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Peire Cardenal, Li clerc si fan pastor (BdT 335.31)


 

Circostanze storiche

 

 

   

Se la satira anticlericale costituisce il fil rouge dell’intera opera di Peire Cardenal, il celebre componimento Li clerc si fan pastor (BdT 335.31) può forse essere considerato il manifesto della sua poesia (cfr. Vossler 1916, p. 154; Ghil 1989, pp. 270-277). Il sirventese presenta i motivi tradizionali dell’invettiva contro il clero e si apre con la denuncia dell’ipocrisia dei chierici (vv. 1-12) condotta sulla ripresa del tema evangelico del lupo in veste di agnello, a cui richiama già l’incipit, impreziosita dal riferimento alla figura letteraria di Isengrino (v. 6), il lupo del Roman de Renart, personaggio risalente alla tradizione mediolatina dell’Ecbasis captivi e dell’Ysengrimus (Vatteroni 1999, p. 25). Segue il ricorso al topos della laudatio temporis acti attraverso cui viene presentato lo stravolgimento dell’ordine del mondo a opera della gerarchia ecclesiastica. Questa, mediante furti, tradimenti e prediche acquisisce sempre più potere e giunge a usurpare il ruolo dell’aristocrazia nella gestione degli affari temporali (vv. 13-24). Le accuse ai fals clergues sono costruite sull’antitesi tra buone qualità e difetti nella quarta cobla (vv. 25-36), e il trovatore colpisce in particolar modo l’avidità e l’ingordigia. Invece di dimostrare carità cristiana, i sacerdoti trascurano uno dei compiti tradizionali della Chiesa, quello di sostenere gli indigenti: alle loro tavole riccamente imbandite non c’è spazio per alcun povero mendicante. Il testo di Peire presenta poi un tema ricorrente in molti sirventesi e canzoni di crociata occitani del XIII secolo, l’accusa rivolta al clero di trascurare l’impegno per la crociata in Terrasanta al fine di dedicarsi all’acquisizione di potere in Occidente (vv. 49-56). Occorre qui il riferimento a Federico II (v. 57): Peire dichiara che il clero ha tentato di espellerlo dal suo rifugio (v. 58) ma che colui che lo ha sfidato è andato incontro a una cattiva sorte (vv. 59-60). L’allusione alla figura dell’imperatore e al suo scontro con la Chiesa costituisce l’unica apertura alla realtà storica contemporanea presente nel componimento e dunque l’unico indizio per stabilirne una datazione.

Due diverse ipotesi sono state avanzate in merito: una lo assegna alla seconda metà del 1245 in seguito al concilio di Lione, svoltosi tra il 26 giugno e il 17 luglio. Durante questo sinodo, infatti, Innocenzo IV rinnovò la scomunica all’imperatore e sciolse i sudditi dal giuramento di fedeltà nei suoi confronti (cfr. Fabre 1909, p. 25; De Bartholomaeis 1911-1912, p. 121; Scheludko 1938, pp. 135-136). Peire avrebbe quindi attaccato il clero perché impegnato nella lotta politica contro l’imperatore invece di supportare la crociata che stava organizzando Luigi IX. Il 15 luglio 1244 i Corasmi avevano conquistato Gerusalemme e a partire da questa data il re di Francia aveva promosso il lancio di una spedizione che recuperasse la Terrasanta ai cristiani (Runciman 1966, vol. I, pp. 850-907). Tuttavia il conflitto sempre più deciso tra il papa e l’imperatore non consentiva di radunare le forze per la missione in Oriente, anzi, al termine del concilio di Lione, il papa avrebbe bandito una vera e propria crociata contro Federico, evento che impedì al re di Francia di condurre un esercito in Terrasanta prima del 1248 (si vedano a proposito Stürner 2009, pp. 942-984; Pacifico 2012, pp. 399-426). Questa proposta di datazione, pur ammissibile, non spiega però quanto affermato negli ultimi versi della strofe, nei quali Peire si prende gioco di colui che, avendo sfidato Federico, andò incontro a un fallimento. Infatti, se questo personaggio va identificato con Innocenzo IV, non sembra facile chiarire l’allusione alla sua sfortuna. In seguito al concilio di Lione, infatti, Federico non riuscì mai a rivalersi sul papa e anzi tentò a più riprese, ma sempre inutilmente, una mediazione per ottenere la remissione della scomunica. La sua deposizione da parte del pontefice costituì un colpo molto duro al prestigio imperiale e un forte impulso per i suoi avversari politici in Italia e in Germania.

È possibile allora che il componimento faccia riferimento agli eventi degli anni 1229-1230 (cfr. Vossler 1916, pp. 179-180; Lavaud 1957, pp. 176-177). In questo periodo, mentre Federico era impegnato nella crociata in Terrasanta, papa Gregorio IX incitò i sudditi dell’imperatore scomunicato dal settembre 1227 a svincolarsi dal legame di fedeltà. Nel maggio 1229 un esercito di truppe pontificie guidato da Giovanni di Brienne invase i territori continentali del regno di Sicilia riuscendo senza molte difficoltà a conquistare diverse città importanti. Giovanni, suocero di Federico, era divenuto nemico dell’imperatore in quanto questi, in seguito al matrimonio con la figlia Isabella e in vista della partenza per la crociata, gli aveva tolto il controllo del regno di Gerusalemme. Soltanto il ritorno repentino e inaspettato di Federico dall’Oriente il 10 giugno riuscì a interrompere l’occupazione dei soldati clavesignati e l’imperatore in breve mise in fuga Giovanni, costretto a riparare presso la corte papale nell’autunno del 1229 e poi inviato dal papa a Costantinopoli dove trascorse gli ultimi anni della sua vita (Stürner 2009, pp. 543-555).

Queste circostanze storiche sembrano spiegare efficacemente l’allusione tanto al tentativo di espulsione di Federico dal suo rifugio, da identificare dunque non con l’impero ma con il regno di Sicilia, quanto alla mancata riuscita dei progetti di colui che l’aveva sfidato, ossia Giovanni di Brienne oppure il papa. La situazione del sud della Francia in quegli anni contribuisce forse a chiarire le motivazioni che mossero Peire a comporre il suo sirventese: con il trattato di Parigi dell’aprile 1229, Raimondo VII si vide costretto a cedere i diritti ereditari sulla contea di Tolosa alla corona di Francia. È possibile che l’attacco al clero da parte di Peire e il suo sostegno all’imperatore nella contesa con il papa sia stato dettato anche dalla delusione e dal rancore nei confronti della Chiesa che, grazie all’impegno diretto del re di Francia nella crociata contro gli albigesi, era riuscita infine a piegare definitivamente la resistenza del partito meridionale (Vossler 1916, pp. 179-180). È forse possibile individuare un ulteriore elemento a supporto della datazione alta del componimento nel riferimento all’immagine dei chierici come lupi in veste di agnello di cui si è detto in precedenza. Questa, molto diffusa nella lirica anticlericale, ritorna nel celebre sirventese di Guilhem Figueira D’un sirventes far (BdT 217.2), anch’esso composto a sostegno dell’imperatore scomunicato contro la Chiesa tra il 1227 e il 1229. Il ricorso all’immagine dei lupi mascherati da agnello ritorna a più riprese nei documenti della cancelleria imperiale (cfr. Scheludko 1938, p. 135) e si riscontra anche in una lettera inviata dall’imperatore al re d’Inghilterra Enrico III nel 1228 e conservata da Matteo Paris nella sua Chronica maiora. In essa Federico, oltre a lamentare l’ingerenza del papa nelle questioni temporali, riporta numerose accuse nei confronti del clero che ricordano da vicino quelle contenute in Li clerc si fan pastor (BdT 335.31), cfr. Luard 1872-1883, vol. III, pp. 151-154. È possibile dunque sostenere che tanto il sirventese di Peire quanto D’un sirventes far (BdT 217.2), entrambi contenenti una denuncia delle trame ordite dalla Chiesa contro Federico II, abbiano amplificato la propaganda imperiale contro il papa nel periodo della scomunica di Federico e della sua crociata in Terrasanta (ma si veda Vatteroni 2013, vol. I, p. 477).

 

 

Bibliografia

 

De Bartholomaeis 1911-1912

Vincenzo De Bartholomaeis, «Osservazioni sulle poesie provenzali relative a Federico II», Memorie della Real Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna, classe di scienze morali, sezione Storia-Filosofia, 6, 1911-12, pp. 97-124.

 

Fabre 1909

Césaire Antoine Fabre, «Études sur Peire Cardinal. Estève de Belmont», Annales du Midi, 21, 1909, pp. 5-28.

 

Ghil 1989

Eliza Miruna Ghil, L’age de Parage. Essai sur le poétique et le politique en Occitanie au XIIIe siècle, New York 1989.

 

Lavaud 1957

René Lavaud, Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal (1180-1278), Toulouse 1957.

 

Luard 1872-1883

Matteo Paris, Chronica maiora, edited by Henry R. Luard, 7 voll., London 1872-1883, vol. III, pp. 151-154.

 

Pacifico 2012

Marcello Pacifico, Federico II e Gerusalemme al tempo delle crociate. Relazioni tra cristianità e islam nello spazio euro-mediterraneo medievale 1215-1250, Caltanissetta-Roma 2012.

 

Runciman 1966

Steven Runciman, Storia delle Crociate, 2 voll., Torino 1966.

 

Scheludko 1938

Dimitri Scheludko, «Die Troubadours, der Papst und der Kaiser», Neuphilologische Mitteilungen, 39, 1938, pp. 128-152.

 

Stürner 2009

Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009.

 

Vatteroni 1999

Sergio Vatteroni, “Falsa clercia”. La poesia anticlericale dei trovatori, Alessandria 1999.

 

Vatteroni 2013

Sergio Vatteroni, Il trovatore Peire Cardenal, 2 voll., Modena 2013.

 

Vossler 1916

Karl Vossler, Peire Cardinal: ein Satiriker aus dem Zeitalter der Albigenserkriege, München 1916.

Francesco Saverio Annunziata

26.v.2017


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