Rialto    IdT

 

Peirol, Pus flum Jordan ai vist e·l monimen (BdT 366.28)


 

Circostanze storiche

 

 

   

L’abbandono della città di Damietta da parte dell’esercito crociato l’8 settembre 1221 suscitò veementi reazioni nell’opinione pubblica del tempo (cfr. Powell 1986, pp. 172-193 e Mylod - Perry - Smith - Vanburie 2016). Nelle maggior parte delle cronache occidentali il fallimento della Quinta crociata fu spiegato con la condizione di peccato in cui versavano i cristiani, mentre Riccardo di San Germano inserì nella sua Chronica una lunga poesia dall’incipit Diro satis percussus vulnere in cui il dolore per la sconfitta è accompagnato dalla critica dei comandanti della spedizione, come mostrano i seguenti versi: «O quam pravo ducti consilio / exierunt duces in proelio / Damiata tu das exilio / quos fovisti fare biennio» (Garufi 1936-1938, p. 96).

Una delle più significative testimonianze del senso di smarrimento che colpì la cristianità in seguito al nuovo smacco subito in Terrasanta è proprio il sirventese di Peirol, Pus flum Jordan ai vist e·l monimen (BdT 366.28). Il termine post quem per la composizione del testo è ovviamente costituito dalla perdita di Damietta mentre l’allusione alla presenza di Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme, in Oriente (v. 13) suggerisce quale termine ante quem il maggio del 1222 (cfr. Harvey 2013). È risaputo infatti che Giovanni rimase in Terrasanta fino alla primavera del 1222, quando partì per l’Italia, nella speranza di reclutare forze adeguate a offrire un sostegno per la sopravvivenza del suo regno in Terrasanta (cfr. Vetere 2005). De Bartholomaeis suggerisce che il componimento fu probabilmente concepito prima dell’incontro tra papa Onorio III e Federico II che ebbe luogo a Veroli nell’aprile 1222. In questa occasione l’imperatore rinnovò la sua promessa di un intervento in Terrasanta e il tono del sirventese potrebbe dunque non essere giustificato (De Bartholomaeis 1911-1912, pp. 101-102).

Il componimento, come sostenuto da De Bartholomaeis, non presenta il contenuto e i caratteri tipici della canzone di crociata (ibidem). Mancano infatti elementi topici di questa forma poetica come il tono sermocinante, le espressioni sentenziose, le citazioni dai testi omiletici o dalle sacre scritture, il ricorso alla prima persona plurale (cfr. Guida 1992, pp. 7-38; Annunziata 2016, pp. 39-41). Il trovatore ringrazia nella prima strofe il Signore per avergli concesso di visitare i Luoghi Santi e si dice felice in quanto probabilmente ciò gli avrebbe concesso di ottenere l’indulgenza dai peccati. Ma poi, invece di dedicarsi al reclutamento di forze per sostenere l’impegno crociato, Peirol si abbandona a una serie di lamenti e rimpianti per lo stato in cui versa la Terrasanta, indicata con i termini monimen e sancte loc (cfr. Sakari 1952-1962). Anche l’invocazione rivolta al Signore affinché conceda un sicuro attraversamento del mare, presente in molti Kreuzlieder, è finalizzata in questo testo ad assicurare un felice ritorno in patria dei pellegrini. Al trovatore non resta che affidare alla protezione divina le città, Acri, Tiro e Tripoli (v. 12) e i personaggi, gli ordini militari degli Ospitalieri e dei Templari, lo stesso Giovanni di Brienne (v. 13).

Seguono due strofi caratterizzate dalla critica del tempo presente per mezzo di una laudatio temporis acti che mette a confronto i valenti sovrani e signori del passato e quelli del presente, dei quali il trovatore dice di non sapere come si comporteranno. Ma è con pessimismo che Peirol guarda a questi ultimi perché ai grandi protagonisti della Terza crociata o delle spedizioni vittoriose contro i Mori in Spagna non sembrano esser subentrati dei validi successori. Solo le ultime coblas sembrano presentare i toni dell’esortazione al passagium insieme alle critiche rivolte a Federico II, di cui vengono ricordati i giuramenti non rispettati in merito alla crociata. Grazie al ricorso all’exemplum del Guascone, che doveva facilmente essere riconoscibile dal pubblico del trovatore, l’imperatore viene giudicato irriconoscente e capace di cambiare le promesse fatte nel momento di difficoltà una volta scampato dai pericoli che lo avevano portato a proferirle. Federico infatti aveva preso la croce ad Aquisgrana nel 1215 e aveva rinnovato il suo voto in occasione dell’incoronazione imperiale del 1220 ma non si era recato in Terrasanta con la partenza della Quinta crociata.

Nell’ultima cobla poi Federico è incitato al soccorso di Damietta tramite una metafora animale che sfrutta il simbolo imperiale. L’aquila scacciata e vinta dagli avvoltoi, probabile rappresentazione dei musulmani vincitori a Damietta, non è stimata degna di reggere i destini della cristianità. Che in questo passo ci si riferisca all’imperatore come primo sovrano cristiano, a cui in special modo spettava il recupero dei Luoghi Santi, lo conferma anche l’allusione contenuta nei vv. 33-35. Qui, oltre all’onta della sconfitta, Peirol imputa a Federico il grande danno inflitto dagli infedeli alla religione cattolica.

Il senso di scoramento che traspare da questo testo testimonia con efficacia lo stato d’animo della popolazione cristiana dopo il fallimento della cosiddetta Quinta crociata. Questa spedizione, predicata a lungo e con forza da Innocenzo III fin dal 1213 ma partita soltanto nel 1217, incontrò subito moltissime difficoltà. In quest’ottica la conquista di Damietta costituì un grande e del tutto insperato successo: il possesso di una città egiziana così importante consentiva ai cristiani di ottenere una piazzaforte fondamentale e lasciava sperare in un nuovo possibile avvicinamento alla riconquista di Gerusalemme dopo anni molto difficili per gli sforzi crociati. La sua perdita fu dunque un colpo durissimo per le ambizioni di recupero della Terra promessa. All’indomani della disfatta cristiana le responsabilità furono addossate ai capi della spedizione e in primis al legato papale Pelagio di Albano che, rifiutata la proposta del sultano al-Kamil di scambiare Damietta con Gerusalemme, decise di marciare verso il Cairo senza attendere i rinforzi inviati dall’Occidente. Nel percorrere la strada verso Mansura in un periodo in cui il Nilo entrava in piena, l’esercito cristiano andò incontro all’inevitabile sconfitta. In seguito alla catastrofe la Chiesa rinfacciò a Federico la dilazione della crociata e l’insufficienza degli aiuti inviati in Terrasanta (Stürner 2009, pp. 451-453; Abulafia 1988, pp. 148-150).

Oltre a un’amplificazione delle accuse papali il sirventese è stato considerato dalla critica come la testimonianza della presenza in Oriente di Peirol (De Bartholomaeis 1911-1912, p. 103; Lewent 1908, p. 419; Aston 1953, p. 9; Guida - Larghi 2014, p. 426). A questo componimento potrebbe forse essere aggiunto il testo Be no val hom joves que no·s perjura (BdT 366.5), in cui il trovatore allude ai timori di un viaggio per mare. Tuttavia bisogna considerare che anche nel suo unico altro testo sicuramente riferibile alla crociata, ma databile al 1187-1189, la tenzone fittizia Qant Amors trobet partit (BdT 366.29), Peirol interpreta il ruolo di un soldato crociato costretto a lasciare la patria e midons, e dunque a tradire Amore, per recarsi in Terrasanta mentre i re e altri signori combattevano tra loro e trovavano scuse per restare in Occidente. Che la sua permanenza in Oriente sia vera o meno, il trovatore si fa portavoce dei soldati cristiani che, delusi dalla sconfitta patita in Egitto, si apprestavano a tornare in patria e ci offre una preziosa testimonianza dell’amarezza della cristianità di fronte alla nuova imprevista disfatta subita da un esercito crociato (cfr. Meliga 2011, p. 31).

 

 

Bibliografia

 

Abulafia 1988

David Abulafia, Frederick II: A Medieval Emperor, London 1988.

 

Annunziata 2016

Francesco Saverio Annunziata, «Le canzoni di crociata dei trovatori composte tra il 1213 e il 1214», in Forme letterarie del Medioevo romanzo: testo, interpretazione e storia. Atti del XI Congresso Società Italiana di Filologia Romanza (Catania, 22-26 settembre 2015), a cura di Antonio Pioletti e Stefano Rapisarda, Soveria Mannelli 2016, pp. 39-57.

 

Aston 1952

Stanley C. Aston, Peirol, Troubadour of Auvergne, Cambridge 1953.

 

De Bartholomaeis 1911-1912

Vincenzo De Bartholomaeis, «Osservazioni sulle poesie provenzali relative a Federico II», Memorie della R. Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di Scienze morali: Scienze storico-filologiche, s. I, 6, 1911-1912, pp. 97-124.

 

Garufi 1936-1938

Riccardo di San Germano, Chronica, a cura di Carlo A. Garufi, Bologna 1936-1938.

 

Guida 1992

Saverio Guida, Canzoni di crociata, Parma 1992.

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 2014.

 

Harvey 2013

Ruth Harvey, Rialto 30.ix.2013.

 

Lewent 1908

Kurt Lewent, «Das altprovenzalische Kreuzlied», Romanische Forschungen, 21, 1908, pp. 321-448.

 

Meliga 2011

Walter Meliga, «Gaucelm Faidit et la (les) croisade(s)», in Gaucelm Faidit: amours, voyages et débats, Ventadour 2011, pp. 28-31.

 

Mylod - Perry - Smith - Vanburie 2016

The Fifth Crusade in Context: The Crusading Movement in the Early Thirteenth Century, edited by E. J. Mylod, Guy Perry, Thomas W. Smith, Jan Vandeburie, London - New York 2016.

 

Powell 1986

James M. Powell, Anathomy of a Crusade, 1213-1221, Philadelphia 1986.

 

Sakari 1952-1962

Aimo Sakari, «Sur quelques termes provençaux désignant les lieux saints dans les chanson de croisade», in Estudios dedicados a Menéndez Pidal, 7 voll., Madrid 1952-1962, vol. VII, pp. 47-60.

 

Stürner 2009

Wolfgang Stürner, Federico II e l’apogeo dell’Impero, Roma 2009.

 

Vetere 2005

Benedetto Vetere, «Giovanni di Brienne, re di Gerusalemme e imperatore latino di Costantinopoli», in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, Roma 2005, versione in rete (www.treccani.it).

 

Francesco Saverio Annunziata

14.vi.2017


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