Rialto    IdT

366.28

 

   

Peirol

 

 

 

 

   

I.

   

Pus flum Jordan ai vist e·l monimen,

   

a vos, vers Dieus, qu’es senher dels senhors,

   

ne ren merces qar vos plac tan d’onors

   

que·l sancte loc on nasques veramen

5  

m’avetz mostrat, don ai mon cor jauzen;

   

quar s’ieu era em Proensa d’un an

   

no·m clamarian Sarrazis Johan.

   

 

   

II.

   

Ara·ns don Dieus bona vi’e bon ven,

   

e bona nau e bos governadors,

10  

qu’a Marcelha m’en vuelh tornar de cors,

   

quar sieus era de lay mar veramen:

   

Acre e Sur e Tripol e·l sirven

   

e l’Espital e·l Templ’e·l rey Johan

   

coman a Dieu, e l’aigua de Rotlan.

   

 

   

III.

15  

Qu’Englaterra a croy emendamen

   

del rey Richart; e Fransa ab sas flors

   

soli’aver bon rey e bos senhors,

   

e Espanha un autre rey valen,

   

e Montferrat bo marques eyssamen,

20  

el Emperi emperador prezan.

   

Aquestz qe·y son no sai quo·s captenran.

   

 

   

IV.

   

Belh senher Dieus, si feyssetz a mon sen

   

ben guardaratz qi faitz emperadors,

   

ni qui faitz reys, ni datz castels ni tors,

25  

quar pus son rics vos teno a nien.

   

Q’ieu vi antan faire man sagramen

   

l’emperador don ar s’en vai camjan

   

quo fes lo Guasc que traisses de l’afan.

   

 

   

V.

   

Emperador, Damiata·us aten,

30  

e nueg e jorn plora la blanca tors

   

per vostr’aigla, qu·en gitet us voutors:

   

volpilla es aigla que voutor pren!

   

Anta·y avetz, e·l soudan onramen,

   

e part l’anta avetz hi tug tal dan

35  

que nostra ley s’en vai trop rezeguan.

 

 

Traduzione [lb]

I. Ora che ho visto il fiume Giordano e il Santo Sepolcro, vi ringrazio, vero Dio, che siete signore dei signori, perché nella vostra misericordia vi è piaciuto di mostrarmi il santo luogo dove siete veramente nato; questo riempie il mio cuore di gioia, perché se fossi stato in Provenza nell’ultimo anno, i Saraceni non mi chiamerebbero Giovanni.

II. Ora Dio conceda una buona traversata e un vento favorevole, e una buona nave e buoni timonieri, perché voglio tornare in fretta a Marsiglia, perché davvero (a lungo?) sono stato il Suo uomo oltremare. Raccomando a Dio Acri e Tiro, Tripoli e i fratelli sergenti, e l’Ospedale e il Tempio e il re Giovanni, e l’acqua di Orlando.

III. Davvero l’Inghilterra ha un misero risarcimenti per il re Riccardo; ci sono stati in passato un buon re e dei buoni signori in Francia con i suoi fiori, in Spagna un altro re valoroso, similmente in Monferrato un buon marchese, nell’Impero un encomiabile imperatore. Quanto a quelli che ci sono adesso, non so come si comporteranno.

IV. Caro signore Dio, se voi agiste secondo il mio modo di pensare, fareste attenzione a chi fate imperatore e a chi fate re, e a chi concedete castelli e torri, perché i più ricchi non vi considerano per nulla. Infatti so che nei primi tempi l’imperatore ha fatto molte promesse dalle quali ora sta cercando di liberarsi, proprio come il Guascone che traeste d’impiccio.

V. Imperatore, Damietta vi aspetta, e notte e giorno la Torre Bianca piange per la vostra aquila che un avvoltoio ha cacciato da essa: vile è l’aquila che è vinta da un avvoltoio! In questo [modo] subite un’onta, e il sultano ne ha un onore, e oltre all’onta voi tutti subite il danno della nostra religione che è posta in grave rischio [punta verso gli scogli?].

 

 

 

Testo: Harvey 2013. – Rialto 14.vi.2017. 


Mss.: C 106v, R 88r.

Edizioni critiche: Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 11; Stanley C. Aston, Peirol, Troubadour of Auvergne, Cambridge 1953, p. 161; Ruth Harvey, Rialto 30.ix.2013.

Altre edizioni: François Juste Marie Raynouard, Choix des poésie originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. IV, p. 101 (parziale); Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. II, p. 9 (testo Raynouard); Raymond T. Hill - Thomas G. Bergin, Anthology of the Provençal Troubadours, 2 voll., New Haven 1973, vol. I, p. 169 (testo Aston); Francesco Piccolo, Primavera e fiore della lirica provenzale, Firenze 1948, p. 180 (testo Mahn); Jean-Lucien Gandois - Paul Porteau, Peirol, troubadour d’Auvergne, Clermont 1955, p. 53 (testo Aston); Alfred Jeanroy, Anthologie des troubadours, XIIe-XIIIe siècles, édition refondu, textes, notes, traductiones par Jürgen Boelcke, Paris 1974, p. 292 (testo Aston); Martín de Riquer, Los trovadores: historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. II, p. 1123 (testo Aston); Carlos Alvar, Textos trovadorescos sobre España y Portugal, Madrid 1978, p. 242 (testo Aston); Frede Jensen, Troubadour Lyrics: A bilingual anthology, New York 1998, p. 372 (testo del ms. C).

Metrica: a10 b10 b10 a10 a10 c10 c10 (Frank 495:4). Cinque coblas unissonans di sette versi ciascuna. Rime: -en, -ors, -an. Lo schema metrico e le rime sono ripresi dalla canzone di Aimeric de Peguilhan En greu pantais m’a tengut longamen (BdT 10.27).

Note: Sirventese composto tra l’abbandono di Damietta da parte del contingente crociato in Egitto, avvenuto l’8 settembre 1221, e il maggio del 1222, durante il quale si registrò la partenza di Giovanni di Brienne per l’Italia: si vedano le Circostanze storiche.

2. senher dels senhors. Probabilmente il riferimento biblico si basa sull’espressione «Re dei re e Signore dei signori», contenuta in Apocalisse (19,16).

5-7. Questi versi e l’utilizzo della prima persona singolare lasciano supporre che Peirol abbia trascorso un anno in Terrasanta.

7. Johan. Il verso non ha un significato immediatamente evidente. De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, p. 12 suggerisce che il nome potesse avere il significato di ‘infedele’ per i musulmani egiziani. Aston, Peirol, p. 186, riprende il suggerimento di De Bartholomaeis e aggiunge che esso fosse «perhaps a generic term applied by the Saracens to the Crusading soldiers». Harvey, Rialto, ricorda che Johan è citato insieme ad altri come esempio di nome comune nelle Leys d’Amors.

8-14. Nella seconda cobla la prima persona singolare cede il passo a quella plurale, tipica delle canzoni di crociata e, come nella maggior parte dei Kreuzlieder, si ha un’esortazione. Tuttavia va segnalato che l’appello a Dio affinché conceda ai pellegrini protezione dai pericoli del mare è finalizzato stavolta non a un buon viaggio di andata ma di ritorno.

10. Marcelha. Il porto di Marsiglia, importantissimo per il traffico marittimo in direzione del Mediterraneo, era il punto di partenza, e in questo caso di ritorno, dei crociati francesi che salpavano alla volta della Terrasanta senza affrontare il viaggio via terra fino all’Italia.

11-14. Nella sua edizione Harvey emenda la lezione riportata dai due testimoni sostituendo sieu dei manoscritti con il possessivo sieus. L’editrice motiva la sua scelta sostenendo di non riconoscere un senso compiuto al testo ricostruito dagli editori precedenti. Aston, Peirol, pp. 161-162, seguito da Riquer, Los trovadores, vol. II, p. 1124, interpreta infatti il passo come un periodo ipotetico in cui alla protasi, caratterizzata dall’indicativo imperfetto era, segue un’apodosi con il verbo al presente indicativo coman e traduce: «for if I were truly there across the sea, Acre and Tyre [...] would I commend to the care of God». Va evidenziato che esistono dei casi in cui il condizionale nell’apodosi viene sostituito dal presente indicativo, cfr. Frede Jensen, Syntaxe de l’ancien occitan, Tübingen 1994, pp. 238-239, secondo il quale: «cet emploi envisage l’action non comme le résultat éventuel d’une condition, mais comme ayant déjà eu lieu». Tuttavia l’interpretazione di Harvey offre un significato migliore in quanto non si comprende il senso del periodo ipotetico ricostruito da Aston e dagli altri editori.

12. sirven. Con questo termine si vogliono forse indicare tutti i membri degli ordini militari presenti in Terrasanta non destinati in prima persona al combattimento, si allude quindi al personale di supporto dei militari veri e propri. Si vedano le ricostruzioni effettuate su altre fonti da De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, pp. 12-13 e Linda Paterson, Rialto 29.x.2012.

13. rey Johan. Si tratta di Giovanni di Brienne, il barone francese che a partire dal 1210 si trasferì in Oriente dove acquisì il titolo di re di Gerusalemme, sposando la regina Maria. Siccome il trovatore afferma che il personaggio si trovava ancora in Terrasanta al momento della composizione del testo possiamo desumere che il termine ad quem del componimento sia fornito dalla data di partenza di Giovanni per l’Europa.

14. aigua de Rotlan. Non è chiaro a cosa si riferisca il trovatore con quest’espressione. Resta valido il suggerimento di De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, p. 12, secondo il quale è possibile che si tratti di un corso d’acqua presente in Terrasanta, forse un luogo rinomato tra i crociati di cui però non ci è stata riportata alcuna informazione da altre fonti. Harvey, Rialto, invece smentisce l’ipotesi di Aston che crede rotlan un errore paleografico dei copisti per jordan.

15. Il trovatore allude probabilmente ai successori di re Riccardo d’Inghilterra, ultimo dei sovrani inglesi ad aver partecipato a una crociata, la Terza. Né Giovanni Senza Terra, al potere fino al 1216, né Enrico III si distinsero infatti per l’impegno a favore di una spedizione in Terrasanta.

17. Il bon rey a cui fa riferimento Peirol potrebbe essere Filippo Augusto di Francia che prese parte alla Terza crociata, mentre sembra più difficile, come sostiene anche Harvey, Rialto, che il trovatore possa alludere a Luigi VII, uno dei principali protagonisti della disastrosa Seconda crociata. Furono invece molti i baroni francesi che si distinsero per il loro impegno in Oriente nel corso degli anni.

18. Il sovrano spagnolo qui elogiato potrebbe essere Alfonso VIII di Castiglia, come sostiene De Bartholomaeis, Poesie provenzali, vol. II, p. 13 ma anche Pietro II d’Aragona, come suggerito da Riquer, Los trovadores, vol. II, p. 1124. Entrambi i regnanti iberici furono tra i principali artefici della grande vittoria cristiana contro i mori di Spagna a Las Navas de Tolosa il 16 luglio del 1212. In particolare Pietro II fu elogiato come esempio di sovrano dedito all’impegno crociato in altre composizioni trobadoriche, cfr. la canzone di crociata di un altro trovatore alverniate, Pons de Capduelh, So c’om plus vol e plus es voluntos (BdT 375.22), vv. 41-43.

19. Il buon marchese di Monferrato potrebbe essere sia Corrado, uno dei più apprezzati condottieri della Terza crociata, sia suo fratello Bonifacio I, grande protagonista della Quarta crociata in seguito alla quale fu nominato sovrano del regno cristiano di Tessalonica.

20. I due imperatori che precedettero Federico II si distinsero entrambi per la ferma volontà di sostenere la riconquista di Gerusalemme. Federico I, il Barbarossa, fu uno dei grandi signori feudali a capo della Terza crociata e trovò la morte proprio in Oriente, mentre Enrico VI, suo figlio e padre di Federico II, morì nel 1197, poco prima di partire per la crociata a lungo preparata e che sembrava avere ottime probabilità di riuscita.

22-25. In questi versi ricorre un altro topos delle canzoni di crociata dei trovatori, quello della critica ai potenti i quali, trascurando l’impegno per una spedizione di recupero dei Luoghi Santi, preferiscono incrementare i propri possedimenti in Occidente. Questa critica non è che il preambolo al vero obiettivo del trovatore, Federico II, chiamato in causa immediatamente dopo.

26-27. Il riferimento ai molteplici giuramenti prestati da Federico II di intraprendere una crociata trova corrispondenze nella realtà storica. A più riprese, infatti, Federico ribadì l’intenzione di riconquistare la Terrasanta e vestì la croce in più occasioni. Lo fece una prima volta nel luglio 1215 in seguito alla solenne incoronazione a re dei Romani avvenuta nel duomo di Aquisgrana. Questa circostanza ispirò una canzone di crociata dal tono entusiasta di Guilhem Figueira, Totz hom qui ben comens’e ben fenis (BdT 217.7). Un nuovo impegno ufficiale con un solenne giuramento fu formulato da Federico II in corrispondenza con l’ancora più importante incoronazione imperiale, avvenuta nel novembre 1220 a Roma. In quest’occasione, molti vassalli del novello imperatore presero la croce, a rafforzare ulteriormente l’impegno che Federico assumeva nei confronti del papa e dell’intero mondo cristiano. Nonostante i giuramenti formulati, Federico non si decise a partire per la Terrasanta se non nel 1228 e dopo la scomunica comminatagli dal nuovo papa Gregorio IX.

28. Alfred Jeanroy, «Le Vœu du Gascon (à propos d’un vers de Peirol)», in Mélanges de philologie romane et de littérature médiévale offerts à Ernest Hoepffner par ses élèves et ses amis, Paris 1949, pp. 265-267, ha chiarito il significato del riferimento al guascone contenuto in questo testo. L’exemplum del Guascone è contenuto nel Tractatus de diversis materiis praedicabilibus di Étienne de Bourbon. Il senso generale dell’aneddoto è quello dell’incapacità di mantenere le promesse formulate nei confronti di Dio una volta usciti dalle difficoltà che hanno spinto alla richiesta di un aiuto divino.

29-35. Nell’ultima cobla il riferimento a Damietta e alla situazione deprecabile in cui si trova consente di proporre la data della riconsegna della città egiziana nelle mani del sultano al-Kamil come convincente termine a quo.

30. blanca tors. Harvey, Rialto, come gli studiosi precedenti, sostiene che si tratti della cittadella di Damietta ma è forse possibile che si alluda qui alla famosa Torre della Catena. Questa struttura costruita su un’isola consentiva ai possessori di Damietta di controllare l’imbocco del fiume mediante delle enormi catene che servivano a tenere il porto protetto dalle incursioni degli invasori, cfr. Jean Richard, «Damietta», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it).

31. aigla. Si allude qui al simbolo imperiale che era forse portato dalle truppe inviate in Oriente dall’imperatore fin dal 1219. L’aquila risulta abbandonata in quanto l’imperatore, nonostante le molteplici promesse, non era ancora partito personalmente alla volta della Terrasanta. Peirol fa riferimento a un emblema nobiliare anche al v. 16, con l’espressione sas flors riferita alla Francia, con la quale si vuole alludere ai gigli, presenti appunto nello stemma della monarchia francese fin dal tempo di Luigi VII.

[fsa]


BdT    Peirol    IdT

Circostanze storiche