Rialto    IdT

364.30a

 

   

Peire Vidal (Peire Raimon de Tolosa ?)

 

 

 

 

   

I.

   

Non es savis ne gaire ben apres

   

cel qe·s blasma d’Amor ni mal en ditz:

   

q’Amors sap gent donar gaug als marritz

4  

e fai tornar los mals adauz cortes

   

e chascun fai de falhimen gardar,

   

qe gent la sap car tener e celar;

   

et als faillitz don’avinen perdo

8  

e·l fin amant son per lei car e bo.

   

 

   

II.

   

Ben aja·l temps e·l jorns e l’ans e·l mes

   

q’el dolz cors gais, plagenters, gent noirritz,

   

part los meillors desiraz e grazitz,

12  

de leis q’es tant complida de toz bes,

   

me saup ferir el cor d’un dolz esgar,

   

don ja no·m voil departir ni sebrar;

   

qar ges non es domna, ni er, ni fo

16  

de tan bos aips ab tan gentil faisso.

   

 

   

III.

   

Anc mais a nul aman tan be ne pres

   

ni tan no fo de fin joi enriquitz,

   

com eu cel jorn qe mos chanz fo auzitz

20  

per vos, dompna, e·us plac q’eu retraisses

   

vostra lauzor e·l prez complit e car;

   

e s’eu sai re d’avinen dir ni far,

   

vostra beutat e l’honor n’ochaiso,

24  

q’eu teing engal d’un complit gazerdo.

   

 

   

IV.

   

Tant m’aves dat pos qe m’agues conqes,

   

per q’autre dos per mi no·us er qeritz;

   

mas vostre cors part los meillors chauzitz

28  

sap qe·s cove gardar en totas res;

   

pero cel qi ses qere vol donar,

   

be fai lo dos mai mil tans a prezar;

   

q’eu ai ben vist ses qere far ric do,

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e dos qeritz mermar lo meil del pro.

   

 

   

V.

   

Mon ferm voler, donn’, ai tant en vos mes,

   

qe ja no·n er deloignatz ni partitz,

   

e car d’Amor soi pres e conqeritz,

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ben dei rendre d’esta preizon merzes;

   

be fo astrucs qi primier saup amar,

   

c’om qu’es cortes en sap melhs eschivar

   

enoig, vilania e failliso,

40  

per qu’eu estauc en bona sospezo.

   

 

   

VI.

   

Seigner Guillem Malaspina, Deu gar

   

vostra valor e·l pretz complit e car.

   

Q’en vos trob’om joi e solaz e do,

44  

per q’eu vos voill presentar ma chanso.

 

 

Traduzione [gb]

I. Non è saggio né per niente ben istruito colui che si lamenta di Amore e ne parla male: perché Amore sa donare graziosamente gioia agli afflitti e fa diventare cortesi i piaceri corrotti e mette in guardia dallo sbagliare chiunque lo [= l’amore] sappia tener caro e nascosto; e a chi ha sbagliato dona un decoroso perdono e gli amanti perfetti sono elevati e nobilitati grazie a lui.
II. Benedetto sia il tempo e il giorno e l’anno e il mese in cui la dolce persona gioiosa, piacevole, nobilmente allevata, desiderata e gradita più dei migliori, di colei che è tanto perfetta in ogni bene, mi seppe infliggere una ferita nel cuore con un dolce sguardo, da cui non mi voglio allontanare e separare; perché non c’è affatto, né ci sarà, né ci fu signora con così tante eccellenti qualità e allo stesso tempo di tanto grazioso aspetto.
III. Mai a un amante venne tanto bene ed egli non fu così ricolmo di gioia pura come me quel giorno in cui il mio canto fu ascoltato da voi, signora, e vi piacque che io riferissi la vostra lode e il pregio perfetto e prezioso; e se io so dire o fare qualcosa di bello, imputo ciò alla vostra bellezza e al vostro onore, che considero al pari di una ricompensa perfetta.
IV. Mi avete concesso così tanto dopo che mi avete conquistato che un altro dono non vi sarà chiesto da parte mia; ma voi, prudente più dei migliori, sapete che è opportuno fare attenzione in ogni circostanza; perciò per colui che vuole donare senza esserne richiesto il dono si fa davvero apprezzare mille volte di più; e io ho davvero visto fare un dono abbondante senza che fosse richiesto e invece i doni richiesti diminuire la parte migliore del profitto.
V. Ho posto in voi, signora, la mia salda volontà, che da voi non sarà mai allontanata né separata, e poiché sono catturato e sottomesso da Amore, devo veramente rendere grazie per questa prigionia; fu davvero nato sotto una buona stella il primo che seppe amare, perché dall’amore una persona cortese impara a evitare meglio noia, villania e manchevolezza, per questo io me ne sto in speranzosa attesa.
VI. Sire Guglielmo Malaspina, Dio custodisca il vostro valore e il pregio perfetto e prezioso. Perché in voi si possono trovare gioia, divertimento e generosità, per questo io vi voglio offrire la mia canzone.

 

 

 

Testo: Avalle 1960. – Rialto 25.ix.2018.


Mss.: P 5r, c 73v, ca 34, e 226-230.

Edizioni critiche: Joseph Anglade, Les poésies de Peire Vidal, Paris 1923, p. 141; d’Arco Silvio Avalle, Peire Vidal, Poesie, Milano-Napoli 1960, p. 445; Gilda Caïti-Russo, Les troubadours et la cour des Malaspina, Montpellier 2005, p. 92.

Altra edizione: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. I, p.169 (testo di Anglade).

Metrica: a10 b10 b10 a10 c10 c10 d10 d10 (Frank 577:39). Canzone (v. 44) di cinque coblas unissonans di otto versi e una tornada di quattro versi (ultimi quattro della strofa). Rime: -és, -itz, -ar, -ó. Il metro è uno dei più frequenti nella poesia trobadorica e ricorre altre quattro volte nella sola produzione di Peire Vidal.

Note: La data di composizione è antecedente il 1220, anno di morte di Guglielmo Malaspina: cfr. Circostanze storiche. – La canzone è attribuita a Giraut de Bornelh da Pe e a Peire Vidal da c. Nel canzoniere di Bernart Amoros, la canzone poteva trovarsi al f. 60r o al f. 60v: in questa posizione poteva essere attribuita a Peirol o Peire Raimon de Tolosa. Questa doppia possibilità è dovuta alla nota discrasia tra la tavola degli autori, il cui copista cinquecentesco «considère comme unité de référence non le recto et le verso d’un même feuillet, mais l’ensemble constitué par le recto d’un feuillet et le verso de celui qui le précède immédiatement», e la Tavola Palatina contenente gli incipit dei componimenti non copiati in a da Jacques Teissier, che «a la même conception que nous du folio» (François Zufferey, Recherches linguistiques sur les chansonniers provençaux, Genève 1987, p. 87): se la canzone fosse stata al f. 60v, avrebbe quindi potuto essere rubricata come ultimo testo di Peirol o come primo di Peire Raimon de Tolosa. A favore del primo parla la disposizione stessa registrata nelle tavole, perché nella Tavola Palatina il testo figura al f. 60 (cioè f. 60rv), mentre nella tavola degli autori Peire Raimon è registrato al f. 61 (cioè ff. 60v-61r), ma poiché il f. 61rv, con le poesie del tolosano, era già completo, contenendo in tutto cinque testi, come ricostruito in Barachini 2015, pp. 79-82, per attribuirgli anche Non es savis, bisogna supporre da un lato che la poesia si trovasse interamente al f. 60v, dall’altro che la sezione dedicata a Peire Raimon iniziasse qui con un testo spurio e non al f. 61rv con quattro testi di paternità certa. Invece, lasciandola a Peirol, la canzone sarebbe l’ultima di questa sezione, posizione in cui facilmente si incontrano testi di attribuzione incerta. Invece, a favore di Peire Raimon parla la citazione del testo in Jean de Nostredame, che ne trae alcuni versi dal canzoniere di Sault, affine, anche se non identico, al canzoniere di Bernart Amoros, essendo impossibile che essi provengano da f dove il componimento non è trascritto (cfr. Camille Chabaneau - Joseph Anglade, «Essai de reconstitution du chansonnier du comte de Sault», Romania, 40, 1911, pp. 243-322, a p. 288; Jehan de Nostredame, Les vies des plus célèbres et anciens poètes provençaux, publiées par Camille Chabaneau et Joseph Anglade, Paris 1913, p. 177). Tuttavia, Caiti-Russo, Les troubadours, p. 91, sulla base di Avalle, Peire Vidal, p. 443, che, per quel che concerneva il canzoniere di Bernart Amoros, la assegnava a Peirol, crede che Nostredame abbia inventato tale attribuzione per via della tornada indirizzata a Guglielmo Malaspina. Si può aggiungere che, ignorando dimensioni e confezione dei due codici perduti, è possibile che un errore attributivo sia avvenuto nel canzoniere di Sault per scivolamento tra la coda di Peirol e la testa di Peire Raimon o anche che il testo non avesse rubrica. Permangono, ad ogni modo, incertezze sulla sua attribuzione nel canzoniere di Bernart Amoros. L’attribuzione a Peire Raimon è, però, l’unica che abbia il vantaggio della coerenza, in quanto questi è tra i possibili autori l’unico trovatore che abbia frequentato e cantato la corte dei Malaspina. «L’attribuzione singolare di P a BEdT 242 GrBorn (da cui dipende e) ha di per sé scarsa o nulla rilevanza», secondo BEdT, perché P è in questa sezione inaffidabile, né risulta che Giraut sia mai stato in Italia. Karl Bartsch, Peire Vidal’s Lieder, Berlin 1857 non pubblicava il testo tra quelli di Peire Vidal e nel Grundriss (Karl Bartsch, Grundriss zur Geschichte der provenzalischen Literatur, Elberfeld 1872) la assegnava a Giraut de Bornelh. Gustav Gröber, «Die Liedersammlungen der Troubadours», Romanische Studien, 2, 1875-1877, pp. 337-670, a p. 448 riteneva invece che nella fonte di P il testo fosse correttamente attribuito a Peire Vidal. Sigmund Schopf, Beiträge zur Biographie und zur Chronologie der Lieder des Troubadours Peire Vidal, Breslau 1887, ne condivideva l’argomento e lo rafforzava, tuttavia, con un’inesatta identificazione di Guglielmo Malaspina. Anche Adolf Kolsen, Guiraut von Bornelh, Berlin 1894, pp. 11-14, escludeva la paternità giraldiana, perche il trovatore non fu mai in Italia, e parimenti hanno fatto Bruno Panvini, Giraldo di Bornelh, trovatore del sec. XII, Catania 1949, pp. 103-104, e Ruth Verity Sharman, The Cansos and Sirventes of the Troubadour Giraut de Borneil: a Critical Edition, Cambridge 1989, p. 24. Anglade incluse il testo tra quelli del Vidal sulla scorta di Schopf, ma tale attribuzione era già stata contestata da Francesco Torraca, «Pietro Vidal in Italia», in Studi di storia letteraria, Firenze 1923 (già in Atti della R. Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti di Napoli, n.s. 4, 1915, pp. 211-250), a p. 93 per motivi di stile. Le ragioni stilistiche sono state riprese da Giulio Bertoni,  I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 13, De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. I, p. 169, Alfred Jeanroy, La poésie lyrique des troubadours, 2 voll., Toulouse et Paris, 1934, vol. I, p. 240: tutti escludono sia il nome di Giraut de Bornelh che quello di Peire Vidal. Anche Ernest Hoepffner, «Les poésies de Peire Vidal, d’attribution douteuse», in Mélanges d’histoire du Moyen Âge dédiés à la mémoire de Louis Halphen, Paris 1951, pp. 333-344, a p. 334, la nega al Vidal per incongruenza stilistica. Avalle, Peire Vidal, pp. 442-444 ritiene che nel capostipite della tradizione il testo potesse essere ascritto a Peire Vidal, come voleva Gröber, o fosse adespoto, ma dubita della paternità vidaliana e lascia intuire fugacemente che il testo possa essere di Peire Raimon de Tolosa (stessi argomenti in Caiti-Russo, Les troubadours, pp. 90-91). Restando in questo modo ragionevoli solo le attribuzioni del canzoniere di Bernart Amoros, tra Peire Raimon e Peirol, è il trovatore tolosano l’autore più probabile del testo. L’errore attributivo (se non si tratta dell’anonimato prospettato da Avalle) presente nel capostipite toscano, da cui discendono P, c e ca, deve essersi generato per via di labili echi vidaliani o per una rubrica sciolta in modo erroneo a favore del Peire più noto. La canzone è forse stata conservata in questo settore della tradizione a causa delle analogie ravvisabili in Petrarca.

23. honor diviene amor in Anglade e di conseguenza in De Bartholomaeis. Già da Avalle si ha il ripristino della tradizione manoscritta.

27. Avalle mette a testo «part los meillor», ma discute poi in nota la lezione «part los meillors», pertanto ripristino la s caduta per errore di stampa.

29-30. Come evidenzia Avalle, Peire Vidal, p. 447, la costruzione di questi versi è anacolutica. La massima contenuta in essi, come nel distico seguente, è di origine senechiana (De beneficiis).

41. Si tratta di Guglielmo Malaspina, grande mecenate, morto nel 1220. Cfr. Circostanze storiche.

[gb]


BdT    Peire Vidal    IdT

Circostanze storiche