Rialto

293.9

 

Marcabru

 

 

 

 

Aujatz de chan, com enans’e meillura, Prestate ascolto al canto, come progredisce e migliora, e (come) Marcabruno, secondo il suo schietto intendimento, sa il discorso e il verso allacciare e comporre, sì che altri non può toglierne una parola.

e Marcabrus, segon s’entensa pura,

 

sap la razon    e·l vers lassar e faire

4

si que autr’om    no l’en pot un mot traire.

 

 

Per so sospir, car mouta gens ahura Per questo sospiro: che molta gente impreca nei riguardi di malizia che sempre cresce e peggiora; ciò mi stimola a scendere in campo contro di lei, ché alla gente piace quando m’ode gridare e inveire.

de malvestat c’ades creis e pejura:

 

so m’en somon    qu’ieu sia guerrejaire,

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ca lieis sap bon    quan m’au cridar ni braire.

 

No·i a conort en joven, mas trop surra, Non v’ha conforto in giovinezza, ché troppo s’è fatta sordida, né di fronte alla morte v’ha scampo o riparo, doppoiché questi baroni han cominciato costume d’avarizia e passata liberalità attraverso il foro d’una lésina.

 

ni contra mort ressort ni cobertura,

 

pos ist baron    an comensat l’estraire

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e passat don    per pertuis de taraire.

 

Li sordeior ant del dar l’aventura I più vili hanno ventura di doni, e i migliori restano a bocca aperta davanti a un illusorio miraggio. Triste e sospiroso ne fo la rappresentazione, ché a rovescio fanno i potenti ciò che a loro spetta fare.

e li meillor badon a la peintura:

 

la retraisso·n    fatz trist e sospiraire,

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ca rebuzon    fant li ric lor afaire.

 

Proeza·is franh e avoleza·is mura Prodezza n’è abbattuta e viltà se ne afforza, e non vuole accogliere gioia entro il suo fortilizio. Diritto e ragione non vedo mantenere punto, ché d’un cialtrone il denaro fa un imperatore.

e no vol gaug cuillir dinz sa clauzura;

 

dreit ni razon    no vei mantener gaire,

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que d’un garson    fai avers emperaire.

 

Qui per aver pert vergonh’e mezura Chi per denaro perde verecondia e misura e mette onore e valore in non cale, a quanto mostra è di sembianza confratello al riccio, al cane e al ladro.

e giet’honor e valor a noncura

 

sogon faisson    es del semblan confraire

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a l’erisson    e al gos e al laire.

 

Coms de Peitieus, vostre pretz s’assegura Conte di Poitou, il vostro pregio si consolida, e quello di don Alfonso di qua, se punto ci dura, che Avignone e Provenza e Beaucaire tiene per sé meglio di quanto non facesse suo padre del Tolosano.

e a n’Anfos de sai, si gaire·ns dura,

 

car Avignon    e Proens’e Belcaire

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te miels per son    no fes Tolzan sos paire.

 

S’aquest n’Anfos fai contenensa dura Se questo don Alfonso si mostra insensibile e dà segno di venirmi meno, là verso Leon ne so uno bennato, franco di parola, cortese e largo donatore.

ni enves mi fai semblan de fraitura,

 

lai ves Leon    en sai un de bon aire

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franc de razon    cortes e larc donaire.

 

De malvestat los gart Sanct’Escriptura, La Santa Scrittura li guardi da malizia, che non li acconci e pettini a suo modo. Quegli che è e sempre fu Re dei re e Salvatore, la speranza nel re don Alfonso m’avveri.

que no lur fassa cafloquet ni peintura;

 

sel qu’es e fon    regom rex e salvaire

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la sospeison    del rei n’Anfos m’esclaire.

 

 

 

Testo: Aurelio Roncaglia, «Marcabruno: Aujatz de chan», Cultura neolatina 17, 1957, pp. 20-48, alle pp. 23-25. – Rialto 23.iv.2005.


Mss., Edizioni, Metrica: vedi l’ed. Gaunt-Harvey-Paterson.

Nota. Le notevoli difformità fra la redazione A-IK rispetto a quella tràdita dal canzoniere E indussero com’è noto Roncaglia «a supporre alla base della tradizione più completa e nello stesso tempo più confusa, rappresentata da E, un manoscritto d’autore» (p. 22). L’editore fondava però il testo critico sulla versione AIK, metricamente (rima interna fissa nel secondo distico di ogni strofa) e semanticamente («le strofe V-VI costituiscono in AIK unità logiche coerenti; mentre in E presentano entrambe una frattura di senso fra il primo e il secondo distico») più corretta, integrando le ultime due strofe trasmesse dal solo E e discutendo in apparato le diversità residue di tale testimone. B. Spaggiari, «Marcabru, Aujatz de chan (BdT 293,9): questioni metriche e testuali», Zeitschrift für romanische Philologie, 109, 1993, pp. 274-314, alle pp. 299-304, ha poi confermato l’ipotesi di doppia redazione proponendo però di vedere nel più completo testimone E un rimaneggiamento successivo e non «una prima stesura», come voleva Roncaglia. La possibilità di una doppia redazione d’autore è apparsa però inverosimile a R. Harvey, «Marcabru, Aujatz de chan (PC 293.9): nouvelles questions», ibidem, 114, 1998, pp. 105-135, che tende ad imputare le ‘correzioni’ strutturali di AIK non già allo stesso autore ma all’intervento di un copista assai ingegnoso. La studiosa offre perciò un’edizione tendenzialmente conservativa del ms. E, utilizzando AIK come testimoni di controllo. Date queste premesse, ci limitiamo a segnalare schematicamente le discrepanze rispetto all’ed. Roncaglia laddove i due testi critici risultano sovrapponibili (cioè per i distici trasmessi sia da E che da AIK): del 3 invece che e·l; autre 4 invece che autr’om; raire 4 invece che traire; Pero 5 invece che Per so; tota 5 invece che mouta; que descreis 6 (corr. da que creis, ipometro) invece che c’ades creis; c’aquist 7 invece che pos ist 11; estraire 7 invece che l’estraire 11; passat per un 8 invece che passat don | per 12; ves 10 invece che a 14; veiaire 12 invece che afaire 16; Non 13 invece che No·i 9; trefura 13 (corr. da trop fura) ‘deceit’ invece che trop surra 9 (ma si vedano in proposito le perspicue osservazioni lessicali e ecdotiche di Spaggiari, «Marcabru, Aujatz de chan», pp. 294-299); argen 17 invece che aver 21; Proeza 21 invece che Proeza·is 17; avoleza 21 invece che avoleza·is 17; tener 22 invece che cuillir 18; De la 23 invece che segon; en 23 invece che del; et al gozet del braire 24 (corr. da et al iocx et al braire: cf. la nota 23-24 a p. 142) ‘and, from his snarling, the little dog’s [confraternity]’ invece che e al gos e al laire; ameillura 25 invece che s’assegura; de 26 invece che a; gaire·ill 26 invece che gaire·ns; lai 27 (ma dev’essere errore di stampa: cf. p. 143 n. 27) invece che car; Proensa e 27 invece che e Proens’e. Nelle due strofe conclusive, presenti solo in E, Harvey conserva le lezioni del codice pura 29 e sai 31 (invece che lai), legge de sazo 32 ‘in his prime’ invece che de razon (ma Roncaglia annotava: «possibile anche la lettura de fazo»), e corregge il misterioso cafloquet 34, che il precedente editore considerava un hapax lessicale postulando una serie di ben sei ipotesi esplicative (cf. ed. Roncaglia, p. 21 e la nota 34 alle pp. 39-41), in cuf, floquet ni peintura ‘quiffs, fancy curls (spikes, tufts?) and artful combing’ (cf. la nota 33-34 alle pp. 144-146); una diversa e ben fondata ipotesi ricostruttiva (que no lur fa sac, floquet ni peintura ‘giacché non lo fa per loro chi porta saio, tonaca e tonsura’), che risolve peraltro il problema dell’anomala cesura epica, è stata avanzata da Spaggiari, «Marcabru, Aujatz de chan», pp. 304-314.

[fc]


Premessa

Cfr. ed. Gaunt-Harvey-Paterson

BdT    Marcabru (ed. Roncaglia)    Marcabru (ed. Gaunt-Harvey-Paterson)