Rialto    IdT

 

Peire Raimon de Tolosa, Era pos l’ivernz fraing los broz (BdT 355.4),
Pos vei parer la flor el glai (BdT 355.13),

Si com celui qu’a servit son seignor (BdT 355.16),

Non es savis ne gaire ben apres (BdT 364.30a)


 

Circostanze storiche

 

 

   

L’attività di Peire Raimon de Tolosa è databile solo approssimativamente (sulla possibile esistenza di due trovatori che portarono questo nome, cfr. Circostanze storiche di Ab son gai plan e car, BdT 355.1 e più avanti in questa scheda ciò che concerne la contrafattura di Pos vei parer la flor el glai, BdT 355.13). Egli fu certamente in Italia nei primi decenni del XIII secolo (1200-1225 circa), come mostrano le canzoni dedicate a Beatrice d’Este, monaca dal 1218-1220 (Tostemps aug dir qu’us jois autre n’adutz, BdT 355.18), a Rambertino Buvalelli, morto nel 1221 (De fin’amor son tuit mei pensamen, BdT 355.6), a Guglielmo Malaspina, morto nel 1220 (Pos vei parer la flor el glai, BdT 355.13), a Corrado Malaspina (Si com celui qu’a servit son seignor, BdT 355.16), o genericamente composte per i marchesi Malaspina (Era pos l’iverns fraing los brotz, BdT 355.4); a sostegno di questa frequentazione delle corti italiane vi sono anche le coblas di Uc de Saint Circ Pei Ramonz ditz (BdT 457.27) e Raimonz, en trobar es prims (BdT 457.32), la prima delle quali imita una canzone di Aimeric de Peguilhan (Aimeric de Pegulhan, Ses mon apleich, BdT 10.47) dedicata a Emilia da Ravenna e databile a maglie larghe tra il 1212 e il 1225. Inoltre, egli è il candidato più verosimile per l’attribuzione di Non es savis ne gaire ben apres (BdT 364.30a).

Peire Raimon de Tolosa faceva dunque parte di quel folto numero di trovatori che frequentarono l’Italia in questi decenni e che probabilmente, pur muovendosi autonomamente, si trovavano spesso a condividere nello stesso momento l’ospitalità dei medesimi signori feudali, con conseguenti collaborazioni ma anche ostilità: alla corte d’Este troviamo, infatti, anche Aimeric de Peguilhan, vero dominatore della scena italiana di quegli anni (e non troppo amato dai più giovani), Albertet, Guilhem de la Tor, Uc de Saint Circ, Rambertino Buvalelli. Ad eccezione di Rambertino, gli stessi nomi tornano anche in relazione alla corte dei Malaspina e solo per Uc de Saint Circ si può supporre un approdo un po’ più tardo, mentre per gli altri si tratta degli stessi anni.

Gli spostamenti di Peire Raimon de Tolosa non sono tracciabili e pertanto le sue liriche non possono essere datate con precisione. Per i testi qui in questione (tutte canzoni; per Era pos l’ivernz si rimanda alla scheda metrica dell’edizione) Cavaliere 1935, pp. vii-viii, restava sul vago, ma ammetteva che le prime tre canzoni fossero contemporanee a quella dedicata a Beatrice d’Este; vedeva, ad ogni modo, come precedente il patronato di Guglielmo Malaspina rispetto a quello di Corrado. La precedenza della corte di Guglielmo su quella di Corrado è idea diffusa (cfr. Anglade 1919-1920, pp. 163-164; Jeanroy 1934, p. 241), in parte suggerita del fatto che alcune figure della famiglia di Corrado, come Selvaggia, compaiono nei testi anche dopo il 1220, anno di morte di Guglielmo. Ma tale modo di pensare è in realtà tautologico, perché è sempre vero che dopo il 1220 i trovatori non potevano più fare riferimento a Guglielmo, bensì a Corrado e alla sua famiglia, ma questo non garantisce affatto che a questi ultimi non si siano rivolti anche prima. In effetti, conserviamo dei testi dedicati a Selvaggia e alla sorella Beatrice che precedono certamente il 1220 e su questa base i testi dedicati a Corrado e di per sé indatabili possono comunque essere stati composti prima del 1220. Caïti-Russo 2005, pp. 85-86, ha, del resto, già sottolineato che l’idea di una successione della corte di Corrado a quella di Guglielmo è troppo «sempliste» e su tale linea prudente si è posto anche il Guida - Larghi 20143, p. 407.

Un’altra convinzione piuttosto diffusa è che Peire Raimon de Tolosa, come gli altri trovatori attivi nelle corti italiane, abbia frequentato una sola corte alla volta e che pertanto sia possibile definire gli anni da lui trascorsi in un luogo e quindi poterne datare le relative composizioni. Giova però ricordare con Squillacioti 2009, § 1.3.2, che «non è dimostrabile che i poeti intrecciassero rapporti con una sola corte per volta o che dovessero necessariamente esaurire la propria esperienza con una corte in un unico periodo». Sono quindi da scartare quelle ricostruzioni che propongono di tracciare nella carriera di Peire Raimon de Tolosa una successione quale: corte estense > corte di Guglielmo > corte di Corrado (e si aggiunga che niente ci assicura che anche il passaggio in Savoia presso Tommaso I cantato in Ab son gai plan e car, BdT 355.1 – cfr. le relative Circostanze storiche – sia collocabile prima di tutte queste frequentazioni e non invece in contemporanea). Tra queste ricostruzioni possiamo porre quelle di Anglade 1919-1920, pp. 163-165, di Cavaliere 1935, pp. vi-viii, e soprattutto quella di Bettini Biagini 1981, pp. 68-70; quest’ultima è in particolare tanto più seducente in quanto pretende di fondarsi sui dati estratti dai documenti d’archivio, interpretati in modo spesso contestabile o errato, e sulla scorta dell’idea stessa che un trovatore non potesse frequentare più di una corte in un unico anno o in un giro d’anni, fatto che i testi stessi contraddicono (si vedano almeno le Circostanze storiche di Li fol e·il put e·il filol, BdT 10.32 e le Circostanze storiche di Per razo natural, BdT 10.40). Per Peire Raimon de Tolosa Bettini Biagini 1981 propone, come per ogni altro trovatore attivo in Italia in questo periodo in una sorta di reductio ad unum di cui non si comprende lo scopo, la seguente cronologia: dall’arrivo in Italia fino alla morte di Azzo VI d’Este nel 1212 presso la corte estense, poi presso la corte di Guglielmo Malaspina fino al 1220 e infine presso quella di Corrado Malaspina, dove avrebbe concluso la propria carriera. La dimostrazione di Bettini Biagini 1981, p. 70, si appunta sulla tornada di Pos vei parer la flor el glai (BdT 355.13, vv. 46-50), in cui la studiosa vede la prova che Peire Raimon inviasse da lontano le canzoni ai Malaspina oppure si stesse trasferendo dalla corte estense a quella malaspiniana: «Ia no·m tenran fossat ni mur / que ma chanso / non port al valen et al pro / Guillem Malaspina q’es guitz / de prez, c’us no lo·ill contraditz». Il fatto che Peire dica che “porta” la canzone a Guglielmo è prova, per Bettini Biagini 1981 (che pertanto si sente autorizzata a datare la canzone al 1212), del trasferimento dalla corte estense alla corte malaspiniana. Che Peire Raimon non si trovi presso i Malaspina e esprima l’intenzione di recarvisi è senza dubbio vero. Ma quel che il testo non dice è da dove Peire Raimon stia giungendo; e visto che si può supporre che egli, come gli altri trovatori, vagasse parecchio per le corti durante la bella stagione per esibirsi (e guadagnare), non essendo detto da dove giunga ed essendo pura illazione ritenere che la provenienza sia la corte estense, noi non siamo in grado di dare altra collocazione cronologica al testo che non sia genericamente ante 1220, prima cioè della morte di Guglielmo. Peraltro, questa canzone è stata imitata, secondo Marshall 1980, pp. 295-297, da Bertran de Born nel sirventese Pos lo gens terminis floritz (BdT 80.32) scritto nel 1184, per cui si deve presupporre un riuso della canzone da parte di Peire Raimon de Tolosa a distanza di anni, fatto che inficia del tutto la ricostruzione di Bettini Biagini.

La contrafattura di Bertran de Born ha un peso anche sull’ipotesi che sotto il nome di Peire Raimon de Tolosa sia confluita l’opera di due autori omonimi. Se la canzone Pus vey parer la flor el glai (BdT 355.13) è infatti imitata nel 1184 da Bertran de Born, essa presenta al contempo, nei soli testimoni Da2H (a fronte di CDa1IKMT), una tornada dedicata a Guglielmo Malaspina, probabilmente il marchese di questo nome che regnò dal 1194 al 1220, frequentato dai trovatori nei primi due decenni del XIII secolo, soprattutto nel secondo (l’unica altra possibilità sarebbe di identificarlo con un fratello del nonno Opizzo I il Grande, che si chiamava anch’egli Guglielmo e morì dopo il 1167; ma di lui sappiamo pochissimo dai documenti e niente dai trovatori). BEdT si domanda se la tornada possa essere apocrifa e se vi sia in ciò «traccia di doppia redazione o riutilizzazione da parte di un secondo trovatore o giullare», ma poiché la dedica al Malaspina concorda, come si è visto sopra, con altre dediche di Peire Raimon alla stessa stirpe, l’unica ragione per ritenere spuria la tornada di Da2H è pensare che siano esistiti due Peire Raimon; il che però sembra smentito proprio da questo testo (si aggiunga che la formula metrica è così rara che ritenere la tornada malaspiniana aggiunta per caso a un testo di Peire Raimon è alquanto improbabile). È più ragionevole pensare che a riutilizzare il testo sia sempre Peire Raimon de Tolosa ad anni di distanza. La questione, ad ogni modo, non può darsi per chiarita. Non si trascuri però che anche Non es savis ne gaire ben apres (BdT 364.30a) è dedicata a Guglielmo Malaspina e tra le quattro attribuzioni dei codici, Giraut de Bornelh, Peire Vidal, Peirol, Peire Raimon de Tolosa, è proprio quest’ultimo l’autore più probabile.

Una cronologia imprecisabile vale anche per l’elogio di Corrado nella tornada di Si com celui qu’a servit son seignor (BdT 355.16, vv. 45-48): «Chansos, vai me tost retrair’e comtar / ad Auramala, e dir al bon marques / meser Conrat q’en lui a tan de bes / per c’om lo deu Sobretotz apellar». Il testo è indatabile e poiché le figlie di Corrado, Selvaggia e Beatrice, sono già protagoniste negli anni Dieci della treva di Guillem de la Tor (Pos n’Aimerics a fait far mesclança e batailla, BdT 236.5a) e continuano a rivestire un ruolo mecenatesco anche all’inizio degli anni Venti (citate insieme al padre in Albertet, En amor trob tantz de mals seignoratges, BdT 16.13, scritto nel o posteriore al 1220) è impossibile specificare se il testo vada riferito al secondo o al terzo decennio del XIII secolo, tanto più che Corrado morì solo nel 1253-1254. Pur estremamente avara in datazioni esplicite, Caïti-Russo 2005, p. 14, sembra proporre una datazione antecedente il 1220, con l’argomento che in quell’anno (ma in realtà sarebbe il 1221) con la spartizione dei beni tra il ramo dello Spino Secco (Corrado) e quello dello Spino Fiorito (eredi di Guglielmo) il castello d’Oramala (v. 49) restò allo Spino Fiorito e fu abbandonato da Corrado. Tale datazione sembra però basarsi sull’idea implicita che i due rami non trovassero quelle occasioni di contatto, di reciproca frequentazione e di coerenza di scelte politiche, che invece emergono abbondanti dai documenti, e non potessero frequentare ancora gli stessi luoghi (gli uni come proprietari, gli altri come ospiti); pertanto anch’essa sembra una datazione discutibile. Anche per Si com celui qu’a servit son seignor (BdT 355.16) bisogna accontentarsi di una datazione generica, così come ben visto da Larghi in Guida - Larghi 2014, p. 407.

A maggior ragione solo generica può essere la datazione e la contestualizzazione di Era pos l’iverns fraing los brotz (BdT 355.4), un testo non perfettamente unitario in cui nel deprecare la corruzione del pregio tra l’alta nobiltà, Peire Raimon distacca dalla schiera di baroni ignobili la “mala spina” (v. 27), intesa in modo etimologico e antifrastico. Che l’elogio non riguardi solo Guglielmo o solo Corrado, ma l’intera famiglia, è evidente per il fatto che il trovatore ne parla al plurale (almeno nella versione di DaIK; v. 29: «lur bes pueg», vv. 31-32: «tut bon fait ensems / renhon ab lur»). Stando così la questione, la precisione del contesto non può essere in alcun modo attinta.

Pongo, infine, in questa discussione anche Non es savis ne gaire ben apres (BdT 364.30a), testo d’attribuzione incerta, ma forse attribuibile a Peire Raimon de Tolosa (per la questione attributiva si veda l’edizione del testo). Tra i nomi proposti dalle rubriche dei manoscritti o ricostruibili sulla base di ciò che ne resta (è il caso del canzoniere di Bernart Amoros, pur con qualche dubbio), quello del trovatore tolosano è l’unico ad essere congruente per tempo, luogo e frequentazioni con il Guglielmo Malaspina menzionato nella tornada. Si tratterebbe quindi di una canzone composta nei primi due decenni del XIII secolo (Guglielmo morì nel 1220). Tale attribuzione rende altresì più salda la paternità della tornada di Da2H in Pos vei parer la flor el glai (BdT 355.13).

 

 

Bibliografia

 

Anglade 1919-1920

Joseph Anglade, «Poésies du troubadour Peire Raimon de Toulouse», Annales du Midi, 31-32, 1919-1920, pp. 157-189 e 257-304.

 

Bettini Biagini 1981

Giuliana Bettini Biagini, La poesia provenzale alla corte estense. Posizioni vecchie e nuove della critica e testi, Pisa 1981.

 

Caïti-Russo 2005

Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005.

 

Cavaliere 1935

Alfredo Cavaliere, Le poesie di Peire Raimon de Tolosa, Firenze 1935.

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2014.

 

Jeanroy 1934

Alfred Jeanroy, La poésie lyrique des troubadours, 2 voll., Toulouse-Paris 1934.

 

Marshall 1980

John H. Marshall, «Pour l’étude des contrafacta dans la poésie des troubadours», Romania, 101, 1980, pp. 289-235.

 

Squillacioti 2009

Paolo Squillacioti, Le poesie di Folchetto di Marsiglia, nuova edizione riveduta e aggiornata per il Corpus des Troubadours, 2009 (https://trobadors.iec.cat/).

 

Giorgio Barachini

25.ix.2018


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