Rialto

364.2

 

Peire Vidal

 

 

 

 

Ajostar    e lassar

Così bene so mettere insieme e legare parole e musica, che nella poesia ricca e preziosa nessuno riesce a starmi dietro, quando ne ho buon argomento. Ma la bella cui appartengo mi tormenta così come se io avessi commesso verso di lei un torto o un tradimento. Quando l’ho vista, a tal punto ha colpito il mio cuore avido, che sempre mi sforzo di ottenere il suo vantaggio, e non mi fa se non del male. Mi vuole male e non so perché, tranne che per il solo fatto che amo lei più di me.

sai tan gent motz e so,

que del car    ric trobar

no·m ven hom al talo,

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quant n’ai bona razo.

Mas auci    me aissi

la bella de cui so,

cum s’ieu fes mespreizo

vas lieis o tracio.

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Quant la vi    si·m feri

mon coratge gloto,

qu’ades poinh el sieu pro,

e no·m fai si mal no.

Mal mi vol e no sai per que,

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mas sol quar am lieis mais que me.

 

Assatz par    que lonhar

Davvero sembra che mi abbia voluto allontanare dalla sua regione, quando mi ha fatto oltrepassare il mare, e di questo l’accuso. Ma non la temo, perché io l’ho servita con cuore puro, finché ho potuto senza riserve, e non ne ho avuto ricompensa, se non con un piccolo pegno. Sì che l’ho avuta [scil. una ricompensa], che un mattino sono entrato nella sua dimora e le ho rubato un bacio sulla bocca e sul mento. Questo ne ho avuto, e nient’altro, e sono davvero morto se si tiene il di più.

me volc de sa reio,

quan passar    mi fes mar,

per qu’ieu la n’ochaizo.

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Mas no·i ai sospeisso,

qu’ieu·l servi    ab cor fi,

tan quan puec a bando,

e no·n aic guizardo,

mas sol d’un pauc cordo.

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Si agui,    qu’un mati

intrei dins sa maizo

e·lh baiziei a lairo

la boca e·l mento.

So n’ai agut e no mais re

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e sui totz mortz, si·l plus rete.

 

Sospirar    e plorar

Mi fa molto spesso sospirare e piangere, mentre preferirei rallegrarmi e cantare, se le facesse piacere; ma ha cuore di drago, che a me parla con malumore e agli altri intorno sorride, e mi fa occhi da leone: per tale mancanza fece di me un pellegrino, che mai un pio pellegrino fu così forzato al pellegrinaggio. E se si vuol dire il vero, ognuno dovrebbe perseguire il suo bene, prima che un cattivo signore lo tratti male.

mi fai manta sazo,

qu’alegrar    e chantar

volgra mais, si·l fos bo;

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mas cor a de drago,

qu’a me di    mal e ri

als autres deviro,

e·m fai huelhs de leo:

per aital faillizo

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fes de mi    pelegri,

qu’anc romieus d’orazo

mais ta forsatz no fo.

E qui·l ver en despo,

totz hom deu percassar son be,

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ans que mals seinhers lo malme.

 

Abrazar    e cremar

Mi fa infiammare e bruciare come il fuoco il carbone. Quando la guardo, tanto vedo chiaramente i suoi occhi e il suo volto, che non conosco salvezza se cambio e mi distolgo dall’amarla. Ahi signori! come mi tiene nella sua prigione Amore, che vinse Salomone e anche Davide e il forte Sansone e li tenne nella sua prigione, che mai ebbero riscatto fino alla morte; e poiché mi tiene, dovrò stare alla sua mercé.

mi fai cum fuecs carbo.

Quan l’esgar,    tan vei clar

sos huelhs e sa faisso,

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que non sai guerizo,

si·m cambi    ni·m desvi

d’amar liei. Hai baro!

Co·m te en sa preizo

amors, que Salamo,

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e Davi    atressi

venquet e·l fort Samso,

e·ls tenc en son grillo,

qu’anc non ac rezemso

tro a la mort; e pus mi te,

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ad estar m’er a sa merce.

 

Esperar    e muzar

Mi fa sperare e attendere invano come un bretone, visto che mai l’amore o l’onore le ho contestato. Anzi, che Dio mi perdoni, mi sono allontanato da una tale che mi avrebbe dato un dono tanto grande che il buon re d’Aragona ne sarebbe onorato; e allora perché mi ha mandato in esilio? che io vi assicuro, quando ne sento dire la buona fama, una gioia perfetta mi impone di farne una canzone. E quindi poiché a tal punto l’amo e ho fiducia in lei non ci devo trovare malafede.

mi fai coma Breto,

qu’anc l’amar    ni l’honrar

no·lh mis en contenso.

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Ans, si Dieus mi perdo,

m’en parti    de tal qui

m’agra dat tan ric do,

que·l bos reis d’Arago

for’honratz; e doncs co

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me faidi?    Qu’ie·us afi,

quan n’aug dir bon resso,

gaugz entiers mi somo

qu’en deia far chanso.

E doncs pus tan l’am e la cre,

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ja no·i dei trobar mala fe.

 

Pus pauzar    ni finar

Poiché non posso avere riposo né quiete in nessun momento, me ne voglio ritornare e andare al più presto fra Arles e Tolone di nascosto, perché preferisco qui un piccolo campo, che avere là Le Daron, o avere Le Toron o Ibelin: ma vili, falsi calunniatori avidi mi hanno mosso contesa e allontanato dal Peiro e Don Drogoman non mi ascolta né mi vede, perché allontana da sé il mio caro Amico.

no puesc nulha sazo,

retornar    et anar

m’en vuelh ad espero

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entr’Arle e Tolo

a tapi,    quar aqui

am mais un pauc cambo,

qu’aver sai Lo Daro,

ni aver Lo Toro

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N’Ibeli:    mas frairi

fals lauzengier gloto

m’an moguda tenso

e lunhat del Peiro,

e·N Drogomans no m’au ni·m ve,

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quar mon car Amic part de se.

 

A mon amic Folco

Invio la mia canzone laggiù, al mio amico Folcone, perché la canti per me in un luogo adatto ovunque gioia va e viene.

tramet lai ma chanso

que la chant en bon loc per me,

al tenen on joi vai e ve.

 

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Mal astre Dieus li do,

Mala sorte Dio faccia avere a colui che il conte d’Avignone ha messo in così dura lite con me, che Donna Vierna non mi vede.

qui·l comte d’Avinho

mesclet tan malament ab me,

per que Na Vierna no·m ve.

 

Mas a Tripol m’ado,

E mi affido a Tripoli, perché quando gli altri baroni cacciano via il pregio, lui lo mantiene e non lo lascia allontanare da sé.

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que quan l’autre baro

caço prez, et el lo rete

e no·l laissa partir de se.

 

 

 

Testo: Peire Vidal, Poesie. Edizione critica e commento a cura di d’Arco Silvio Avalle, Milano-Napoli 1960, 2 voll., vol. I, p. 33 (III).

Traduzione di Antonella Martorano. – Rialto 5.xii.2003.


Testo

BdT    Peire Vidal