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Lanfranc Cigala, Estier mon grat mi fan dir vilanatge (BdT 282.6)


 

Circostanze storiche

 

 

   

Il sirventese Estier mon grat mi fan dir vilanatge (BdT 282.6) rappresenta la posizione di alcuni esponenti del mondo comunale nei confronti delle signorie dell’Italia settentrionale, in grave crisi intorno alla metà del secolo XIII. Lanfranc Cigala, membro di una delle più potenti famiglie di Genova e impegnato direttamente nella vita politica comunale per la sua attività di magistrato e giudice (cfr. Guida - Larghi 2014, pp. 336-340), scaglia il suo violento sirventese personale contro il marchese Bonifacio II di Monferrato, il cui vile comportamento fa dubitare il trovatore della sua discendenza e del suo stesso nome (vv. 11-16). In particolare, Lanfranc critica aspramente la sua condotta politica e il suo disinvolto passaggio dal campo imperiale a quello guelfo, lungo tutto il corso degli anni Trenta e Quaranta del Duecento.

Il marchese, infatti, fu sotto l’influenza della Lega lombarda e ne appoggiò la politica antimperiale dal 1230 al 1237 ma si schierò rapidamente dalla parte di Federico II dopo la grande vittoria che egli ottenne sui lombardi con la battaglia di Cortenuova (Goria 1971; Stürner 2009, pp. 732-733). A partire dai primi mesi del 1238, e in particolare dalla dieta di Torino del mese di febbraio, Bonifacio ottenne il perdono dell’imperatore e figurò nel seguito imperiale accanto ai marchesi di Savoia e di Saluzzo. Il suo impegno diretto nelle operazioni militari condotte in Italia settentrionale dal vicario imperiale Manfredi II Lancia gli garantì il rinnovo dell’investitura da parte dell’imperatore dei feudi che erano appartenuti ai suoi antenati (Goria 1971).

Tuttavia la fiducia di Bonifacio al partito ghibellino non doveva essere molto salda in quanto alla fine del 1242 il marchese tradì il suo signore feudale schierandosi nuovamente con la Lega in cambio di ricche offerte in denaro (Stürner 2009, p. 925). Questo voltafaccia e la transazione in denaro sono testimoniate anche nel sirventese di Lanfranc (vv. 17-20). Non è da escludere che l’ironia sferzante con cui il trovatore colpisce Bonifacio possa essere legata anche a un coinvolgimento personale del trovatore nella trattativa, condotta direttamente da esponenti dei comuni di Milano, Piacenza e Genova. Bonifacio, inoltre, nonostante avesse promesso un aiuto immediato ai genovesi, evitò dapprima un coinvolgimento diretto negli scontri con le forze imperiali e nei primi mesi del 1243 si recò a Milano per incontrare il legato papale Gregorio da Montelongo; successivamente si dedicò alla mediazione diplomatica per il passaggio di altri comuni e signori dell’Italia meridionale nel campo guelfo (cfr. Goria 1971).

Il rischio di incorrere negli attacchi delle forze imperiali e l’opportunità di ottenere nuovamente il riconoscimento dei suoi feudi dall’imperatore, spinsero però Bonifacio a compiere un secondo tradimento politico. Dopo essersi accordato nell’aprile del 1245 con Amedeo IV e Tommaso II di Savoia, il marchese di Monferrato passò nuovamente nel campo imperiale e nel luglio si recò con il conte di Savoia a Torino per prestare omaggio a Federico. Qui Bonifacio ottenne il perdono dell’imperatore e ricevette inoltre la reinvestitura dei suoi feudi e la remissione dell’ingente debito contratto con Federico (Goria 1971).

Estier mon grat mi fai dir vilanatge (BdT 282.6) va collocato proprio nell’estate del 1245, durante le trattative per il reintegro del marchese di Monferrato nello schieramento imperiale (cfr. De Bartholomaeis 1911-1912, pp. 117-118; De Bartholomaeis 1931, vol. II, pp. 163-166; Branciforti 1954; Meliga 2005). Lanfranc denuncia il doppio tradimento di Bonifacio (vv. 29-32) e nell’ultima strofe, per schernirlo ulteriormente, si immedesima nello stesso Federico che si apprestava a riaccogliere il vile barone tra i suoi vassalli. Il trovatore dichiara che, nei panni dell’imperatore, avrebbe accettato il giuramento feudale di Bonifacio solo nel caso in cui il marchese non gli avesse baciato il viso ma il sedere (vv. 38-40), dato che lo stesso marchese di Monferrato si era recato soltanto un anno prima a Genova per prestare omaggio a papa Innocenzo IV (cfr. Goria 1971; Stürner 2009, p. 939). Questa strofe è molto significativa per il trattamento riservato alla sacra cerimonia dell’investitura feudale, qui come profanata dai versi del trovatore che non reputa Bonifacio degno di partecipare a un giuramento feudale convenzionale.

Gli attacchi di Lanfranc mirano a colpire Bonifacio sia per la sua condotta scorretta nell’applicazione delle norme cortesi tipiche di un signore feudale sia per il suo opportunismo politico. A tal fine il trovatore ricorre costantemente all’ironia, strumento fondamentale tanto per i sirventesi politici quanto per quelli più strettamente personali (cfr. Riquer 1975, vol. III, pp. 56-57; Léglu 1997).

Nei versi di Lanfranc, la figura di Federico resta sullo sfondo, ma l’attacco personale a Bonifacio e la critica della sua condotta politica costituiscono di riflesso una denuncia della posizione debole dell’imperatore che negli ultimi anni di lotta perpetua contro i Comuni e il papa era quasi costretto ad accettare nuovamente come vassallo uno spergiuro traditore che non si faceva scrupolo di passare da uno schieramento all’altro per interesse. Va sottolineata in questo sirventese la sentenza finale che condanna, agli occhi dei trovatori, il glorioso lignaggio dei Monferrato, costretto a marcire nelle mani di un indegno signore (cfr. Barbero 1983, pp. 701-703).

 

 

Bibliografia

 

 

Barbero 1983

Alessandro Barbero, «La corte dei marchesi di Monferrato allo specchio della poesia trobadorica. Ambizioni signorili e ideologia cavalleresca fra XII e XIII secolo», Bollettino Storico Bibliografico Subalpino, 81, 1983, pp. 641-703.

 

Branciforti 1954

Francesco Branciforti, Il canzoniere di Lanfranco Cigala, Firenze 1954.

 

De Bartholomaeis 1911-1912

Vincenzo De Bartholomaeis, «Osservazioni sulle poesie provenzali relative a Federico II», Memorie della R. Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di Scienze morali: Scienze storico-filologiche, s. I, 6, 1911-1912, pp. 97-124.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Goria 1971

Axel Goria, «Bonifacio II, marchese di Monferrato», Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1971, versione in rete (www.treccani.it).

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2014.

 

Léglu 1998

Catherine E. Léglu, «Defamation in the troubadour sirventes: legislation and lyric poetry», Medium Aevum, 66, 1997, pp. 28-41.

 

Meliga 2005

Walter Meliga, «Trovatori provenzali», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005 versione in rete (www.treccani.it).

 

Riquer 1975

Martín de Riquer, Los Trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975.

 

Stürner 2009

Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009.

 

Francesco Saverio Annunziata

8.iv.2018


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