Rialto
Repertorio informatizzato dell’antica letteratura trobadorica e occitana
Palais
Molt se fera de chantar bon recreire
315.
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Palais
Molt se fera de chantar bon recreire
Trad. it.
Note

Sarebbe bene astenersi dal cantare, a mio avviso, per chi potesse sopportarlo, perché nel mondo non c’è ubriaco né bevitore che tra i Lombardi non componga sirventesi. Lo stesso Signor Peire, che fa scoreggiare la mula, vi si dedica quando il vino l’ha sopraffatto; l’ho già visto così afflitto e depresso perché aveva bevuto in un giorno sette coppe di legno e tre di vetro, grandi, colme e piene.

3. ebriacs ni beveire: l’asprezza delle critiche di Palais si palesa già in questa coppia sinonimica. Infatti, i giullari accattoni e incompetenti non vengono presentati col termine joglar, che indicherebbe un professionista dell’intrattenimento a vari livelli, ma come ubriachi e bevitori incalliti, uomini che si cimentano nell’arte poetica senza averne le capacità tecniche il cui unico scopo è sfruttare l’ospitalità dei ricchi signori e delle loro corti.

4. Lombarz: citati anche in Molt m’enoja d’una gent pautoneira (BdT 315.3), con questo termine Palais si riferisce generalmente alla popolazione delll’Italia settentrionale, con l’esclusione del territorio di Treviso e dell’Emilia Romagna (cfr. Saverio Guida, «(Andrian de) Palais, trovatore lombardo?», in Studi di Filologia romanza offerti a Valeria Bertolucci Pizzorusso, Pisa 2006, pp. 685-721, p. 716, n. 66; per una panoramica del termine lombarz e delle sue sfumature di significato tra i trovatori, si veda Marco Grimaldi, «L’identità italiana nella poesia dei trovatori», in L’espressione dell’identità nella lirica romanza medievale, a cura di Federico Saviotti e Giuseppe Mascherpa, Pavia 2016, pp. 81-100). In questo caso specifico, il termine viene usato dal trovatore per rivolgersi direttamente alla corte di Ottone del Carretto, presso il quale Palais era ospite. – no fasa sirventes: il termine sirventes è usato in questo caso come termine generico per «poésie qui n’a pas l’amour pour sujet» (cfr. PD, s.v. sirventes).

5. neus En Peire qi fa la mula peire: attraverso un «vistoso ed ambiguo divertissement imperniato sui materiali onomastici» (Guida, «(Andrian de) Palais», p. 720), viene qui presentato il bersaglio dell’invettiva, il trovatore Peire de la Mula (si vedano le Circostanze storiche).

6. quant vins l’a sobrepres: i vv. 6-9 sono tutti dedicati all’accusa di ubriachezza che Palais rivolge a Peire de la Mula. Come già aveva anticipato al v. 3, Palais si scaglia contro i giullari accattoni che sfruttano la largueza dei signori del nord Italia riferendosi a loro come ebriacs e beveire: il fatto che anche uno dei personaggi più noti della corte sia accusato così palesemente di essere dedito all’ubriachezza non deve soprendere, poiché si tratta di accuse formulari, patrimonio comune dell’invettiva medievale (cfr. Paolo Di Luca, «La poesia comico-satirica dei trovatori in Italia», in L’Italia dei trovatori, a cura di P. Di L. e Marco Grimaldi, Roma 2017, pp. 121-162).

7. qe·l n’ai ja vist si cochat e conqes: questo verso manca nell’edizione di Restori. L’uso della prima persona e il fatto che Palais porti come “prova” dell’ubriachezza di Peire la sua testimonianza diretta («l’ho già visto») potrebbero far supporre che la composizione della cobla risalga effettivamente a un periodo in cui entrambi i poeti dovevano soggiornare presso i del Carretto. Ma si tratta di una semplice congettura, perché anche questa espressione rientra all’interno del bagaglio di formule e richiami che caratterizzano le composizioni comico-satiriche dei trovatori italiani.

8. qe set enaps de fust e tres de veire: non è chiaro il motivo per cui Palais abbia scelto di citare questi specifici materiali; data la differenza di valore che intercorre tra i due, si potrebbe ipotizzare che il trovatore volesse indicare l’uso di Peire di frequentare tanto luoghi modesti, come le taverne e le osterie, dove si utilizzavano recipienti in legno, quanto luoghi più elevati, dove era più facile trovare coppe di materiale pregiato.

Testo

Testo: Ricketts 1986. – Rialto 25.x.2021.

Mss.

Da 206v (Palais), Q 112r (anonimo).

Edizioni critiche / Altre edizioni

Edizioni critiche: Oscar Schultz-Gora, «Die Lebensverhältnisse der italienischen Trobadors», Zeitschrift für romanische Philologie, 7, 1883, pp. 177-235, p. 194; Friedrich Witthoeft, Sirventes Joglaresc. Ein Blick auf das altfranzösische Spielmannsleben, Marburg 1891, p. 72; Antonio Restori, Palais, Cremona 1892, p. 16; Giulio Bertoni, I trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 57; Peter T. Ricketts, «Le troubadour Palais: Édition critique, traduction et commentaire», Studia occitanica in memoriam Paul Remy, 2 voll., Kalamazoo 1986, vol. I, pp. 227-240, p. 235.

Altre edizioni: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 122 (testo Bertoni); Martín de Riquer, Los Trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. II, p. 803 (vv. 5-9); Nicolò Premi, «Il punto su Andrian de Palais, trovatore cremasco a cavallo del Duecento», in Insula Fulchiera. Rassegna di studi e documentazioni di Crema e del Cremasco a cura del Museo Civico di Crema, 47, 2017, pp. 297-314, p. 311 (testo Ricketts).

Metrica e musica

Metrica: a10’ b10 a10’ b10 a10’ b10 b10 a10’ b10 (Frank 264:1). Cobla di nove versi. Rime: -eire, -es.

Informazioni generali

Cobla d’invettiva contro i giullari accattoni e, nello specifico, contro Peire de la Mula, trovatore attivo presso la corte di Otto del Carretto tra il 1190 e il 1204. Palais si trova ospite dello stesso signore tra il 1195 e l’inizio del 1200, come rivelano il sirventese Be·m plai lo chantars e·l ris (BdT 315.2) e l’estribot Un estribot farai don sui aperceubuz (BdT 315.5), per cui è plausibile datare il testo a questo stesso periodo.

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