Rialto    IdT

375.8

 

   

Pons de Capdoill

 

 

 

 

   

I.

   

En honor del Paire en cui es

   

totz poders e tota vertatz,

   

et el Fill totz sens e totz gratz,

4  

et el Saint Esperit totz bes,

   

devem creire l’un en totz tres:

   

q’ieu sai qe·il Sancta Trinitatz

   

es vers Dieus e vers perdonaire,

8  

vera merces e vers salvaire,

   

per q’ieu dels mortals failhimens

   

c’ai faitz en dig ni en penssan

   

ab fals motz et ab mal obran

12  

mi ren colpables penedens.

   

 

   

II.

   

Seignor, pois sai nos a trames

   

per cardenals e per legatz

   

absout cel q’es en loc pausatz

16  

de saint Peire cui Dieus promes

   

q’en cel et en terra pogues

   

solver chascun de sos pechatz,

   

qui so non cre, al mieu veiaire,

20  

fals es e fellos e trichaire

   

e de nostra lei mescrezens;

   

e qui non se vol traire enan

   

de far la crotz, no m’es semblan

24  

qe sia a Dieu obediens.

   

 

   

III.

   

Qui pren la crotz mout l’es ben pres;

   

qe·l plus valens e·l plus presatz

   

er, si roman, flacs e malvatz,

28  

e·l plus avols, pros e cortes

   

si va, e no·ill faillira res;

   

anz er del tot monz e lavatz,

   

e ja no·l cal tondre ni raire

32  

ni en estreig orde maltraire,

   

qe Dieus lor sera vers guirens

   

a totz celz qe per lui iran

   

vengar l’anta qe·il Turc nos fan,

36  

qe totas autras antas vens.

   

 

   

IV.

   

Ara fai mout gran necies

   

a son dan rica poestatz

   

qan tol las autrui heretatz

40  

ni bast chastels, tors, ni pares:

   

el cuia mout aver conques;

   

meinz a c’us paubres despoillatz,

   

que·l Lazers no·n avia gaire,

44  

et al ric que no·il volc ben faire

   

valc a la mort pauc sos argens.

   

Gart si doncs qi tol ab enjan,

   

qe sel c’avia d’aver tan

48  

fon caitius e·l paubres manenz.

   

 

   

V.

   

Ben volgra qe·l reis dels Frances

   

e·l reis engles fezesson patz –

   

et aquel fora plus honratz

52  

per Dieu que primiers la volgues

   

e ja no·il mermara sos ces,

   

anz fora el cel coronatz –

   

e·l reis de Poilla e l’emperaire

56  

fossen amdui amic e fraire

   

tro fos cobraz lo monumens,

   

c’aissi cum sai perdonaran

   

sapchatz c’aital perdon auran

60  

lai on er faitz lo jutgamens.

   

 

   

VI.

   

Gloriosa, en cui es merces,

   

e q’etz vera virginitatz,

   

lums et estela e clartatz,

64  

salutz et esperanssa e fes,

   

en cui vers Dieus per nos si mes,

   

per totz nos pechadors preiatz

   

vostre doutz fill e vostre paire,

68  

de cui vos etz filla e maire,

   

vergena dousa resplandens,

   

com traia nostra lei enan

   

e nos don forssa e poder gran

72  

sobre·ls Turcs fellos mescrezens.

     
    VII.
    Amics n’Andrieu, pos li pro van,
    vos no es ges del meinz valens.

 

 

Traduzione [lb, con modifiche di fsa]

I. In onore del Padre, in cui è ogni potere e ogni verità, e del Figlio [in cui è] ogni saggezza e ogni grazia, e dello Spirito Santo [in cui è] ogni bene, dobbiamo credere l’uno in tutti e tre; io so che la Santa Trinità è vero Dio e vero perdonatore, vera misericordia e vero salvatore, perciò mi confesso colpevole e pentito dei mortali peccati che ho commesso in parole e pensieri con false parole e con folli opere.
II. Signori, poiché colui che è seduto sulla cattedra di san Pietro, al quale Dio concesse il potere di sciogliere ciascuno dai sui peccati in cielo e in terra, ci ha mandato qui per mezzo di cardinali e legati l’indulgenza, mi sembra che chi non crede in questo sia falso e fellone e ingannatore e non crede nella nostra fede; e a mio parere chi non vuol farsi innanzi e prendere la croce non obbedisce a Dio.
III. Chi prende la croce, avrà molto bene; il più valoroso e il più stimato sarà, se rimane, molle e malvagio e il più vile [sarà] prode e cortese se va, e non gli mancherà nulla; anzi, sarà del tutto mondo e lavato, e non avrà bisogno di essere rasato o tonsurato o di patire gli stenti in un rigido ordine [religioso], perché Dio sarà vero protettore per tutti quelli che, per Lui, andranno a vendicare l’onta che ci fanno i Turchi, che vince tutte le altre onte.
IV. Ora agisce in modo stolto e a proprio danno l’uomo ricco e potente che toglie i beni ad altri e costruisce castelli, torri e mura: pensa di aver molto acquistato, [ma] ha meno di un povero nudo, perché Lazzaro non aveva nulla, e al ricco, che non gli volle far del bene, giovò poco il suo denaro alla morte. Si guardi dunque chi ruba con l’inganno, perché colui aveva tante ricchezze fu misero, e il povero ricco!
V. Ben vorrei che il re dei Francesi e il re inglese facessero la pace – e colui che la volesse per primo sarebbe il più onorato da Dio, il suo censo non diminuirà, anzi egli sarebbe coronato in cielo – e che il re di Puglia e l’imperatore fossero entrambi amici e fratelli, finché fosse liberato il sepolcro; perché così come essi perdoneranno quaggiù, sappiate che uguale perdono avranno là, dove sarà fatto il Giudizio.
VI. O Gloriosa, in cui è la misericordia e che siete vera verginità, luce e stella e splendore, salute e speranza e fede, in cui il vero Dio abitò per noi, pregate per tutti noi peccatori il vostro dolce figlio e vostro padre di cui voi siete figlia e madre, Vergine dolce risplendente, perché esalti la nostra religione e ci dia forza e grande potere contro i Turchi felloni, miscredenti.

VII. Amico signor Andrea, dal momento che i prodi vanno [in Terrasanta], voi non siete certo tra i meno valorosi.

 

 

 

Testo: Mulholland 2015, con modifiche di fsa. – Rialto 02.xii.2015.


Mss.: A 57v, C 119v, Da 184r, G 114r, L 65r, R 12v.

Edizioni critiche: Max von Napolski, Leben und Werke des Trobadors Ponz de Capduoill, Halle 1879, pp. 89-91; Antonella Martorano, Ricerche sul testo delle poesie di Pons de Capduoill, Tesi di Dottorato in Storia e tradizione dei testi nel Medioevo e nel Rinascimento, Università di Firenze, Firenze 2007, p. 197; Lauren Mulholland, Rialto 14.v.2015.

Altre edizioni: François Juste Marie Raynouard, Choix des poésies originales des troubadours, 6 voll., Paris 1816-1821, vol. IV, pp. 87-90; Carl August Friedrich Mahn, Die Werke der Troubadours, in provenzalischer Sprache, 4 voll., Berlin 1846-1886, vol. I, pp. 353-354 (testo Raynouard); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Rome 1931, vol. I, pp. 193-196 (testo Napolski).

Metrica: a8 b8 b8 a8 a8 b8 c8’ c8’ d8 d8 e8 e8 (Frank 491:1, unicum). Sei coblas unissonans di dodici versi e una tornada di due. Rime: -es, -atz, -aire, -ens, -an. La tornada è conservata dal solo ms. L ed è rimasta inedita fino all’edizione Martorano in quanto Napolski, il precedente editore, non include questo testimone nella recensio. Se Mulholland sceglie di non mettere a testo i due versi e si limita a riportarli in apparato, Martorano ricorda che al destinatario della tornada, Andrieu, Pons de Capduelh ha indirizzato altri cinque componimenti e, su questa scorta, reputa originale la dedica. Sebbene il tono della tornada sembra stridere con il resto del componimento, non ci sono elementi per reputarla spuria; essa potrebbe del resto essere frutto di una redazione alternativa da parte dell’autore testimoniata esclusivamente da L. In questo senso, giova ricordare che L, rispetto agli altri manoscritti che si fanno risalire alla tradizione ε di Avalle, si avvale di un’altra fonte, l’antecedente di ε classificato come λ, la quale poteva contenere l’invio che non si riscontra invece negli altri testimoni della stessa famiglia. Com’è noto, il manoscritto L fu rivisto e integrato da un correttore che intervenne sul canzoniere, cfr. Carlo Pulsoni, «Nell’atelier del correttore del ms. provenzale L (Vat. lat. 3206)», in Actes du IV Congrès International de l’AIEO (Vitoria-Gasteiz, 22-28 août 1993), 2 voll., Vitoria-Gasteiz 1994, vol. I, pp. 287-95. Si può però escludere che la dedica sia frutto di un’integrazione da parte del correttore in quanto il testo nel manoscritto è segnato con la nota ex: nella prassi del revisore questa sigla, abbreviazione per exemplar, indica i testi privi di correzioni, in opposizione a quelli contrassegnati dal segno tachigrafico 9, che compendia la preposizione con, probabile abbreviazione per contuli, ‘collazionai’. Questi testi sarebbero invece stati sottoposti a correzioni sostanziali quali integrazioni o diverso ordinamento delle strofe, cfr. Maddalena Signorini, «Riflessioni paleografiche sui canzonieri provenzali veneti», Critica del testo, 2, 1999, pp. 837-859, alle pp. 853-857 e Beatrice Solla, Il canzoniere occitano L. Biblioteca Apostolica Vaticana Vat. Lat. 3206, Modena 2015, p. 36.

Ed. Mulholland: omette la tornada trasmessa dal solo ms. L.

Note: Canzone di crociata composta tra la promulgazione della bolla Quia maior, nella primavera del 1213, e la battaglia di Bouvines, avvenuta il 27 luglio del 1214: si vedano le Circostanze storiche.

1-12. Il componimento si apre con una professione di fede dal tono molto solenne, una sorta di confiteor in versi in cui l’autore annuncia di credere nei tre membri della Santa Trinità e ammette le proprie colpe. La citazione della Trinità è tutt’altro che rara nella poesia dei trovatori, basti fare riferimento all’imponente documentazione raccolta da Diego Zorzi, Valori religiosi nella letteratura provenzale. La spiritualità trinitaria, Milano 1954. Un simile esempio di professione di fede, con riconoscimento della Trinità, è contenuto ai vv. 3-12 di Un estribot farai que er mout maistratz (BdT 335.64) di Peire Cardenal, citato in Sergio Vatteroni, «Verbum exhortationis e propaganda nella poesia provenzale del XIII secolo», in Comunicazione e propaganda nei secoli XII e XIII. Atti del convegno internazionale (Messina, 24-26 maggio 2007), a cura di Rossana Castano, Fortunata Latella e Tania Sorrenti, Roma 2007, pp. 653-679. Vatteroni riconosce a questa professione di fede una funzione preventiva dalle accuse che sarebbero potute cadere su Peire per il contenuto del suo estribot.

4-5. Mulholland pone il punto in conclusione del v. 4. Sembra più sensato invece considerare i primi cinque versi come un unico periodo: l’invocazione iniziale si conclude con la proposizione principale al v. 5. Sostituisco il punto con la virgola e modifico di conseguenza anche la traduzione italiana di Barbieri.

11. mal obran: la stessa espressione, con l’utilizzo del participio presente sostantivato, ricorre nella preghiera Segner Deu a vos mi confes, vv. 1-8: «Segner Deu, a vos mi confes, / quar peccaire sui staç quecs iors, / ara conois eu ma folors, / quar trop ai contra vos mespres / en dic, en faç et en senblan, / regens, pensan, vecen, aucens, en trop orgoils, en mal obran; / en colpa·m clam e·n sui dolens». A tal proposito si veda Zeno Verlato, «Il pretesto trobadorico della raccolta di poesie religiose del manoscritto di Wolfenbüttel», in La lirica romanza del Medioevo. Storia, tradizioni, interpretazioni. Atti del VI convegno triennale della Società Italiana di Filologia Romanza (Padova-Stra, 27 settembre-1 ottobre 2006), 2 voll., a cura di Furio Brugnolo e Francesca Gambino, Padova 2009, vol. I, pp. 263-291.

13. Seignor: il termine, al vocativo plurale, era utilizzato dai predicatori ecclesiastici nei sermoni in volgare per rivolgersi all’uditorio laico; cfr. Michel Zink, La Prédication en langue romane avant 1300, Paris 1976, p. 140.

13-18. Il trovatore ripropone un passo della bolla di Innocenzo III Quia maior, si veda Patrologiae Cursus Completus. Series Latina (PL), a cura di Jacques Paul Migne, 221 voll., Paris 1844-1864, vol. 216, col. 818.

24. Nelle canzoni di crociata di Pons de Capduelh, come in molti altri esempi della stessa forma poetica, l’impegno crociato è visto come un servizio feudale che il cristiano compie nei confronti del Signore a cui deve obbedienza.

26-29. La partecipazione stessa alla crociata è uno strumento di giudizio etico dei cristiani: l’assunzione della croce infatti costituisce il discrimine per riconoscere il vero portatore di virtù. È questo un altro elemento topico degli excitatoria in versi dei trovatori; pur supportando un punto di vista strettamente connesso alla religione, i valori esaltati nei crociati sono quelli convenzionali del linguaggio cortese: pretz, proeza, cortesia restano le doti indispensabili per il miles Christi. Un esempio simile è contenuto in Ara parra qual seran envejos (BdT 10.11), vv. 31-40: «Avengutz es lo temps e la sazos / on deu esser proat qual temon Dieu, / qu’elh non somo mas los valens e·ls pros, / car silh seran tostemps francamens sieu / qui seran lai fi e bo sofredor / ni afortit ni bon combatedor, / e franc e larc e cortes e leyal / e remanran li menut e·l venal, / que dels bos vol Dieus qu’ab bos fagz valens / se salvon lai, et es belhs salvamens».

31-32. L’allusione alla tonsura è strettamente collegata all’ingresso in un ordine religioso alluso nel verso successivo. L’espressione si ritrova in altri testi ma in accezioni differenti, ad esempio in Bertran Carbonel, De femnas drudeiras y a, (BdT 82.35), vv. 1-6: «De femnas drudeiras y a, / sabens, pauras et acorsadas / que se fenhon enamoradas / per mais galiar sa e la / e que mielhs puescan tondre e raire / los fols». In questo contesto il trovatore, membro della nobiltà meridionale, potrebbe forse alludere, criticandola, alla scelta di alcuni suoi pari di intraprendere la vita monastica come penitenza necessaria a espiare i propri peccati dopo una vita dissoluta; cfr. Charles de Miramon, «Embrasser l’état monastique à l’age adulte (1050-1200). Étude sur la conversion tardive», Annales. Histoire, Sciences Sociales, 54, 1999, pp. 825-849. Nella promozione delle spedizioni in Terrasanta, fin dalle origini, i pontefici tendevano invece a presentare l’impegno crociato come massima forma di penitenza per i milites: si veda in merito Jean Flori, Le crociate, Bologna 2003, pp. 77-80.

37-48. La critica ai rics dediti ad alimentare guerre private in occidente piuttosto che prendere la croce è un tema costante nelle canzoni di crociata. Questo topos viene qui riproposto mediante l’ausilio di un exemplum evangelico, quello della parabola del mendicante di nome Lazzaro contenuta in Luca (XVI, 19-31). Il Lazzaro a cui qui si allude non è infatti Lazzaro di Betania, resuscitato da Cristo secondo il vangelo di Giovanni (XI, 1-44), ma il mendicante coperto di piaghe che viene ammesso da Dio in Paradiso a differenza del ricco amante del lusso che non gli concesse mai l’elemosina. Secondo il passo del Vangelo a cui allude il trovatore, l’inferno è destinato a coloro che sono attaccati ai beni materiali. L’appello a dedicarsi al recupero dell’eredità di Cristo è rafforzato dunque da un riferimento scritturale che doveva essere ben riconoscibile al suo pubblico.

49-50. Il re dei Francesi va identificato con Filippo Augusto che conduceva un’annosa battaglia contro l’Inghilterra di Giovanni Senza Terra.

55-56. Il regnum Apuliae era uno dei termini con cui si era soliti nominare il Regno di Sicilia nel Medioevo. Il re di Sicilia era al tempo il giovane Federico II che, accolta la nuova elezione a re dei Romani, si trovava in Germania dove contendeva la dignità imperiale a Ottone IV di Brunswick.

61-72. L’intera sesta cobla è dedicata all’invocazione alla Madonna, fonte di salvezza, luce, vera Vergine. Ma, come nell’altra canzone di crociata di Pons, So c’om plus vol e plus es voluntos (BdT 375.22), l’invocazione alla Vergine è funzionale all’obiettivo principale dei crociati, la sconfitta dei Turcs fellos, la falsa gen che tiene in ostaggio Gerusalemme e la Terra Santa.

73. Amics n’Andrieu. La figura di Andrieu ricorre, sempre in tornada, in altri cinque componimenti di Pons: le canzoni Aissi m’es pres con sellui, que cerquan (BdT 375.1), v. 46; Ben es fols cel que reingna (BdT 375.4), v. 46; Ja non er hom tan pros (BdT 375.11), v. 71; Lials amics, cui amors ten jojos (BdT 375.14), v. 41; il planh in morte della donna amata De totz chaitius son eu aicel que plus (BdT 375.7), v. 51. Risulta difficile ricostruire l’identità di questo personaggio sulla base dei versi in cui è citato il suo nome. Napolski lo ritiene un semplice amico di Pons mentre fu un giullare secondo Jean Perrel, «Le troubadour Pons, seigneur de Chapteuil et de Vertaizon, son temps, sa vie, son oeuvre», Revue d’Auvergne, 90, 1976, pp. 89-199. Più di recente, sulla base della testimonianza della tornada di En honor del Paire en cui es Martorano ha suggerito che si possa trattare di un signore che ha già preso la croce al momento della composizione del testo.

[fsa]


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Circostanze storiche