Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Piere Raimon de Tolosa
Ab son gai plan e car
355.
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Piere Raimon de Tolosa
Ab son gai plan e car
355.
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IdT
Piere Raimon de Tolosa
Trad. it.
Apparato
Note

I. Con melodia gioiosa, piana e preziosa faccio un descort facile e ben fatto, bello da cantare e con un bel contenuto; e se io potessi trovare pietà in lei, a cui Dio doni ogni bene, non mi parrebbe davvero di aver nient’altro che bene.

II. Perché mi ha conquistato colei in cui si trovano tutte le azioni pregevoli e non ci fu mai creatura tanto bella – ve lo giuro e faccio sapere –, perché il suo perfetto pregio cortese si innalza e cresce e si espande; e se io sapessi fare qualcosa che le venisse a grado,

III. sarei davvero felice e gioioso senza pena e senza dolore, se colei, in cui nasce il pregio eccellente, mi volesse concedere il suo amore, perché per lei sono così perfetto, veritiero e senza animo ingannevole; e di valore ella ne ha cento volte e più di quanto io non vi dica.

IV. Tanto mi piace il suo aspetto che non penso ad altro; faccio pentimento e astensione dal guardare un’altra donna; grazie al ricordo ho forte sostegno contro la sofferenza, tanto che senza fallacia il giuramento che giammai traditore

V. sarò verso di lei [...] eseguirò i suoi ordini con ogni mia capacità, perché niente mi piace di più, anche se mi fa soffrire; e se ne ottengo un bacio dolce, niente mi può arrecare danno.

VIa. Bella signora, abbiate pietà di me, perché io non ho altro aiuto e non diminuisco mai né riduco le vostre lodi con parole sbagliate.

VIb. Descort, va’ dal valoroso conte di Savoia perché il suo valore migliora ogni giorno; e non mento: il suo pregio abbondante vale più di quello dei migliori.

I. 1 e]om. (-1) c    4 e]om. (-1) c    6 ab] a G; Deus bes don] dieus gran ben don (+1) c    7 no·m] non c

II. 12 iur] uir Gcon trattino sulla prima gamba diad opera del correttore; e man] eus man c    13 sos fin[s]] son fui G, sui fin c    16 vengues] uenghes G con h espunta dal correttore e sostituita con u in interlinea

III. 18 pen’e] mal et c    19 si cil] si cela (+1) G, saisela c    21 fis, verais] fis e verais (+1) Gc    22 cor] cors G    23 a cen tans] acen tan G, a sent ans c    24 no·[u]s] nos Gc

IV. Rimaenza sempre ensa in c    25 agenza] azenza G con prima z espunta e sostituita dal correttore    26 al] als c    27 penedenza] Penedenza. G con seconda e e punto metrico aggiunti in interlinea dal correttore 28 non] non G con abbreviazione aggiunta dal correttore    29 sovinenza] souinenza G con in aggiunto in interlinea dal correttore    30 gran] graz G ritoccato in gran dal correttore    31 ses fallenza] om. c    32 qe ia [mais] traire] qe ia traire c, Qeia ñ traire G con ñ aggiunto in interlinea dal correttore tra ia e traire

V. 33om. G, no·l serai] (-3) c(unito al v. 36)    34 om. Gc    35 om. c; ferai] (-4) G (unito al v. 36) con spazio bianco per una lettera prima della parola    36 poder] in G abbreviazione di r aggiunta dal correttore    37 car ren mai] carire. Mai c    40 no·m] nō G, non c

VI. Rimaen sempre ent in c    41 chausimen] iausiment c, in G abbreviazione di en aggiunta dal correttore    42 de mi] domi G con o ritoccata in e dal correttore; q’eu] qe c    43 vostras] vostra c     45 comte] cont (-1) c    47 meillora] Meiollora G; tot iorn] totz iorn G, om. (-2) c    48 sos ric[s]] son ric Gc; dels] del G

1. «La musica deldescortè quasi sempre gaia [...], e la ricorrente espressione gai descort sottolinea il contrasto tra la musica allegra e il tono malinconico o disperato delle parole» (Canettieri, “Descort es”, p. 55). Qui è definito gai il son cioè la ‘musica, melodia’ e fa da contrasto alla mancanza di pietà della dama (vv. 5-8). Questo elemento tematico è estremamente diffuso nei descortz occitanici.

4. razon: in opposizione alson del v. 1 è termine tecnico che indica il ‘contenuto’ del testo.

12. Il pronome ·us(che il ms. c duplica anche per il verbo seguente «so·us iur e·us man», con una lezione tutt’altro che errata) non è riferibile a nessun elemento all’interno della strofa. Infatti, dalla strofa I alla strofa V, ad esclusione quindi della strofa VIa che ha funzione ditornada e, come spesso accade in questa porzione di testo, si rivolge direttamente alla dama, il trovatore parla sempre della donna amata riferendosi a lei in terza persona. Non vi è la possibilità dunque di pensare che il trovatore qui si rivolga a lei. È probabile che lo statuto ampiamente eccezionale del genere del descort nella poesia trobadorica e il suo carattere altamente intertestuale e letterario permettessero eccezionalmente di infrangere la finzione lirica e chiamare in causa il pubblico di ascoltatori: a loro è riferibile il pronome in questione. Un altro esempio più trasparente di tale allocuzione è al v. 24.

16-17. Tra la strofa II e la strofa III non c’è interruzione sintattica. Anche questa caratteristica è tipica dei descortz, dove i passaggi veloci tra le strofe assecondavano il mutare della melodia (differente per ogni strofa). Si noti che è probabilmente per questo motivo che il ms. G trascrive insieme le due strofe senza distinguerle e che il ms. c sposta i primi due versi della strofa III (cioè fino al punto in cui si conclude il periodo sintattico) nel blocco testuale della strofa II.

18. Il ms. G legge come a testo, mentre il ms. c dà la lezione: «senz mal et senz dolor». Le variantipen’(pena) e mal sono adiafore, nonché semanticamente equivalenti e sinonimiche rispetto al successivo dolor. Seguo il ms. base.

19. Il verso è ipermetro nei due codici, ma dalla lezione di G che dà il pronome «cela» è facile trarre un più raro (e più oscuro, per un pubblico alloglotto)cil(cfr. Jeanroy, recensione a Cavaliere, p. 112, e Canettieri, “Descort es”, p. 614; Jeanroy, recensione a Anglade, p. 307, proponeva di sopprimere bon). Il ms. c legge invece «saisela», rielaborando ulteriormente il passo. Sulla presenza dell’ipermetria si veda il campo Metrica.

21. Per ripristinare la misura esasillabica elimino la congiunzioneetra «fis» e «verais», presente nei codici (così Jeanroy, recensione a Cavaliere, p. 112). La giustapposizione per asindeto è spesso elemento di disturbo nei testi trobadorici. Si può comunque prendere in considerazione anche un intervento su «qaisi·l» > qe·l (Jeanroy, recensione a Anglade, p. 307).

23. Le lezioni dei due codici mostrano che i copisti, senza dubbio italiani, non hanno compreso l’espressionecen tans‘cento volte’. A creare difficoltà è stato l’uso sostantivato di tans (‘tanto’) plurale tantum nel senso di ‘volta’. Il ms. G omette la s del plurale, mentre il copista di c risegmenta le parole, giungendo a un per lui più chiaro sent ans (‘cento anni’). È la frase del verso seguente che ci garantisce che è necessario leggere cen tans.

24. Per il pronome·uscfr. nota al v. 12. La lezione dei mss. nos (anche scomponibile in no·s) non ha senso e non corrisponde all’espressione codificata (cfr. Giorgio Barachini, Il trovatore Elias de Barjols, Roma 2015, p. 376, nota a Mas comjat ai de far chansoBdT 132.8, v. 18). Un errore nos per nous, che si fonda su un’abbreviazione paleografica letta male, è piuttosto diffuso ed è inutile indugiare su rassegne di luoghi paralleli.

26. Su quest’espressione cfr. Barachini,Il trovatore Elias, pp. 323-324, nota aCar compre vostras beutatz (BdT 132.7), v. 7.

27. Tra i due stichi del verso è presente un’anasinalefe, che è un’assimilazione interversale regressiva, qualora vi sia una sillaba eccedente all’inizio del secondo verso o stico. È evidente che un simile fenomeno, molto diffuso neidescortz(Canettieri,  “Descort es”, pp. 132-136), veniva facilmente gestito dall’esecutore durante il canto. Lo stesso fenomeno si ripete al v. 29. Sul metro non tetrasillabico dello stico si veda il campo Metrica; qui si tratta di un trisillabo come ai vv. 25 e 31.

29. Per l’anasinalefe cfr. nota al v. 27.

31-36. Per i problemi posti da questi versi rimando alla Nota al testo.

41-44. La prima metà dell’ultima cobla apostrofa la dama in seconda persona. Il repentino passaggio dalla terza alla seconda persona è diffuso nella lirica trobadorica, in particolare in tornada. È quindi chiaro che Peire Raimon ha inteso l’ultima strofa, pur metricamente simmetrica rispetto alle altre (quattro distici in rima ab), come accostamento di due metà, o, se vogliamo, come una doppia tornada, l’una passe-par-tout rivolta alla dama (VIa), l’altra (VIb) al conte di Savoia. Ciò giustifica anche la scelta di numerarle in modo parzialmente diverso.

41. La varianteiausimentdi c per chausimen di G è probabilmente solo grafica in mss. italiani: cfr. Paolo Squillacioti, Le poesie di Folchetto di Marsiglia, Pisa 1999, e Luca Barbieri, «“Tertium non datur?” Alcune riflessioni sulla ‘terza tradizione’ manoscritta della lirica trobadorica», Studi medievali, 47, 2006, pp. 497-548.

43-44. Intendo «bais» e «’streing» come verbi alla prima persona singolare; non vedo la difficoltà ravvisata da Jeanroy (recensione a Cavaliere, p. 307), che riteneva assurdo che il poeta minacciasse la dama di diminuirne le lodi e asseriva che i due verbi fossero dei congiuntivi. In realtà, il trovatore invoca pietà proprio perché tra i suoi meriti vi è il fatto che non diminuisce mai le lodi della donna. La tesi di Jeanroy si appoggia alla lezione di c, che reca la variante «vostra laudors» al caso soggetto (dunque portando i verbi al congiuntivo). Tale lezione, però, è incoerente nell’uso di «no·us», che nella versione di G è banalmente pleonastico, ma qui dovrebbe essere emendato in «no·s»; inoltre, la forma «’streing» non è un congiuntivo né può essere emendato (’streinga sarebbe ipermetro). Bisogna concludere che la lezione «vostra laudors» di c è semplicemente errata.

45-46. Il comte valen / de Savoia è Tommaso I (1178-1233; regno 1189-1233): su di lui si vedano le Circostanze storiche.

47. Il soggetto dimenè ovviamente l’io lirico.

Testo

Edizione, traduzione e note: Giorgio Barachini. – Rialto 25.ii.2020.

Mss.

G 51v (idem = peire raimo(n) d(e) tolosa), c 79v (Peire raimon de toloza).

Edizioni critiche / Altre edizioni

Ernesto Monaci, Testi antichi provenzali, Roma 1889, p. 79; Alfredo Cavaliere, Le poesie di Peire Raimon de Tolosa, Firenze 1935, p. 1.

Altre edizioni: LR, I, p. 513; Joseph Anglade, «Poésies du troubadour Peire Raimon de Toulouse», Annales du Midi, 31-32 (1919-1920), pp. 157-189 e 257-304, a p. 170; Giuseppe Sansone, La poesia dell’antica Proenza: testi e storia dei trovatori, Parma 1999, p. 386.

Metrica e musica

Descort (così autodefinito: cfr. vv. 2, 45) di sei strofe metriche di tipo singular; l’ultima strofa è scomponibile, per funzioni e contenuto, in due metà uguali, che fanno le veci di una doppia tornada, pur restando un’unica entità a livello metrico e simmetrico. La formula metrica è la seguente: I a6 b6 a6 b6 a6 b6 a6 b6 a6; II a6 b6 a6 b6 a6 b6 a6 b6; III a6 b6 a6 b6 a6 b6 a6 b6; IV (a)3’ a3’ b5’ (a)3’ > a3’ b5’ (a)3’ > a3’ b5’ (a)3’ a3’ b5’; V (a)3 [a3] [b6] [(a)3] a[3] b6 (a)3 a3 b (a)3 a3 b6; VI a8 b8 a8 b8 a8 b8 a8 b8. Rime: -ar, -on (I); -és, -an (II); -ais, -ór (III); -enza, -ire (IV); -ai, -ér (V); -en, -órs (VI). Rispetto allo schema dato da Frank (descort: 4), registro le seguenti modifiche: nell’edizione, la strofa VI è scomposta in due semistrofe numerate VIa e VIb (in quanto entrambe hanno funzione di tornada); inoltre, nella strofa IV il secondo stico in rima a non è mai tetrasillabico ma sempre trisillabico, perché nei versi 27 e 29 sono presenti due anasinalefi (>), peraltro molto frequenti nei descortz occitanici; infine, ho introdotto le rime interne nelle strofe IV-V non distinte nel repertorio, perché è evidente che l’intero descort è giocato sull’iterazione per quattro volte di distici in rima ab con variazione di metri e rime interne a seconda delle strofe. Ho fatto tesoro, come si è già visto, dell’intuizione di Frank, che immaginava una lacuna nella strofa V, riportandola però all’inizio di essa, non alla fine. In ragione delle rime interne, anche la formula sintetica di Frank deve essere riscritta nel seguente modo (con la barra obliqua indico la presenza di rima interna):

1

2

3

4

5

6

4A

4A

4A

4B

4C

4D

2

2

2

2/

2/

2

Rispetto allo schema fornito da Canettieri, “Descort es”, pp. 379-380, oltre a reintrodurre i versi caduti, convengo con Alfred Jeanroy (recensione a Anglade, «Poésies du troubadour», Romania, 51 1925, pp. 306-310, a p. 307; recensione a Cavaliere, Le poesieRomania, 63, 1937, pp. 111-114, a p. 112) sulle ipermetrie dei vv. 19 e 21 (strofa III): data la tornitura metrica esasillabica delle prime tre strofe (che di fatto sono normali coblas singulars), è più economico ritenere che ad essere errati siano questi versi, facilmente emendabili (cfr. le note ai versi stessi), piuttosto che considerare ipometri i vv. 17 e 23. Escluderei invece che vi sia una dissimmetria originaria, come prospettato da Canettieri, “Descort es”, pp. 136-137 e 614, perché, già piuttosto rara in sé e sempre tacciabile di corruttela dei (pochi o unici) mss. latori, non se ne hanno altre spie in questo descort, ben squadrato e simmetrico. Che i due mss. Gc non siano esenti da mende è evidente per i motivi visti sopra. Non separo neppure la strofa VI in due parti di quattro versi ciascuna, sia perché tale suddivisione va contro quella che pare una costante del testo, cioè l’isostrofismo di otto versi, sia perché ad avere i caratteri della tornada non sono solo i vv. 45-48 che contengono l’invio al conte di Savoia, ma anche i vv. 41-44 dove si conclude il discorso amoroso con un repentino cambio, in riferimento alla donna, dal pronome di 3a persona singolare a quello di 2a plurale, che è tipico di molte tornadas. Va notato inoltre che, forse anche a causa della lacuna, nessuno dei due codici è stato in grado di riconoscere la struttura metrica del descort. Il ms. c divide apparentemente il testo per strofe (o periodi secondo la terminologia di Canettieri) ma esse non coincidono con la formula rimica, tranne che nel caso della strofa I, in quanto nella seconda partizione cadono anche i primi due versi della strofa III; quanto resta della strofa III viene raggruppato con i primi quattro versi della strofa IV; ciò che resta della IV finisce insieme alla V; le strofe VIa e VIb formalmente identiche sono divise, fatto che ha influenzato Canettieri. In G invece il copista distingue la prima strofa, scritta sotto un tetragramma non annotato; poi raggruppa insieme le strofe II e III e infine non distingue nessuna delle restanti. Il codice G segue per lo più una partizione sintattica, raggruppa, cioè le strofe dotate di continuità sintattica; inoltre, è interessante che questo codice segnali col punto metrico, ma non separi mai su due righe, i versicoli delle strofe IV e V.

Informazioni generali

Il testo è difficilmente databile, benché Peire Raimon de Tolosa (il trovatore più giovane con questo nome) risulti attivo tra Provenza e Italia settentrionale nei primi due decenni del XIII secolo. Il conte di Savoia cui è dedicato il descort ai vv. 45-46 deve pertanto essere identificato con Tommaso I di Savoia (1178-1233).

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