Rialto    IdT

344.3

 

   

Peire Guillem de Luzerna

 

 

 

 

   

I.

   

En aquest gai sonet leuger

   

me voill en chantan esbaudir,

   

car hom qe no·s don’alegrer

   

no sai que puosc’esdevenir:

5  

per q’eu me voill ab joi tenir

   

et ab los pros de Proenza

   

que regnan ab conoissenza

   

et ab bella captenenza,

   

si q’om no·ls en pot escarnir.

   

 

   

II.

10  

De conquerre fin prez enter

   

agra eu talen e desir,

   

si no me·n faillisent dener

   

e rendas dont pogues complir

   

los faiz qu’eu volgra mantenir;

15  

mas pos a Deu non agenza

   

q’eu posca far gran valenza,

   

gardar me dei de faillenza

   

e al meinz d’aizo q’ai servir.

   

 

   

III.

   

Qar prez no demanda ni quer

20  

a cels que·l volon obedir,

   

mas tant quant al poder s’afer

   

e qe hom se gart de faillir:

   

per qu’acel que trop vol tenir

   

a molt petit de scienza,

25  

car l’avers non a valenza,

   

mas q’om en trai sa girenza

   

e qan hom se·n pot far grazir.

   

 

   

IV.

   

A l’emperador dreiturer

   

Frederic voill mandar e dir

30  

qe se meillz no manten l’emper

   

Meilan lo cuida conquerir

   

ab grans faiz e fai se·n auzir;

   

don vos iur, per ma credenza,

   

que pauc prez sa conoissenza

35  

e son sen e sa sabenza

   

s’en breu no l’en sap far pentir.

   

 

   

V.

   

Domna sai ab cors plazenter,

   

dunt negus hom non pot mal dir

   

e no tem gap de lausenger

40  

e sap los meillors retenir,

   

ab honrar et ab acoillir;

   

tan gent fenis e comenza

   

sos solaz e sa parvenza,

   

qe ren non i fai faillenza,

45  

et a car nom per encarzir.

   

 

   

VI.

   

Na Joana d’Est agenza

   

a toz los pros ses faillenza,

   

per qu’eu·m voil ab los pros tenir.

 

 

Traduzione [LMrl]

I. Su questa melodia gaia e leggiadra voglio rallegrarmi cantando, poiché colui che non si concede allegria non so cosa potrebbe diventare; perciò io voglio vivere con gioia e con i gagliardi Provenzali, che vivono con signorilità e praticando le belle maniere, sicché nessuno si permette di mancar loro di rispetto.
II. Di conseguire pregio puro ed integro avrei voglia e desiderio, se non mi mancassero denari e rendite, con cui potrei portare a termine le imprese che vorrei sostenere; ma poiché a Dio non piace che io possa agire con grande valore, mi devo guardare dall’errore, e servire almeno con quel che ho.
III. Poiché il pregio non domanda né chiede a coloro che vogliono obbedirgli, se non quanto si accorda alle loro forze, e che ci si guardi dall’errore: perché chi vuole possedere troppo ha davvero poca saggezza, poiché l’avere non ha valore, se non quando se ne trae vantaggio e quando con esso si può riuscir graditi.
IV. Al giusto imperatore Federico voglio mandare a dire che, se non regge meglio l’impero, Milano medita di sconfiggerlo con grandi azioni, di cui si sente già parlare; perciò vi giuro sulla mia fede che stimerò poco la sua saggezza, la sua intelligenza e il suo sapere se in breve non sa ottenerne il ravvedimento.
V. Conosco una donna di piacevole presenza, di cui nessuno può parlare male e che non teme millanteria di maldicente e sa intrattenere i migliori, accogliendoli con onore; tanto nobilmente finisce e comincia il suo elegante modo di stare a corte che non le manca niente, e ha un nome tanto caro per riuscire cara.
VI. Donna Giovanna d’Este piace senza dubbio a tutti i prodi: perciò io voglio stare in mezzo ai prodi.

 

 

 

Testo: Morlino 2005. – Rialto 25.i.2018.


Mss.: C 52r, Da 193r, Dc 259r, E 102v, F 58r, G 106v, I 110r, K 95r, c 83r.

Edizioni critiche: Pier Enea Guarnerio, Pietro Guglielmo di Luserna trovatore italiano del sec. XIII, Genova 1896, p. 31; Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 270; Luca Morlino, Rialto 10.xii.2005.

Altre edizioni: François Juste Marie Raynouard, Choix des poésies originales des Troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. IV, pp. 139-141 (parziale); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache mit einer Grammatik und einem Wörterbuch, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. I, p. 25 (parziale); Celestino Cavedoni, «Delle accoglienze e degli onori ch’ebbero i trovatori provenzali alla corte dei marchesi d’Este nel secolo XIII», Memorie della Reale Accademia di Modena, 2, 1858, pp. 268-312, p. 304 (parziale); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 51 (testo Guarnerio); Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense, Pisa 1981, p. 102 (testo Bertoni).

Metrica: a8 b8 a8 b8 b8 c7’ c7’ c7’ b8 (Frank 331:2). Cinque coblas unissonans di nove versi ciascuna e una tornada di tre. Rime: -er, -ir, -enza. Il modello per lo schema metrico di questo componimento potrebbe essere la tenzone tra Gui d’Uissel e il cugino Elias N’Elias, de vos voill auzir (BdT 194.18 = 136.6).

Note: Sirventese composto probabilmente alla corte d’Este tra il marzo 1226 e il novembre 1233: si vedano le Circostanze storiche.

6. pros de Proenza. Peire Guillem allude qui probabilmente ai trovatori ospitati alla corte estense insieme a lui, come contribuisce a chiarire la tornada dedicata a Giovanna d’Este in cui si citano nuovamente i pros (v. 46); cfr. Gianfranco Folena, «Tradizione e cultura trobadorica nelle corti e nelle città venete», in Id., Culture e lingue nel Veneto medievale, Padova 1990, pp. 1-137, pp. 51-52

10-18. In questi versi il trovatore suggerisce al suo uditorio il metodo più semplice per acquisire pretz, ossia sfruttare i propri averi per fare grandi azioni. Non disponendo di grandi ricchezze, egli spera di raggiungere pretz offrendo quello di cui è dotato, la capacità di comporre poesie.

19. Il verso sembra riecheggiare le prime strofi di un altro sirventese indirizzato a Federico II, Far vuoill un nou sirventes (BdT 156.6) di Falquet de Romans. Qui, come nel componimento di Peire Guillem, si elencano le qualità richieste da pretz agli uomini cortesi, prima tra tutte la largueza.

29-30. Il trovatore si rivolge direttamente a Federico, definito dreiturier, ossia ‘giusto’, ma in questo caso il trovatore potrebbe intendere ‘portatore di diritto’. Quest’espressione ricalca uno dei principali temi della propaganda imperiale, l’importanza dell’estensione della legge imperiale su tutti i sudditi; cfr. Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009, pp. 564-579. Un simile riferimento all’imperatore come restauratore del diritto ricorre in Ia de far un sirventes (BdT 217.4) di Guilhem Figueira, vv. 15-16.

31. Meilan. Peire Guillem individua con chiarezza chi sono gli avversari di Federico: i Comuni lombardi e i signori loro alleati. Qui infatti Milano, il più importante tra i Comuni, rappresenta per sineddoche la Lega lombarda che si era nuovamente riunita contro l’imperatore nel marzo 1226.

34-36. Il trovatore insiste con un’iterazione sinonimica trimembre sulla sapienza di Federico. Agli occhi dell’autore del componimento, il proverbiale sapere dell’imperatore non vale nulla se egli non si mostra in grado di vendicare l’onta inflittagli dai Comuni lombardi. Un riferimento alla necessaria vendetta di Federico sui Comuni, insieme all’elogio del suo sapere, ricorre ancora in Ia de far un sirventes (BdT 217.4).

37-45. Questa strofe è tutta dedicata all’elogio di una dama identificabile con Giovanna d’Este, menzionata apertamente in tornada, probabilmente patrona di Peire Guillem al momento della composizione del testo. Di questa signora sono elogiate, infatti, le virtù cortesi di honrar e accoillir, ossia la capacità di ospitare e ricompensare con munificenza i trovatori.

46. Na Johana d’Est. Giovanna d’Este risulta già sposata al marchese Azzo VII nel 1221 e visse fino al novembre 1233; quest’ultima data costituisce il termine ante quem entro il quale collocare il componimento.

[fsa]


BdT    Peire Guillem de Luzerna    IdT

Circostanze storiche