Rialto

319.7

 

   

Paulet de Marselha

 

 

 

 

   

I.

   

Razos non es que hom deya chantar

   

de so don a dolor e marrimen,

   

mas mi cove en chantan remembrar

4  

la mort del plus pro e del plus valen

   

baro qu’anc fos mil an a en Proensa,

   

qu’es mortz, don ai ira e malsabensa,

   

quar elh era de totz bos ayps complitz

8  

e per los bos e pels autres grazitz.

   

 

   

II.

   

A, Proensal! Vos devez tug plorar

   

l’onrat senhor del Baus, quar veramen

   

pus l’onratz coms mori, a mi non par

12  

perdessetz tan cum ar, qu’anatz perden

   

de pretz lo fruyt, la flor e la semensa

   

en mon senhor En Barral, don dolensa

   

ai e mon cor, que tan fort suy marritz

16  

que ges non cug esser mais esbauditz.

   

 

   

III.

   

E cavallier e donzelh e ioglar

   

devon venir en Proensa temen,

   

quar selh es mortz que sabia renhar

20  

retenen grat de Dieu e de la gen,

   

si qu’anc ves pretz nulh temps no fes fallensa

   

ni anc no·l plac nulh’autra recrezensa.

   

Ar es pretz mortz e paratges delitz

24  

en Proensa, quar elh lor es fallitz.

   

 

   

IV.

   

Ni eu, las! mais non cug per ver trobar

   

tan bo senhor, tan franc, tan conoyssen,

   

que tot aquo sabia dir e far

28  

qu’a senhor car cove et estai gen.

   

Eras es mortz. Ai! tan greu penedensa

   

sufriran silh qu’avion benvolensa

   

ab mon senhor En Barral, que auzitz

32  

era sos pretz per tot lo mon e ditz.

   

 

   

V.

   

Dieus que·s laisset per nos en crotz levar,

   

per cuy venran li bon a salvamen,

   

li denh, si·l platz, per merce perdonar

36  

e l’acuella en son regne plazen,

   

aissi cum elh a bona chaptenensa

   

acullia en sa cort de plazensa,

   

e·l salv e·l gui aissi sayns Esperitz,

40  

cum elh era a pretz capdelhs e guitz.

   

 

   

VI.

   

Si per l’onrat frug de bona semensa

   

quez a laissat lo pros bars en Proensa

   

no fos, quez es de pretz sims e razitz,

44  

ieu me fora de chantar relenquitz.

   

 

   

VII.

   

De selh o dic cuy es lo Baus gequitz,

   

quar elh es sai de pretz sims e razitz.

 

 

12 aravetz perdut    13 flor e e la    22 nulh hora    25 mai    37 com

 

 

Traduzione

 

I. Non c’è ragione per cui un uomo debba cantare di ciò per cui sente dolore e tristezza, ma è giusto che io ricordi cantando la morte del più nobile e più valoroso signore che mai esistesse da mille anni in Provenza, che è morto, perciò provo pena e dispiacere, perché egli era perfetto nei buoni costumi e lodato sia dai nobili che dagli altri.
II. Ah, provenzali! Tutti voi dovete piangere l’onorato signore del Baus, perché veramente da quando morì l’onorabile conte, a me non sembra che perdeste tanto quanto ora, perché state perdendo il frutto, il fiore e il seme del valore col mio signor Don Barral, per cui ho dolore nel mio cuore e sono tanto afflitto che non credo di essere mai più allegro.
III. Cavalieri e donzelli e giullari devono venire timorosi in Provenza, dal momento che è morto quello che si comportava bene guadagnando l’approvazione di Dio e della gente, cosicché mai commise mancanza verso il pregio e mai gli piacque l’oziosità. Ora il pregio si è estinto e la nobiltà si è dissolta in Provenza, perché egli li ha abbandonati.
IV. Lasso! Io non credo davvero di trovare mai un signore tanto gentile, tanto coraggioso, tanto saggio che sapeva dire e fare tutto ciò che conviene e si addice proprio a un signore. Ora è morto. Ah! Che grande pena patiranno coloro che conobbero la benevolenza del mio signore Don Barral, il cui valore si udiva e narrava in tutto il mondo.
V. Dio che per noi si lasciò sollevare sulla croce, per il quale i buoni saranno salvi, si degni, se gli piace, per pietà di perdonarlo e di accoglierlo nel suo regno piacente, così come egli con gentile comportamento accoglieva nella sua corte piacevole. Lo Spirito Santo lo salvi e lo guidi, come egli era signore e guida del valore.
VI. Se non fosse per l’onorato frutto di nobile discendenza che l’eccellente barone ha lasciato in Provenza, che è cima e radice del pregio, io avrei rinunciato al canto.
VII. Parlo di quello che è erede del Baus, perché egli è cima e radice del pregio.

 

 

Testo: Tornatore 2014. – Rialto 25.iii.2014.


Ms.: C 322v (paulet de marce).

Edizioni critiche: Emil Levy, «Le troubadour Paulet de Marseille», Revue des langues romanes, 21, 1882, pp. 261-289, a p. 278; Isabel de Riquer, «Las poesías del trovador Paulet de Marselha», Boletín de la Real Academia de buenas letras de Barcelona, 38, 1979-1982, pp. 133-205, a p. 183 (con traduzione spagnola); Lidia Tornatore, Rialto 25.iii.2014.

Altra edizione: Isabel de Riquer, Paulet de Marselha: un provençal a la cort dels reis d’Aragó, Barcelona 1996, p. 119 (con traduzione catalana).

Metrica: a10 b10 a10 b10 c10’ c10’ d10 d10 (Frank 382:22). Planh composto da cinque coblas unissonans di otto versi e due tornadas, una di quattro versi e l’altra di due. Rime equivoche: 20 : 28 gen; identiche: 5 : 42 Proensa, 13 : 41 semensa, 43 : 46 razitz; inclusive: 16 esbauditz : 32 ditz; ricche: 2 marrimen : 10 veramen : 17 temen : 34 salvamen, 3 remembrar : 9 plorar, 7 grazitz : 31 auzitz : 43 razitz : 46 razitz, 15 marritz : 39 Esperitz, 22 recrezensa : 38 plazensa, 14 dolensa : 30 benvolensa, 44 relinquitz : 45 gequitz.

Note: Planh composto in Catalogna per la morte di Barral del Baus, signore di Marsiglia e primo benefattore di Paulet in Provenza. Il codicillo del testamento di Barral, che contrassegna la fase finale della sua vita, reca la data del 31 luglio 1268, come indicato da Louis Barthélemy, Inventaire analytique et chronologique des chartes de la maison del Baus, Marseille 1882, p. 153 e da Paul Durrieu, Les archives angevines de Naples, 2 voll., Paris 1886-1887, vol. II, p. 198. Possiamo dunque ritenere il planh di poco posteriore a questa data. – A tale altezza cronologica Paulet de Marselha aveva abbandonato la Provenza per attriti con il Conte Carlo d’Angiò (divenuto nel frattempo re di Sicilia), trovando ospitalità presso Giacomo I d’Aragona, e dedicandosi a una politica palesemente antiangioina. Inevitabile rottura sembra essersi consumata anche con Barral del Baus, dapprima grande guida delle ribellioni antifrancesi in Provenza, poi traditore della patria, infine stretto collaboratore e fedele seguace dell’Angiò. In occasione della sua morte, Paulet preferisce comunque commemorare l’illustre signore in maniera convenzionale, esaltandone il valore e la saggezza ma tacendo completamente l’argomento politico e omettendo ogni riferimento a re Carlo. I versi finali del planh ruotano attorno alla figura dell’erede del Baus, l’onrat frug de bona semensa e de pretz sims e ratitz, che consente a Paulet di non abbandonare il canto nonostante il dolore. Per Riquer si tratta di strategica captatio benevolentiae, attuata dal trovatore in vista di un eventuale ritorno in Provenza. Il compianto sarebbe, in tale prospettiva, il tramite ideale per riallacciare i legami con la famiglia del Baus. L’affascinante ipotesi non è suffragata, però, da nessuna testimonianza né poetica né storica. – Il personaggio evocato è precisamente Bertran del Baus, ultimogenito di Barral, capitano delle truppe di Carlo d’Angiò in Italia nel 1265, IX Conte del Baus e I Conte di Avellino. Nella sua persona la storia della famiglia del Baus e il destino della dinastia angioina s’intrecciano inestricabilmente. Nel 1268 Bertran ricevette da Carlo la contea di Avellino, la signoria di Calvi, Padula, Francolise e Riardo, divenendo uno dei più grandi baroni del Regno di Sicilia. Nello stesso anno prese parte alla battaglia di Tagliacozzo, ma alla morte del padre tornò in Provenza per amministrare il patrimonio di famiglia. Affidati gli affari provenzali nelle mani dei suoi baglivi, ritornò nel Regno di Sicilia nella primavera del 1270. Carlo, diventato nel frattempo senatore di Roma, gli affidò la carica di vicario della città, ponendolo alla guida del governo civile e militare del Comune. Nel 1275 ottenne nuovi incrementi territoriali alla morte del cugino Bertran de Baus de Pertuis. Nei possedimenti provenzali, come in quelli italiani, dovette fronteggiare spesso questioni e vertenze, trattenendosi fuori dal regno oltre il limite consentito di un anno. Non partecipò alle prime fasi della Guerra del Vespro né ritornò per la morte di Carlo nel 1285. L’anno seguente, Bertran fu inviato in Sicilia dal reggente Roberto d’Artois per tentare di riconquistare l’isola in mano aragonese. Catturato nel 1287 durante l’assedio di Augusta, fu liberato da Roberto in cambio dell’isola d’Ischia. Nel 1290 fu inviato come ambasciatore alla corte aragonese per intavolare trattative di pace da Carlo II d’Angiò. In seguito, Bertran tornò di nuovo in Provenza, dove fu impegnato a risanare i debiti (contratti per la restituzione del riscatto) fino al 1305, anno della sua morte. Per una biografia più ampia su Bertran del Baus, si veda Joachim Göbbels, «DEL BALZO (de Baux), Bertrando», Dizionario biografico degli italiani, 77 voll., Roma 1988-, vol. XXXVI, pp. 298-304. – Il planh è costruito su uno schema ampiamente consolidato nel genere: l’esordio è un invito al lamento, Paulet è addolorato ma intende giustamente ricordare il valore del suo signore (vv. 1-8). Si accenna rapidamente al lignaggio del defunto con l’espressione onrat senhor (vv. 9-16); si prosegue con l’enumerazione delle terre (A, proensal!) e persone (e cavallier e donzelh e ioglar) rattristate per la morte del defunto (vv. 17-24). Si passa per il motivo dell’elogio (vv. 25-31) e l’invocazione a Dio nelle sue persone (vv. 34-40). Infine, la chiusura è incentrata sulle lodi dell’erede (vv. 41-46). – Ai vv. 9-16, l’apostrofe rivolta ai provenzali ricorda il compianto scritto da Peire Bremon Ricas Novas per la morte di Raimondo Berengario V, Ab marrimen doloiros et ab plor (BdT 330.1a), vv. 25-29: «Ai, Proensal, en can grieu desconort / es remazut et en cal desonranza! / Perdut avetz solatz, juec e deport, / e gaug e ris, onor et alegranza, / et es vengut en man de cel de Franza». – Al v. 11, l’onratz coms si riferisce infatti a Raimondo Bernengario V, conte di Provenza e di Forcalquier dal 1204 al 1245, appellato onratz comtz anche in Ab marrimen doloiros et ab plor (BdT 330.1a). Suo successore divenne Carlo d’Angiò grazie al matrimonio con Beatrice di Provenza, ultimogenita ed erede di Berengario. – Al v. 12 il ms. legge ar avetz perdut ma accettiamo la correzione di Riquer perché la rima richiede una parola terminante in en. – Al v. 13, lo fruit, la flor e la semensa è un’allegoria botanica, tipica nella letteratura medievale. Limitandoci alla poesia trobadorica ricordiamo altri esempi vicini a quest’espressione e a sims e razitz presente al v. 43, cfr. Aimeric de Pegulhan, Maintas vetz sui enqueritz (BdT 10.34), v. 44: «de tal qu’es sima e razitz»; Aimeric de Pegulhan, S’eu anc chantei alegres ni jauzens (BdT 10.48), v. 40: «e flors e frugz de totz bos complimens»; Folquet de Marselha, Tan mou de corteza razo (BdT 155.23), v. 8: «car ylh es sim’e razis»; Gui d’Uisel, Ades, on plus viu, mais apren (BdT 194.1), v. 66: «e·il sieu fait son de pretz cims e razitz»; Guillem Anelier de Toloza, El nom de Deu, qu’es pair’omnipotens (BdT 204.3), v. 41: «Coms d’Astarac, scims e flors e razitz»; Guillem Figueira, D’un sirventes far (BdT 217.2), v. 13: «e cima e razitz, que·l bons reis d’Englaterra»; Guiraut Riquier, Qui·m disses non a dos ans (BdT 248.67), v. 36: «e pretz a sim e razitz»; Lanfranc Cigala, Eu no chan ges per talan de chantar (BdT 282.7), vv. 15-16: «era de totz faiz benestan / cim e raditz, flors e frutz e semenza»; Peire d’Alvernhe, Deus, vera vida, verays (BdT 323.16), v. 82: «qu’es sims e rams e razitz»; Raimon Menudet, Ab grans dolors et ab grans marrimens (BdT 405.1), v. 13: «e de fin Pretz eratz sims e razitz»; Cerverí de Girona, Axi com cel c’anan erra la via (BdT 434a.81), v. 6: «cims e razitz, flors e fruitz conoxensa». – Al v. 23, l’avverbio Ar è chiaramente visibile nel ms. mentre per Riquer manca in questo punto. – Al v. 41, la perifrasi onrat frug de bona semensa allude a Bertran II del Baus, in forma italiana Bertrando del Balzo, IX signore del Baux e I conte di Avellino.

[LT]


BdT    Paulet de Marselha