Rialto    IdT

437.24

 

   

Sordel

 

 

 

 

   

I.

   

Planher vuelh en Blacatz en aquest leugier so,

   

ab cor trist e marrit; et ai en be razo,

   

qu’en luy ai mescabat senhor et amic bo,

4  

e quar tug l’ayp valent en sa mort perdut so

   

tant es mortals lo dans qu’ieu non ai sospeisso

   

que jamais si revenha, s’en aital guiza no;

   

qu’om li traga lo cor e que·n manio·l baro

8  

que vivon descorat, pueys auran de cor pro.

   

 

   

II.

   

Premiers manje del cor, per so que grans ops l’es

   

l’emperaire de Roma, s’elh vol los Milanes

   

per forsa conquistar, quar luy tenon conques

12  

e viu deseretatz, malgrat de sos Ties;

   

e deseguentre lui manje·n lo reys frances:

   

pueys cobrara Castella que pert per nescies;

   

mas, si pez’a sa maire, elh no·n manjara ges,

16  

quar ben par, a son pretz, qu’elh non fai ren que·l pes.

   

 

   

III.

   

Del rey engles me platz, quar es pauc coratjos,

   

que manje pro del cor; pueys er valens e bos,

   

e cobrara la terra, per que viu de pretz blos,

20  

que·l tol lo reys de Fransa, quar lo sap nualhos;

   

e lo reys castelas tanh qu’en manje per dos,

   

quar dos regismes ten, e per l’un non es pros;

   

mas, s’elh en vol manjar, tanh qu’en manj’a rescos,

24  

que, si·l mair’o sabia, batria·l ab bastos.

   

 

   

IV.

   

Del rey d’Arago vuelh del cor deia manjar,

   

que aisso lo fara de l’anta descarguar

   

que pren sai de Marcella e d’Amilau; qu’onrar

28  

no·s pot estiers per ren que puesca dir ni far;

   

et apres vuelh del cor don hom al rey navar,

   

que valia mais coms que reys, so aug comtar;

   

tortz es, quan Dieus fai home en gran ricor poiar,

32  

pus sofracha de cor lo fai de pretz bayssar.

   

 

   

V.

   

Al comte de Toloza a ops qu’en manje be,

   

si·l membra so que sol tener ni so que te;

   

quar, si ab autre cor sa perda non reve,

36  

no·m par que la revenha ab aquel qu’a en se;

   

e·l coms proensals tanh qu’en manje, si·l sove

   

c’oms que deseretatz viu guaire non val re;

   

e, si tot ab esfors si defen ni·s chapte,

40  

ops l’es mange del cor pel greu fais qu’el soste.

   

 

   

VI.

   

Li baro·m volran mal de so que ieu dic be,

   

mas ben sapchan qu’ie·ls pretz aitan pauc quon ilh me.

   

 

   

VI.

   

Belh Restaur, sol qu’ab vos puesca trobar merce,

44  

a mon dan met quascun que per amic no·m te.

 

 

Traduzione [fsa]

I. Voglio piangere il signor Blacatz su questa semplice melodia, con il cuore triste e affranto, e ne ho ben ragione, perché in lui ho perso un [buon] signore e un buon amico, e poiché tutte le nobili qualità sono scomparse con la sua morte, il danno è tanto mortale che io non ho speranza che si possa mai riparare, se non in questa maniera: che gli si asporti il cuore e che ne mangino i baroni che vivono privi di coraggio, poiché del cuore [di Blacatz] avranno beneficio.
II. Per primo mangi il cuore, poiché ne ha grande bisogno, l’imperatore di Roma, se vuole conquistare con la forza i milanesi, perché lo tengono soggiogato e vive diseredato, malgrado i suoi tedeschi. E dopo di lui ne mangi il re francese: così che recupererà la Castiglia, che perde per stoltezza. Ma se è sgradito a sua madre, egli non ne mangerà affatto, poiché ben sembra che, con suo merito, egli non fa nulla che le dispiaccia.
III. Gradisco che mangi molto del cuore il re inglese, perché è poco coraggioso; dopo sarà prode e giusto e riconquisterà la terra - a causa della quale vive privo di pregio - che gli toglie il re di Francia, poiché lo sa indolente. E conviene che il re castigliano ne mangi per due, poiché governa due regni, e non vale per uno. Ma se ne vuol mangiare, occorre che lo faccia di nascosto, perché, se la madre lo sapesse, lo picchierebbe col bastone.
IV. Voglio che mangi il cuore il re d’Aragona, poiché ciò lo libererà dell’onta che riceve qui per Marsiglia e per Millau, poiché non gli si può far onore in altro modo con alcuna cosa si possa dire o fare. E in seguito voglio che si dia del cuore al re di Navarra, che valeva più come conte che come re, così sento dire. È peccato che, quando Dio innalza a grande potenza qualcuno, la mancanza di cuore lo faccia poi discendere di pregio.
V. È necessario che il conte di Tolosa ne mangi molto, se ricorda ciò che soleva possedere e ciò che possiede, poiché, se non recupera la sua perdita con un altro cuore, non mi pare che possa farlo con quello che ha in corpo. E conviene che ne mangi il conte provenzale, se gli sovviene che un uomo che vive diseredato non vale nulla, e, sebbene con sforzo si difende e si sostiene, è necessario che mangi il cuore per il grave fardello che sopporta.
VI. I baroni mi vorranno male per ciò che io dico bene, ma sappiano con certezza che io li stimo tanto poco quanto essi [stimano] me.
VII. Bel Ristoro, purché possa trovar mercé presso di voi, io disprezzo chi non mi tiene per amico.

 

 

 

Testo: Boni 1954. – Rialto 15.ix.2018.


Mss.: A 126r, C 265v, Da 178v, Dc 258v, H 3r, I 188v, K 174v, R 21r, S 219, a1 380.

Edizioni critiche: Cesare De Lollis, Vita e poesie di Sordello, Halle 1896, p. 153; Giulio Bertoni, I Trovatori d’Italia. Biografie, testi, traduzioni, note, Modena 1915, p. 285; Vincenzo Crescini, Manuale per l’avviamento agli studi provenzali. Terza edizione migliorata, Milano 1926, p. 295; Marco Boni, Sordello, le poesie, Bologna 1954, p. 158; James J. Wilhelm, The Poetry of Sordello, New York - London 1987, p. 74.

Altre edizioni: Henry J. Chaytor, The Troubadours of Dante, Oxford 1902, p. 74 (testo De Lollis); Karl Bartsch - E. Koschwitz, Chrestomathie provençale (Xe - XVe siècle), Marburg, 1904, p. 225 (testo De Lollis); Erhard Lommatzsch, Provenzalisches Liederbuch. Lieder der Troubadours mit einer Auswahl biographischer Zeugnisse, Nachdichtungen und Singweisen, Berlin 1917, p. 211 (testo De Lollis); Oscar Schultz-Gora, Altprovenzalisches Elementarbuch, Heidelberg 19736, p. 172 (testo De Lollis); Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931, vol. II, p. 134 (testo Crescini); Francesco A. Ugolini, La poesia provenzale e l’Italia, Modena 1939, p. 82 (testo Bertoni); Gianluigi Toja, Trovatori di Provenza e d’Italia, Parma 1965, p. 243 (testo Boni); Aurelio Roncaglia, Antologia delle letterature medievali d’oc e d’oïl, Milano 1973, p. 376 (testo Boni); Martín de Riquer, Los trovadores. Historia literaria y textos, 3 voll., Barcelona 1975, vol. III, p. 1464 (testo Boni); Pierre Bec, Anthologie des troubadours, Paris 1979, p. 297 (testo De Lollis); Giuseppe E. Sansone, La poesia dell’antica Provenza. Testi e storia dei trovatori, Parma 1984, p. 608 (testo Boni); Emilio Faccioli, Sordello da Goito, a cura di R. Signorini, Mantova 1994, p. 111 (testo Boni); Marco Boni, Rialto 6.iv.2005 (testo Boni); Christine Felbeck - Johannes Kramer, Troubadourdichtung. Eine dreisprachige Anthologie mit Einführung, Kommentar und Kurzgrammatik, Tübingen 2008, p. 270 (testo Boni).

Metrica: a12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 a12 (Frank 5:5). Cinque coblas singulars di otto versi di dodici sillabe e due tornadas di due versi. Rime: I: -o; II: -es; III: -os; IV: -ar; V: -e. Questo schema metrico è condiviso da altri sei componimenti e, come riportato nell’incipit di Un sierventes vuelh far en aquest so d’En Gui (BdT 457.42) di Uc de Saint Circ, potrebbe probabilmente essere improntato alla melopea epica della canzone di gesta Gui de Nantueil, già utilizzata nello scambio di lasse tra Peire Bremon Ricas Novas e Gui de Cavaillon (BdT 330.20). È possibile ipotizzare che questo scambio, anteriore cronologicamente a tutti i componimenti che riprendono il medesimo schema, abbia costituito il modello per l’intero gruppo; cfr. Paolo Di Luca, «Epopée et poésie lyrique: de quelques contrafacta occitanes sur le son de chansons de geste», Revue des langues romanes, 112, 2008, pp. 33-60, alle pp. 48-49.

Note: planh composto in morte di Blacatz tra la fine del 1236 e i primi mesi del 1237; si vedano le Circostanze storiche.

1. Blacatz, importante esponente dell’aristocrazia provenzale a cavallo tra XII e XIII secolo, fu un punto di riferimento per i trovatori che gravitavano intorno alla corte di Raimondo Berengario V di Provenza. A lui furono legati molti trovatori, come provano il suo impegno in diversi scambi di versi e gli elogi a lui rivolti in numerosi componimenti; cfr. Elisa Guadagnini, «La crociata di Federico II e “la cerchia di Blacatz”», Studi medievali, 46, 2005, pp. 309-331, alle pp. 309-311; Sergio Vatteroni, «Le corti della Francia meridionale» in Lo spazio letterario del Medioevo. 2. Il Medioevo volgare, vol. I, La produzione del testo, a cura di Piero Boitani, Mario Mancini, Alberto Varvaro, Roma 2001, pp. 353-392, alle pp. 383-385.

7-8. Nella prima strofe Sordello immagina di estrarre il cuore dal corpo di Blacatz e di dividerlo fra i signori del tempo affinché questi, nutrendosene, possano riscattarsi dalle situazioni di difficoltà in cui si trovavano; sul tema del cuore mangiato si veda Luciano Rossi, «Il cuore, mistico pasto d’amore: dal Lai Guirun al Decameron», in Studi provenzali e francesi 82. Romanica Vulgaria, Quaderni 6, L’Aquila 1983, pp. 28-128.

9-10. Il primo ad aver bisogno di cibarsi del cuore di Blacatz è Federico II, definito da Sordello come l’emperaire de Roma.

11-12. L’imperatore è considerato incapace di sconfiggere i comuni della Lega lombarda, qui rappresentati dai milanesi, nonostante egli possa contare sugli eserciti tedeschi; si vedano le Circostanze storiche.

13. reys frances. Si tratta di Luigi IX di Francia, succeduto al padre Luigi VIII nel 1226; su questo importantissimo personaggio si vedano Jacques Le Goff, Saint Louis, Paris 1996, Benoît Grévin, «Luigi IX, re di Francia, Santo» in Federico II. Enciclopedia Fridericiana, versione in rete (www.treccani.it).

13-16. Sordello rimprovera al re di Francia di non rivendicare i diritti sul regno di Castiglia che gli venivano da parte della madre Bianca, figlia del re Alfonso VIII, cfr. Boni, Sordello, p. 164. A Luigi è rinfacciata inoltre la presunta dipendenza politica dalla madre che fu reggente durante gli anni della sua minorità tra il 1226 e il 1234-1235( cfr. Le Goff, Saint Louis, pp. 65-90).

17-20. Il rey engles citato è Enrico III, dileggiato per l’incapacità di recuperare i possedimenti di Anjou, Maine, Touraine e Normandia conquistati dal re di Francia ai plantageneti nei primi anni del XIII secolo.

21-22. Ferdinando III, detto il Santo, ereditò nel 1217 il regno di Castiglia dalla madre Berenguela, in seguito alla morte prematura dello zio Enrico I, unico discendente maschio di re Alfonso VIII di Castiglia. Nel 1230, alla morte del padre Alfonso IX, Ferdinando ottenne anche il potere sul regno di León, riuscendo così a riportare sotto il suo controllo le due corone di Castiglia e León che sarebbero rimaste sempre unite sotto un medesimo sovrano.

23-24. Come Luigi IX, anche Ferdinando è accusato da Sordello di subire il ruolo politico della madre, principale artefice del passaggio della corona di Castiglia nelle mani del figlio Ferdinando.

25-28. Giacomo I fu re d’Aragona fin dalla morte del padre Pietro II avvenuta nel 1213, in seguito alla battaglia di Muret. Un riferimento al re d’Aragona e a Millau è presente in un altro testo di Sordello, Puois no·m tenc per pajat d’amor (BdT 437.25), vv. 15-18, mentre anche nel componimento di dubbia attribuzione Un sirventes farai novelh, plazen (BdT 80.42), vv. 4-8, è rinfacciata a Giacomo la perdita di Marsiglia e Millau.

29-32. Il re di Navarra è da identificare con Thibaut I, già conte di Champagne e famoso troviere, nominato sovrano dai navarresi nel maggio 1234 dopo la morte di Sancho VII.

33-36. Il conte di Tolosa, Raimondo VII, è criticato per la perdita dei domini aviti successiva al trattato di Parigi con il quale aveva ceduto alla corona di Francia la contea di Tolosa.

37-40. Nella stessa strofe è ricordato il conte di Provenza, Raimondo Berengario V, in costante conflitto con il conte di Tolosa nei territori provenzali del comtat Venaissin; sugli scontri tra i due conti si veda Stefano Asperti, «Sul sirventese Qi qe s’esmai ni·s desconort di Bertran d’Alamanon e su altri testi lirici ispirati dalle guerre di Provenza», in “Cantarem d’aquestz trobadors”. Studi occitanici in onore di Giuseppe Tavani, a cura di Luciano Rossi, Alessandria 1995, pp. 169-234.

43. Belh Restaur. Nel personaggio nascosto dietro questo senhal è stata riconosciuta Guida di Rodez, sorella di Ugo IV e moglie di Pons de Montlaur; cfr. Boni, Sordello, p. LX. A Guida Sordello dedicò anche la canzone Atretan dei ben chantar finamen (BdT 437.5) ed è forse da identificare con lei il Restaur a cui è dedicata la canzone Si co·l malaus qe no se sap gardar (BdT 437.31).

[fsa]


BdT    Sordel    IdT

Circostanze storiche