dell’imperatore, ora della Lega (cfr. Goria, «Bonifacio II»).

30. son seignor. Si tratta di Federico II, a cui Bonifacio prestò a più riprese il giuramento feudale, salvo poi tradirlo per seguire la Lega lombarda.

31. Il trovatore allude qui all’ennesimo voltafaccia di Bonifacio che, dopo essersi schierato nel 1243 con la Lega, si apprestava nell’estate del 1245 a chiedere il perdono dell’imperatore.

36. Pavia. Alcuni documenti dimostrano che Bonifacio era presente nel seguito imperiale che raggiunse Pavia nel 1238, (Goria «Bonifacio II»). Il marchese di Monferrato, soggiogato dai milanesi a partire dal 1231, si riavvicinò a Federico dopo la battaglia di Cortenuova e gli restò fedele fino al 1242.

37. lo papa. Nel luglio del 1244 Bonifacio si recò a Genova per prestare omaggio a papa Innocenzo IV in procinto di partire alla volta di Lione, cfr. Stürner, Federico II, p. 939.

41-42. Lanfranc lamenta la decadenza del casato di Monferrato, un tempo stirpe nobile e degna di rispetto ma oramai svergognata dal comportamento di Bonifacio, marchese che pone fine a una tradizione gloriosa; sulla crisi del marchesato si veda Alessandro Barbero, «La corte dei marchesi di Monferrato allo specchio della poesia trobadorica. Ambizioni signorili e ideologia cavalleresca fra XII e XIII secolo», Bollettino Storico Bibliografico Subalpino, 81, 1983, pp. 641-703, alle pp. 698-703.

[fsa]


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Circostanze storiche