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Ricaut Bonomel, Ir’ e dolors s’es en mon cor asseza (BdT 439.1)


 

Circostanze storiche

 

 

 

 La dura invettiva di Ricaut Bonomel, con tutta probabilità un cavaliere templare attivo in territorio palestinese (è infatti detto «fraire del temple» nella rubrica attributiva del canzoniere C e «cavaliers del temple» in quella del canzoniere a2), può essere ragionevolmente datata ai mesi centrali del 1265: si tratta di un anno cruciale per il destino dei territori crociati, i cui avvenimenti possono essere considerati il preludio all’inesorabile deriva delle ambizioni di sovranità imperiale sui territori d’Oltremare, culminata con la caduta di San Giovanni d’Acri del 1291.

Il componimento di Ricaut esibisce, da un lato, l’ammissione di impotenza di fronte all’inarrestabile avanzata delle milizie islamiche nei territori presidiati dai crociati e, dall’altro, la sarcastica constatazione del disinteresse del papa e dei sovrani occidentali (in particolare Carlo d’Angiò) per le vicende orientali. Tale natura ancipite si spiega agevolmente se si esamina il susseguirsi degli eventi occorsi nel quinquennio 1260-1265, caratterizzati dall’avanzata mongola in direzione dell’Impero latino d’Oriente e dalla politica espansionistica di Carlo d’Angiò, avallata da papa Clemente IV, nell’Italia settentrionale.

Dopo il sacco di Baghdad, avvenuto nel febbraio del 1258, il condottiero mongolo Hulagu e le sue truppe, guidate dal luogotenente turco Kitbuqa, si rivolsero nel 1260 in direzione della Palestina: le precedenti conquiste di Aleppo e Damasco ponevano di fatto i mongoli in una posizione di totale supremazia territoriale nei confronti non solo dei musulmani, ma anche delle forze crociate (De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 223; Bastard 1974, p. 336; Tyerman 2012, p. 822). Tuttavia la formale richiesta di resa, inviata tramite un’ambasceria mongola in Egitto per ottenere la sottomissione del sultano Qutuz, fu sdegnosamente rifiutata: i mamelucchi dunque cercarono e ottennero, forse facendo leva sui nuovi timori sorti tra i crociati a causa dell’avanzata dei mongoli, la garanzia di un passaggio attraverso i territori franchi (Bastard 1974, p. 338-339; Tyerman 2012, p. 823). Tale risultato diplomatico si rivelerà essenziale per gli esiti della grande battaglia di Ain Jalud, combattuta il 3 settembre 1260 e alla quale Ricaut Bonomel probabilmente allude menzionando la sconfitta di «[…] Tartaris, Ermenis e Perses» (v. 20). La vittoria schiacciante riportata da Baibars e Qutuz contro le truppe mongole guidate da Kitbuqa (che sarà poi decapitato) annienta in maniera pressoché definitiva le ambizioni tartare sul territorio e determinano un avvicendamento ai vertici della sovranità musulmana: dopo il rientro in Egitto, infatti, Qutuz è brutalmente assassinato da Baibars, che diviene così il nuovo sultano (Runciman 1966, vol. II, pp. 948-952; Bastard 1974, pp. 339-340).

I fatti di Ain Jalud pongono le basi per i successivi avvenimenti bellici, rappresentativi della politica estremamente aggressiva promossa da Baibars. All’incursione musulmana nella frontiera franca di Acri del 1263 rispondono le controffensive da parte di templari e ospitalieri, che si spingono l’anno successivo fino ad Ascalona, senza per questo allentare la pressione mamelucca (Bastard 1974, p. 341). Nel 1265 Baibars parte dall’Egitto alla testa di un grandissimo esercito e, con una duplice offensiva portata all’inizio dell’anno, si abbatte prima su Cesarea e poi su Arsuf (entrambe le località sono infatti ricordate nel sirventese di Ricaut ai vv. 9-10), roccaforti crociate che crolleranno dopo una strenua quanto inutile resistenza. Se Cesarea, presa d’assalto, cederà le armi il 5 marzo, Arsuf capitolerà solo poco più tardi, tra il 26 e il 29-30 aprile (De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 223; Runciman 1966, vol. II, p. 955; Paterson 2012).

L’inciso costituito dalla V cobla del sirventese di Ricaut contiene invece, come anticipato, una chiara accusa di negligenza rivolta al papa e a Carlo d’Angiò. Entrambi sono infatti colpevoli di ignorare deliberatamente le severe difficoltà incontrate dai crociati nei territori orientali e di concentrarsi solo sull’allestimento di una strategia politica e militare in Italia. Al di là degli evidenti interessi angioini nel nord della penisola italiana (specialmente in Piemonte, dove il conte di Provenza era riuscito ad assoggettare anche le città più potenti, come Cuneo e Asti: si vedano le Circostanze storiche di Gerr’ e trebailh e brega·m platz, BdT 102.2), le aperte rimostranze di Ricaut trovano fondamento nell’emanazione della bolla perugina del 5 marzo 1265, con la quale Clemente IV concedeva agli oppositori di Manfredi gli stessi privilegi accordati a chi combatteva Outremer contro i musulmani (De Bartholomaeis 1931, vol. II, p. 224).

Tale decisione, che poneva «in secondo piano la liberazione della Palestina» e abbandonava «al loro destino i milites Christi che si erano generosamente dati al negotium crucis» (Guida - Larghi 2014, p. 479), è da contestualizzare all’interno di un più ampio progetto di conquista angioina, le cui direttrici muovevano tanto in direzione dell’Italia quanto verso il Bosforo. Se infatti, da un lato, Carlo puntava con decisione a scacciare la dinastia sveva dalla penisola, dall’altro era ormai chiaro il suo interesse per i territori controllati da Costantinopoli a scapito dei territori crociati. La stipula del trattato di Viterbo (ratificato il 27 maggio 1267), che prevedeva infatti l’insediamento di Baldovino di Fiandra nel quadro di un tentativo di espansione nel Mediterraneo orientale (Herde 1977; Galasso 1992, p. 67), testimonia inequivocabilmente il cambio di rotta di Carlo in termini di politica internazionale. Le ambizioni del re di Sicilia, però, saranno continuamente osteggiate da una situazione che era ben lungi dal trovare la stabilità necessaria per intraprendere un progetto di tale portata; e se la discesa di Corradino di Svevia (decapitato a Napoli il 29 ottobre 1268) poteva considerarsi solo un ostacolo momentaneo, la ribellione dei Vespri Siciliani del 30 marzo 1282 mise fine una volta per tutte alle ambizioni di Carlo di estendere la propria sovranità al di là dell’Adriatico.

 

 

Bibliografia

 

Bastard 1974

 Antoine de Bastard, «La colère et la douleur d’un templier en Terre Sainte: I’re dolors s’es dins mon cor asseza», Revue des langues romanes, 81, 1974, pp. 334-373.

 

De Bartholomaeis 1931

Vincenzo De Bartholomaeis, Poesie provenzali storiche relative all’Italia, 2 voll., Roma 1931.

 

Galasso 1992

Giuseppe Galasso, Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno angioino e aragonese (1266-1494), in Storia d’Italia, diretta da G. G., 24 voll., Torino 1992, vol. XV, t. 1.

 

Guida - Larghi 2014

Saverio Guida - Gerardo Larghi, Dizionario biografico dei trovatori, Modena 20143.

 

Herde 1977

Peter Herde, «Carlo I d’Angiò, re di Sicilia», Dizionario Biografico degli Italiani, Roma 1977, versione in rete (www.treccani.it).

 

Paterson 2012

Linda Paterson, Rialto 29.x.2012.

 

Runciman 1966

Steven Runciman, Storia delle crociate, 2 voll., Torino 1966.

 

Tyerman 2012

Christopher Tyerman, Le guerre di Dio. Nuova storia delle crociate, Torino 2012.

  

Cesare Mascitelli

10.xi.2017


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