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Peire d’Alvernhe, Chantarai d’aquestz trobadors (BdT 323.11)


 

Circostanze storiche

 

 

   

L’occasione che avrebbe originato la famosa galleria satirica di Peire d’Alvernhe è stata ampiamente discussa dagli studiosi. Se infatti è fuori da ogni dubbio che il vers vada datato prima del 1173, anno della morte di Raimbaut d’Aurenga, ricordato nella strofe X, resta problematico chiarire il luogo di composizione e la data. Tra i contributi critici che hanno avuto maggiore fortuna sull’argomento meritano di essere ricordati quello di Pattison 1933 e quelli di Lejeune (cfr. Lejeune 1962-63 [poi Lejeune 1979]; Lejeune 1975; Lejeune 1980).

Secondo Pattison 1933 (ma cfr. anche Pattison 1935), il vers sarebbe stato composto in presenza dei trovatori menzionati a Puivert, nell’Aude, tra il luglio e il settembre 1170, e l’occasione sarebbe stata una sosta nel castello di Puivert da parte della comitiva incaricata di scortare Eleonora, figlia di Enrico il Plantageneto ed Eleonora d’Aquitania e promessa sposa di Alfonso VIII di Castiglia, a Tarazona, luogo prescelto per le nozze.

Diversamente, Lejeune 1962-63 ha documentato l’assenza di un castello a Puivert prima del 1210 e appurato la mancanza di toponimi identici o simili nel sud della Francia nel secolo XII. La studiosa ha pertanto proposto di riconoscere nella località citata da Peire Puigverd d’Agramunt, mentre l’occasione da cui sarebbe scaturita l’adunanza conviviale e, di conseguenza, la realizzazione del vers, andrebbe rintracciata nel matrimonio celebrato alla fine del 1161 tra Raimondo Berengario II di Provenza, nipote del conte di Barcellona, e Rica di Polonia, vedova di Alfonso VII di Castiglia. L’identificazione di Lejeune del toponimo citato al v. 86 con Puigverd d’Agramunt è stata accolta dalla maggior parte degli studiosi che si sono successivamente occupati del testo, con divergenze però riguardo alla data in cui andrebbe collocato l’evento storico che è all’origine del componimento. Se infatti Fratta 1996, p. XIII, p. 47 e p. 196, nota al v. 86, accoglie senza riserve la tesi di Lejeune e fa risalire la stesura di Chantarai all’autunno del 1161, in Catalogna, a Puigverd d’Agramunt, Pirot 1972, pp. 174-175, accetta la composizione (o comunque l’esecuzione) del vers in Catalogna, ma ritiene che essa vada collocata intorno al 1170, pur stimando del tutto oscure le circostanze storiche che ne sarebbero all’origine. Riquer 1975, vol. I, pp. 332-335, manifesta incertezza relativamente al luogo e all’occasione della composizione e, partendo dalla menzione di Raimbaut d’Aurenga, colloca la galleria satirica tra il 1162 e il 1173. La datazione proposta da Lejeune è respinta anche da Rossi 1995, che suggerisce di datare il componimento intorno al 1171, analizzandolo soprattutto in relazione a Ben s’eschai q’en bona cort (BdT 389.20) di Raimbaut d’Aurenga, canzone a cui Peire farebbe riferimento nella decima strofe di Chantarai: «se sembra probabile che Ben s’eschai q’en bona cort sia stata composta nel 1171, in concomitanza con l’incoronazione di Mita-ab-lo-nas-cort a rex iaculatorum, anche Cantarai d’aquests trobadors (che, nella decima strofe, fa esplicito riferimento alla canzone rambaldiana) non dovrebbe esser anteriore a quella data» (p. 108). Lo studioso, inoltre, si chiede se il Puoich-vert non possa essere inteso, vista la natura squisitamente parodistica di Chantarai, come «una sorta di contraltare burlesco all’altro Puoi, il Puoi Santa Maria, celebre per la sua serissima ‘corte d’amore’, nella quale era d’obbligo assegnare il fatidico sparviero. In tal caso si potrebbe intendere vert (viridis) come ‘nuovo’, ‘rinnovato’: al nobile consesso di chantadors, si sarebbe dunque sostituita la variopinta schiera di trobadors-joglars, scherzosi e trasgressivi» (p. 107).

L’ultimo ad essersi occupato del problema connesso al contesto di composizione di Chantarai d’aquestz trobadors è stato Guida 1997, che, dopo un attento riesame di tutte le ipotesi precedentemente formulate, ha suggerito di ritornare a una datazione al 1170, giustificata soprattutto dal fatto che tutti i trovatori presi di mira da Peire appartengono alla generazione attiva in quegli anni e che diversi componimenti a cui si fa allusione nella galleria satirica sono ascrivibili al 1168-1171 (ivi, pp. 207-208). Lo studioso, pertanto, recupera almeno in parte la tesi di Pattison, che supponeva ci fosse un rapporto di dipendenza col matrimonio tra la figlia di Enrico II Plantageneto e Alfonso VIII di Castiglia, matrimonio che costituì un evento storico di grande risonanza, e si concentra in particolare su un documento dell’agosto 1170, dal quale apprendiamo che Alfonso II d’Aragona (grazie al quale furono stabilite le nozze tra la cugina Eleonora e Alfonso VIII di Castiglia) fece delle concessioni agli abitanti di Canfranc per introdursi dalla Francia meridionale nella penisola iberica. La scelta di Alfonso II di ingraziarsi con donazioni gli abitanti di Canfranc nell’estate del 1170 sembrerebbe giustificata proprio dal passaggio della futura sposa Eleonora insieme al suo corteo nuziale. Accettando l’ipotesi di un attraversamento dei Pirenei da parte di Eleonora e del suo seguito per il passo di Canfranc, si ripropone il problema di individuare con precisione il luogo che fece da scenario alla composizione e primaria esecuzione di Chantarai. A questo proposito Guida si domanda se non si debba intendere puoi/poi uert come Poitiers, lezione che sarebbe stata variamente fraintesa dai copisti. Lo studioso, pertanto, giunge alla conclusione che la vivace composizione di Peire potrebbe essere stata imbastita e rappresentata per la prima volta a Poitiers nella primavera/estate del 1170, dove si sarebbero riuniti molti personaggi addetti a scortare la futura sposa fino alla Castiglia e si sarebbero appunto svolti i festeggiamenti di commiato (ivi, p. 222).

Sempre secondo Guida, l’accreditamento della tesi di una riunione festiva a Poitiers nell’estate del 1170 spiegherebbe anche la partecipazione tra i vari trovatori e giullari di un veillet lombart, ricordato nella XIII strofe e al quale si deve l’inserimento di questo componimento nel corpus dell’Italia dei trovatori, considerata soprattutto la possibilità a lungo sostenuta che si tratti del primo trovatore italiano. Lo studioso ricorda, infatti, l’ambizione di Enrico II Plantageneto a essere incoronato re dei Lombardi: «visti gli operanti interessi del monarca Plantageneto verso la scena italiana negli anni a cavallo del 1170 si rivela naturale e ovvia l’aspirazione d’un cantore in rima nostrano, capace di creare sonetz gaillartz e preso da espaven per la situazione politica, militare, economica, sociale e culturale in cui versava l’Italia, di cercare accoglienza, conforto e appoggio presso la splendida e ospitale dimora pittavina del sovrano» (ivi, p. 223).

Per quanto riguarda l’identità di questo ‘lombardo anzianotto’ che «apell’om Cossezen» (v. 78), Rita Lejeune propone di identificarlo con Peire de la Caravana, considerato come il più antico trovatore d’Italia (Lejeune 1975 [poi Lejeune 1979]). Tale proposta di identificazione prevede la retrodatazione dell’unico componimento pervenutoci di Peire de la Caravana, D’un serventes faire (BdT 334.1), al 1157, data che sarebbe appunto giustificata dal riconoscimento del suo autore nel veillet lombart di Chantarai, che a sua volta, come si è detto, sarebbe stato realizzato secondo la studiosa alla fine del 1161 (ma sulla confutazione di tale datazione vedi supra). Secondo Lejeune 1975, p. 42, il sirventese di Peire de la Caravana conterrebbe un appello alla resistenza lombarda che «concernerait la plus fameuse des expéditions allemandes en Lombardie – celle de Frédéric Barberousse en 1158-62»; pertanto la studiosa conclude domandandosi «peut-on aller plus loin, et conclure, en toute tranquillité d’esprit, que l’unique chant de Peire de la Caravana qui nous soit parvenu, un chant de résistance destiné aux Lombards et qui, pour beaucoup de raisons, doit avoir été composé peu avant 1158, se confond avec l’un de ces ‘sonetz mout gaillards’ du Lombard ‘Concédant’ dont se moque avec esprit Peire d’Alvernhe ?» (ivi, p. 47). I problemi spinosi legati alla datazione del sirventese politico di Peire de la Caravana sono stati così riassunti da Roncaglia 1995, p. 62: «primavera del 1194 secondo De Bartholomaeis, 1195 secondo Bertoni, ma 1236 secondo Torraca e, all’estremo opposto 1158 secondo Rita Lejeune, seguita da Martín de Riquer». Roncaglia, a sua volta, ritiene che il sirventese anti-imperiale di Peire possa risalire al 1194-1196, prendendo in considerazione soprattutto il rapporto, evidenziato anche da altri, con Bon’aventura don Dieus als Pizas di Peire Vidal (BdT 364.14).

L’ultimo ad aver affrontato nello specifico il problema della datazione di D’un serventes faire (BdT 334.1) è stato Grimaldi 2013. Grimaldi parte dalla constatazione che l’ipotesi più accreditata, sia dal punto di vista filologico che storiografico, riconduce la composizione del sirventese alla primavera del 1194, epoca della discesa dell’imperatore Enrico VI in Italia. Accogliendo tale tesi e considerando lombarda la provenienza dell’autore, D’un serventes faire si configurerebbe come il più antico componimento della produzione trobadorica italiana e Peire de la Caravana sarebbe così il primo dei trovatori italiani. Tale datazione appare tuttavia problematica allo studioso, il quale, dopo un’attenta analisi, propone di datare il sirventese al 1226, all’epoca cioè della seconda Lega lombarda. In seguito al riesame condotto da Grimaldi, D’un serventes faire perde pertanto il suo primato cronologico, Peire de la Caravana non può più essere ritenuto il primo trovatore italiano e l’identificazione proposta da Lejeune con il veillet lombart di Chantarai verrebbe definitivamente meno (sul sirventese di Peire de la Caravana si veda anche Guida 2013, che accoglie e sostiene la proposta di datazione duecentesca suggerita in via ipotetica da Grimaldi).

Ritornando invece a Cossezen, Guida 2005 ha proposto di rapportarlo al toponimo Concesio, in provincia di Brescia, sicché il veillet lombart ricordato da Peire d’Alvernhe andrebbe inteso come un giullare originario dell’Italia settentrionale. Come infatti precisa Saverio Guida, «la fisionomia professionale di Consezen che vien fuori risponde assai da vicino a quella di un girovago autore/interprete di brani lirico-musicali tutt’altro che marginale ed emarginato, [...] ordinariamente conosciuto e distinto attraverso un semplice appellativo toponimico richiamante il luogo di provenienza, Concesio» (ivi, p. 26).

 

 

Bibliografia

 

Fratta 1996

Peire d’Alvernhe, Poesie, a cura di Aniello Fratta, Manziana (Roma) 1996.

 

Grimaldi 2013

Marco Grimaldi, «Il sirventese di Peire de la Caravana (BdT 334,1)», Cultura neolatina, 73, 2013, pp. 25-72.

 

Guida 1997

Saverio Guida, «Dove e quando fu composto il sirventese Cantarai d’aquestz trobadors», in Anticomoderno 3 - La filologia, Roma 1997, pp. 201-226.

 

Guida 2005

Saverio Guida, «Us veilletz lombartz … Cossezen (BdT 323,11:73-78)», Cultura neolatina, 65, 2005, pp. 7-26.

 

Guida 2013

Saverio Guida, «Ancora sul sirventese di Peire de la Caravana», Cultura neolatina, 73, 2013, pp. 73- 99.

 

Lejeune 1962-63

Rita Lejeune, «La “Galérie littéraire” du troubadour Peire d’Alvernhe», Revue de langue et littérature d’oc, 12-13, 1962-63, pp. 35-54.

 

Lejeune 1975

Rita Lejeune, «Le troubadour lombard de “galérie littéraire” satirique de Peire d’Alvernhe», Marche Romane, 25, 1975, pp. 31-47.

 

Lejeune 1979

Rita Lejeune, Littérature et société occitane au Moyen Age, Liège 1979, pp. 299-311.

 

Lejeune 1980

Rita Lejeune, «La “galérie littéraire” du troubadour Peire d’Alvernhe et ses implications avec la Catalogne», in Estudis de Llengua i Literatura Catalanes offerts a R. Aramon i Serra, 3 voll., Barcelona 1980, vol. II, pp. 267-276.

 

Pattison 1933

Walter T. Pattison, «The Background of Peire d’Alvernhe’s Chantarai d’aquests trobadors», Modern Philology, 31, 1933, pp. 19-34.

 

Pattison 1935

Walter T. Pattison, «The troubadours of Peire d’Alvernhe’s Satire in Spain», Publications of the Modern Language Association, 50, 1935, pp. 14-24.

 

Pirot 1972

François Pirot, Recherches sur les connaissances littéraires des troubadours occitans et catalans des XIIe et XIIIe siècles, Barcelona 1972.

 

Riquer 1975

Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975.

 

Roncaglia 1995

Aurelio Roncaglia, «“Angelica figura”», Cultura neolatina, 55, 1995, pp. 41-65..

 

Rossi 1995

Luciano Rossi, «Per l’interpretazione di Cantarai d’aquestz trobadors», in “Cantarem d’aquestz trobadors”. Studi occitanici in onore di Giuseppe Tavani, a cura di Luciano Rossi, Alessandria 1995, pp. 65-111.

 

Francesca Sanguineti

21.v.2017


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