Rialto

319.4

 

   

Paulet de Marselha

 

 

 

 

   

Belha dompna plazens: ay!

   

dic soven quar ieu no·us ai,

   

quar vos am, que qu’ieu n’aya,

4  

mais Landrics no fes N’Aya.

   

 

   

Vostra chaptenensa,

   

don suy chaptenensa,

   

tenc ades el cor;

8  

e sitot m’acor,

   

ges mos cors non sia

   

d’amar finamen

   

vos on que ieu sia,

12  

e sitot no m’en

   

iauzisc de fin cor verai

   

. . . . . . . . . . . .

   

. . . . . . . . . . . .

16  

devetz m’esser veraya.

   

 

   

Vostre cors m’agensa

   

tant, quar ades gensa,

   

que mos cors en mor,

20  

e non ai demor

   

d’autra bell’amia.

   

E puesc a la gen

   

dir que non etz mia,

24  

qu’al vostre cors gen

   

mi dey cuy amors m’atray,

   

e d’amar vos no m’estray.

   

Ni crezatz que·m n’estraya

28  

per nulh mal qu’eu en traya.

   

 

   

Dompna de valensa,

   

s’era·m faitz valensa,

   

ia mais per nulh for

32  

non yssirai for

   

de vostra bailia,

   

tan la truep plazen

   

. . . . . . . . .

36  

. . . . . . . . .

   

quar tot quan vos platz mi play,

   

que res qu’ametz no·m desplai,

   

ni crezatz que·m desplaya

40  

nulha res qu’a vos playa.

   

 

   

Belha dona, ges no say,

   

quo·us puesca per nulh essay

   

tochar ios vostra saya,

44  

s’ans merces no·us assaya.

 

 

3 uaya    4 quenricx    14-15 versi omessi in C    28 quen    35-36 versi omessi in C

 

 

Traduzione

Bella dama piacente: Ah! Dico spesso perché non siete mia e malgrado ciò vi amo più di quanto Landrico amò Donna Aya.

Ho sempre a cuore il vostro comportamento, del quale sono sostenitore, e benché mi affligga, il mio cuore non cessa affatto di amarvi lealmente ovunque mi trovi, e benché non gioisca, di fedele cuore sincero … dovete essermi sincera.

La vostra persona che sempre risplende, mi piace tanto da morirne e non trovare piacere con un’altra bell’amica. E posso dire alla gente che non siete mia, che mi consegnai alla vostra nobile persona alla quale amore mi attrae, e non rinuncio ad amarvi. E non crediate che rinunci per qualche male di cui soffra.

Donna di valore, se avrò ricevuto soccorso, per nessuna legge uscirò mai fuori dal vostro potere, tanto lo ritengo gradito. … perché tutto quanto vi piace a me piace e ciò che amate a me non dispiace: non crediate che mi dispiaccia qualcosa che a voi piaccia.

Bella donna, non so come possa toccarvi, senza prova, sotto il vostro mantello, se prima pietà non vi assale.

 

 

Testo: Tornatore 2014. – Rialto 25.iii.2014.


Ms.: C 322r.

Edizioni critiche: Emil Levy, «Le troubadour Paulet de Marseille», Revue des langues romanes, 21, 1882, pp. 261-289, a p. 276; Isabel de Riquer, «Las poesías del trovador Paulet de Marselha», Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 38, 1979-1982, pp. 133-205, a p. 193 (con traduzione spagnola); Lidia Tornatore, Rialto 25.iii.2014.

Altra edizione: Isabel de Riquer, Paulet de Marselha: un provençal a la cort dels reis d’Aragó, Barcelona 1996, p. 131 (con traduzione catalana).

Metrica: A7 A7 B6’ B6’ a5’ a5’ b5 b5 c5’ d5 c5’ d5 A7 A7 B6’ B6’ (Frank 179:1, unicum). Dansa composta da un respos iniziale di quattro versi, tre coblas unissonans di dodici versi e una tornada di quattro. Rime derivative: 7 cor : 8 acor, 17 agensa : 18 gensa, 25 atray : 26 estray, 27 estraya : 28 traya, 37 play : 38 desplai, 39 desplaya : 40 playa; equivoche: 1 ay : 2 ai, 3 aya : 4 Aya, 5 : 6 chaptenensa, 9 : 11 sia, 29 : 30 valensa, 22 : 24 gen; identiche: 31 : 32 for; inclusive: 10 finamen : 12 en, 12 en : 22 gen, 12 en : 24 gen, 12 en : 34 plazen, 19 mor : 20 demor, 21 amia : 23 mia, 41 say : 42 essay, 43 saya : 44 assaya. Rims derivatius: 2 ai : 3 aya, 13 verai : 16 veraya, 26 estray : 27 estraya, 37 play : 40 playa, 38 desplai : 39 desplaya.

Note: Dansa di argomento amoroso non databile sulla base di elementi interni. – La metrica è molto simile a quella del villancico castigliano, genere musicale diffuso dalla fine del XV fino al XVIII secolo. – Al v. 4, il ms. C legge quenricx ma Levy emenda in Landrics sulla base di tre componimenti provenzali che citano il nome in coppia con Aya; cfr. Peire Raimon de Toloza, Ar ai be d’amor apres (BdT 355.3), vv. 30-32: «qu’ieu serai de bon celar / e plus fis, si Dieus m’ampar / que no fo Landricx a N’Aya», Pons de Capdoill, Humils e francs e fis soplei (BdT 375.10), vv. 41-42: «Vostr’om son, domna gaia, / et am vos mais que Landrics no fes Aia» e La Cour d’Amor (Léopold Costans, «Les manuscrits provençaux de Cheltenham – III. La Cour d’Amour», Revue des langues romanes, 20, 1881, pp. 157-179, 209-220, 261-276, a p. 270), v. 1524: «Amatz lo mais c’Aia Landric». Paul Meyer («Périodiques», Romania, 11, 1882, pp. 438-441, a p. 441) afferma che la correzione di Levy in questo punto non è per niente giustificata mentre Riquer consiglia prudenza per i seguenti motivi: 1) la lettura qu’Enricx di C non si può attribuire al copista per influenza del sirventese Ab marrimen et mala sabensa (BdT 319.1) dove ricorre la parola-rima N’Enric. Nel ms. la dansa si trova alla carta 322r-v, segue il sirventese alle carte 322v-323r; 2) Il ms. f, alla carta 58v (vecchia numerazione 63v) in cui è copiata la canzone Humils e francs e fis soplei ves vos di Pons de Capdoill, restituisce Enric; 3) Forse Paulet de Marselha ha creduto che il nome dell’amante di N’Aya fosse effettivamente Enricx. Aggiungiamo che in La Cour d’Amor l’editore restituisce erroneamente band ric ma Levy in persona corregge con Landric (Emil Levy, «Variétés», Revue des langues romanes, 21, 1882, pp. 238-239, a p. 239). In tempi più recenti, anche Matthew Bardell (La Cort d’Amor: A Critical Edition, Oxford 2002) riporta Landric come infine tramanda il ms. N. Non ci sono problemi, invece, in Raimon de Tolosa. Nonostante l’ipotesi avanzata da Riquer, accogliamo la correzione di Levy perché la coppia amorosa Landric-Aya è conosciuta dai trovatori. Riguardo all’identità dei due personaggi sembra non esserci correlazione con l’epopea francese Auchier i Landri né con la canzone di gesta Aie d’Avignon (Gaston Paris e Paul Meyer, «Comptes-Rendus», Romania, 7, 1878, 445-462, a p. 451). – La soppressione di que dopo mais è possibile quando il termine di paragone è costituito da una proposizione completa negativa. Per altri esempi si veda Friedrich Diez, Grammaire des langues romanes, 3 voll., Paris 1874-1876, III, pp. 368-369. – Ai vv. 5-6, abbiamo un caso di mot equivoc con chaptenensa: chaptenensa. Levy, fedelmente al ms. C, legge chaptenensa, uguale a chaptenensa del v. 5. Riquer fa lo stesso ma in nota ipotizza di separare la parola in chaptenen sa, considerando chaptenen participio di chaptener e sa avverbio, ‘qui’. Per la studiosa non è un ricorso raro nei trovatori, infatti, cita due esempi contemporanei di Paulet: Guiraut d’Espaigna, Si·l dous jois d’amor (BdT 244.15), vv. 10-13: «Las! ben pauc vos greuja / pero, si us fos greu, / no foratz, per Deu ja / dona, peitz ab Deu»; Cerveri de Girona, Pus fis amayre (BdT 434a.51), vv. 13-14: «Pero de mi a / bem pauc m’amia» e vv. 64-65: «e crey que jay a / Sobre pretz jaya». L’ipotesi e le citazioni appartengono con ogni evidenza a casi di rima composta o rime brisée (cioè identità ottenuta con la somma di due parole). È un tecnicismo di cui Paulet si è già servito nella canzone Er quel iorn son belh e clar (BdT 319.3), vv. 41-43, mi a: cortesia, ma categoricamente rifiutato da Riquer nelle sue edizioni. La COM2 registra chaptenensa (incluse le varianti grafiche chaptenenssa, captenensa, captenenssa e captenenza) con settantasei frequenze in fine di verso; mancano, invece, casi di rima composta formati da participio + sa. Paulet de Marselha si serve spesso della rima in -ensa (tre composizioni oltre alla presente dansa) e mai abbiamo un precedente simile, anzi nel planh Razos non es que hom deya chantar (BdT 319.7), al v. 37 usa regolarmente chaptenensa. L’intervento potenziale di Riquer non sarebbe indispensabile ai fini del senso generale che rimarrebbe pressoché inalterato. In definitiva, benché sia possibile una seconda interpretazione, qui preferiamo seguire fedelmente il ms. per conservare il rimando costante tra parole equivoche (presenti anche ai vv. 1-2 ay : ai, 3-4 aya : Aya, 9-11 sia : sia, 29-30 valensa : valensa, 22-24 gen : gen) su cui gioca l’intera dansa. – Al v. 9, Levy annota nell’edizione: «Un verbe “siar”, qui aurait la signification “cesser”, m’est totalement inconnu». Trentatré anni più tardi, nel SW, VII, p. 654, entra la voce siar: «aufhören, ablassen», autorizzata da questo passaggio di Paulet e altri due testi. Nel PD, s.v. siar: «cesser». – Ai vv. 12-13, leggiamo m’en iauzisc. Accettiamo l’interpretazione di Levy perché si tratta di un sintagma ricorrente e corretto dal punto di vista grammaticale. Riquer pensa possa trattarsi di men, prima persona singolare dell’indicativo del verbo mentir. – Al v. 28, è presente un probabile saut du même ou même. Le parole eu ed en sono paleograficamente simili e questo spiegherebbe il salto da parte del copista. Riquer interviene ripristinando la misura del verso. – Ai vv. 37-40, compare un gioco di rime con play… playa; una costruzione simile ricorre anche in Guiraut d’Espaigna, Dona, si tot no·us es preza (BdT 244.1), vv. 19-20: «Que res que·us plassa no·m peza / ni·m pot res plazer qu·us pes». Le rime in -ay e -aya sono frequenti nella poesia dei trovatori, cfr. in particolare Raimbaut de Vaqueiras, Kalenda maia (BdT 392.9), vv. 1-4: «Kalenda maia / ni fueills de faia / ni chans d’auzell / ni flors de glaia».

[LT]


BdT    Paulet de Marselha