Rialto

437.29

 

Sordel

 

 

 

 

Qui be·is membra del segle qu’es passatz

con hom lo vi de toz bos faitz plazen,

ni com hom ve malvatz ni recrezen

aquel d’aras, ni com ja restauratz

5

non er per cel qi vendra plus malvaz,

totz hom viura ab gran dolor, menbran

cals es, ni fo, ni er d’aissi enan.

Mas non es dreitz c’om valenz ni prezatz

si recreza per aital membramen,

10

anz taing s’esforz tot jorn plus vivamen

com sufra·l fais de pretz, qu’es mesprezatz;

car cel n’a mais que plus fort n’es cargatz,

e car es dreitz que s’esforço·il prezan

de ben, on plus l’avol s’en van laissan.

15

En plus greu point non pot nuillz esser natz,

com cel que pert Dieu e·l segle issamen;

tot aital son li trist malvaz manen,

c’ant mes a mort domnei, joi e solatz;

tant los destreing nonfes e cobeitatz,

20

c’onor e pretz en meton en soan,

e Dieu e·l mon en getan a lur dan.

Ai, com pot tan esser desvergoingnatz

nuls hom gentils, que an enbastarden

son lignage per aur ni per argen?

25

Qe l’avers vai leumenz e la rictatz,

e·ill vida es breus, e la mortz ven viatz;

per c’om degra lialmen viure, aman

Deu, retenen del mon grat, gen regnan.

Dels maiors mou tota la malvestaz,

30

e pois apres de gra en gra dissen

tro als menors, per que torna a nien

jois e pretz, si que, qui pretz vol ni·l platz,

pot n’aver leu, car tant n’es granz mercaz

que per cinc solz n’a hom la peza e·l pan:

35

si·l tenon vil li ric malvaz truan!

N’Agradiva, qui quez estei malvatz,

per vos azir malvestat et enjan

et am valor e joi e pretz e chan.

Al rei tramet mon sirventes viatz,

40

cel d’Aragon, que·l fais lo plus pesan

sosten de pretz, per que·l ten en treman.

 

 

 

Testo: Boni 1954 (XXII). – Rialto 31.vii.2006.


Mss.: F 12v (v.1-vv.15-28), I' 188v, I'' 199r (con attribuzione a Aimeric de Peguilhan), K' 174r, K'' 184v (con attribuzione a Aimeric de Peguilhan), T 218r.

Edizioni critiche: Cesare De Lollis, Vita e poesie di Sordello, Halle 1896, p. 166; Marco Boni, Sordello, le poesie, Bologna 1954, p. 135; James J. Wilhelm, The Poetry of Sordello, edited and translated, New York - London 1987, p. 92.

Metrica: a10 b10 b10 a10 a10 c10 c10 (Frank 495:7). Cinque coblas unissonans di sette versi di dieci sillabe con due tornadas di tre versi di dieci sillabe. Il sirventese condivide schema metrico e rime con la canzone di Arnaut de Mareuil Aissi cum cel c’am’e non es amaz (BdT 30.3), che è probabilmente il modello dell'intero corpus, con il sirventese di Peire Cardenal Lo sabers d’est segle es foledatz (BdT 335.34), che ha costituito forse il modello diretto di Sordello, con la cobla di Cerveri de Girona Gentils domna, vençans humilitatz (BdT 434.7d) e la cobla anonima Tout enaissi com Deus fo emcolpaç (BdT 461.235).   

Note: Il sirventese è difficilmente databile: sicuramente composto in Provenza, è inviato nelle tornadas a N’Agradiva, da identificare con Guida di Rodez (il senhal torna nella canzone BdT 437.2), e al re Giacomo I d’Aragona (1208-1276). Non risulta utile ai fini della datazione l’affinità fra questo componimento e il sirventese di Peire Cardenal Lo sabers d'est segl’es foudatz (BdT 335.34), segnalata già da F. W. Maus, Peire Cardenals Strophenbau in seinem Verhältniss zu dem anderer Trobadors, Marburg 1884, p. 58: mentre secondo De Lollis (De Lollis, 1896, p. 131), seguito da Boni (Boni, 1954, pp. cxxviii-cxxi) e da John H. Marshall («Imitation of Metrical Form in Peire Cardenal», Romance Philology, 32, 1978-79, pp. 18-48, a p. 25), è Sordello a riprendere Cardenal, René Lavaud [Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal (1180-1278), Toulouse 1957, pp.524-525] postula il rapporto inverso. Conclude per una sostanziale irresolubilità della questione Sergio Vatteroni («Le poesie di Peire Cardenal - III», Studi Mediolatini e Volgari, 40, 1994, pp. 119-202, alle pp. 162-163), puntualizzando che in ogni caso la direzione dell’imitazione non fornirebbe dati significativi per la datazione, vista l’indatabilità del sirventese di Cardenal. – Risultano strettamente apparentate le coppie IK e I2K2, mentre sono assai più labili gli indizi di affinità con gli altri testimoni. – Come opportunamente ricorda Boni, il verbo membrar del v. 1 vale ‘pensare’ piuttosto che ‘ricordare’ (Boni, 1954, p. 139, n. 1). – Al v. 11 compare l’immagine della virtù come fardello, che tornerà anche nella seconda tornada (v. 40): la metafora del peso da portare a significare una situazione difficile è piuttosto comune nella lirica trobadorica, e si noterà che un’immagine analoga ricorre nel planh dello stesso Sordello (BdT 437.24, v. 40). – L’espressione getar a son dan del v. 21 vale ‘mettere in non-cale, sprezzare’. – Al v. 22 Boni mette a testo la lezione di T(F), contro I2K2 pot esser tan d- (così leggeva De Lollis) e IK poira esser d-: a parere dell’editore, è preferibile evitare quello che sarebbe l’unico caso, nel canzoniere di Sordello, di cesura dopo la quinta sillaba atona (ma si leggano le sue considerazioni in Boni, 1954, p. 139, n. 22). – Per il contenuto della quarta cobla, un argomento assai caro a Sordello, si confronti in particolare l’Ensenhamen d’onor (vv. 439 e segg.). – Il v. 34 (alla lettera, ‘per cinque soldi se ne hanno la pezza e il ritaglio’) è citato come espressione proverbiale nel Lexique roman. – Per informazioni biografiche su Guida di Rodez e Giacomo I d'Aragona, cui viene indirizzato il componimento rispettivamente nella prima e nella seconda tornada, si leggano le note a BdT 437.24. – Al v. 41 Boni mette a testo, con molte riserve, la lezione tener en treman, che traduce ‘mantenere in difficile situazione’ richiamandosi ad una proposta del Levy (per cui si leggano le sue osservazioni in Boni, 1954, p. 140, n. 41). De Lollis scioglieva entre man, ma la lezione dà difficoltà per ragioni di rima, che in questo punto richiederebbe una -n non caduca. Wilhelm, che stampa la lezione di Boni, suggerisce un possibile emendamento in tenon treman («and so they (his enemies) consider him while trembling»): per le difficoltà a riconoscere nella forma treman un derivato dal latino tremere si leggano le considerazioni riassunte da Pasero in calce all’edizione della canzone Ab la dolchor del temps novel (BdT 183.1), che presenta un’analoga difficoltà interpretativa al v. 15: «[la brancha de l’albespi] qu’esta sobre l’arbr’en creman» (lezione prescelta da Pasero di contro alle lezioni concorrenti entrenan, tremblan e treman: si veda Nicolò Pasero, Guglielmo IX, Poesie, Modena 1973, p. 260, n. 15). Proprio commentando questo passo di Guglielmo IX, Appel (citato ancora da Pasero) proponeva di leggere entrenan ‘prima, avanti’; il suggerimento, riportato al testo di Sordello, risulta prezioso: si noteranno in particolare i vv. 50-55 di Per espassar l’ira e la dolor di Bertran Carbonel (BdT 82.12): «Al plus privat Proensal, ses doptansa, / que huey viva e de mais d’alegransa, / vay, sirventes [...] dir que·l pres qu’entrenan / sosten que·l gart de fals clercx...». Alla luce di questa occorrenza si potrebbe pensare anche per il verso di Sordello ad una lezione ten entrenan (con un emendamento poco oneroso, vista anche la varia lectio, che presenta le forme entreman per tutti i testimoni tranne T, che legge entranan), che tradurrei ‘porta avanti, sostiene, tiene in piedi’. Si noterà anche che Max Pfister (Lexikalische Untersuchungen zu Girart de Roussillon, Tübingen 1970, p. 414, n. 31), commentando il citato luogo di Guglielmo IX, ipotizza l’esistenza di una fraseologia estar entrenan ‘résister (= rester debout)’, citando altri passi di analoga accezione in cui entrenan si lega ad un verbo di quiete.

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